Sorpresa: è più difficile trovare camerieri che ai tempi del Rdc


Anni a parlare di divanisti e ora tutti zitti: persino Unioncamere certifica che nel 2024 le imprese faticano più di prima a cercare personale


Ad agosto del 2021, quando le famiglie italiane che prendevano il Reddito di cittadinanza erano ben 1,4 milioni, i ristoratori lamentavano in tutto il Paese una carenza di 19 mila cuochi e camerieri. Oggi, con la misura anti-povertà brutalmente abolita dal governo Meloni e sostituita da uno strumento che conta come beneficiari appena 700 mila nuclei, gli addetti mancanti tra sala e cucina sono arrivati a quasi 31 mila. In pratica, trovare un cameriere tre estati fa era molto più semplice che trovarli ora che è stato rimosso quello che veniva definito un incentivo a stare sul divano invece di lavorare: solo uno dei dati che fa crollare anni di retorica basata sul nulla (o sulla malafede).

La premessa: la fonte di questi dati è il bollettino Excelsior Unioncamere, rilevazione che quantifica il numero di assunzioni previste dalle imprese mese dopo mese e la percentuale di difficoltà di reperimento. Insomma, prova a dirci quanti lavoratori stanno cercando le aziende e quanto complicato sarà riuscire a trovare candidati adeguati. Stiamo parlando di un documento sulla cui attendibilità sono stati posti alcuni dubbi dagli esperti, ma che ha rappresentato in questi anni il Sacro Graal dei detrattori del Reddito di cittadinanza, convinti che quelle statistiche dimostrassero la loro tesi: dare soldi ai poveri spingerebbe le persone ad accontentarsi e a rifiutare le offerte di lavoro.

I dati e le evidenze scientifiche, in realtà, erano univoche già negli scorsi anni, ma il governo Meloni è andato dritto per la sua strada abolendo il sussidio anti-povertà, bandiera dei 5 Stelle, a partire dal primo gennaio 2024. A inizio anno, quindi, è arrivato l’Assegno di inclusione (Adi), con una platea di circa 700 mila famiglie, la metà rispetto a quelle che prendevano il Rdc. Nella fantasia della ministra del Lavoro Marina Calderone questo avrebbe spinto un esercito di (ex) fannulloni a fare la fila fuori dai ristoranti con il curriculum in mano. La realtà si è preoccupata ancora una volta di annientare questo racconto tossico sul mercato del lavoro.

Vediamo i numeri: ad agosto 2024 le aziende prevedono in totale 315 mila assunzioni, con difficoltà di reperimento pari al 49%. Una percentuale molto più alta del 2021, quando avevamo difficoltà di reperimento per il 33% delle 257 mila assunzioni previste. Se scendiamo nel dettaglio del settore della ristorazione, i dati sono ancora più espliciti. Ad agosto 2024 abbiamo 55.280 assunzioni previste con difficoltà di reperimento al 55,5%. Ad agosto 2021, con 49.570 ingressi preventivati, la difficoltà di reperimento si fermava al 38,1%. Insomma, nell’anno in cui il sussidio anti-povertà ha raggiunto il picco della sua generosità, la carenza di personale nei ristoranti era molto più contenuta. La crescita della difficoltà di reperimento, infatti, è costante e non è mai legata all’introduzione o alla rimozione di misure di sostegno al reddito dei poveri. Al contrario, sembra crescere in modo inesorabile la fuga da questi settori da parte dei lavoratori italiani. Sui motivi si potrebbero organizzare decine di convegni, ma il sospetto è che gli imprenditori della ristorazione farebbero bene a partire da un’autocritica: parliamo di un comparto che, secondo tutti gli osservatori, registra le retribuzioni più basse e i più alti livelli di lavoro irregolare (dopo quello domestico e dopo l’agricoltura).

Tutti i sostenitori della tesi per cui il problema era che il Reddito di cittadinanza creava “divanisti” ora fanno finta di nulla. Negli scorsi mesi abbiamo assistito ai primi tentativi di retromarcia da parte di ristoratori pronti ad ammettere di essersi sbagliati. Altri, invece, hanno elaborato una nuova acrobazia argomentativa: il Reddito di cittadinanza, hanno detto, ha ormai abituato le persone a non lavorare e quando è stato abolito era ormai troppo tardi. La ministra Calderone si limita a glissare sull’argomento e si sofferma esclusivamente sulla necessità di “promuovere la formazione e gli strumenti della contrattazione per sostenerla, in un mercato del lavoro che sta evolvendo rapidamente”. I fatti non sono mai interessati a nessuno.

 

Articolo di Roberto Rotunno su “Il Fatto Quotidiano” dell’11/8/24

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