Consigli utili per filiali con organici ridotti (ma anche per le altre)

Una volta il problema si presentava solo durante i periodi di ferie. Oggi lavorare in condizioni di emergenza rappresenta la normalità, soprattutto a causa della “lungimiranza” dei grandi manager del settore che, incapaci di introdurre cambiamenti che portino ad un reale aumento della redditività, vedono da anni nel taglio degli organici e nei conseguenti sacrifici per chi resta in filiale la ricetta da riproporre all’infinito.

Le carenze di organico non devono portarci a lavorare in condizioni di scarsa sicurezza, o costringerci a rinunciare a diritti basilari.

Ricordiamoci che ogni qualvolta si verificano dei problemi, l’unico a pagare – a volte con la perdita del posto di lavoro – è l’operatore. 

Per questo riteniamo utile un breve ripasso delle normative, raccomandando di evitare quelle piccole violazioni che possono sembrare insignificanti, ma che portano chi le commette a correre dei rischi inutili ed ingiustificati.

  • PAUSA PRANZO
    Eʼ tassativamente vietato intrattenersi allʼinterno delle filiali durante la pausa pranzo, e quindi anche lavorare in questa fascia oraria.
    Si tratta di una norma spesso disattesa, ma è un comportamento che può avere conseguenze gravissime: in caso di contestazioni disciplinari le aziende considerano il fatto di aver lavorato durante la pausa pranzo, magari restando in filiale da soli, una prova della malafede dell’operatore che – a loro modo di vedere – voleva evidentemente porre in essere operazioni scorrette senza nessuno che lo controllasse.
    Diventa estremamente difficile, in queste circostanze, riuscire a difendersi da contestazioni disciplinari, anche se ingiuste o sproporzionate.
  • QUADRATURE DI CASSA
    I lavoratore che a seguito di un contratto contratto part-time o per permessi di varia natura (es. allattamento) svolge un servizio di sportello limitato all’orario mattutino, ha diritto, come previsto dal CCNL, a 30 minuti per la quadratura. Di conseguenza, se l’orario di uscita è previsto ad esempio alle ore 13,25, le operazioni di quadratura dovranno iniziare alle 12,55.
  • SOSTITUZIONE CASSIERI
    In caso di sostituzione – anche temporanea – dell’operatore di cassa, l’addetto subentrante deve verificare tutti i valori, comprese le monete e le mazzette già affascettate, insieme all’operatore cedente. In caso di assenza di quest’ultimo, la verifica va fatta con il responsabile o altro collega incaricato, con firma congiunta dello statino.
  • CARICAMENTO BANCOMAT
    Il bancomat va caricato esclusivamente a sportello chiuso. Il caricamento va effettuato di norma in due, a meno che non venga effettuato dallo stesso operatore che lo aveva fatto l’ultima volta.
    Qualora non ci fossero le condizioni per effettuare l’operazione in sicurezza, ad esempio a causa di un forte afflusso di clientela che impegna gli addetti anche oltre l’orario di chiusura, raccomandiamo di non effettuare il caricamento, segnalando tale impossibilità ai diretti superiori.
    Per nessun motivo il caricamento dovrà essere effettuato durante la pausa pranzo.
  • CHIAVI DEI MEZZI FORTI
    Le chiavi dei mezzi forti vanno custodite con la massima cura e trattenute personalmente al termine della giornata lavorativa.
    Non vanno lasciate in filiale
  • TEMPO DI PERCORRENZA
    Qualora venga richiesto di spostarsi in un’altra filiale nel corso della giornata, bisogna sempre segnalare l’assenza corrispondente con il tempo di percorrenza nelle procedure di Gestione Risorse.
    Il trasferimento non dovrà avvenire durante la pausa per il pranzo, che resta comunque un diritto irrinunciabile.

 

Rielaborazione di un comunicato della Fisac Banco BPM

 

 

 




Unicredit: tre progetti pilota per carico e scarico ATM

In data 16 maggio 2019 si è svolto l’incontro tra le OO.SS. e l’Azienda durante il quale il responsabile del Self –Service –Banking ha illustrato il “progetto pilota”, che partirà il 27 maggio, relativo alla gestione del carico/scarico dei bancomat.

Tale progetto prevede una sperimentazione che si attuerà secondo tre modalità differenti di intervento:

a) Per tutte le filiali fino a tre unità (circa 600) verrà derogata, ma non sostituita, l’attuale normativa che prevede la necessità della presenza di due colleghi, dando la possibilità ad un solo operatore di effettuare la gestione di carico/scarico degli ATM negli orari attualmente previsti; le filiali interessate riceveranno una comunicazione formale a tal proposito.

b) Su circa 120 filiali da quattro unità in su, ove è presente il sistema di videosorveglianza SIS, si sperimenterà un’altra modalità che contempla due diverse opzioni. La prima prevede che il caricamento/scaricamento degli ATM sia effettuato da parte di due lavoratori in pausa pranzo, riprogrammando la loro pausa tra le 12 e le 14:50, previo accordo col Direttore. La seconda, invece, prevede che i colleghi possano caricare l‘ ATM in pausa pranzo (limitando la pausa a 30 minuti) e poi anticipare l’uscita, utilizzando il permesso DIV, sempre d’accordo col Direttore. L’azienda intende sperimentare entrambe le modalità, al fine di verificarne l’efficacia.

c) Nelle filiali dotate di safe box (circa 300), si potrà derogare alla normativa che impone di non caricare due ATM contemporaneamente e che debbano passare 60 minuti tra un caricamento e l’altro. Si potrà, pertanto, operare consecutivamente su tutti gli ATM, contemporaneamente su due e in qualunque momento della giornata. Poi si prevede che su altre 80 filiali delle stesse dimensioni, ma prive di safe box, si possa operare a fine giornata, a sportello chiuso, su tutti gli ATM consecutivamente e fino a due ATM contemporaneamente. Le due modalità, ove possibile, potranno coesistere nella stessa agenzia. Ulteriori 80 filiali sprovviste di safe box potranno operare in contemporanea su due ATM solamente a sportello chiuso.

La sperimentazione durerà almeno tre o quattro mesi e le filiali interessate riceveranno un vademecum snello dedicato, con istruzioni operative.

Il numero degli ATM presenti in rete attualmente è di circa 5.800. La loro età media è scesa da 3,7 a 3,4 anni. Entro il 2019 l’azienda sostituirà gli ATM operativi h24 (quelli fronte strada) “non recycling” residui, che sono circa 200, con i nuovi modelli più evoluti.

Nelle filiali piccole stanno inoltre sostituendo con una sola macchina evoluta fronte strada sia l’ATM interno (che si usa soprattutto per versamenti) che quello esterno (che si usa soprattutto per prelevamenti) eliminando un aggravio di lavoro per i colleghi.

Nel medesimo incontro ci è stato illustrato un ulteriore nuovo progetto di gestione in remoto della negoziazione degli assegni versati su ATM, che attualmente sta interessando 9 filiali. La remotizzazione farà sì che la prima parte dei controlli venga effettuata direttamente dall’ ATM, mentre la regolarità formale del titolo verrà verificata dai colleghi del back office, presso il presidio operativo. I consulenti, in filiale, dovranno soltanto prelevare gli assegni dall’ATM e consegnarli al service.

Costatiamo come finalmente, dopo anni di continue segnalazioni da parte delle Organizzazioni Sindacali, l’Azienda abbia preso atto dell’esistenza di questa importante problematica, resa ancora più seria dalle sempre più gravi carenze di personale sulla rete operativa.

Abbiamo fatto presente, però, le nostre perplessità in merito al fatto che le operazioni di carico/scarico ATM vengano effettuate da un solo collega: rimaniamo convinti del fatto che sia necessario far svolgere tali delicati compiti da due operatori, come prevede l’attuale normativa.

Poiché la tematica potrebbe avere importanti ricadute a proposito della sicurezza dei Colleghi e delle Colleghe, abbiamo ribadito all’ Azienda che nel monitoraggio delle iniziative “pilota” illustrate venga posta la massima attenzione al tema della salute e sicurezza.

Riteniamo che questo possa essere un primo passo verso la risoluzione delle annose problematiche connesse al carico/scarico ATM, ma sarà necessario un monitoraggio, tempo per tempo, al fine di verificare l’efficacia delle sperimentazioni individuate, prima di estenderle alla totalità delle Filiali. Altrimenti sarà necessario apportare i correttivi adeguati affinché le soluzioni individuate non si trasformino in problemi ulteriori.

 

Fabi First/Cisl Fisac/Cgil Uilca Unisin
Segreterie di Coordinamento UniCredit Spa

 

Scarica il volantino




Addio alle monete da 1 e 2 centesimi. Con nuovi aumenti dei prezzi.

C’è un fantasma che si aggira nei portafogli: sono le monetine da 1 e 2 centesimi. Odiate dai consumatori, rifiutate dai distributori automatici, impossibili da usare per il parcheggio delle auto e mal sopportate dai cassieri dei supermercati, dal 1° gennaio di quest’anno non vengono più coniate dall’Italia. E già questa notizia potrebbe essere una novità per i più. A cui aggiungere un’altra realtà fotografata in queste settimane: le monetine stanno cominciando a scarseggiare nei Paesi europei che già hanno deciso di mettere la parola fine alla loro produzione. Con un inevitabile conseguenza: il possibile aumento dei prezzi, anche se a tutt’oggi di statistiche ufficiali ancora non ce ne sono.

Come al solito, meglio fare un passo indietro per capirne di più. Dopo mesi di polemiche, la legge di Stabilità 2018 ha messo fine alla produzione delle monetine da 1 e 2 centesimi. Dal 1° gennaio la Zecca non conia più i ramini che continuano comunque a circolare fino ad esaurimento, mantenendo il loro valore legale. E per evitare il rischio del ritocco al rialzo dei prezzi, la norma ha già chiarito che nel caso di pagamenti in contanti i prezzi vengano arrotondati per eccesso o per difetto al multiplo di 5 più vicino. Ad esempio: 10,52 euro diventa 10,50 euro, mentre 10,58 euro diventa 10,60 euro. Del resto, è solo una questione di numeri: dall’ingresso dell’Italia nell’euro, le monetine rosse hanno raggiunto la cifra di oltre 6 miliardi di pezzi. E il cui peso è soprattutto economico: per ogni moneta da 1 centesimo i costi a carico dello Stato ammontano a 4,5 centesimi, mentre per ogni moneta da due centesimi si spendono 5,2 centesimi. Non certo un affare per lo Stato, che ha già spinto altri Paesi europei ad abolire le monetine da tempo. In Finlandia, nel gennaio 2002, si è deciso per l’arrotondamento dei prezzi ai più vicini 5 centesimi. Decisione seguita due anni dopo dall’Olanda, che risparmia in questo modo 36 milioni di euro l’anno. Nel 2010 è stato il turno dell’Irlanda e nel 2014 dal Belgio. Mentre in Italia la sospensione del conio permetterà di risparmiare circa 23 milioni di euro all’anno, un tesoro girato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, nato nel 1993 con lo scopo di rimborsare o ritirare titoli di Stato dal mercato per favorire la riduzione dello stock del debito.

Fin qui l’analisi fredda dei numeri. Il punto è che, però, in questi giorni proprio da uno dei Paesi che ha già detto addio alle monetine è arrivata una notizia: come riporta EuropaToday, il Belgio si sta scoprendo povero di ramini. Nonostante il Paese abbia coniato 860 milioni di pezzi da un centesimo e 770 milioni da 2 centesimi, questa enorme montagna di ferro si è persa tra le tasche dei pantaloni, nei barattoli delle cucine, nel fondo delle poltrone o lungo le strade smettendo così di circolare. Il Paese ha chiesto alla Banca centrale europea (Bce) di stampare nuovi pezzi per far fronte alla carenza, ma Francoforte ha spiegato chiaramente che nell’eurozona non c’è penuria delle monete da piccolo taglio. Quanto piuttosto un uso sbagliato da parte dei cittadini. Tant’è che il ministero federale delle Finanze sta pensando di varare campagne nazionali di sensibilizzazione per indurre i belgi a portare le monetine in banca. Anche perché l’alternativa, nell’impossibilità di dare resti da parte dei commercianti, è l’arrotondamento dei listini. Che solitamente si fa al rialzo, a favore del commerciante.

Un allarme che per l’Italia è stato già profetizzato dall’Aduc. “Non credo di essere estremista sostenendo che tutti i prezzi subiranno un arrotondamento ai 5 centesimi successivi”, sostiene il presidente Vincenzo Donvito. Che spiega: “Quando cominceranno a scarseggiare anche da noi le monetine sarà un’ottima occasione per ritoccare ulteriormente i prezzi perché, in un contesto di importi precisi, sarann pochi i commercianti che continueranno a tenere prezzi in cui compaiono i 5 centesimi, ovviamente andando verso il rialzo. Del resto non si è mai visto un effetto al ribasso”.

I calcoli sono presto fatti. “Se nel 2016, le famiglie italiane hanno speso quasi 11 miliardi e mezzo di euro per la spesa alimentare complessiva, partendo da un aumento medio dei prezzi dello 0,2% causato da un arrotondamento per eccesso (passando da 10,58 euro a 10,6 euro), si scopre che quella stessa spesa potrebbe aumentare di circa 23 milioni all’anno. Vale a dire il risparmio ottenuto dallo Stato non coniando i ramini. Vale allora la pena non produrre più queste monete?”, si chiede Donvito.

Tutto questo anche in attesa che la tecnologia modifichi i sistemi di pagamento saldando senza problemi di resto i prezzi che finiscono con 0,99 centesimi grazie ad app, carte di debito o credito. Ma, tutt’oggi, secondo la Bce, gli italiani continuano a pagare in contanti l’86% delle transazioni e solo il resto con carte, bonifici e assegni.

 

Articolo di Patrizia De Rubertis su “Il Fatto Quotidiano” del 15/10/2018