Extraprofitti, la tassa flop: “dalle banche neache un euro”

“Al momento non risultano essere pervenuti versamenti”. L’ammissione alla Camera


 

“Una tassazione su margini ingiusti”, copyright della premier Giorgia Meloni, 7 agosto 2023. Nello stesso giorno, una “misura di equità sociale”, secondo il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini. Poi, il 13 settembre 2023, “se ci sono correttivi da fare, si possono valutare tranquillamente. Ma non intendo fare marcia indietro”, sempre Giorgia Meloni. Parliamo della tassa sugli extraprofitti delle banche, sventolata in lungo e in largo dal governo alla fine dell’estate scorsa. Ieri, infine, l’ammissione della resa dell’esecutivo agli istituti di credito: “Al momento non risultano essere pervenuti versamenti” per la tassa sugli extraprofitti bancari, “esattamente come previsto dalla relazione tecnica”, ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti rispondendo al question time alla Camera. È l’ammissione finale, il suggello a una vicenda kafkiana ma ormai nota: grazie alla scappatoia concessa alle banche in sede di conversione del decreto, nessun istituto di credito ha versato nulla, limitandosi – come previsto – a stanziare a patrimonio due volte e mezzo l’ammontare della tassa. Il prelievo avrebbe dovuto fruttare 3 miliardi e 248 milioni ma non l’ha pagato nessuno, nemmeno Mps e Mcc che pure sono banche controllate dallo Stato.

“Ricordo che a bilancio non è mai stata iscritta alcuna somma connessa all’attuazione di tale disposizione, sia nel testo originale sia in quello novellato, come del resto già previsto nella relazione tecnica allegata alla disposizione”, ha spiegato Giorgetti. “In sede di conversione, al fine di rafforzare la struttura patrimoniale degli istituti di credito, è stata introdotta la facoltà di non versare l’imposta, destinando un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta dovuta a una riserva ‘non distribuibile’. Il rafforzamento patrimoniale delle banche ha contribuito a mantenere o migliorare i livelli di rating e ciò ha costituito uno dei fattori che hanno contribuito alla riduzione dello spread registrato dal nostro Paese negli ultimi mesi e, quindi, un risparmio in relazione agli interessi passivi”, ha affermato il ministro.

Sarà. Ma il 13 settembre, in sede di conversione del decreto che conteneva la norma, Giorgia Meloni aveva detto l’esatto opposto: “Tutte le modifiche si possono fare, a parità di gettito. La misura che abbiamo previsto nell’importo deve rimanere uguale”.
Dunque la manovra a tenaglia della lobby bancaria contro l’imposta è andata perfettamente a segno. A guidarla era stata Forza Italia, che aveva esercitato forti pressioni sul governo per ridurre il prelievo che avrebbe colpito, in particolare, Banca Mediolanum, partecipata dalla famiglia Berlusconi. Alla faccia delle dichiarazioni roboanti di Giorgia Meloni.

E sì che nel 2023 i principali gruppi creditizi italiani quotati in Borsa sono riusciti a mettere a segno utili d’oro, per un totale di 21,5 miliardi, grazie agli extraprofitti ottenuti sui depositi dei clienti grazie al rialzo del costo del denaro deciso dalla Bce. Una remunerazione che le banche hanno distribuito agli azionisti sotto forma di dividendi e buyback, mentre il rendimento (lordo) dei conti correnti è rimasto allo 0,2%.
Utili stellari che sono stati confermati anche nel primo trimestre di quest’anno, in attesa di un taglio dei tassi che la Bce non ha ancora deciso. Tra il primo gennaio e il 31 marzo scorso, i primi cinque gruppi creditizi quotati a Piazza Affari secondo una analisi del sindacato Fabi hanno fatto segnare utili trimestrali complessivi per oltre 6 miliardi di euro, in forte crescita sullo stesso periodo del 2023. Nel frattempo, Intesa Sanpaolo ha però fissato la remunerazione dei conti correnti dei senatori al 5,6%, 28 volte quella dei clienti comuni.

Altro che la tassa sugli extraprofitti.

 

Articolo di Nicola Borzi sul fatto Quotidiano del 9/5/2024