Quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato?


Limite ai prelievi di contanti da conto cointestato e divisione della somma depositata: la guida legale


I conti correnti cointestati sono una soluzione comune per molte coppie e famiglie che vogliono gestire i loro soldi in modo condiviso. Succede, ad esempio, tra marito e moglie o tra genitori anziani e figli. Tuttavia, la questione di quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato può essere fonte di confusione e malintesi.

Per poter avere un quadro chiaro bisogna partire da un dato essenziale: avere un conto cointestato significa essere comproprietari del denaro in esso contenuto. In quale misura? Se non c’è un accordo specifico tra le parti, non oltre la metà. Ed allora ci si chiede: quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato? E cosa succede se si eccede?

Ci sono alcune sentenze che chiariscono come funziona il conto cointestato e quali sono i poteri della banca nell’ipotesi in cui uno dei correntisti dovesse prelevare più della propria quota. 

In questo articolo analizzeremo le diverse situazioni in cui è possibile prelevare denaro da un conto cointestato, i limiti legali e le eventuali conseguenze dell’eccedere questi limiti. Inoltre, forniremo alcuni consigli pratici per gestire al meglio un conto cointestato e evitare malintesi o conflitti con il cointestatario.


Come funziona un conto cointestato?

Il conto deve essere cointestato sin dal suo nascere: è quindi necessario che tutti i futuri intestatari del conto si rechino allo sportello della banca per sottoscrivere le condizioni di contratto. 

L’intestazione del conto può decidere di estinguere il rapporto ed aprirne un altro cointestato, sul quale girare il saldo; in tale ipotesi, secondo la Cassazione, si verifica una donazione della metà del denaro depositato sul conto, sicché il nuovo titolare del conto acquisisce in automatico la proprietà del 50% del deposito. Tuttavia è sempre possibile dimostrare che la cointestazione sia avvenuta per finalità diverse dall’intento di donare, ad esempio per ragioni logistiche (si pensi a un anziano che voglia cointestare il conto al nipote affinché gli gestisca i prelievi e i versamenti). Una prova di questo tipo potrà servire per evitare che, alla morte di uno dei titolari del conto, l’altro rivendichi la proprietà della metà.

Ci sono tre tipi di conto corrente cointestato:

  • a firma congiunta: per fare i prelievi e i pagamenti è necessario il consenso di tutti i correntisti;
  • a firma disgiunta: ciascun correntista può eseguire prelievi e pagamenti;
  • misti: in tal caso, è necessario il consenso di tutti i correntisti solo per prelievi e pagamenti oltre un certo importo.

Quindi, per stabilire quanti soldi si possono prelevare da un conto corrente cointestato bisogna innanzitutto verificare eventuali limitazioni contrattuali che richiedano appunto l’autorizzazione dell’altro cointestatario. 


C’è un limite al prelievo di soldi da un conto cointestato?

Nel momento in cui si ha un conto corrente cointestato, la legge impone di non prelevare mai una somma superiore a quella che è la propria quota. Tale quota deve essere stabilita dalle parti al momento della cointestazione. Spesso però non si chiarisce mai questo aspetto, così la giurisprudenza ha detto che, in assenza di un patto contrario, bisogna presumere che il conto vada diviso in parti uguali. Pertanto, in presenza di un conto cointestato a due persone, ciascuna di queste avrà la metà dei soldi; invece in presenza di un conto cointestato a tre persone, la divisione avverrà nei limiti di un terzo (ossia il 33,3%), e così via.

Come anticipato, se si vogliono stabilire quote diverse (ad esempio il 70% e il 30%) bisognerà prevederlo in un apposito accordo che, per evitare fraintendimenti, dovrà essere scritto.

Attenzione però: come si dirà meglio nel successivo paragrafo, seppure le parti sono tenute a rispettare la divisone del conto secondo la quota a ciascuna di esse spettante, questa circostanza non ha alcun rilievo nei confronti della banca. Poiché infatti il rapporto è caratterizzato dalla cosiddetta “solidarietà”, sia attiva che passiva, ciascun correntista può esigere dalla banca una somma anche superiore rispetto alla propria parte (salvo ovviamente sussista l’obbligo di firma congiunta). Né la banca è tenuta a verificare se il richiedente ha effettuato un prelievo per un importo maggiore rispetto alla parte che gli spetta. 

Cosa succede se una persona preleva più della propria quota?

Come si è appena detto, in caso di conto a firma disgiunta, la banca non è tenuta a verificare il rispetto delle quote di proprietà al momento dei prelievi. L’istituto di credito è infatti debitore nei confronti di ciascun cointestatario per l’intera somma depositata.

Pertanto, in caso in cui uno dei cointestatari prelevi una somma superiore a quella di sua proprietà, l’altro potrà rivalersi sicuramente contro di lui ma non già nei confronti dell’istituto di credito che, per questo, non ha alcuna responsabilità. 

Chi ha prelevato più della propria quota è tenuto, nei confronti dell’altro cointestatario, a restituire la differenza oppure a ripristinare la provvista sul conto.


Che succede se il conto corrente va in rosso?

Come sussiste la solidarietà attiva nei confronti della banca (sicché ciascun correntista può pretendere l’intero importo depositato, anche oltre la propria quota, salvi solo i limiti di firma), la legge prevede anche la cosiddetta solidarietà passiva: in pratica ciascun correntista assume una responsabilità in solido per le obbligazioni nascenti con l’istituto di credito. Ciò significa che se il conto dovesse andare in rosso, la banca potrà chiedere l’intera somma a ciascun cointestatario, indipendentemente da chi, tra questi, ha determinato lo sconfinamento.

 

 

 

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