Dove vorrebbero portarci?


C’è un sogno (sempre meno) inconfessabile dei manager dei grandi gruppi bancari: stravolgere la natura stessa del rapporto di lavoro dipendente, per trasformarlo in qualcos’altro.

Il sogno non viene manifestato espressamente. Eppure sono sempre più chiari e numerosi gli indizi disseminati tra le varie comunicazioni aziendali, a tutti i livelli. E allora, proviamo a coglierli ed a metterli insieme per capire dove vorrebbero portarci.

Primo indizio

Nelle riunioni tenute dai vari responsabili commerciali, le indicazioni a colleghe e colleghi sono chiare: “Il vostro dovere è assicurare agli azionisti un dividendo elevato, e stabile nel tempo”.

Il concetto è stato ribadito nel comunicato stampa del Gruppo Bper datato 30 maggio , nel quale si preannunciava la chiusura anticipata del piano industriale 2022-25 e nelle slides pubblicate in data 10 giugno sul sito group.bper.it nelle quali, tra gli obiettivi che il Gruppo si è dato, c’è l’ “incremento rilevante della remunerazione degli azionisti” .

Tutto ciò sembra andare contro le più elementari leggi della finanza: l’investimento azionario è per sua natura un investimento in capitale di rischio. Quando le cose vanno bene, arriva il dividendo. Quando vanno meno bene, il dividendo non arriva. Se poi vanno proprio male, si può perdere anche il capitale investito. Pretendere di trasformare un investimento azionario in un’obbligazione con cedola garantita è un’aspirazione del tutto illogica: eppure questa pretesa è alla base di tutta una serie di comportamenti, ai quali finisce per dare una giustificazione.
Giustifica le pressioni commerciali, sempre più pesanti ed invasive, soprattutto nei confronti di chi non fa abbastanza per aumentare i dividendi.
Giustifica politiche aggressive volte a ottenere ricavi a breve termine così da soddisfare comunque il padrone azionista, a prescindere dall’economia reale.
Giustifica l’impoverimento di aree sempre più estese del territorio, abbandonate dalle banche non perché non producano utili, ma perché ne producono in percentuali non adeguate alle aspettative di guadagno degli azionisti. Il paradosso è che così facendo, impoverendo i territori nei quali operano e restringendo il loro campo d’azione, le banche rendono sempre più arduo il raggiungimento degli stessi risultati in futuro.

Una pretesa illogica, che sembra voler ignorare che i risultati straordinari degli ultimi periodi sono stati frutto di un andamento insolitamente favorevole dei tassi, destinato a finire, che molto difficilmente si ripeterà in futuro.

Secondo indizio

Nelle stesse slides datate 10 luglio e pubblicate sul sito del Gruppo Bper si legge, tra gli obiettivi:
“Nuove logiche di correlazione performance-retribuzione”.
Normale aspettarci un rafforzamento dell’MBO, ma siamo sicuri che il sogno da realizzare si limiti a questo?

Proviamo a immaginare uno scenario nel quale non i premi, ma la retribuzione sia correlata, in tutto o in parte, al raggiungimento degli obiettivi assegnati. Il pericolo di un’ipotesi del genere è che molte persone potrebbero essere tentate di considerarla attraente: “Io sono bravo/a, il mio portafoglio produce utili per centinaia di migliaia di euro, quindi perché dovrei guadagnare come gli altri”?

Ragionamento che parte da un grave errore di base: il portafoglio non è dei lavoratori, ma della banca. E questo vuol dire che può cambiarlo a suo piacimento, per esempio trasferendo un referente personal. E in uno scenario come quello ipotizzato, questo significherebbe cambiare radicalmente il suo tenore di vita. Sembra un’ipotesi campata in aria, ma è ciò che molti lavoratori e lavoratrici del comparto assicurativo hanno sperimentato sulla propria pelle.

Torniamo nell’ambito Bper. Il giorno della pubblicazione dei dati MBO, le persone interessate sono andate a controllare i loro risultati con lo stesso spirito con cui si leggono le estrazioni del lotto: nessuno aveva la certezza assoluta di aver “vinto” il premio, a causa delle regole cervellotiche ma anche del fatto che l’azienda si riserva il diritto di farle e disfarle a piacimento.
Ora immaginiamo lo spirito con cui saremmo andati a leggere i risultati se da quei numeri fosse dipeso non il diritto ad avere una somma extra, ma la nostra retribuzione base.
Possiamo immaginare un genitore che torna a casa e dice ai figli: “ragazzi, quest’anno non si va in vacanza perché ho venduto solo il 99% delle polizze che avrei dovuto vendere”.
O una persona che avrebbe urgente bisogno di una protesi dentaria, ma deve rinviarla all’anno prossimo perché quest’anno aveva sì raggiunto tutti gli obiettivi, ma poi il suo cliente più importante è venuto a mancare, e gli eredi vivono in un’altra città…

Noi tutti ci lamentiamo della forte carica di ansia che il lavoro ci causa; in una situazione come quella che stiamo ipotizzando, l’attuale livello di stress sarebbe paragonabile ad un corso di yoga.

Conclusioni

Uniamo i puntini, mettiamo insieme gli indizi e non dovremo fare molta fatica per immaginare il futuro che i manager bancari sognano. Un futuro nel quale il rischio d’impresa possa essere almeno in parte trasferito dal capitale al lavoro da subito, non solo quando l’azienda entra in crisi (in quel caso purtroppo il trasferimento del rischio si verifica puntualmente). Nel quale sono i dividendi ad essere costanti, mentre gli stipendi calano quando le cose non vanno bene. Ed ancora una volta, parliamo di qualcosa che nel mondo assicurativo sta avvenendo da anni.

É fondamentale capire quanto sia importante avere un contratto nazionale che ci tutela, che ci garantisce una retribuzione adeguata al lavoro svolto, e non ai risultati conseguiti.
É fondamentale comprendere l’enorme valore del rinnovo contrattuale siglato alla fine del 2023, con adeguamenti al costo della vita dei quali beneficiano TUTTI indistintamente.
Ma soprattutto, è fondamentale capire che nessuna conquista è eterna, e che nel tempo tutto può essere messo in discussione se non siamo attenti e pronti a difendere ciò che abbiamo.

In passato abbiamo già respinto attacchi del genere: era il 2015 e il tentativo fu rintuzzato attraverso due scioperi con partecipazione altissima di lavoratrici e lavoratori. E oggi avremmo la stessa compattezza, la stessa consapevolezza? E’ una domanda che dobbiamo porci, perché il sogno degli azionisti delle grandi banche è sempre meno recondito.

E si sa: “i sogni son desideri…”

Fisac Cgil Gruppo Bper

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