ISP, l’Antitrust blocca il passaggio a Isybank senza consenso

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha adottato un provvedimento cautelare nei confronti di Intesa Sanpaolo e di Isybank per impedire il passaggio alla banca digitale dei correntisti che non forniscano il proprio consenso espresso. Questa operazione – si legge in una nota dell’Authority – al momento ha riguardato circa 300 mila clienti su un totale di 2,4 milioni che Intesa Sanpaolo intenderebbe trasferire a Isybank. Sono stati oltre 5.000 i consumatori (di cui più di 3.000 dopo l’avvio dell’istruttoria) che hanno chiesto l’intervento dell’Autorità. Per l’Autorità il trasferimento è stato previsto con modalità non conformi alle disposizioni del Codice del Consumo. Entro 10 giorni Intesa Sanpaolo e Isybank dovranno comunicare all’Autorità le misure adottate per ottemperare al provvedimento cautelare.

Per effetto del trasferimento – prosegue la nota dell’Antitrust – i correntisti interessati non avrebbero potuto più accedere in filiale né all’internet banking tramite personal computer e avrebbero dovuto svolgere le operazioni bancarie solo tramite App. Inoltre, i nuovi conti correnti prevedono condizioni economiche differenti e la perdita di servizi prima disponibili (ad esempio: carte virtuali per effettuare acquisti online in sicurezza, assegni bancari, accesso ai contratti di mutuo). Tali essenziali modifiche dei contratti in precedenza stipulati sono state unilateralmente imposte senza che fosse stato richiesto il previo consenso dei clienti al trasferimento.

Inoltre, le comunicazioni relative al passaggio ad Isybank sono state trasmesse ai clienti nella sezione archivio dell’App di Intesa Sanpaolo senza adottare accorgimenti che ne sollecitassero la lettura (ad esempio, notifiche push e pop-up) e non lasciavano capire che in tal modo i clienti si sarebbero potuti opporre al passaggio. Infine, nelle comunicazioni non erano state adeguatamente indicate le modifiche relative alle condizioni economiche previste dal nuovo conto corrente e ai servizi non più inclusi.

Pertanto, l’Autorità ha previsto che le due banche, previa informativa chiara ed esaustiva sulle caratteristiche del nuovo conto Isybank , assegnino ai correntisti un congruo termine per fornire il proprio consenso espresso al trasferimento. In tal modo, coloro che si dichiareranno contrari avranno la facoltà di mantenere il precedente conto corrente alle stesse condizioni.

Messina: soddisferemo i clienti sulle procedure

«Tutte le autorità vanno rispettate. È chiaro che noi riteniamo di aver operato in conformità a quelle che sono le leggi di questo Paese e di aver ricevuto le autorizzazioni da parte della Banca d’Italia e della Bce. Ma è anche vero che, se anche un numero limitato di clienti, e parliamo di circa 2.000, non ha trovato le nostre procedure come quelle migliori da poter usare, faremo in modo che questo possa accadere». Così il consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, a margine di un convegno sull’eredità del banchiere Raffaele Mattioli.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore




Bper, ok Bce all’acquisto di Carige per 1 euro.

La banca ha avuto la luce verde per rilevare dal Fitd il gruppo genovese, ora si attendono Bankitalia e Antitrust. In arrivo la dote di 530 milioni. Closing entro la prima decade di giugno, in contemporanea presentazione del nuovo piano, poi scatterà l’opa a luglio. Equita stima aumento dell’utile per azione a doppia cifra | A luglio l’opa Bper su Carige


Bper Banca ha ricevuto dalla Bce l’autorizzazione all’acquisizione di Banca Carige e, indiretto, delle sue controllate Banca Monte di Lucca e Banca Cesare Ponti. Come scrive MF-Milano Finanza, oltre all’ok della Bce sono in arrivo a breve anche le luci verdi di Bankitalia e Antitrust. Nasce così il quarto polo bancario italiano con oltre 155 miliardi di euro di attivi (22 miliardi di Carige), oltre cinque milioni di clienti (800 mila Carige) e 2.100 filiali (380 circa di Carige), che supererà Mps e si porrà sullo stesso livello di Banco Bpm, seguendo a distanza Unicredit e Intesa Sanpaolo.


Contributo del Fitd di 530 milioni

La banca guidata dall’ad Piero Montani aveva presentato la relativa istanza alla Banca centrale europea dopo la firma, il 14 febbraio scorso, del contratto di acquisizione della partecipazione di circa l’80% del capitale sociale ordinario di Carige detenuta dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) e dallo Schema volontario di intervento. Una volta verificato l’avveramento di tutte le condizioni sospensive previste dal contratto, si potrà procedere al closing dell’operazione, mediante il trasferimento della quota Carige detenuta dai soci venditori a favore di Bper Banca, al corrispettivo di 1 euro e previo versamento in conto capitale, da parte del Fitd, in favore di Carige di un contributo pari a 530 milioni.

 

Closing a inizio giugno

Si prevede che il closing possa perfezionarsi entro la prima decade di giugno, il che consentirà a Bper Banca di beneficiare della conversione delle deferred tax assets di Carige in crediti d’imposta. L’acquisizione della quota di controllo di Carige da parte di Bper Banca comporterà, per quest’ultima, l’obbligo di promuovere, un’opa totalitaria sulle azioni Carige non detenute da Bper banca. Come già annunciato al mercato, l’opa verrà promossa ad un prezzo di 0,80 euro per ciascuna azione ordinaria.

Piano in arrivo

Sempre MF-Milano Finanza scrive che l’opa sul flottante dovrebbe partire a inizio luglio. Intanto il ceo sta apportando gli ultimi ritocchi al piano industriale che sarà presentato alla comunità finanziaria il prossimo 10 giugno. “Si conferma la forte valenza strategica ed industriale dell’operazione che consentirà al gruppo Bper, valorizzando le risorse di Carige, di crescere in territori ad oggi limitatamente presidiati, consolidando il proprio posizionamento competitivo e rafforzando la prospettiva di creazione di valore per i propri stakeholder”, spiega Bper in una nota.

Le stime di Equita

“Sulla base delle nostre stime e in attesa di avere maggiori dettagli con il prossimo piano industriale, riteniamo che la ricapitalizzazione in Carige da parte del Fitd per 530 milioni e la conversione di Dta per 320 milioni, post effetto fiscale, dovrebbero permettere di coprire i costi di ristrutturazione e integrazione di Carige, con la combined entity che atterrerebbe con un Cet 1 in area 13% e un Npe ratio minore del 5%”, afferma Equita confermando il giudizio hold e il target price di 2,2 euro. La sim inoltre stima “sinergie in area 100 milioni, principalmente da costo e funding, mentre sul lato dei ricavi il contributo dovrebbe derivare da una più forte presa commerciale e dall’integrazione delle fabbriche prodotto. Di conseguenza, vediamo spazio per un aumento dell’utile per azione a doppia cifra già al 2023 e potenzialmente in incremento negli anni successivi”. Il titolo Bper sale dello 0,75% a 1,885 euro.

 

Fonte: Milano Finanza




Muta ancora la geografia bancaria nella Regione Abruzzo

Lunedì 22 febbraio c’è stato il passaggio di oltre 600 filiali ex UBI Banca e Banca Intesa in BPER, a livello nazionale, che ha coinvolto 7 filiali, in Abruzzo e Molise, oltre alla Banca On-line di Chieti.
Questa prima operazione ha interessato circa 100 lavoratrici e lavoratori nella nostra regione, assorbiti alle dipendenza della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, come già accaduto, in passato, per i colleghi delle ex banche abruzzesi Carispaq, Bls e Serfina Banca.

Il 12 aprile prossimo, l’operazione continuerà con la “razionalizzazione” dell’intera rete nazionale degli sportelli UBI Banca, accorpate a Banca Intesa. In Abruzzo saranno coinvolte 51 filiali, con 437 dipendenti. Non è ancora definita la riallocazione di tutto il personale ma sicuramente tutto ciò porterà a chiusure di sportelli bancari. I Sindacati, hanno più volte lanciato l’allarme occupazionale e di desertificazione dell’attività bancaria nei territori più svantaggiati, ponendo “l’attenzione più ai rischi sociali che alla riduzione dei costi”. Banca Intesa ha assicurato che non chiuderà gli sportelli nei comuni più piccoli, ma si limiterà a riorganizzare le filiali in sovrapposizione.

A far data dal 22 maggio, si affronterà l’ultimo, e più delicato, passaggio di 18 filiali e minisportelli a Banca Popolare di Puglia e Basilicata, che si insedierà nella provincia di Chieti imposto dall’Antitrust.
A preoccupare la Fisac Cgil territoriale è sicuramente la doppia migrazione, un duplice disagio per i colleghi ma anche per la clientela, che vedrà passare i rapporti bancari, prima a Banca Intesa, in aprile, e successivamente a Banca Popolare di Puglia e Basilicata, a fine maggio. Le conseguenze di tale disagio potrebbero vanificare l’obiettivo dell’indirizzo delle disposizioni dell’Antitrust, con previsione di perdita di clientela e relativa masse amministrate e, quindi, la tenuta occupazionale.
La BPPB ha una forte vocazione localistica e di sostegno alle piccole realtà produttive. Per attuare tale politica, anche in Abruzzo, occorrerà sviluppare un forte confronto con le parti sociali e un coinvolgimento attivo delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio, sin da subito. Tanto perché l’intera operazione sia veramente un valore aggiunto per tutti le parti coinvolte.

 

Nota della Fisac-Cgil Abruzzo Molise




Paura “scatola vuota” per le filiali ex Ubi passate a Bper

Scatta lo stop al trasferimento dei conti correnti di chi vuole restare in Intesa


È entrato nel vivo il passaggio di consegne nelle filiali che sono passate alla Popolare dell’Emilia Romagna (Bper) a seguito dell’acquisizione di Ubi Banca da parte di Intesa Sanpaolo. Si tratta, più nel dettaglio, di 587 sportelli nella maggior parte dei casi di ex proprietà di Ubi che il gruppo guidato da Carlo Messina è stato costretto a sacrificare sull’altare della fusione per ottenere il via libera all’operazione da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato o Antitrust. E nel complicato passaggio della proprietà in capo a Bper, tra i vari problemi che si stanno presentando, c’è quello di chi vuole mantenere il proprio conto corrente all’interno del Gruppo Intesa, e non può farlo.

Secondo documentazione interna consultata da Business Insider e diffusa dopo che alcuni clienti passati alla Popolare dell’Emilia Romagna si erano recati in filiali di Intesa contigue per chiedere il trasferimento lì del conto in modo da restare nel gruppo, ai dipendenti degli sportelli ceduti è stata data l’indicazione di fare il possibile per evitare questo tipo di situazioni.

Il fatto è che, fino a un paio di settimane fa, sembrava praticabile la strada di recarsi in un’altra filiale di Intesa e di domandare il trasferimento, al fine di mantenere le stesse condizioni del rapporto bancario. In un secondo momento, tuttavia, ai dipendenti che devono gestire queste richieste era stato comunicato di suggerire ai clienti di chiudere il vecchio conto Intesa e di riaprirne uno nuovo alle condizioni attuali, per poi domandare il trasferimento. Ora invece sembra stia prevalendo la tesi più rigorosa che prevede che il cliente “ceduto” a Bper non possa restare in Intesa, almeno per ora ovviamente e fatta salva la possibilità successiva di chiudere il conto nel gruppo modenese per riaprirne uno nuovo in quello milanese.

Nella documentazione interna si legge, infatti, di domandare alle filiali rimaste Intesa di non procedere col trasferimento dei rapporti, limitandosi ad aprire solo quelli nuovi, per evitare che a Bper venga ceduta quella che testualmente viene definita una “scatola vuota”. Ecco perché in alcune recenti riunioni tenutesi nelle filiali appena passate di mano è stato ribadito che il trasferimento dei vecchi rapporti non è possibile, proprio per evitare di andare a intaccare lo stock dei depositi e prestiti venduto alla Popolare con sede a Modena, cosa che potrebbe fare emergere nuovi problemi concorrenziali da risolvere con l’Antitrust. In questo quadro, appare molto difficile anche potere mantenere le vecchie condizioni del conto corrente.

Dovrebbe però restare ferma la possibilità di recesso, da fare valere una volta giunta la comunicazione del passaggio di proprietà degli sportelli. A riguardo, sembra che ai clienti Ubi questa comunicazione sia arrivata mentre per le filiali Intesa sembra che si dovrà attendere ancora un po’. Proprio il fatto che i clienti Intesa non siano ancora stati ufficialmente informati del passaggio di mano degli sportelli rende paradossalmente ancora più difficile il blocco dei trasferimenti dei conti correnti.

Insomma, una situazione piuttosto complicata. “Dalle informazioni pervenute – spiega il consulente finanziario Giuseppe D’Orta – pare che tutto origini dalle disposizioni dell’Antitrust e dal conseguente patto di non concorrenza per due anni riguardo i clienti, ma non si comprende come ciò possa ledere il diritto di questi ultimi di decidere a quale istituto affidarsi. A meno che, con tipica soluzione all’italiana, una volta completato il trasferimento della clientela a Bper, tutti facciano finta di non vedere il ritorno di una parte di questi a Intesa Sanpaolo. Ma tutto ciò comporta solo un enorme dispendio di energie e costi, a partire dal duplice cambio di Iban con ovvie conseguenze riguardo gli accrediti e gli addebiti continuativi, solo per dirne una. Altra domanda: chi ha il mutuo Intesa Sanpaolo o Ubi si ritroverà a pagarlo da un conto corrente Bper, ma ciò dovrà avvenire come originariamente previsto, senza aggravi riguardo le condizioni del mutuo e anche le spese di incasso rata. E anche il trasferimento dei rapporti del risparmio gestito potrebbe creare problemi”.
“Per esempio – ricorda Anna D’Antuono, legale dell’Aduc – quando Intesa acquistò la parte ‘buona’ delle banche venete rilevò anche molti fondi, che però in molti casi a quanto ci risulta furono fatti vendere per sottoscrivere prodotti del Gruppo Intesa”.

 

Fonte: it.businessinsider.com




L’antitrust indaga su Intesa, RBM e Previmedical per irregolarità sulle polizze salute

L’Authority, dopo oltre mille reclami, ha avviato un procedimento istruttorio sui due gruppi per presunte condotte scorrette. Realizzate ispezioni nelle sedi da parte della Gdf


Faro dell’Autorità garante per la concorrenza e del mercato (Agcm) sulle polizze salute tornate al centro dell’interesse degli assicurati in tempi di pandemia. A seguito di oltre mille reclami, l’Agcm ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di Intesa Sanpaolo, Rbm Salute Spa e Previmedical (Servizi per Sanità Integrativa) per due presunte pratiche commerciali scorrette nell’offerta di servizi assicurativi.
In particolare, le due società avrebbero svolto «una pratica commerciale aggressiva, consistente in condotte e omissioni volte a ostacolare l’esercizio dei diritti che derivano dal rapporto contrattuale, inducendo i consumatori assicurati a rinunciare alle prestazioni economiche e assistenziali cui avrebbero diritto», come si legge nella nota dell’Agcm.

Tra ritardi e dinieghi

Gli assicurati, infatti, secondo le indagini, si sarebbero trovati a fronteggiare richieste di documentazione probatoria eccessiva, ritardi nel rilascio delle autorizzazioni alle prestazioni dirette ovvero ritiro dell’autorizzazione già rilasciata, difficoltà/impossibilità di accedere ai call center delle società per chiedere informazioni, mancata erogazione di rimborsi senza apparente motivazione o sulla base di motivazioni pretestuose, valutazioni sulla congruità delle prescrizioni rilasciate dai medici ai consumatori, inadeguatezza e scarsa trasparenza nella gestione dei reclami.

Inoltre, sia Rbm sia Previmedical avrebbero realizzato una pratica commerciale ingannevole diffondendo a mezzo stampa un messaggio pubblicitario in cui la “Polizza stop liste di attesa di Rbm” verrebbe prospettata, contrariamente al vero, come soluzione per chi è “stufo dei tempi del Servizio Sanitario Nazionale” – spiega una nota della Autorità garante –. Una condotta che, se verificata, violerebbe gli articoli 20, comma 2, 21 e 22, del Codice del Consumo».

Il 25 ottobre, sono state anche condotte verifiche ispettive nelle sedi delle due società coinvolte nell’istruttoria, in collaborazione con il Nucleo Speciale della Guardia di Finanza.

Gare vinte nei fondi sanitari

Già da tempo anche L’Ivass aveva acceso un faro sulle polizze salute settore dove arrivavano copiosi i reclami, in particolare su Rbm Salute (acquisita tra il 2019 e il 2020 dal gruppo Intesa Sanpaolo).

Ad aumentare le lamentele all’Authority assicurativa ha contribuito anche la crescita delle teste assicurate dal gruppo visto che la compagnia in questione, negli ultimi anni, si è aggiudicata numerosissime gare indette dalla sanità integrativa. Intesa Sanpaolo Rbm Salute copre numerosi fondi sanitari di grandi dimensioni (come Metàsalute dei metelmeccanici) e proprio a inizio novembre si è aggiudicata anche la gestione dei fondi integrativi contrattuali dei gruppi Fca (Fasif) e Cnh Industrial ( Fisdaf) che assistono circa 170 mila persone e che storicamente erano seguiti da Generali Italia.

E ironia della sorte tra i fondi clienti del gruppo indicati sul sito della compagnia del gruppo diretto da Carlo Messina c’è la stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in compagnia di Ivass, Autorità Nazionale Anticorruzione, Ministero della Difesa, Marina Militare, Carabinieri, Agenzia delle entrate-Riscossione e per finire anche il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica.

 




Accordo Intesa-Bper per la cessione di 532 sportelli di Ubi Banca

All’istituto modenese 532 sportelli. Obiettivo della manovra, convincere l’antitrust a superare le sue riserve sulla concentrazione e ottenere così il via libera all’ops sulla banca lombarda, che intanto potrebbe accelerare.


 

Accordo tra Intesa Sanpaolo e Bper per spartirsi le filiali di Ubi Banca. Il cda della banca modenese ha approvato la decisione di acquisire 532 filiali nell’ambito dell’ops di Intesa su Ubi, incrementando così il proprio impegno (anche se meno del previsto) rispetto agli accordi precedenti per l’acquisizione di 400-500 sportelli.

Accordo Intesa-Bper su filiali Ubi Banca

Bper nei giorni scorsi aveva avviato trattative con Intesa Sanpaolo per l’acquisto di altre filiali. Si era ipotizzato però un accordo più ampio, fino ad almeno 600 sportelli, e il titolo era precipitato in Borsa. Per l’operazione infatti è stato predisposto un aumento di capitale fino a 1 miliardo, ma l’ad Alessandro Vandelli contava di utilizzarne poco più della metà, mentre ora l’asticella potrebbe salire a 600-700 milioni.

Obiettivo della manovra, convincere l’antitrust a superare le sue riserve sulla concentrazione e ottenere così il via libera all’ops sulla banca lombarda.

L’antitrust infatti ha preventivamente bocciato l’intera operazione, citando fra i nodi da sciogliere la “sostanziale indeterminatezza” del ramo d’azienda oggetto di cessione, “incertezze” sull’esecuzione dell’accordo nel caso di adesioni all’offerta tra il 50 e il 66,7%, e “sostanziale inefficacia” dell’accordo “rispetto alle criticità” concorrenziali in Calabria, Marche e Abruzzo.

L’authority ha dato tempo fino al15 giugno per depositare memorie e documenti in vista dell’audizione finale fissata con le parti per il 18 giugno.

L’accordo integrativo

Il ramo oggetto di cessione sarà composto da depositi e raccolta indiretta da clientela stimati rispettivamente in circa 29 miliardi di euro e 31 miliardi e da crediti netti stimati in circa 26 miliardi.

Oltre il 70% delle masse afferenti al ramo sono relative a clientela basata nelle regioni settentrionali del Paese.

L’accordo integrativo prevede che gli impieghi addizionali stimati, pari a circa 4,5 miliardi, saranno costituiti esclusivamente da impieghi in bonis. Bper nel comunicato stima un Cet1 ratio Fully Loaded consolidato pro-forma al 12,5% alla fine del 2020.

Inoltre è stato rideterminato il meccanismo di calcolo per il corrispettivo del ramo d’azienda rilevato, pari a 0,55 volte il valore del Common Equity Tier 1 dello stesso e al 78% del “multiplo implicito” riconosciuto da Intesa Sanpaolo per il Common Equity Tier 1 di Ubi Banca.

L’Ops accelera

L’antitrust non dovrebbe emettere il suo verdetto prima della seconda metà di luglio, ma Intesa Sanpaolo conta ugualmente di accelerare i tempi dell’offerta. Sempre in data odierna infatti è attesa la decisione dell’Ivass sul passaggio delle relative attività assicurative a Unipol, partecipata dalla stessa Bper.

La Consob avrebbe poi 5 giorni per approvare il prospetto informativo dell’offerta, che potrebbe così iniziare in luglio per concludersi entro settembre, salvo parere contrario dell’antitrust.

Il via libera alla concentrazione sarebbe incluso nel documento d’offerta come condizione di efficacia della proposta. Difficilmente Ubi, che ha già duramente contrastato l’ops, soprattutto attraverso i maggiori soci sindacati, resterà a guardare.

 

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https://www.fisaccgilaq.it/banche/bper/intesa-ubi-lantitrust-mette-in-stand-by-loperazione.html

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Dl Liquidità, istruttoria Antitrust su 4 banche e moral suasion su altre 12

Nel mirino Unicredit, IntesaSanPaolo, Banca Sella e Findomestic e altre 12 banche: “Assenza di informazioni sulla tempistica per avere accesso alle varie misure di sostegno dettate in favore di microimprese e consumatori e altre criticità”. L’intervento, spiega l’Autorità, è stata dettato dalla “convinzione che solo condotte trasparenti, con informazioni complete e chiare, e prive di ostacoli ingiustificati, possono assicurare ai consumatori e imprese il sostegno economico indispensabile per affrontare l’attuale emergenza

La macchina dei prestiti delle banche alle imprese, garantiti dallo Stato, marcia oramai più veloce ma alcuni istituti di credito sono ancora indietro, a volte per ragioni non loro, e la Banca d’Italia interviene per chiedere le cause e spronarli ad accelerare inviando una lettera agliistituti in ritardo nell’erogazione di liquidità. Contemporaneamente scende in campo anche l’Antitrust, che avvia 4 istruttori e 12 moral suasion nei confronti di 16 istituti e società finanziarie per “condotte relative alla sospensione dei mutui-prestiti e all’erogazione di nuovi finanziamenti: il faro dell’autorità punta in particolare a chiarire le “problematiche emerse sull’assenza di informazioni relative alla tempistica per aver accesso alle varie misure di sostegno per microimprese e consumatori”, previsti dai decreti Cura Italia e Liquidità, varati dal governo per fronteggiare l’emergenza economica innescata dalla pandemia di coronavirus.

Le quattro istruttorie guardano UnicreditIntesaSanPaoloBanca Sella e Findomestic per problematiche emerse “sia sull’assenza di informazioni sulla tempistica per avere accesso alle varie misure di sostegno dettate in favore di microimprese e consumatori, che di chiare indicazioni sugli oneri derivanti dalla sospensione del rimborso dei finanziamenti concessi alle imprese, in termini di aumento degli interessi complessivi rispetto al totale originariamente dovuto quale effetto dell’allungamento dei piani di ammortamento”. Inoltre, sottolinea l’Autorità, “le banche avrebbero posto indebite condizioni all’accesso a tali misure” come “l’apertura di un conto corrente o possedere specifici requisiti non previsti dalla normativa. E ancora “avrebbero cercato di dirottare i richiedenti verso forme di accesso al credito diverse e potenzialmente più onerose” rispetto a quelle previste nel decreto Liquidità.

Nei confronti di Bnl, Banco BpmUbi Banca, Crédit agricoleCredem, MpsBanco popolare di Sondrio, CrevalBcc Pisa, Agos DucatoCompass e Fiditalia, invece l’Antitrust ha avviato una attività di moral suasion, avendo riscontrato “le medesime carenze di tipo informativo sulla tempistica di risposta” e sulle “effettive condizioni economiche di accesso alla sospensione dei rimborsi dei finanziamenti”.

L’Autorità, quindi, “riscontrando una serie di criticità, da parte dell’utenza, ad ottenere il dilazionamento delle esposizioni debitorie rispetto alle banche e alle società finanziarie, e per avere accesso alla liquidità e al credito”, come sarebbe invece previsto dai decreti Cura Italia e Liquidità, ha ritenuto di dover intervenire “nella convinzione che solo condotte trasparenti, con informazioni complete e chiare, e prive di ostacoli ingiustificati, possono assicurare ai consumatori e imprese il sostegno economico indispensabile per affrontare l’attuale emergenza”.

 

 

www.ilfatttoquotidiano.it




Intesa-Ubi, l’Antitrust mette in stand-by l’operazione.

L’Antitrust rileva che l’accordo per la cessione a Bper di una serie di attività al dettaglio non può essere preso in considerazione perché non è chiaro quali siano gli asset che sarebbero ceduti.


Nell’attesa di avere chiarimenti sulla cessione di asset a Bper, l’Antitrust mette in stand-by l’acquisizione di Ubi da parte di Intesa Sanpaolo. In una nota l’Authority guidata da Roberto Rustichelli precisa che “non è stata assunta alcuna decisione” in merito alla “compatibilità” della concentrazione tra Intesa e Ubi Banca “con le regole della concorrenza”.
Allo stato”, spiega ancora l’Authority, “è stata trasmessa alle imprese interessate la sola Comunicazione delle Risultanze Istruttorie, che rappresenta la valutazione preliminare degli uffici dell’Autorità in ordine alle possibili criticità concorrenziali dell’operazione di concentrazione”.

Una comunicazione, quest’ultima, con cui l’Ente precisa la propria posizione dopo le indiscrezioni che riportavano stralci della Comunicazione delle Risultanze Istruttorie. Nel documento, inviato nei giorni scorsi, l’Authority afferma che alla luce delle criticità emerse l’operazione non è «allo stato degli atti suscettibile di essere autorizzata».

Dopo l’avvio del procedimento, e la Comunicazione alle parti delle risultanze dell’istruttoria, il documento ora dovrà essere oggetto di controdeduzioni e chiarimenti da parte dei soggetti coinvolti. Peraltro va segnalato che nella sua valutazione dell’offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, l’autorità Antitrust non ha preso in considerazione la prevista cessione di 400-500 sportelli a Bper perché «in base alle informazioni fornite da Intesa Sanpaolo, non è stato in alcun modo possibile enucleare il ramo di azienda Ubi oggetto di cessione a Bper, senza che permanessero significative incertezze in merito al suo perimetro».

Operazione al momento non autorizzabile

Realistico, dunque, che Intesa voglia precisare con maggiore dettaglio il perimetro di attività oggetto di cessione. Dal documento emerge anche che lo scorso primo giugno Intesa ha chiesto tempo fino al 10 giugno per «fornire la specificazione del ramo di azienda» che sarà ceduto a Bper. Istanza che tuttavia l’Antitrust ha rigettato il 3 giugno. Le parti avranno ora tempo di presentare memorie e documentazioni entro il 15 giugno. Il 18 giugno è invece prevista l’audizione finale di tutti i soggetti coinvolti.
La decisione finale attesa nella seconda metà di luglio

Dopo l’audizione collegiale il procedimento entrerà nella fase decisoria, rispetto alla quale le risultanze istruttorie non precludono alcun esito. Una volta acquisito il parere non vincolante dell’Ivass, per il quale c’è un termine massimo di 30 giorni, il collegio dovrà chiudere entro i 60 giorni lavorativi dall’avvio dell’istruttoria il procedimento, per cui una decisione è attesa nella seconda metà di luglio. L’Antitrust può approvare l’operazione, rigettarla nella sua interezza o approvarla chiedendo però dei correttivi. “E’ ragionevole attendersi che Intesa presenti le proprie controdeduzioni e/o eventuali piani alternativi di cessione in modo da garantirsi il rispetto delle condizioni richieste rimuovendo un ostacolo che non consente la partenza dell`Ops sul mercato”, ha scritto oggi Equita Sim in un suo report.

Concentrazione in molti mercati

Nelle conclusioni delle «risultanze istruttorie» l’Antitrust, come riportato da Radiocor, rileva che la concentrazione è in grado di ridurre «in maniera sostanziale e durevole la concorrenza» su una serie di mercati «in ragione dell’elevata quota di mercato e livello di concentrazione raggiunta, accompagnati da una distanza significativa dal secondo operatore di ciascuna area e in considerazione della capacità ‘disciplinante’ di Ubi nei confronti delle maggiori banche».

L’Antitrust ha identificato «639 aree critiche nel mercato della raccolta bancaria, 782 negli impieghi alle famiglie consumatrici e 218 negli impieghi alle famiglie produttrici-piccole imprese, nelle quali l’operazione in esame conduce alla costituzione o al rafforzamento di una posizione dominante». Le “aree” citate sono lo cosiddette “catchment area”, vale a dire i bacini di utenza dei 1.064 sportelli Ubi, la cui ampiezza è stata determinata, secondo la prassi Antitrust, «considerando un tempo di percorrenza massimo di 30 minuti in auto, calcolato sulla base della mobilità della domanda dei clienti bancari». L’autorità sottolinea inoltre che il numero totale di aree problematiche è naturalmente inferiore alla somma delle cifre riportate, dato che in molti casi la stessa area può essere critica in due o più mercati. Sono state identificate come critiche le aree in cui la banca nata dall’aggregazione avrebbe, tra le altre cose, «una quota di mercato congiunta maggiore o uguale al 35%» e «un distanziamento dal secondo operatore, in termini di quota di mercato, non inferiore a 10 punti percentuali».

I dubbi sulla cessione di filiali a Bper

L’Antitrust ritiene inoltre che «non possa essere preso in considerazione, quale intervento volto a risolvere le criticità concorrenziali dell’operazione in specifici mercati e aree territoriali, il contenuto dell’accordo sottoscritto» da Intesa e Bper, che prevede la cessione a quest’ultima di un pacchetto di 400-500 filiali. Ciò, scrive l’Antitrust, per tre ragioni: in primo luogo per la «sostanziale indeterminatezza del perimetro del ramo di azienda di Ubi, oggetto di cessione in favore di Bper»; in secondo luogo per le «incertezze in merito all’effettiva attuazione di tale accordo» qualora Intesa detenga a valle dell’offerta pubblica di scambio «il mero controllo al 50% più 1 azione del capitale sociale di Ubi»; infine per la «sostanziale inefficacia di tale accordo rispetto alle criticità in altre aree del territorio italiano, diverse dalle province del nord-ovest, su cui parimenti le quote post merger» di Intesa e Ubi «risultano di indubbia rilevanza, con specifico riferimento ad alcune CA (catchment area, mercati locali circoscritti ai bacini d’utenza, ndr) della regione Calabria e della regione Marche, nonché dell’Abruzzo».

Per Ubi operazione punta a eliminare concorrente

Ubi Banca «ha sostenuto che l’operazione notificata», vale a dire l’ops lanciata da Intesa Sanpaolo, «eliminerebbe dal mercato non solo un operatore capace già oggi di esercitare una significativa pressione concorrenziale, ma anche l’unico competitor tra quelli di medie dimensioni capace di avviare un percorso di consolidamento nel mercato bancario nazionale in modo indipendente e, dunque, di creare nel breve/medio periodo un terzo polo alternativo a Intesa e UniCredit».

Secondo Ubi «che questo sia il reale fine dell’operazione» sarebbe provato anche dalla decisione di Intesa di procedere con «un’ops ostile, scegliendo un percorso proceduralmente molto più complesso» rispetto a un negoziato. Una modalità «atipica per il settore bancario». «In un mercato nel quale vi sono molti operatori che sarebbero disponibili a valutare ipotesi di integrazione – conclude Ubi, secondo quanto riportato dall’Antitrust – tale modo di procedere cela la volontà di eliminare un operatore temibile e conferma l’assoluto valore competitivo di Ubi».

Nel quadro delle audizioni all’Antitrust, emergono poi schermaglie tra i due gruppi, e in particolare in merito all’ipotesi, evocata da Ubi, che la banca guidata da Victor Massiah faccia da pivot per la creazione di un terzo polo bancario in Italia. Nella Comunicazione delle risultanze istruttorie dell’Antitrust, Ubi ha spiegato «di aver valutato, a livello progettuale, la possibilità di procedere a forme di aggregazione con altri istituti bancari di medie dimensioni (segnatamente Mps, Bper, Bpm), e in particolare con Bper, con la quale risultato agli atti tavoli tecnici con Bper e Unipol». Sul tema la stessa Bper ha chiarito che «nell’autunno 2019 hanno avuto luogo alcuni contatti esplorativi», ma l’interlocuzione si è interrotta alla fine dell’anno per scelta di Ubi, che ha comunicato «di volersi focalizzare su altre priorità, quali l’elaborazione del proprio piano industriale poi presentato in febbraio». Intesa, da parte sua, rileva quindi che «non risultano elementi di fatto da cui possa desumersi che Ubi stesse effettivamente procedendo ad aggregazioni con altri operatori, né tantomeno che tali aggregazioni le avebbero consentito di raggiungere le dimensioni di Intesa Sanpaolo e UniCredit».

Intesa: Ubi non aveva altri interlocutori

L’istituto guidato dall’a.d. Carlo Messina ricorda infatti che in passato le acquisizioni di Ubi hanno riguardato solo «piccole realtà locali in condizioni molto particolari», cioè le cosiddette good banks di Banca Marche, Etruria e Carichieti, e che il piano industriale presentato da Ubi il 17 febbraio, «vale a dire lo stesso giorno dell’annuncio dell’ops», è «stato concepito in ottica “stand alone”». «Pertanto – conclude Intesa – le dichiarazioni di Ubi secondo cui la società avrebbe avuto contatti preliminari con altre banche appaiono manifestamente inidonee a supportare il requisito della “ragionevole certezza” e della sussistenza di evidenze specifiche e convergenti di uno scenario controfattuale, ma confermano semmai come Ubi, all’epoca dell’ops, non avesse individuato uno specifico interlocutore con cui realizzare un’operazione di integrazione».

Intesa: senza Bper valuta operazione diversa da nostra ops

Infine, dal documento emerge come Intesa segnali all’Antritust come, escludendo dalle sue valutazioni la prevista cessione di sportelli a Bper, l’Authority stia valutando un’operazione diversa da quella presentata dalla stessa Intesa, che ha tra le sue condizioni di efficacia quella di ottenere una «autorizzazione incondizionata» dall’autorità. Lo ha sottolineato la stessa Intesa all’Antitrust, secondo quanto riportato da quest’ultima nella Comunicazione delle risultanze istruttorie. «Ad avviso di Intesa Sanpaolo – si legge nel documento – l’Autorità starebbe valutando nella presente istruttoria un’operazione differente rispetto a quanto notificato dalla stessa Intesa Sanpaolo, con conseguenze rilevanti anche sull’ops, posto che l’operazione è subordinata all’autorizzazione incondizionata dell’Autorità».
A quanto si legge nel documento, inoltre, lo scorso primo giugno Intesa aveva chiesto tempo fino al 10 del mese per «specificare il ramo di azienda» da vendere a Bper. Una richiesta, respinta dall’Antitrust il 3 giugno, che secondo quanto risulta a Radiocor metteva sul piatto anche una possibile revisione del perimetro oggetto di cessione, secondo criteri di massima cautela e peggiorativi per Intesa, con una conseguente modifica degli accordi con Bper, per garantire di ridurre le quote di mercato al di sotto della soglia del 35% in tutte le province italiane.

Fonte: www.ilsole24ore.it

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ISP multata di 4,8 milioni per vendita di polizze abbinate ai mutui

Venerdì 17 aprile su tre quotidiani nazionali (Corriere Della Sera, Il Messaggero e il Sole 24 Ore) è stato pubblicato l’estratto del Provvedimento n. 28156 del 18 02 2020 con cui l’Antitrust ha comminato 4.800.000 euro di sanzione a Intesa Sanpaolo per pratiche commerciali scorrette relative alla vendita di polizze assicurative abbinate ai mutui.

Secondo quanto ricostruito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Intesa Sanpaolo fin da aprile 2017 poneva la sottoscrizione di polizze assicurative di vario genere “come condizione di fatto – a chi richiedeva un mutuo agli sportelli della banca ndr – per la concessione del finanziamento”.   Le polizze che Intesa Sanpaolo chiedeva ai clienti di sottoscrivere erano ad esempio, incendio e scoppio e polizze a garanzia del credito tutte emesse da società del Gruppo come la polizza ProteggiMutuo, la polizza a protezione del finanziamento Acasaconme, la polizza PPI XME Protezione e la polizza PPI Mi curo dei miei.

Una pratica commerciale ritenuta scorretta dall’associazione dei consumatori Altroconsumo che ha denunciato tutto all’Antitrust.

Con provvedimento n. 28156 del 18 02 2020 l’Autorità Garante della Concorrenze e del mercato ha comminato a Intesa Sanpaolo una sanzione di 4.800.000 euro (praticamente la massima possibile, ritenendo il fatto particolarmente grave) per la vendita di polizze abbinate ai mutui obbligando la banca entro 120 giorni dal provvedimento  a pubblicare un estratto per un giorno su tre quotidiani nazionali. Così venerdì’ 17 aprile sul Corriere, sul Messaggero e su Il Sole 24 Ore, sono comparsi estratti della sanzione comminata a Intesa Sanpaolo a caratteri doppi rispetto a quelli usati dai rispettivi quotidiani e con tanto di riquadro come si usa in queste situazioni.

Dalla rilettura del documento completo relativo al Provvedimento dell’Antitrust contro Intesa Sanpaolo – consultabile sul sito dell’Autorità – emergono particolari inquietanti sulle pratiche commerciali che una banca può mettere in atto per pompare i ricavi a danno dei propri clienti e che vale la pena ripercorrere. Come abbiamo fatto in questo articolo perchè tutti i clienti siano maggiormente consapevoli e quindi più tutelati e sia più chiaro di cosa si sta parlando: una pratica purtroppo diffusa e che non riguarda solo Intesa SP.

Colpisce che la prima banca del Paese e che si presenta spesso come fra le più “etiche” e impegnata nel “sociale” attui pratiche di questo tipo come raccontato dalla sentenza dell’Antitrust

Nel Provvedimento dell’Antistrust sono citate numerose segnalazioni su queste pratiche commerciali scorrette da parte di Intesa Sanpaolo:

Nel mese di aprile 2017 IVASS (l’istituto che vigila sulle assicurazioni ndr) ha trasmesso una segnalazione di un consumatore secondo il quale ISP aveva condizionato la concessione del mutuo immobiliare alla stipula di una polizza assicurativa con copertura “in caso di morte, invalidità permanente e disoccupazione”, come risulta dalla documentazione allegata alla segnalazione, consistente in una lettera inviata da una filiale di ISP e indirizzata al consumatore. In essa, la concessione del mutuo immobiliare viene espressamente condizionata all’acquisto, da parte del consumatore, della suddetta polizza a garanzia del finanziamento, in quanto “unico richiedente e monoreddito”.

Ma questo non è l’unico caso. “In relazione alla condotta oggetto di contestazione sono pervenute diverse segnalazioni provenienti dai consumatori, a partire dal mese di luglio 2017 fino al mese di settembre 2019. Pressoché tutte le segnalazioni dei consumatori riportano comportamenti attuati da parte dei singoli dipendenti degli istituti di credito, dichiarati come aggressivi, in quanto volti a vincolare l’erogazione del mutuo alla sottoscrizione di un prodotto assicurativo.

Determinante l’indagine condotta dall’Associazione dei Consumatori che ha segnalato il caso all’Antitrust “In data 18 dicembre 2018, Altroconsumo ha inviato una segnalazione contenente i risultati di un’indagine, svolta nel mese di novembre 2018, in modalità “mistery shopping” presso diversi istituti di credito e incentrata sugli abbinamenti tra surroghe e polizze assicurative, tra cui le polizze cd. incendio e scoppio. Nell’indagine svolta presso una filiale di ISP in Milano è risultato che essa non ha proposto alla sua clientela la possibilità di trasferire la polizza incendio e scoppio originariamente stipulata con la banca che ha erogato il mutuo oggetto di sostituzione, vincolando l’erogazione alla sottoscrizione di una nuova polizza incendio e scoppio offerta e commercializzata da ISP”. Pratica che l’IVASS ha confermato.

Che l’abbinata mutui-polizze assicurative non fosse marginale, ma frutto di una pratica commerciale ricorrente e perseguita con determinazione dalla banca emerge dai “ documenti relativi ad azioni intraprese a livello di macro-aree interregionali sull’andamento delle vendite abbinate e sui piani di azione da attuare, tramite la rete retail, per spronare e incentivare le stesse vendite. Tali documenti, denominati “Monitoraggi PDA CPI 2019” (dove PDA sta per Piani di Azione e CPI per Credit Protection Insurance ndr) riguardano un’estesa area inter-regionale del Nord Ovest; consistono in report settimanali sul numero di mutui erogati e sul loro abbinamento con le polizze indicate (a protezione del finanziamento), essendo volti a verificare il rispetto dell’“obiettivo” e il “piano di azione”. In essi è riportata anche la comparazione tra direttori dell’area retail e sono utilizzati indicatori di benchmark in cui figurano filiali con abbinamenti all’80-100%”.

I bancari che non erano solerti nella vendita delle polizze assicurative venivano attenzionati

Vi era un “monitoraggio costante per la verifica delle motivazioni delle mancate coperture dei mutui con le polizze a protezione del finanziamento”. Affinchè la polizza venisse proposta al primo incontro con il richiedente del mutuo, era previsto “l’intervento dello specialista direttamente rivolto ai gestori meno propensi alla proposizione delle stesse polizze, per cui in fase di acquisizione della domanda di mutuo si programma l’intervento del direttore della filiale o del coordinatore per rafforzare la proposizione”.

Le filiali erano in forte competizione tra loro e quelle che erogavano mutui senza polizze abbinate sottoposte a pressioni anche tramite email stizzite riportate nel Provvedimento dell’Antitrust. “Sotto riportata la situazione al 10 maggio con obiettivo richiesto da DR [Direzione Generale] e vostra autocertificazione. Bene a livello di AREA, ma con poca coralità tra le filiali sono ben 7 le filiali ancora a zero. Tra le “grandi” molto bene […]. mentre sono indietro sia […] che […]” La filiale che colloca più polizze a protezione del finanziamento ha un premio di eccellenza.

Colpisce in queste email la disattenzione totale per il Cliente e il dipendente bancario e il focus sulla vendita del prodotto assicurativo “ Nell’email interna del 27 maggio 2019, ISP si chiede: “Scusate ma in tutta la settimana scorsa solo 3 domande caricate? Nessuna dalle tre GRANDI? Mi fate sapere qualcosa? Lascio il file fino a stasera per eventuali ritardatari poi lo azzero. P.S. ricordatevi di mettere la data e le motivazioni della mancanza CPI (polizze a protezione del finanziamento ndr)”.

Fortissimo il pressing sui Direttori di Filiale divisi tra buoni e cattivi come si può leggere in una mail interna del 28 novembre 2018 “in allegato trovate evidenziate in verde le filiali che stanno facendo bene per eventuali confronti tra direttori”. Non si lesinano consigli spiccioli di “piccoli semplici approcci quotidiani che creano fiducia nella proposta di protezione” e portano il cliente a sottoscrivere la polizza “A fronte di un interesse del cliente, bisogna insistere per stipulare subito la polizza comunicando al cliente stesso l’importanza e l’opportunità di attivare con velocità e subito la protezione assicurativa a partire dallo stesso giorno, in modo da essere tutelato per qualsiasi evento negativo che potrebbe sempre succedere in assenza di copertura”.

Nel caso di surroghe, in cui il Cliente riesce a ottenere condizioni di finanziamento migliori sul mutuo e la banca guadagna quindi meno di prima, la polizza permette di far quadrare i conti. L’Antitrust cita un Direttore di Area, che nel dare indicazioni alla sua rete di vendita composta da diverse filiali distribuite su un’area territoriale provinciale, con riferimento alle vendite abbinate nei mutui soggetti a rinegoziazione, richiede alla sua rete di negoziare azioni di cross selling, dimostrando come la polizza abbinata recuperi la perdita di redditività derivante dalla rinegoziazione delle condizioni economiche del mutuo.

Molti clienti protestano perché la polizza veniva fatta passare come obbligatoria per la sottoscrizione del mutuo. E in alcuni casi il finanziamento non viene concesso perchè il cliente si rifiuta di sottoscrivere la polizza.

Per quale motivo la banca si accanisce nel vendere polizze assicurative? Lo spiega bene il Provvedimento dell’Antitrust: la banca ha una robusta retrocessione sulle polizze che riesce a vendere ai propri clienti: ”le risultanze istruttorie, come confermato dai dati forniti da ISP (ovvero Intesa Sanpaolo, ndr), mostrano che le compagnie assicurative del medesimo Gruppo (Intesa Sanpaolo Vita S.p.A. e Intesa Sanpaolo Assicura S.p.A.), che emettono le polizze collocate dalla Banca, riconoscono a quest’ultima, per le polizze vendute in abbinamento a mutui/surroghe, provvigioni (denominate anche retrocessioni) pari al [30-35%] del valore dei premi assicurativi versati dai consumatori al netto delle imposte. Secondo i dati forniti da ISP (Intesa Sanpaolo), l’ammontare totale delle retrocessioni ricevute nell’ultimo triennio dalla banca sulle polizze vendute è pari a circa [40-45] milioni di euro (retrocessione del [30-35%]) per la incendio e scoppio , per la polizza PPI ProteggiMutuo è pari a circa [150-200] milioni di euro (retrocessione del [30-35%]). Ancora, secondo i dati ISP, per le polizze a protezione del finanziamento Acasaconme la provvigione ricevuta è pari a più di 1 milione di euro (retrocessione del [20-25%]), per la polizza PPI XME Protezione è pari a [400.000-450.000] euro (retrocessione del [20-25%]) e per la polizza PPI Mi curo dei miei a circa [500.000-55.000] euro (retrocessione del [5-10%])”.

Secondo l’Antitrust le pratiche commerciali messe in atto da Intesa Sanpaolo sulla vendita di polizze abbinate ai mutui sono troppo aggressive e totalmente sbilanciate. La Banca – scrive l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato -sfruttando il suo potere “altera la scelta consapevole dei consumatori ad acquistare polizze assicurative in abbinamento a mutui/surroghe”. E il comportamento è particolarmente sanzionabile secondo l’Antitrust perchè il “potenziale cliente risulta particolarmente vulnerabile. Infatti, il consumatore, nelle trattative relative alla conclusione di un contratto di mutuo anche con surroga, è parte di un rapporto contrattuale sbilanciato in cui non ha né la certezza della concessione del mutuo né la sicurezza della tempestività, atteso che tale concessione è rimessa ad una decisione, o meglio ad una delibera pressoché unilaterale della Banca. “

Secondo l’Antitrust Intesa Sanpaolo nella vendita di polizze abbinate a mutui ha posto in essere una pratica commerciale aggressiva, in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo e scrive nel Provvedimento che

La Banca ha sfruttato la sua posizione di potere, esercitando sui consumatori un’indebita pressione, in modo da limitarne notevolmente la capacità di prendere una decisione consapevole e non consentendo loro di poter scegliere liberamente polizze di terzi e non della Banca stessa.

La sanzione applicata dall’Antitrust è stata pari a 4.800.000 euro ed è praticamente la più alta possibile, visto che ai sensi dell’articolo 27, comma 9, del Codice del Consumo, in caso di pratica commerciale scorretta, l’Autorità può disporre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 5.000.000 euro.

Il comportamento della banca è stato particolarmente grave secondo l’Antitrust e dannoso per i suoi clienti “ Nello specifico, il pregiudizio subito dai consumatori è stato stimato prudenzialmente in un valore complessivo di circa [250-300] milioni annui di euro, a fronte di ricavi per ISP pari a circa [50-100] milioni di euro”.

La banca è stata condannata anche a pubblicare su tre quotidiani (Corriere della Sera, Il Messaggero e Il Sole 24 ORE) entro centoventi giorni dall’avvenuta notificazione del provvedimento un estratto a sue spese per informare compiutamente i consumatori della pratica commerciale scorretta. Venerdì 17 aprile nelle pagine di Economia del Corriere della Sera, a pagina 4 del Messaggero e a pagina 21 della sezione Finanza & Mercati de Il Sole 24 Ore, è stato pubblicato l’estratto in questione.

fonte: soldiexpert.com




Polizze legate ai mutui: maxi-sanzione Antitrust a Unicredit, Bnl, Intesa e Ubi

La scure dell’Antitrust torna a colpire le quattro principali banche italiane con sanzioni, che nel complesso superano i 20 milioni di euro, per pratiche commerciali scorrette nell’ambito della vendita di polizze abbinate ai mutui. Nel dettaglio le sanzioni sono pari a 6,55 milioni di euro per Unicredit, 5,65 milioni di euro per Bnl, 4,8 milioni di euro per Intesa Sanpaolo e 3,75 milioni di euro per Ubi Banca.

Sanzioni pesanti inflitte anche in virtù della recidività delle banche (Ubi esclusa) che già in passato erano state destinatarie di provvedimenti per violazione del Codice del consumo. In particolare, in questo caso, le pratiche scorrette sanzionate sono state poste in essere dagli istituti di credito dal 2015-2017 e, secondo quando accertato dall’Antitrust, sono ancora in corso.

Nel recente passato Ivass e Banca d’Italia a più riprese hanno ribadito che non è possibile condizionare la concessione di mutui (surroghe comprese) alla sottoscrizione di polizze di vario genere collocate dalla stessa banca.

L’Antitrust sottolinea di aver ravvisato anche l’aggressività delle banche nel proporre vendite “baciate” allo sportello e ha calcolato una stima prudenziale del pregiudizio economico subito dai consumatori che per Unicredit ammonta a 100 milioni di euro annui, a fronte di ricavi per l’istituto pari a circa 36 milioni di euro. Per Bnl il pregiudizio per i clienti è pari a 106,5 milioni di euro annui, a fronte di ricavi per la banca di 33 milioni di euro. Nel caso di Intesa Sanpaolo la stima dei danni economici subiti dai mutuatari è pari a 250-300 di euro annui, a fronte di ricavi per la banca di 50-100 milioni. Infine il pregiudizio subito dai clienti di Ubi è di 30-35 milioni di euro, a fronte di ricavi per l’istituto pari 10-15 milioni di euro.

In più per Unicredit e Bnl è stata anche appurata la pratica commerciale scorretta di aver indotto i consumatori, intenzionati a concludere contratti di mutuo e/o di surroga, ad aprire un conto corrente presso la medesima Banca, ponendo tale apertura come condizione per la concessione del finanziamento.

Adesso si attende la replica delle banche che entro 60 giorni possono presentare ricorso al Tar avverso ai provvedimenti sanzionatori dell’Antitrust.

 

Fonte: www.ilsole24ore.it