Clima aziendale tossico, ma per l’azienda si respira bene
Nelle scorse settimane ha avuto luogo la riunione della Commissione Politiche Commerciali, eccezionalmente supportata dalla presenza dei Coordinatori di Gruppo delle OOSS che avevano espressamente richiesto una verifica sul funzionamento della Commissione.
Abbiamo dichiarato che quella che dovrebbe essere una commissione bilaterale, in realtà viene spesso gestita in modo unilaterale da parte aziendale. In particolare l’analisi delle segnalazioni rigettate dall’azienda deve essere collegiale, nonostante l’azienda affermi di prendere in considerazione tutte le segnalazioni e di intervenire con forza proporzionata a seconda della gravità dei fatti riportati. Non è accettabile che alla commissione arrivino soltanto dati statistici relativi all’andamento numerico delle segnalazioni durante le riunioni periodiche.
Clima aziendale
Così come emerge dalle segnalazioni pervenuteci e dallo scambio quotidiano con le colleghe ed i colleghi lo scopo delle pressioni commerciali sembra essere non più la semplice vendita, ma la pressione stessa. Questo sembra emergere da numerosi fatti: la campagna “Campioni d’estate” lanciata nel momento in cui le filiali hanno l’organico ridotto all’osso per le ferie, l’obiettivo di rinnovo dei fidi alle imprese nel mese in cui aziende e commercialisti sono in vacanza, l’assegnazione continua di obiettivi aggiuntivi, rivolti anche a chi ha raggiunto gli obiettivi assegnati all’inizio dell’anno, l’insistenza di telefonate per chiedere i dati di vendita (peraltro vietate dall’accordo sulle politiche commerciali) la cui frequenza esasperata ha il solo scopo di far sentire il fiato sul collo e di creare una competizione tossica tra colleghi.
Gli strumenti da utilizzare per il raggiungimento degli obiettivi finiscono per diventare essi stessi obiettivi: è il caso degli appuntamenti, fatti oggetto di classifiche indebitamente diffuse tra le filiali. Esistono strutture aziendali che sembrano agire allo scopo di mantenere la Rete in uno stato di costante tensione. E abbiamo ricordato, in tal senso, che l’art. 2087 c.c. impone ai datori di lavoro di adottare tutte le misure “necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Lo stesso dato delle “cessazioni fisiologiche”, uno dei punti citati nel piano industriale appena presentato, riflette un malessere diffuso: fino a qualche anno fa era quasi impensabile che una persona che lavora in banca pensasse di dimettersi. Non possiamo fare a meno di pensare che un clima pesante agevoli il raggiungimento del numero di cessazioni ipotizzate.
Organizzazione del lavoro
Un elemento che contribuisce significativamente a creare frustrazione consiste nelle continue perdite di tempo causate da carenze tecniche ed organizzative. Continuiamo a segnalare le difficoltà causate da un sistema informatico ancora inefficiente e non al passo con i tempi. Ci auguriamo che gli investimenti dichiarati per rendere più efficiente il settore dell’IT siano anche indirizzati al fine di migliorare le condizioni di lavoro.
Tra i “ladri di tempo”, come più volte segnalato, ci sono ancora le troppe riunioni, che continuano ad essere convocate con varie modalità e con una frequenza illogica e la cui funzione si riduce spesso alla pubblica umiliazione di chi ha venduto meno. Anche le campagne commerciali basate su archivi grezzi, comprensivi di persone decedute, clienti indesiderati e soggetti contattati più e più volte per le medesime campagne, contribuiscono a gravare inutilmente sull’operatività, esponendo inoltre colleghe e colleghi alle reprimende dei loro superiori che li accusano di non aver ottenuto percentuali soddisfacenti nello sfruttamento delle campagne.
Paradossalmente, gli strumenti atti a misurare la produttività come Salesforce sono stati potenziati e, nonostante questo, non sono stati abbandonati i vecchi metodi “artigianali” quali file Excel e richieste telefoniche di rendicontazione.
Abbiamo inoltre segnalato, a mero titolo esemplificativo delle difficoltà quotidiane nell’operativo, che, in occasione del recente collocamento dei certificates, si è ripetuto il disagio in particolare di quelle persone operanti nelle zone e nelle filiali che possono contare su una rete internet meno efficiente.
Comportamenti scorretti
La casistica è ricchissima. Abbiamo ribadito le nostre preoccupazioni sull’utilizzo degli strumenti aziendali per un pressante controllo a distanza dell’operato di colleghe e colleghi. Il che non vuol dire contestare il diritto dell’azienda a decidere di quali strumenti dotarsi e come organizzare il lavoro: un equivoco su cui spesso l’azienda gioca per eludere la questione.
Sotto questo aspetto, la già citata classifica di appuntamenti per filiale o addirittura per addetto rappresenta l’ennesimo salto di qualità negativo.
Abbiamo espresso preoccupazione per l’assegnazione di obiettivi (o “ambizioni”) legati al singolo prodotto finanziario. Tale scelta può mettere i/le consulenti in condizione di essere tartassati da telefonate che sollecitano le vendite, limitando nei fatti la gestione equilibrata e complessiva delle posizioni assegnate.
Continua infine, con buona pace degli strumenti di controllo di gestione, la richiesta di dati previsionali, di tabelle, di resoconti verbali sulle vendite: tutti comportamenti vietati dall’accordo, che vi chiediamo di segnalarci regolarmente.
Le risposte dell’azienda
Dall’azienda abbiamo avuto risposte deludenti, e in qualche caso fuorvianti.
Alcuni esempi.
Se esprimiamo preoccupazione per l’utilizzo di Salesforce come mezzo di controllo a distanza, non stiamo mettendo in discussione lo strumento in quanto tale. Quindi l’azienda non può rispondere che “Salesforce è utilizzato da tantissime aziende”.
Abbiamo fatto presente la quasi impossibilità di rinnovare i fidi aziendali ad agosto, e l’azienda afferma: “Ad agosto abbiamo venduto tanti prestiti personali”, che è come rispondere con la raccolta delle pere ad una domanda sulle mele.
I problemi tecnici per il collocamento dei certificates sono liquidati con un: “migliaia di operazioni sono andate a buon fine, quindi non è vero che ci sono problemi tecnici”.
L’azienda dichiara di condividere – in linea di principio – l’idea che le pressioni non debbano essere fini a sé stesse, impegnandosi ad intervenire in caso di abusi che però, secondo la delegazione aziendale, rappresentano eccezioni dovute a comportamenti sbagliati dei singoli. Per questo è importantissimo che le segnalazioni continuino a pervenirci, sia per verificare l’effettiva volontà di dare seguito a questo impegno, sia per dimostrare quanto in realtà il fenomeno sia strutturale.
Nel complesso, se l’intento dell’azienda era rassicurarci in merito ad una reale ed effettiva disponibilità al confronto, possiamo dire che le risposte forniteci non hanno raggiunto lo scopo.
Analisi del questionario ai dipendenti
Sempre dietro nostra insistenza, l’azienda ha organizzato nei giorni scorsi una sessione che doveva essere di “analisi” della survey sottoposta al personale. Definirla “analisi” purtroppo è farle un complimento immeritato. L’azienda non ha fatto che riprodurre verbalmente i risultati della info grafica (estremamente sintetici) già diffusa sul portale. Insufficiente il dettaglio dei risultati scorporato per aziende, territori, centro, semicentro, rete, ruoli gerarchici. Alle nostre rimostranze, l’azienda ha opposto un’esigenza di riservatezza, dichiarando che sarebbe nell’interesse stesso del personale coinvolto, essendo il questionario completamente anonimo. Si tratta di una giustificazione ridicola: se l’azienda avesse a cuore la privacy dei colleghi, non pubblicherebbe continuamente classifiche sui prodotti venduti, mettendo in piazza i dati di produzione per mostrare senza il minimo ritegno chi sono i “buoni” e i “cattivi”.
Nonostante il sostanziale rifiuto di approfondire gli esiti del questionario, alcuni elementi emergono con preoccupante chiarezza. Un dipendente su due manifesta disagio sul lavoro, quasi quattro su dieci non si sentono coinvolti e motivati. Quelle che l’Azienda definisce “aree di miglioramento”, a nostro avviso sono pericolosi segnali di allarme.
Il clima è tossico, ma per l’azienda si respira ancora bene.
Ci saremmo augurati la condivisione di nuovi strumenti finalizzati al ricercare il benessere psico-fisico ed il miglioramento del clima aziendale per sancire finalmente un reale cambio di passo che trasformasse in fatti concreti anche gli impegni assunti in sede di Commissione.
Queste ultime occasioni di incontro hanno invece confermato che le regole condivise con il Sindacato non valgono per l’Area Affari.
Ricordiamo che sono attive per le segnalazioni la casella di posta condivisa con l’Azienda
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E una casella per ogni sigla sindacale
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COORDINAMENTI SINDACALI DI GRUPPO BPER BANCA
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN