Nuovi rincari per le polizze: protestano i consumatori, ma pure periti, carrozzieri e avvocati. Le compagnie comprimono i ricavi della filiera per aumentare i margini
Come la giri la giri, per le compagnie italiane c’è sempre un buon motivo per rivedere al rialzo i prezzi della Rc auto che continua ad essere tra le più care d’Europa nonostante le richieste delle compagnie siano state via via assecondate. Ieri erano le truffe, gli avvocati e le carrozzerie, oggi è il carovita con l’inflazione galoppante. L’ultimo rincaro è stato certificato pochi giorni fa dalla vigilanza delle assicurazioni, l’Ivass, che ha rilevato come a giugno le polizze obbligatorie delle 4 ruote abbiano raggiunto un prezzo medio di 403 euro, il 6,2% in più dell’anno prima. L’aumento dell’inflazione è un fatto, l’assicurato – obbligato a stipulare la polizza – annaspa anche qui, oltre che dal benzinaio e al supermercato. Non solo. Se in caso di sinistro si rivolge a carrozzerie non convenzionate, spesso e volentieri viene vessato al punto da sentirsi in obbligo di restituire di tasca propria alle assicurazioni parte del risarcimento versato dalle compagnie alle officine, per via di clausole contrattuali che non dovrebbero esistere. Ma esistono decine e decine di reclami inviati alle autorità di vigilanza, come racconta il Movimento dei Consumatori che punta il dito contro il risarcimento diretto e la canalizzazione, cioè, appunto, la riparazione presso carrozzerie convenzionate con le compagnie.
A contestare il sistema ci sono perfino gli agenti e i periti. Questi ultimi formalmente segnalano l’assetto oligopolistico del mercato assicurativo e chiedono una rivalutazione e un potenziamento del loro ruolo nella valutazione dei danni. Informalmente raccontano di poche e rapide uscite in cambio di perizie pagate 12 euro l’una, per di più firmate da professionisti non esperti del ramo. Poi ci sono le officine, che sotto le insegne della Federcarrozzieri contestano il controllo di fatto della filiera da parte delle compagnie, mentre singolarmente e sotto banco esibiscono contratti di convenzione in cui le assicurazioni impongono fortissimi sconti sulla manodopera, ma anche sulle singole riparazioni, che per alcuni accordi devono essere fatte pagare dal 20 al 70% in meno del prezzo di listino a seconda delle lavorazioni. I relativi pagamenti, poi, arriveranno almeno dopo due mesi: pochi, maledetti e tardi.
Il ministero delle Imprese conosce bene le istanze di questi soggetti, invitati a un tavolo con “Mister Prezzi” fin da febbraio: le loro richieste e segnalazioni sono riportate in una ventina di dettagliate slides della Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi sulla Rc Auto. Eppure alla prima prova dei fatti, il ddl Concorrenza, il ministro Adolfo Urso ha scontentato quasi tutti, promuovendo la portabilità delle scatole nere a strumento principe di “semplificazione a beneficio degli utenti”. I quali però non sono affatto contenti: ritengono si tratti di uno strumento più utile a profilare gli automobilisti che a tutelarli. La portabilità, replicano fonti del ministero, è “solo su richiesta dell’assicurato: serve per contrastare fenomeni di lock-in e consentire di usufruire della scontistica prevista dal Codice delle assicurazioni per chi installa la scatola nera”.
A parte ci sono le vittime della strada e i loro parenti. Convitati di pietra, spesso non invitati ai tavoli e trattati come se fossero solo un costo. L’avvocato Marco Bona – esperto di danni alla persona e referente italiano della Pan-European Organization of Personal Injury Lawyers (Peopil) – si chiede quanti siano davvero gli incidenti mortali che le compagnie liquidano ogni anno: “È chiaro che citano il dato sovrastimandolo, non è certo quello che fa la differenza”. L’avvocato è tra i firmatari di una lettera inviata giovedì 8 agosto al dicastero di Urso: l’Associazione vittime della strada, l’Unione nazionale avvocati responsabilità civile e Peopil chiedono “che venga riattivata l’analisi di contesto e il confronto con gli stakeholder” sulla Tabella unica nazionale per il risarcimento dei danni gravi per “portare ulteriori contributi al lavoro che il ministero dovrà svolgere per approfondire i punti oggetto di segnalazione da parte del Consiglio di Stato”. I giudici amministrativi, infatti, a febbraio hanno sospeso il parere sulla proposta ministeriale, chiedendo un pubblico confronto sul tema. La lobby delle assicurazioni, Ania, fa spallucce: chiede che l’iter legislativo venga “concluso senza indugio” e tace sulle motivazioni della bocciatura. Dice il Consiglio di Stato che l’obiettivo della legge di “garantire il diritto delle vittime (…) a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto” non può essere equiparato a quello di “razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori”: la protezione integrale dei danneggiati è prioritaria e “la sostenibilità degli impatti economici sul sistema assicurativo” non deve portare a un “generalizzato ed ingiustificato temperamento o, perfino (a una) misurata e programmatica riduzione della tutela delle vittime”. Al contrario i valori economici della tabella proposta comportano “il rischio di regressione dei risarcimenti”. I rumors riferiscono che il ministero tirerà dritto per la sua strada. Si vedrà.
Intanto però le polizze continuano ad aumentare: a giugno 2022 costavano mediamente 350 euro l’una, 53 in meno di oggi. Le compagnie replicano che dal 2012 a oggi il prezzo è diminuito di 100 euro, ma non dicono che nel 2012 le polizze italiane costavano il 100% più della media Ue. Fanno invece notare che le polizze obbligatorie per le quattro ruote costano in sinistri il corrispettivo dell’84,8% dei premi incassati: 10,11 miliardi di euro su 11,92 miliardi nel 2023, con un guadagno medio del 15% circa, una sessantina di euro a polizza. Dicono: senza i rincari non ci sarebbe stato margine.
Non la pensa così Federcarrozzieri, per la quale l’aumento dei prezzi è dovuto piuttosto a una politica industriale delle compagnie che cercano di “recuperare nel sempre profittevole ramo Rc auto i margini di utile persi in altri rami danni a cagione degli eventi climatici avversi”. Quanto al rincaro delle riparazioni “è anche dovuto alle scelte delle compagnie di utilizzare, interponendo tra l’assicurato-danneggiato e la carrozzeria che dovrà riparare il danno, società che fanno brokeraggio delle riparazioni, veri provider di sinistri, cioè strutture che fanno da intermediari a titolo oneroso tra la compagnia che paga il danno e il riparatore che effettua la riparazione, con ciò facendo lievitare il costo dei sinistri”. In pratica, dicono, nessun assicuratore risulta avere carrozzerie di proprietà e riparare direttamente, “ma tale condotta viene effettuata surrettiziamente e in maniera indiretta”. Ma così il banco incasserebbe due volte.
Articolo di Gaia Scacciavillani su “Il Fatto Quotidiano” del 12/8/2024