Congedi Parentali, come funzionano le novità introdotte con la legge di Bilancio


Iniziamo ricordando le nuove regole:

♦ i periodi di congedo parentale entro i 6 anni del bambino (o dall’ingresso in famiglia) fruiti dal 1° gennaio 2023 sono indennizzati all’80% della retribuzione, fino al raggiungimento del limite di 1 mese (con alcuni vincoli);

♦ i successivi periodi di congedo, entro i 12 anni del figlio, sono indennizzati al 30% fino al raggiungimento del limite di 9 mesi (comprensivo del primo mese all’80%);

♦ i restanti periodi, fino al limite di 10 o 11 mesi (se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per almeno tre mesi), non sono indennizzati, salvo che ci siano i requisiti di reddito (se inferiore a 2,5 volte il minimo di pensione sono al 30%).

COME FUNZIONA:

La Legge di Bilancio (comma 359, legge 197/2022) ha innalzato dal 30% all’80% la retribuzione dell’indennità di congedo parentale per una sola mensilità, da fruire entro il sesto anno di vita del figlio (o sei anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età).

Le regole sono le seguenti:

♦ il mese all’80% è uno solo per entrambi i genitori (non è a testa), che però possono anche frazionarlo restando nel complessivo mese in tutto;
 il beneficio è riservato solo ai dipendenti, sia nel pubblico sia nel privato (se uno dei genitori non lo è, spetta solo all’altro);
 il genitore deve aver terminato il congedo obbligatorio dopo il 31 dicembre 2022 (anche per un solo giorno).

A questi vincoli si aggiunge quello contenuto nella circolare INPS 45/2023: il congedo all’80% deve ricadere nei primi tre mesi di congedo parentale, che, in base alle nuove regole 2023, non sono trasferibili all’altro genitore. Questo di fatto esclude il beneficio per i neo-genitori che nel 2023 hanno già utilizzato tre mesi di congedo facoltativo.

La legge ha infatti modificato l’articolo 34 D. Lgs. 151/2001 come segue:

Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un’indennità pari al 30% della retribuzione (elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell’80% della retribuzione).

C’è dunque un esplicito riferimento all’utilizzo nell’ambito dei tre mesi non trasferibili all’altro genitore.

Riportiamo un esempio, contenuto nella circolare INPS, che chiarisce il concetto.

La madre dipendente fruisce del congedo di maternità dal 15 settembre 2022 al 15 febbraio 2023 e il padre dipendente prende tre mesi di congedo parentale dal 1° ottobre al 31 dicembre 2022 indennizzati al 30% della retribuzione (si tratta dei suoi 3 mesi non trasferibili) e utilizza un altro mese dal 10 gennaio al 9 febbraio 2023.
In questo caso, il mese di congedo parentale fruito dal padre nel 2023 è indennizzabile solo al 30% e non all’80% della retribuzione, perché «l’elevazione dell’indennità è prevista solo per uno dei tre mesi spettanti a ogni genitore e non trasferibili all’altro».
La madre, invece, considerato che ha terminato il congedo di maternità nel 2023, ha diritto al congedo parentale indennizzato all’80%, fino ai sei anni di vita del figlio.

Per finire, permangono purtroppo dei dubbi sulla modalità di richiesta del riconoscimento dell’indennità all’80%. La circolare, infatti, non fa alcun riferimento a questo aspetto e alcuni uffici territoriali INPS sostengono che sarà il datore di lavoro a corrispondere la retribuzione, senza specificare però con quali criteri e modalità (visto che i datori di lavoro non sono in grado autonomamente di conoscere l’utilizzo dei congedi da parte di entrambi i genitori e verificare quindi la presenza delle condizioni per il riconoscimento dell’indennità all’80%).

Mentre, tramite i patronati, tentiamo di ottenere da INPS la necessaria chiarezza, consigliamo comunque a lavoratrici e lavoratori di chiedere esplicitamente ai propri datori di lavoro il riconoscimento dell’integrazione all’80% quando ne ricorrano le condizioni sulla base delle regole e condizioni indicate sopra.

Alleghiamo il link al testo della circolare INPS 45/2023

Roma, 12 giugno 2023

 

ESECUTIVO DONNE FISAC CGIL NAZIONALE




CCNL ANIA: le tabelle degli aumenti

– Amministrativi: 

Livelli 1 – 6

– Funzionari:

Livello 7

– Produttori 

– 3° Elemento Produttori

– Call Center

– Aisa – pdf

 

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Bper-Carige: entra nel vivo l’Operazione Lanterna


Venerdì 15 settembre si è svolto il primo confronto tra Aziende e delegazioni Sindacali BPER/Carige.

In apertura Bper ha confermato la propria disponibilità:
• a estendere l’accordo Bper sulle politiche commerciali alla rete ex Carige e BML (riconvocando anche a breve l’apposita Commissione);
• ad affrontare il tema relativo all’estensione alla Rete Carige dei nuovi orari di sportello che in BPER avranno  decorrenza 01/11/2022);
• a proseguire il percorso di Insourcing dei lavoratori ex ICT Carige
• ad affrontare le diverse problematiche derivanti dall’applicazione del Piano Industriale (facendo riferimento, in particolare, a mobilità territoriale; processi di riconversione professionale; cessione a Nexi dell’attività; cessione Sarda Leasing; struttura Banca  Cesare Ponti).

Le procedure oggetto di confronto saranno 4:

  • Fusione Carige
  • Cessione di 48 sportelli al Banco Desio (40 Carige e 8 BdS)
  • Cessione BCM (Bper credit management), che però vedrà una prima fase relativa alla riorganizzazione dell’attività stessa e poi, in un secondo momento, la fase della cessione
  • Cessione a Nexi dell’attività di merchant acquiring e gestione POS del gruppo Bper.

L’Azienda considera prioritario il confronto sulla fusione (con possibile  estensione delle previsioni dell’ipotetico accordo anche a Cesare Ponti) e sulla riorganizzazione delle strutture di Sede. A tal proposito è stata illustrata una riorganizzazione parziale che porterà alla ridefinizione del modello di Semicentro in alcune zone, in particolare Liguria, Piemonte, Toscana e Lazio, attraverso la creazione di una nuova Direzione Territoriale (DT Liguria) e di 7 nuove Aree. Verranno inoltre creati 5 nuovi Area Manager (Genova Levante, Genova Ponente, Imperia, Savona e Levante) e due nuovi Centri Impresa CI (Liguria Levante e Liguria Ponente). È inoltre prevista una diversa distribuzione delle Filiali nelle DT al fine di presidiare meglio il territorio. La riorganizzazione avrà decorrenza con il Weekend di Migrazione.

Sono state anche comunicate la creazione di nuovi uffici e la ridenominazione di uffici esistenti per alcune Strutture Centrali, sostenendo che non vi saranno ricadute significative per colleghe e colleghi e che queste iniziative saranno funzionali a integrare le strutture ex Carige.

Su specifica domanda relativa ai futuri sviluppi per i Servizi Centrali a fronte della fusione, l’Azienda ha sostanzialmente indicato che userà soluzioni gestionali mirate a limitare al massimo la mobilità, basandosi su “quattro pilastri” che prevedono una “Riconversione professionale graduale”:

  • Riduzione della mobilità;
  • Gradualità nella gestione/organizzazione delle riconversioni, bilanciandola con le uscite per pensionamenti/Fondo Solidarietà;
  • Ricerca del migliore abbinamento possibile tra competenze, aspettative e necessità aziendali;
  • Spostamento delle lavorazioni.

Su tutte queste materie abbiamo espresso numerose osservazioni e chiesto delucidazioni. L’Azienda si è riservata  di fornire tutte le risposte in sede di trattativa .

Riguardo alla Formazione sono stati descritti gli strumenti formativi che verranno messi a disposizione.

  • Formazione digitale – Si farà sulla Piattaforma Carige e-learning; sarà presente un box “Formazione Lanterna” in cui verranno inseriti contenuti digitali utili per capire ruoli, processi, prodotti e servizi. In merito alla Formazione Antiriciclaggio sono previsti momenti specifici dopo il CWE (Conversion WeekEnd); prima, ma solo per i Responsabili di Filiale, saranno presenti video pillole nella Formazione Lanterna e momenti specifici con il Coach. Abbiamo chiesto chiarimenti in ordine alla possibilità di svolgere formazione in modalità Home Learning (da casa in orario di lavoro), come previsto dall’accordo presente in Carige.
  • Coaching – in aggiunta alla formazione digitale, ci sarà un Coach BPER (413 persone) –  in un rapporto di 1 Coach ogni  5 colleghe/i Carige. Il Coach accompagnerà i colleghi nel Percorso Formativo durante le 8 settimane precedenti il CWE (anche mediante una riunione in Google Meet di due ore alla settimana). Sono previsti anche 70 Coach per i Consulenti Impresa (1 ogni 2 colleghi Carige). Il Coach dovrebbe seguire i colleghi anche nella pianificazione delle attività formative. Da questa settimana prenderanno contatto con colleghe e colleghi.
  • Webinar formativi solo per gli addetti alla mansione di cassa. Saranno organizzati a ridosso del CWE uno o due  webinar per la prime attività post CWE.

ASSISTENZA e AFFIANCAMENTO (dopo il CWE).
Creazione di una Taskforce composta come segue, e di un secondo livello di assistenza rappresentato dal potenziamento dell’Help Desk:

  • Allineatori (circa 500 persone, 1 o 2 per Filiale a seconda del Modello), che saranno presenti 8 settimane per affiancare e assistere i colleghi nei sistemi operativi, ma anche per il modello di organizzazione. La permanenza potrebbe essere ridotta a 4/6 settimane in base alle effettive necessità.
    L’azienda sta predisponendo le comunicazioni per il ruolo di allineatore rimandando però a un periodo successivo l’indicazione della destinazione.
    A copertura del periodo di assenza degli allineatori, è in corso la selezione per l’assunzione di circa 300 lavoratori in somministrazione che dovrebbero iniziare il servizio circa 3 settimane prima del CWE (perciò indicativamente a inizio novembre).
    Per PMI e Affluent/Personal l’allineatore potrebbe essere in remoto.
  • Responsabili filiale gemelle (circa 280 persone): affiancheranno i Responsabili di Filiale su temi più manageriali. È prevista l’assistenza in remoto, ma con  2 giorni in presenza.
  • Focal Point: circa 130 persone ex Carige presenti nelle Filiali (di massima Filiali con almeno 8 risorse). Saranno punto di riferimento per problemi operativi. Verranno formati anche tramite un distacco per 2 settimane presso Filiali Bper. Sono previsti anche colleghi Focal Point  Responsabili (circa 60 persone) per affiancare i Responsabili delle Filiali Hub (per quest’ultimi è previsto anche un affiancamento di 2 giorni in agenzie Hub BPER).
  • Per i Centri Private e Centri Imprese sono previsti percorsi di affiancamento specifico.
  • Verrà potenziato l’Help Desk Bper attraverso l’inserimento di ulteriori 50 risorse per un periodo massimo di 12 settimane.

Come delegazioni sindacali abbiamo sottolineato che le attuali carenze di organico, le  pressioni commerciali e le difficoltà legate alla migrazione rischiano di limitare il reale accesso alle attività formative e di compromettere il percorso di fusione. E, soprattutto, abbiamo chiesto con forza la cessazione delle pressioni commerciali al fine di mettere al centro l’unico, vero e grande obiettivo attuale: la buona riuscita dell’operazione di fusione nel suo complesso.

Nella giornata di ieri, 19 settembre, si è svolto il primo incontro con Banco Desio.

I referenti di Banco Desio hanno esordito con la presentazione delle filiali cedute e dei numeri relativi ai colleghi che saranno assegnati al nuovo Istituto. L’azienda ci ha comunicato che non sono previste chiusure successivamente all’acquisizione degli sportelli visto che l’acquisizione è finalizzata allo sviluppo commerciale su tutto il territorio.

Da parte nostra abbiamo sollevato diverse questioni da approfondire in fase di trattativa.
Abbiamo innanzitutto richiesto un chiarimento su come verrà gestito il doppio passaggio (da Carige a Bper a Banco Desio).
Particolare attenzione è stata posta sulle politiche commerciali per le filiali cedute, e sui problemi di mobilità per tutti i colleghi coinvolti, con un occhio di riguardo per le agenzie sarde ex Unipol, da anni nel limbo dell’Antitrust.
Tutte le questioni saranno affrontate nei prossimi incontri. L’azienda ci ha rassicurati sul fatto che il trattamento economico e normativo del personale ceduto verrà conservato.
Abbiamo infine richiesto che vengano ricalibrati gli obiettivi commerciali in funzione delle migrazioni, e che si trovino soluzioni per far fronte all’attuale sottodimensionamento degli organici, destinato ad aggravarsi con le uscite nel Fondo di Sostegno al reddito.

E’ nostro parere che il tempo che divide i colleghi dal passaggio in Banco Desio non debba essere caratterizzato da caos organizzativo e da una inadeguata distribuzione dei portafoglio della clientela.

Vi terremo informati sull’andamento dei prossimi incontri

I Coordinamenti Fisac/Cgil Gruppo Bper e Carige.



BNL: da irresponsabili fare utili sulla pelle dei lavoratori

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

SEGRETERIE DI COORDINAMENTO NAZIONALE GRUPPO BNL


La mobilitazione continua

 

Le Organizzazioni Sindacali FABI, FIRST CISL, FISAC CGIL, UILCA e UNISIN hanno incontrato ieri l’AD come richiesto da tempo, in relazione alle note voci inerenti il prossimo Piano Industriale.
L’azienda non ha smentito le cessioni di ramo d’azienda, e quindi anche di colleghe e colleghi, ipotizzate e non intende rimettere in discussione la cessione dell’80% del pacchetto azionario di Axepta.

La mobilitazione continua e, necessariamente, aumenterà l’intensità dell’azione sindacale per contrastare soluzioni che, come abbiamo spiegato all’AD, oltre a prevedere l’inaccettabile estromissione di più di 900 persone dal perimetro del Gruppo, anche alla luce della storia aziendale e dei precedenti piani industriali e di riorganizzazione, non convincono circa l’effettiva utilità per assicurare a BNL di poter affrontare efficacemente le sfide del futuro ed il mercato.

Oggi si terrà l’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori della Direzione Generale e la prossima settimana, martedì 13 dalle 9 alle 13, ci sarà un presidio sindacale al Palazzo Orizzonte Europa.

La strada è ancora lunga e ci batteremo con determinazione per ottenere soluzioni diverse.
Pensare che le sfide del mercato si vincano disperdendo il patrimonio professionale e umano rappresentato dai propri dipendenti è una visione estremamente miope ed irresponsabile.

Roma, 09/07/2021

 

Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN




Siglato Protocollo con ABI su prevenzione e contenimento Covid 19

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

Nel pomeriggio di oggi i Segretari Generali delle Organizzazioni Sindacali di settore e ABI hanno sottoscritto il secondo protocollo di settore in materia di “Misure di prevenzione contrasto e contenimento della diffusione del virus Covid-19 per garantire l’erogazione dei servizi del settore bancario ai sensi del DPCM 26 aprile 2020”, che, a far data dal 4 maggio e sino alla cessazione delle misure di emergenza, segue e sostitusice in coerenza ed adeguamento ai provvedimenti normativi del Governo, il Protocollo del 16 Marzo 2020.

Il DPCM del 26 aprile 2020, nel disciplinare la cosidetta “Fase 2” include fra i suoi allegati anche il Protocollo Confederale del 24 Aprile fra Governo e parti sociali che però non ha visto ABI fra le firmatarie.

Per questo le parti hanno condiviso l’intento di sottoscrivere uno specifico Protocollo di settore, come del resto è già accaduto anche per i comparti edilizia e trasporti; il Protocollo sottoscritto sarà dunque inviato oltre che alla Presidenza del Consigllio anche al Ministero del Lavoro e al Ministero della Salute.

La disciplina del Protocollo segue la linea di grande attenzione, sino ad ora assunta, a tutela della salute e sicurezza di lavoratrici, lavoratori e clientela.

Elemento di rilievo è la previsione nel Protocollo, che tra l’altro recepisce la previsione dell’ art. 2 co. 6 DPCM 26 aprile 2020, secondo la quale la mancata attuazione del Protocollo tale da non garantire adeguati livelli di protezione e sicurezza determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizione di sicurezza.

Si prosegue con la preferenza della modalità di lavoro agile, e su appuntamento, riservandosi le parti una verifica rispetto a tale modalità in data 8 maggio 2020.

Resta inteso che in caso di aggravamento degli indici di contagio la modalità su appuntamento verrà comunque applicata valutando anche l’opportunità di misure di riduzione dell’operatività e di ricorso ad ulteriori soluzioni;

Nondimeno, qualora si possano prevedere picchi di affluenza in filiale in concomitanza di particolari situazioni (ad es. pagamento pensioni), si attueranno opportune segnalazioni alle competenti autorità per l’approntamento di specifiche misure di sicurezza;

Si prosegue con il mantenimento delle previsioni in termini di distanziamento sociale e sanificazione degli ambienti, cui si aggiunge la previsione di dotazione generalizzata a tutto il personale di mascherine protettive.

Restano ancora in vigore tutte le prescrizioni in materia di informazione circa le proprie condizioni di salute, ivi compreso l’obbligo giornaliero per le lavoratrici e i lavoratori di misurazione della temperatura corporea, con divieto di accesso sui posti di lavoro in caso di temperatura superiore ai 37,5°.

Particolare attenzione all’accesso di fornitori terzi verso i quali per la prima volta si prevede l’obbligo aziendale di adeguata informativa circa le norme di salute e sicurezza.

Nell’intento di proseguire in ottemperanza delle disposizioni governative e delle prescrizioni del comitato scientifico in materia di distanziamento sociale, l’organizzazione aziendale, oltre a garantire la modulazione dell’attività lavorativa rispondente a tale principio, prevederà altresì l’articolazione dell’orario di lavoro, limitatamente alla presente emergenza, per gruppi differenziati all’interno di una forbice oraria compresa fra le ore 07:00 e le ore 19:30.

L’anima del Protocollo ancora una volta rappresenta un ulteriore passo del percorso sino ad oggi condiviso con ABI a tutela delle condizoni di sicurezza e salute delle lavoratrici, lavoratori e clientela raffrozato anche da un dialogo con gli organismi aziendali / di Gruppo nonché dall’interlocuzione fra RLS e competenti strutture aziendali.

Riteniamo la Fase Due decisamente più delicata della prima fase di più stretta emergenza, la nostra attenzione sarà ancora una volta massima ed orientata al rispetto delle previsioni del Protocollo a garanzia di tutte e tutti.

 

I Segretari Generali

Fabi – First Cisl – Fisac Cgil – Uilca – Unisin
Lando Maria Sileoni – Riccardo Colombani – Giuliano Calcagni – Massimo Masi – Emilio Contrasto

 

Scarica il testo del protocollo 28 aprile 2020




DL imprese, i sindacati dei bancari: il Ministro Lamorgese tuteli le filiali da lunedì

I sindacati dei bancari temono episodi di “violenza contro le lavoratrici e i lavoratori bancari” da lunedì per le richieste di finanziamenti previste dal decreto imprese.

Lo si legge in una lettera inviata dai segretari generali di Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin alla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, in cui chiedono “un intervento volto a rafforzare la sicurezza sociale, a tutela della sicurezza di chi si trova sui posti di lavoro e della clientela bancaria tutta”. Nella loro lettera al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese i segretari generali Lando Sileoni (Fabi), Riccardo Colombani (First-Cisl), Giuliano Calcagni (Fisac-Cgil), Massimo Masi (Uilca-Uil) ed Emilio Contrasto (Unisin) ricordano che “lunedì mattina partiranno le procedure per erogare i finanziamenti garantiti dallo Stato,introdotti col decreto legge numero 23 dell’8 aprile 2020, per poter aiutare imprese e professionisti in difficoltà economica a causa dell’emergenza Covid-19”. “Secondo le informazioni in nostro possesso – proseguono – alcune banche non sono ancora pronte, poiché non hanno predisposto le circolari interne né hanno modificato le procedure per poter accogliere le richieste da parte della clientela”.
Una situazione che, a loro dire,“potrebbe generare tensione fra i clienti che si recheranno nelle filiali e i bancari, sfociando in fenomeni di violenza che già sono stati registrati, a danno delle lavoratrici e dei lavoratori bancari, in queste ultime settimane”. “Monitoreremo costantemente la situazione sull’intero territorio nazionale -avvertono – e denunceremo prontamente situazioni critiche e pericolose, così come faremo i nomi delle banche che effettivamente si riveleranno impreparate”.

Viminale: massima attenzione su tensioni banche

Una data annunciata da giorni sulla quale esiste la “massima attenzione” da parte del Viminale.

Lunedì partiranno le procedure per erogare i finanziamenti a imprese e professionisti in difficoltà e i sindacati bancari -in una lettera al Ministro Lamorgese – hanno paventato il rischio che eventuali tensioni tra i clienti possano sfociare in “fenomeni di violenza”. Rischio solo potenziale ma ben presente – a quanto si apprende – a prefetti e questori che sono stati allertati tempestivamente e che hanno predisposto (per lunedì ma anche per i giorni a seguire) l’opportuno dispositivo di sicurezza.

Fonte: www.rainews.it

 

Scarica la lettera




Ma alla fine, che cos’è questo MES?

In questi giorni è sicuramente l’argomento più caldo sulla scena politica. Lo scorso 7 dicembre c’è stata l’iniziativa della Lega che ha raccolto le firme contro il MES: un mostro di cui tutti parlano, ma del quale nessuno sa dire davvero cosa sia.

Secondo Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) è un meccanismo che serve a salvare le banche tedesche a spese dei cittadini italiani.
Matteo Salvini lo definisce un fondo privato che mette nelle mani di sette burocrati europei, due tedeschi, due francesi, un olandese, un belga e un irlandese il destino dei paesi dell’Eurozona.
Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista lo definiscono un pericolo per i risparmi dei nostri connazionali.

In tanti cavalcano la paura, presentando il MES come un meccanismo da burocrati che peggiorerà le nostre vite e limiterà la nostra libertà.
Ma cosa c’è di vero in tutto questo?

Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES o ESM se riferito al nome in inglese) è un’organizzazione intergovernativa dei paesi dell’Area Euro, nata per aiutare i paesi che si trovano in difficoltà economica.
E’ un’istituzione basata sulla solidarietà: tutti si tassano in proporzione alle loro possibilità per evitare che gli stati più deboli diventino insolventi. Ma è anche un sistema indispensabile per difendere l’euro, visto che il fallimento di un Paese può avere ripercussioni da tutti gli altri.

Il MES, nella sua formulazione attuale, esiste dal 2012. Cioè da sette anni.
E questa forse è una notizia che risulterà sorprendente per molti. E tanto per rinfrescare la memoria, la sua istituzione fu negoziata durante il governo Berlusconi-Lega ed entrò in vigore durante il Governo Monti sostenuto, tra gli altri, dalla Meloni.

L’attuale dotazione del MES è di circa 80 miliardi. A costituirla sono stati tutti i Paesi dell’Eurozona in proporzione al loro peso economico. Questo fa sì che la Germania sia il primo contributore, sfiorando il 27% del capitale, oltre ad essere lo Stato che ha le minori probabilità di usufruire degli aiuti.
Il MES può emettere titoli garantiti dagli Stati dell’Eurozona, arrivando a raccogliere liquidità fino a 700 miliardi di euro, da utilizzare per effettuare prestiti alle nazioni che ne facciano richiesta.

Per le regole attuali, cioè quelle in vigore dal 2012 delle quali finora nessuno sembrava essersi accorto, gli Stati che chiedono l’aiuto del MES devono sottostare ai controlli di un comitato costituito da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale (la cosidetta Troika) e mettere in campo una serie di riforme imposte dal comitato.
Il piano di riforme prevede di solito misure molto impopolari come tagli alla spesa pubblica, – in particolare alle pensioni – privatizzazioni, liberalizzazioni e maggiore flessibilità delle leggi sul lavoro, puntando al risanamento dei conti.
La logica è: “Se mi chiedo dei soldi io te li presto, ma siccome voglio essere sicuro di riaverli indietro devi fare tutto quello che dico io”.
Può essere un criterio più o meno discutibile, ma sono regole che esistono da 7 anni e sono state già applicate in occasione degli aiuti a Cipro, Portogallo, Irlanda e Grecia (la nazione che ne è uscita più pesantemente segnata).

Dalla sua creazione il MES ha ricevuto grossi apprezzamenti, essendosi rivelato uno strumento adatto ad affrontare le crisi, vista la sua capacità di prestare denaro a Stati che altrimenti non avrebbero potuto ottenere prestiti.
Ma le critiche non sono mancate.
C’è chi accusa il fondo di pretendere sacrifici troppi pesanti in cambio degli aiuti, deprimendo così le economie degli Stati che dovrebbe sostenere. Ma c’è anche l’accusa opposta, cioè di sostenere chi non lo merita, concedendo denaro con troppa facilità ed incoraggiando così Stati meno seri a spendere oltre i propri mezzi. Come si può facilmente intuire, la prima critica arriva dalle Nazioni più a rischio, la seconda arriva da quelle più solide, che sono anche quelle che contribuiscono in modo più consistente.

 

Cosa prevede la riforma

A questo punto dovrebbe essere chiara l’esistenza di due diverse correnti che chiedono riforme del MES: da una parte quella dei Paesi più indebitati che vogliono alleggerire il peso degli adempimenti richiesti a chi si avvale degli aiuti, dall’altra quella dei Paesi ricchi del Nord Europa, che chiedono un inasprimento.
La riforma, discussa a partire dal 2018, cerca di conciliare entrambe le richieste.

La richiesta dei Paesi meno solidi, finalizzata a consentire la concessione di prestiti agli stati che ne avessero bisogno senza obbligarli a riforme pesanti ed impopolari è stata accolta.
Peccato che sia stata accolta anche l’altra richiesta, quella degli stati più ricchi del Nord, che di fatto la rende inutile. Per ottenere credito sarà infatti sufficiente una lettera d’intenti, ma solo a patto di rispettare i parametri di Maastricht. Considerando che 10 stati su 19 membri dell’eurozona non rispettano questi parametri, e che tra questi figura anche l’Italia, per quanto ci riguarda la situazione resterà invariata rispetto alle attuali normative.

Un risultato concreto ottenuto dai paesi più indebitati (Italia in primis) è il meccanismo del backstop.
Di cosa si tratta? Di un fondo comune costituito tra le banche europee, capace di agire autonomamente quando una banca di un Paese dell’eurozona è in crisi, evitando di utilizzare risorse pubbliche per il salvataggio.
Salvini e la Meloni sostengono che il MES porterà via soldi agli Italiani per salvare le banche tedesche: la verità è che i Tedeschi sono stati i più fieri oppositori di questa riforma, sostenendo che fossero le banche di Paesi in difficoltà come l’Italia ad aver bisogno di questi soldi, e che la Germania si sarebbe trovata a finanziare salvataggi in questi Paesi.
Il MES contribuirà a finanziare il Fondo di risoluzione, potendo stanziare fino a 55 miliardi; le banche diventeranno così più sicure.

Un risultato ottenuto dai “rigoristi” del Nord Europa rappresenta invece un effettivo peggioramento dell’accordo, se considerato dal nostro punto di vista, tanto da spingere sia il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, sia il presidente dell’ABI Antonio Patuanelli ad esprimere preoccupazione.
La nuova norma è finalizzata a rendere più facile la “ristrutturazione” del debito pubblico di un Paese che chiede sostegno al MES. Per effetto di questa modifica, i privati che hanno sottoscritto titoli del debito pubblico (quindi di fatto hanno prestato dei soldi allo Stato), potrebbero, nel momento in cui scatterà il pacchetto di aiuti alla Nazione in difficoltà, vedersi rimborsati i titoli sottoscritti solo parzialmente e non per l’intero valore nominale.

Stiamo parlando delle Clausole di Attivazione Collettiva (CACS), della quali Salvini ha dimostrato di non sapere assolutamente nulla, pur utilizzandole come spauracchio per terrorizzare i suo elettori.

Le istituzioni Europee hanno rassicurato i Paesi membri spiegando che la ristrutturazione del debito non sarà automatica e che la riforma nasce per proteggere i governi in caso di default. Il meccanismo prevede la possibilità di ridurre il capitale da rimborsare o gli interessi, oppure posticipare i pagamenti dovuti rispetto alle scadenze.
Le vecchie clausole presupponevano un accordo tra uno Stato alle prese con la ristrutturazione del suo debito e la maggioranza degli investitori. Poiché gli Stati emettono debito in tante emissioni, era finora necessaria una doppia maggioranza: a livello di debito complessivo e in ogni singola emissione.
La riforma del Mes richiede la sola maggioranza a livello complessivo, cioè la single limb. Tutto questo crea una condizione di rischio per i privati.
Come spiegato in precedenza, per accedere agli aiuti del MES bisogna essere in regola con determinati parametri. Gli Stati non in regola potranno beneficiare degli aiuti a patto di impegnarsi ad attuare riforme impopolari per risanare il bilancio. La possibilità di ristrutturare il debito, scaricando sui risparmiatori privati parte del peso, rende più facile l’accesso agli aiuti ma meno sicuro l’investimento in titoli di stato.
Anche senza arrivare ad un provvedimento del genere, la sola esistenza di questa norma potrebbe scoraggiare gli investitori a sottoscrivere titoli dei Paesi più indebitati, costringendoli ad aumentare i tassi per continuare a finanziarsi.

Il MES è un circolo privato?

Questo trattato mette 124 miliardi di Euro degli Italiani nella mani di sette burocrati europei: due tedeschi, due francesi, un olandese un belga e un irlandese che possono discrezionalmente decidere chi aiutare e non aiutare con quei soldi.          MATTEO SALVINI

Cosa c’è di vero in questa affermazione? Niente.

Intanto le somme versate dall’Italia al MES si limitano a poco più di 14 miliardi, pari al 17% del fondo. I 124 miliardi rappresentano il capitale sottoscritto ma non versato. Se davvero si rendesse necessario per l’Italia versare i residui 110 miliardi, questo vorrebbe dire che la Germania ne verserà 160, la Francia 120 e così via.

Chi comanda nel MES?
Il MES è guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro. Il Consiglio assume all’unanimità tutte le principali decisioni (incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all’approvazione dei protocolli d’intesa con i paesi che la ricevono).
Le decisioni meno importanti richiedono comunque una maggioranza pari all’85% del numero di quote sottoscritte.
Considerando che l’Italia detiene il 17% delle quote, ha di fatto potere di veto: questo vuol dire che il MES non potrà mai prendere una decisione che non sia condivisa anche dal Governo Italiano.

Già, ma il Governo conosce le proprie decisioni? A questo punto si dovrebbe rispondere che non è sempre così, o almeno non lo è per tutti i Governi, considerando che le attuali modifiche sono state concordate nel 2018 dal Governo Conte 1 e dai vice premier Salvini e Di Maio.

Cioè gli stessi che adesso alzano barricate e raccolgono firme chiedendo di non ratificare le modifiche concordate dal loro Governo.