Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce

A primavera, come ogni anno, arrivano i dati di Bankitalia relativi all’occupazione bancaria ed alla presenza degli istituti nei territori. E ogni anno, per quanto riguarda Abruzzo e Molise, la situazione appare peggiorata rispetto a quello precedente.

Detto in estrema sintesi: le banche non solo abbandonano i nostri territori, ma sembrano avere una gran fretta di farlo, con chiusure che procedono una velocità maggiore rispetto a quanto avviene nelle altre regioni.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nelle nostra regioni, suddiviso per provincia.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 20.985 20.161 -824 -3,9% -20,6%
ABRUZZO 429 407 -22 -5,1% – 25,9%
Provincia
AQ 93 84 -4 -4,3% – 29,4%
CH 117 111 -6 -5,1% – 23,5%
PE 105 100 -5 -4,8% – 24,3%
TE 114 107 -7 +6,1% – 26,7%
 
MOLISE 81 78 -3 -3,7% – 28,4%
Provincia
CB 62 59 -3 -4,8% – 32,2%
IS 19 19 = = – 13,6%
dati Banca d’Italia

Molise e Abruzzo sono rispettivamente la peggiore e la seconda peggior regione d’Italia per quanto riguarda la percentuale di sportelli chiusi negli ultimi 5 anni. Non inganni il dato del Molise relativo all’ultimo anno, leggermente migliore rispetto alla media nazionale: con 78 filiali residue c’è rimasto ben poco da chiudere.


 

La seconda tabella evidenzia l’effetto di queste chiusure sulle singole province

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Tot. 2022 % su tot comuni Tot. 2023 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 4.785 60,6% 4.651 58,9% -134 -2,8%
ABRUZZO 126 41,3% 119 39,0% -7 -5,6%
Provincia
AQ 31 28,7% 29 26,9% -2 -6,5%
CH 38 36,5% 36 34,6% -2 -5,3%
PE 25 54,4% 24 52,2% -1 -4,0%
TE 32 68,1% 30 63,8% -2 -6,3%
 
MOLISE 24 17,6% 24 17,6% = =
Provincia  
CB 18 21,4% 18 21,4% = =
IS 6 11,5% 6 11,5% = =
 
dati Banca d’Italia

In Abruzzo in oltre 6 comuni su 10 non si trova più una filiale di banca. La provincia peggiore è quella dell’Aquila, priva di sportelli bancari in quasi 3 comuni su 4.
A dir poco sconfortanti i numeri del Molise: non esistono banche in oltre 8 comuni su 10, arrivando al dato di Isernia che vede gli abitanti di quasi il 90% dei comuni costretti a spostarsi se vogliono effettuare operazioni bancarie.

La tabella evidenzia due situazioni ben distinte: ad una situazione tutto sommato accettabile nelle province di Pescara e Teramo fa da contraltare il dato relativo alle province di Chieti e L’Aquila, caratterizzate da tanti comuni ubicati nelle aree interne.
Purtroppo il Molise fa storia a sé: i dati sono impietosi per la provincia di Campobasso, e ancor di più per quella di Isernia.
Lo ribadiamo per l’ennesima volta: la chiusura degli sportelli bancari nei piccoli comuni non sarà probabilmente la causa principale dello spopolamento, ma è sicuramene un fattore che lo accelera. Non è azzardato affermare che il subentro dei grandi gruppi nazionali, al posto dalle banche locali che fino a qualche anno fa erano al servizio del territorio, abbia contribuito in modo tangibile alla fuga dalle aree più problematiche delle due regioni.

La lettura dei dati complessivi ci dice che oltre il 40% delle filiali bancarie è concentrato in sole 3 regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Nel Nord si concentra il 57% delle filiali, nel Sud e Isole (area nella quale Abruzzo e Molise sono ricompresi) appena il 22%. Il tutto è ben rappresentato da questa immagine:

 

Fonte: Banca d’Italia – Banche e Articolazione territoriale

 

Si parla tanto, e con legittima preoccupazione, dell’autonomia differenziata. In realtà le banche hanno già realizzato una secessione di fatto tra le regioni ricche e quelle povere.


 

La tabella che segue indica l’andamento degli occupati nel settore bancario in Abruzzo e Molise, suddiviso per provincia.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 264.288 261.976 -2.312 -0,9% – 5,8%
ABRUZZO 2.870 2.797 -73 -2,5% – 19,5%
Provincia
AQ 626 603 -23 -3,7%  – 19,5%
CH 763 763 = = – 22,1%
PE 780 752 -28 -3,6% – 9,2%
TE 702 679 -23 -3,3% – 26,0%
 
MOLISE 533 505 -28 -5,3% – 14,7%
Provincia
CB 446 412 -34 -7,6% – 13,5%
IS 87 93 +6 +6,9% – 19,8%
dati Banca d’Italia

Questi dati, se possibile, sono ancor più preoccupanti rispetto a quelli relativi alle chiusure. Perché evidenziano uno scostamento, rispetto alla media nazionale, molto più significativo. In Abruzzo il calo di addetti procede ad una velocità più che tripla rispetto al resto del paese; in Molise lo scostamento è di 2,5 volte.

Il dato relativo alle chiusure di filiali ci dice invece che la percentuale di sportelli chiusi in Abruzzo è sì superiore alla media, ma solo di un terzo, mentre quella del Molise è pari all’incirca ad 1,4 volte la media nazionale.

Come si spiega il diverso andamento di questi numeri?

Le ragioni sono diverse. La prima è di carattere storico. Nel nostro territorio avevano sede due banche locali fortemente radicate, che oltre alla rete di filiali avevano tutti i centri direzionali ubicati prevalentemente in Abruzzo. L’acquisizione da parte di banche di dimensione nazionale ha portato allo svuotamento di queste strutture ed al trasferimento delle lavorazioni presso le sedi delle aziende subentrate. A riprova di questo fenomeno – che ovviamente ha riguardato non solo Abruzzo e Molise ma tutte le regioni nelle quali avevano sede istituti locali – ci sono i dati in controtendenza delle regioni nella quali i grandi istituti hanno le loro sedi operative: l’occupazione risulta in aumento in Piemonte e in Emilia Romagna.

La seconda è da ricercarsi nel fatto che le nostre due regioni siano più “avanti” delle altre nel processo di abbandono da parte dei grandi istituti. Quindi, mentre in altre regioni le chiusure riguardano prevalentemente agenzie piccole, in Abruzzo e Molise gli sportelli di dimensioni minori sono stati già chiusi, ed ora le chiusure  riguardano le filiali più grandi.

La terza è che nei centri più importanti, dove restano aperte filiali storiche, il loro organico viene ridimensionato. Così, capita di vedere grandi filiali, un tempo affollate di lavoratori e lavoratrici, nelle quali oggi si trovano pochi colleghi a presidiare una distesa di scrivanie vuote o di stanze chiuse.

 

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELL’ABBANDONO BANCARIO?

Le banche sostengono che la chiusura delle filiali non abbia alcun impatto sull’economia locale in quanto l’avvento del digitale rende superflua la presenza fisica sul territorio. I dati relativi all’andamento dei crediti dimostrano una realtà ben diversa: dove chiudono le filiali cala anche il credito alle piccole imprese (non a quelle di dimensioni più grandi, che le banche assistono tramite strutture dedicate).

La tabella che segue è tratta da un’approfondita analisi dell‘Uffici Studi & Ricerche Fisac Cgil che pubblicheremo integralmente nei prossimi giorni.

 

Osservando l’andamento dei prestiti erogati ai singoli settori della clientela, ed indicizzati con base 100 nel 2017,  si rileva che ad eccezione dei prestiti alle famiglie consumatrici (sostanzialmente mutui), aumentati nel periodo 2017-2022 salvo poi ridursi nell’ultimo anno per effetto dei rialzi dei tassi, tutte le categorie mostrano una riduzione degli affidamenti rispetto al 2017, ad eccezione dei prestiti bancari alle imprese medio-grandi nel Molise che sono aumentati di oltre il 28% negli ultimi sei anni.

Cosa ci dicono questi numeri? Che quando non trovano filiali bancarie sul territorio le piccole imprese non riescono più a finanziarsi. Il calo è consistente in entrambe le regioni (-19,7% in Abruzzo e – 12,4%) in Molise. E questo nonostante il periodo di interruzione del trend decrescente 2020-2021 sostenuto, nel periodo Covid, dalle misure eccezionali di sostegno al credito.

Diversa la situazione delle imprese di dimensioni maggiori, che le banche seguono con strutture dedicate e non risentono della minor presenza sul territorio: in Abruzzo la riduzione è limitata al 5,7%, nel Molise come abbiamo visto risultano in consistente aumento, a dimostrazione di come l’effetto delle chiusure sia molto diverso a seconda delle dimensioni delle aziende

Cosa fa una piccola azienda quando non riesce più ad ottenere credito? O chiude, oppure cerca altri canali di finanziamento, finendo in mano agli usurai. Come sono messi i piccoli imprenditori di Abruzzo e Molise?

Esaminiamo la prossima tabella, tratta dalla classifica delle province italiane in base all’incidenza dei reati, redatta annualmente dal Sole 24 Ore

CLASSIFICA DELLE POVINCE IN BASE ALL’INCIDENZA DEI REATI
Provincia
Posizione Complessiva Posizione per reati d’usura
 
AQ 100 32
CH 77 41
PE 33 9
TE 45 7
CB 90 4
IS 67 1
dati Lab24 – Il Sole 24 Ore

La tabella ci dice che anche province che presentano un indice di criminalità molto basso, come L’Aquila e Chieti, si collocano nella prima metà della classifica relativamente all’incidenza dei reati d’usura.
Ma soprattutto ci dice che nei primi 9 posti, sempre concentrandosi su questo tipo di reati, figurano due province molisane e due abruzzesi, con Isernia che conquista la poco invidiabile vetta della classifica.
Dato purtroppo coerente in una provincia quasi completamente priva di banche.

 

Esaminiamo infine questo grafico. Riporta la variazione delle imprese artigiane nel 2023, differenziata per regione. L’illustrazione è tratta dallo studio del prof. Aldo Ronci Le imprese artigiane negli ultimi 5 anni e nel 2023.

Ancora una volta, il dato che esce fuori è inequivocabile: a fronte di una crescita dello 0,35% del numero di imprese artigiane in Italia, Molise e Abruzzo sono tra le poche regioni nelle quali le cessazioni sono superiori alle nuove attività. Non solo: il Molise risulta, ancora una volta, la regione con il peggior dato in Italia, e l’Abruzzo viene quasi subito dopo, conquistando un poco invidiabile terzo posto.

 

COSA SI PUO’ FARE?

Il tema dell’abbandono bancario ha visto la Fisac impegnarsi a fondo, per denunciarlo ma anche per cercare di proporre soluzioni alle aziende bancarie. Un possibile provvedimento potrebbe consistere nello spostare i centri direzionali dalle regioni del Nord a quelle del Centro Sud, riuscendo così a tamponare almeno l’emorragia occupazionale, senza peraltro arrecare disagio alle Aziende.

A livello regionale la Fisac Abruzzo Molise si farà promotrice, cercando la collaborazione della nuova giunta, della costituzione di un Osservatorio Regionale sul Credito che possa provare a governare il fenomeno. Non si può impedire ad una banca di chiudere una filiale, ma con una tempestiva pianificazione si può provare a cercare ipotesi alternative, mettendo in condizione i Comuni di proporre soluzioni gradite alle Banche o magari di provare a rimpiazzare l’Istituto uscente, ad esempio proponendo l’apertura ad una BCC locale.

 

Fisac/Cgil Abruzzo Molise in collaborazione con
Ufficio Studi & Ricerche Fisac Cgil




Il 5 aprile doppio appuntamento in Abruzzo con Maurizio Landini

Si comincia alle ore 10:00 all’Aquila con il convegno “Territori aperti: dai risultati alle sfide future”. Alle ore 15:00 a Teramo Assemblea generale


 

Il 5 aprile sarà una giornata importante per la Cgil Abruzzo Molise. Doppio appuntamento con il segretario generale del sindacato di Corso d’Italia, Maurizio Landini.

Alle ore 10.00, iniziativa presso il Centro congressi “Luigi Zordan” in Piazza San Basilio all’Aquila dal titolo “Territori aperti: dai risultati alle sfide future”. Nel sottotitolo, “Come sviluppare la resilienza dei sistemi territoriali ai disastri”, è chiaro il riferimento al terremoto che colpì la provincia dell’Aquila nella notte del 6 aprile 2009 e del quale quest’anno ricorre il quindicesimo anniversario. Nel corso dell’evento saranno presentati i risultati di oltre cinque anni di attività realizzate nell’ambito del progetto “Territori Aperti”, condiviso con il Comune dell’Aquila e finanziato dal Fondo Territori Lavoro Conoscenza di Cgil Cisl Uil. 


 

Nel pomeriggio, a partire dalle ore 15.00, Assemblea straordinaria della Cgil Abruzzo Molise presso l’Università degli Studi di Teramo. Al centro della discussione i temi della mobilitazione: sicurezza sul lavoro, sanità, precarietà, fisco e contrattazione.

 




Ex Tercas, nuovi rimborsi in arrivo

Continuano le sentenze favorevoli agli azionisti che hanno perso i loro risparmi a causa della vendita con modalità ingannevoli di azioni dell’ex Tercas. L’ultima decisione del Tribunale di Teramo estende anche agli eredi il diritto al risarcimento.

Se n’è occupato il TG3 Abruzzo in questo servizio andato in onda il 22/3/2024, nel quale interviene anche il Segretario Regionale Fisac Abruzzo Molise, Luca Copersini.

 




La Fisac Abruzzo Molise al convegno per i 20 anni della Federconsumatori Abruzzo

Giovedì 22 aprile, presso i locali dell’ex Aurum a Pescara, si svolgerà il convegno organizzato dalla Federconsumatori Abruzzo per celebrare i 20 anni di attività.

Tanti e prestigiosi gli ospiti: tra gli altri Carmine Ranieri, Segretario della Cgil Abruzzo Molise, e Luciano D’Amico, candidato alla Presidenza della Regione Abruzzo.
La Fisac Abruzzo Molise parteciperà al dibattito previsto per il pomeriggio, incentrato sulle vicende che hanno portato al dissesto delle banche locali Tercas e Carichieti. Al dibattito prenderanno parte Luca Copersini, Segretario Regionale Fisac, e Francesco Trivelli, nella doppia veste di Presidente Federconsumatori Abruzzo e Presidente dell’Assemblea Generale Fisac Abruzzo Molise.

Di seguito la locandina dell’evento; la partecipazione è libera.




Ex Tercas: clienti risarciti dalla data dell’acquisto

E’ il nuovo principio stabilito dalla Corte d’Appello, che conferma “I risparmiatori non furono informati dalla Banca”


Le sentenze non sempre fanno la storia, ma costantemente rappresentano fonti per scriverla. E mai come in quella delle azioni ex Tercas i verdetti dei giudici scandiscono la battaglia per i risarcimenti di centinaia di risparmiatori che, all’epoca dei fatti, da un momento all’altro si ritrovarono in mano titoli senza più valore.

Dopo gli svariati pronunciamenti di primo grado a favore dei risparmiatori, ora c’è una nuova sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila a stabilire che da parte dell’istituto bancario non solo non ci fu un’adeguata informazione ai clienti (così come stabilito anche da altri pronunciamenti di secondo grado) ma che i risparmiatori “debbano essere risarciti con rivalutazioni ed interessi dalla data dei rispettivi ordini d’acquisto fino all’effettivo soddisfo”.

La sentenza assume una doppia valenza riformando su questo punto in particolare quella di primo grado e accogliendo in toto un nuovo ricorso della Federconsumatori che in questi anni ha assistito più di 300 risparmiatori.

Anche in questo caso i fatti contestati risalgono a prima del finanziamento Tercas del 2012 e, di conseguenza, a prima dell’ingresso della Banca Popolare di Bari. Quattro, in questo caso, i risparmiatori, per somme che sfiorano centomila euro.

Scrivono i giudici: “Non può ritenersi assolto l’obbligo informativo della banca in ordine al tipo di strumento proposto come ogni forma d’investimento, nella specie titoli azionari Tercas, quali titoli illiquidi, non potendo di certo ritenersi sufficiente a tal fine l’informazione fornita con le informazioni riportate in via generale nel contratto quadro e nel contratto di consulenza, trattandosi di informazioni generali sulla tipologia di strumenti di investimento del tipo poi oggetto dell’ordine di acquisto e non invece, come avrebbe dovuto, di informazione specifica proprio di quel particolare titolo d’investimento oggetto dell’ordine di acquisto con riferimento e raffronto con il profilo dell’investitore e valutazione di adeguatezza e appropriatezza di quel tipo di investimento con la persona e gli interessi concreti di quel singolo investitore.”
Pronunciamento che trae linfa da diverse sentenze della Cassazione.

E precisano i giudici d’appello in un altro passaggio della sentenza: “In relazione a un investitore con una profilatura relativa a un rischio medio, con investimento di durata da uno a tre anni, e unica precedente esperienza del medesimo titolo di cui contesta ugualmente la mancanza d’informazione e consapevolezza, non può ritenersi adempiuto l’insieme di doveri informativi della banca al fine di valutare l’adeguatezza dell’operazione proposta in relazione al tipo d’investitore, considerata l’esistenza di un dichiarato conflitto d’interessi che imponeva la prova da parte della banca di un investimento del tutto consapevole e la mancata informazione specifica sulla natura del titolo proposto ed acquistato come titolo illiquido che esauriva peraltro il 100% del portafoglio investimenti del ricorrente”.

Va detto, così come evidenzia la Corte d’appello, che sul punto si è più volte espresso anche l’ACF (Arbitro per le Controversie Finanziarie della Consob) che, in casi simili e proprio in linea con la Cassazione, “ha ritenuto violati gli obblighi informativi degli istituti di credito”.

 

Fonte: Il Centro

 

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Al sud più pensionati che lavoratori: saldo negativo anche in Abruzzo

Se a livello nazionale il rapporto ormai è di uno a uno, nel Mezzogiorno, invece, il sorpasso è già avvenuto; stiamo parlando del confronto tra il numero delle pensioni erogate è quello degli occupati. Se in Italia il primo è pari a 22.772.000 e il secondo ammonta a 23.099.000, nelle regioni del Sud e delle Isole le pensioni pagate ai cittadini sono 7.209.000, mentre gli addetti sono 6.115.000.

In questo quadro l’ Abruzzo segue l’andamento del centrosud, seppur con differenze a livello provinciale: sono L’Aquila e Chieti a registrare il saldo peggiore e infatti entrambe, nella differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati uguale, segnano un -15mila; seguono Pescara (-2mila) e Teramo (-1.000).

Un risultato preoccupante che dimostra con tutta la sua evidenza gli effetti provocati in questi ultimi decenni da tre fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, l’invecchiamento della popolazione e la presenza dei lavoratori irregolari. La combinazione di questi fattori sta riducendo progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossando la fila dei percettori di welfare.

A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

Come riequilibrare il sistema?

Soluzioni miracolistiche non ce ne sono e ancorché fossero disponibili i risultati li avremmo non prima di 20-25 anni. Tuttavia, con sempre meno giovani e sempre più pensionati il trend può essere invertito in tempi medio-lunghi solo allargando la base occupazionale. Come? Innanzitutto portando a galla una buona parte dei lavoratori “invisibili” presenti nel Paese. Stiamo parlando di coloro che svolgono un’attività in nero che, secondo l’Istat, ammontano a circa 3 milioni di persone1 che ogni giorno si recano nei campi, nelle fabbriche e nelle abitazioni degli italiani a svolgere la propria attività lavorativa irregolare. E’ altresì necessario incentivare ulteriormente l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, visto che siamo fanalino di coda in Europa per il tasso di occupazione femminile (pari al 50 per cento circa). Inoltre, bisogna rafforzare le politiche che incentivano la crescita demografica (aiuti alle giovani mamme, alle famiglie, ai minori, etc.) e allungare la vita lavorativa delle persone (almeno delle persone che svolgono un’attività impiegatizia o intellettuale). Da ultimo è necessario innalzare il livello di istruzione della forza lavoro che in Italia è ancora tra i più bassi di tutta l’UE. Se non faremo tutto ciò in tempi relativamente brevi, fra qualche decennio la sanità e la previdenza rischiano di implodere.

Entro il 2027 dovremo “sostituire” quasi 3 milioni di addetti

Purtroppo, non c’è molto tempo; dalla lettura delle statistiche demografiche/occupazionali emergono tendenze molto preoccupanti. Tra il 2023 e il 2027, ad esempio, il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione2 . Insomma, nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età. Con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro, “sostituire” una buona parte di chi scivolerà verso la quiescenza diventerà un grosso problema per tanti imprenditori. Ricordiamo che negli ultimi 5 anni la popolazione italiana in età lavorativa (15-64 anni) è scesa di oltre 755 mila unità e solo nel 2022 la contrazione è stata pari a 133 mila.

Con più anziani sono a rischio l’immobiliare, i trasporti e la moda

Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e di assistenza alle persone. Va altresì segnalato che con una presenza di over 65 molto diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi. Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da anziani rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Per contro, invece, le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi; con una maggiore predisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi, facendo così “felici” molti istituti di credito.

Milano, Roma Brescia le realtà più virtuose. Messina, Napoli e Lecce, invece, le più squilibrate

A livello provinciale nel 2022 la realtà territoriale più virtuosa d’Italia è stata Milano (saldo dato dalla differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati uguale a +342 mila). Seguono Roma (+326 mila), Brescia (+107 mila), Bergamo (+90 mila), Bolzano (+87 mila), Verona (+86 mila) e Firenze (+77 mila).

Male, come richiamato più sopra, i risultati delle province del Mezzogiorno. Tra tutte, solo Cagliari (+10 mila) e Ragusa (+9 mila), presentano un saldo positivo.

Le situazioni più squilibrate, invece, riguardano Palermo (-74 mila), Reggio Calabria (- 85 mila), Messina (-87 mila), Napoli (-92 mila) e Lecce (-97 mila).

 

Fonte: AbruzzoWeb

 




Roseto: saluto romano e inno fascista contro chi rientrava dalla manifestazione Cgil

 “Saluti romani e inno fascista contro chi rientrava dalla manifestazione a sostegno della Costituzione”

A denunciarlo la Cgil; è successo alla stazione di Roseto nella notte di sabato 7 ottobre, intorno alle 23:45, al rientro dalla manifestazione di Roma a sostegno della Costituzione dal titolo “La Via Maestra”.

 

La nota della Cgil

 

Nel momento in cui gli ultimi partecipanti scendevano dal pullman e ritiravano le bandiere rosse della Cgil, Giuseppe Tiberio, componente l’Assemblea generale della Cgil e delegato della Fiom, da sempre impegnato nell’attività politico-sindacale nel territorio rosetano, insieme ad altre tre persone è stato raggiunto da un gruppo di circa 7-8 ragazzi, che con fare minaccioso hanno rivolto pesanti insulti, mentre facevano il saluto romano.

Tiberio e le altre tre persone hanno deciso di non rispondere alle provocazioni ed allontanarsi per raggiungere l’auto. Il gruppo così, non pago, ha intonato l’inno fascista.

E’ difficile derubricare l’accadimento come una banale “bravata” da parte della goliardia di alcuni ragazzi. Riteniamo invece che bisogna stigmatizzare l’accadimento come un episodio gravissimo, proprio perché sono i ragazzi ad averlo commesso.

Giovani che evidentemente non hanno ben compreso cosa sia stato il “fascismo” e non averlo compreso appieno mette in pericolo loro stessi.

Non denunceremo l’accaduto alle autorità perché riteniamo sia stata l’ignoranza e l’inconsapevolezza a muovere i ragazzi. Al contrario, invece, continueremo ad impegnarci, come abbiamo fatto lo scorso 7 ottobre a Roma, per diffondere e raccontare i valori imprescindibili su cui si basa la nostra Costituzione, per la quale tanti uomini e tante donne hanno perso la vita.

Continueremo a creare spazi di democrazia per aumentare la consapevolezza e ricordare che l’antifascismo è il perno su cui si basa la storia collettiva di questo Paese.

Fonte: Abruzzoweb




BPER L’Aquila e Provincia: noi l’avevamo detto…

Prendete una cartina politica dell’Africa. Noterete che in molti casi i confini degli stati sono costituiti da linee rette. Questo perché non seguono fiumi o montagne, che di solito fungono da naturale separazione fra i vari Paesi, ma rispecchiano una divisione fatta a tavolino, una spartizione dei territori tra le nazioni che avevano colonizzato  quelle zone.

Facendo le debite proporzioni, nella provincia dell’Aquila avverrà qualcosa di paragonabile.
La nuova divisione in Aree, infatti, ripartirà la Provincia secondo una linea che non ha alcuna logica di carattere geografico, storico o economico, ma risponde solo all’esigenza di assegnare ad ognuna delle nuove Aree un certo numero di filiali. Quindi le filiali dell’Aquila e dell’immediato circondario saranno accorpate con il Teramano e parte delle Marche, mentre la Marsica e la Valle Peligna saranno accorpate con le Province di Pescara e Chieti.

A scanso di equivoci precisiamo subito che la Banca non ha fatto nulla che non fosse nelle sue facoltà: è legittimo che un’azienda decida in modo autonomo quale assetto organizzativo intenda darsi. D’altro canto, non si può negare che questo sia l’ennesima dimostrazione di scarso interesse per una Provincia che la banca considera niente di più che “un’espressione geografica” (concedeteci la citazione storica). E non è di nessuna consolazione poter dire che la Fisac aveva in qualche modo predetto che questo sarebbe accaduto.

Volendo scegliere un simbolo del disinteresse della Bper verso la Provincia dell’Aquila, adotteremmo l’Auditorium a suo tempo realizzato dalla Cassa di Risparmio. Un centro di aggregazione che per anni ha rappresentato un punto di riferimento per la città, nel quale sono passati nomi illustri del giornalismo, della cultura, della scienza. Un segnale tangibile di vicinanza della banca verso il territorio oggi in stato di abbandono, triste e silenzioso testimone di un tempo che fu.

A voler essere sinceri, è l’intero territorio regionale ad essere da tempo oggetto di un evidente disimpegno da parte dell’Azienda. Non è un caso che Abruzzo e Molise siano le regioni nelle quali la Bper è più indietro rispetto alle assunzioni alle quali si era impegnata con l’accordo del 28/12/2021, e che il più delle volte gli assunti vengano destinati in altre regioni nonostante l’Art.9 del citato accordo preveda che:

” in DR Calabria-Sicilia, Puglia-Basilicata, Abruzzo-Molise, Campania, Toscana-Umbria e in Regione Sardegna l’Azienda si impegna a destinare una quota di assunzioni/stabilizzazioni pari al 50% delle uscite (pensionamenti e adesioni al Fondo di Solidarietà – 1.100), avvenute nei rispettivi territori che si realizzeranno nel periodo 2022/2024 a partire dal 1° gennaio 2022″

La Fisac si è prontamente attivata per ottenere il rispetto letterale dell’accordo, senza escludere nessuna iniziativa che possa rivelarsi utile in tal senso.

Tornando alla riorganizzazione appena annunciata, il nostro timore è che a pagarne il costo siano lavoratrici e lavoratori che, oltre a subire il disagio di non lavorare nel Comune di residenza, vedranno complicarsi la prospettiva di riavvicinarsi, perché aldilà delle rassicurazioni che immancabilmente arriveranno non si può negare che un trasferimento tra diverse Aree comporti maggiori difficoltà rispetto a spostamenti infra Area.
Per questo auspichiamo che l’Azienda voglia guardare con un occhio di riguardo le richieste delle persone che dovessero manifestare l’esigenza di riavvicinarsi: un comportamento che indubbiamente ci si aspetta da chi da anni si fregia della certificazione di Top Employer.

Lo ribadiamo, l’Azienda è libera di organizzarsi come meglio crede. Però vorremmo rivolgerle una preghiera: in futuro si potrebbe per favore evitare di continuare a raccontare che la Bper è vicina a questo territorio? Ve ne saremmo grati.

 

Fisac Cgil 
Segreteria Provinciale L’Aquila

 

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L’Abruzzo si mobilita. Un treno e 50 bus pieni per la protesta di sabato

Cgil e associazioni, oltre 2.500 adesioni per la manifestazione nazionale di Roma. La mappa delle partenze dei pullman, gli orari e il programma del doppio corteo


Un treno speciale da 400 posti e 50 pullman. Una mobilitazione importante per la Cgil guidata dal Segretario Abruzzo Molise Carmine Ranieri. Saranno non meno di 2.500 gli abruzzesi che sabato sfileranno a Roma.

“La via maestra, insieme per la Costituzione”. E’ questo lo slogan scelto dalla Cgil e da più di cento associazioni, che a loro volta raccolgono realtà della società civile, per la grande manifestazione nazionale.

“Si sfilerà per le strade della capitale” fanno sapere i promotori dell’iniziativa “per il lavoro, contro la precarietà, per il contrasto alla povertà, contro tutte le guerre e per la pace, per l’aumento dei salari e delle pensioni, per la sanità e la scuola pubblica, per la tutela dell’ambiente, per la difesa della Costituzione contro l’autonomia differenziata e lo stravolgimento della nostra Repubblica parlamentare”.

 

IL PROGRAMMA

Il programma prevede due cortei, con concentramenti alle 13 in piazza della Repubblica (Termini) e piazzale dei Partigiani (Ostiense). La partenza dei due cortei è prevista alle 13.45 con arrivo a piazza San Giovanni dove, alle 15,15, inizieranno gli interventi. Intorno alle 17.15 le conclusioni affidate e Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.

 

TRENO SPECIALE

Il treno speciale riservato partirà alle 9,25 da Pescara Centrale. Ecco le fermate e gli orari:

Andata
Chieti 9.37,
Sulmona 10.18, Avezzano 11.11, Tagliacozzo 11.22, Carsoli 11.38, Valle dell’Aniene-Mandela-Sambuci 11.57, Tivoli 12.10, Roma Termini 12.50.

Ritorno
Roma Termini 18.47, Tivoli 19.21, Valle dell’Aniene-Mandela-Sambuci 19.35, Carsoli 19.53, Tagliacozzo 20.08, Avezzano 20.19, Sulmona 21.10, Chieti 21.55, Pescara 22.09.

 

CINQUANTA PULLMAN

Di seguito gli orari e i luoghi di partenza dei bus che porteranno i cittadini abruzzesi a Roma:

Provincia dell’Aquila
L’Aquila ore 10.30 sede Cgil
Sulmona ore 10.30 piazzale Lidl
Pescina ore 10 chiesa di San Giuseppe
Avezzano ore 10.30 Sede Cgil

Provincia di Pescara
Pullman 1: Penne ore 10.30, Loreto ore 10.45, Montesilvano ore 11.15
Pullman 2 e Pullman 3: Pescara ore 11
Pullman 4: Manoppello ore 11, Bussi ore 11.15, Popoli ore 11.30

Provincia di Chieti

San Salvo ore 8 piazza Aldo Moro
Vasto ore 8 terminal bus e ore 8,15 distributore ex Total
Lanciano ore 8,30 dal Thema Polycenter

Provincia di Teramo
Teramo ore 9 parcheggio stadio Bonolis, Piano d’Accio (coordinamento di tutti i bus della provincia)
Martinsicuro ore 8 piazza Cavour
Nereto ore 8,20 viale Europa
Garrufo ore 8,30 bivio-piazzale autobus
Silvi ore 8 supermercato via Roma
Pineto ore 8,15 Borgo S. Maria centro sportivo
Roseto ore 8,25 piazza della Stazione
Cologna ore 8,30 bar Centrale
Giulianova ore 8,20 piazzale della Stazione
Mosciano Sant’Angelo ore 8,30 fermata Tua di fronte alla stazione ferroviaria
Bellante ore 8,40 fermata Tua vicino edicola
San Nicolò ore 8,50 piazza Progresso vicino edicola
Montorio al Vomano ore 8,30 largo Rosciano
Val Vomano ore 9,20 piazza Centrale
Colledara ore 9,30 uscita autostrada.


L’ADESIONE DEI PARTITI

Per Daniele Licheri, segretario regionale di Sinistra italiana, «siamo tutti mobilitati in difesa della Costituzione sotto attacco da parte della destra. Come Alleanza Verdi e Sinistra saremo sugli autobus della Cgil e dell’Arci per unire le nostre voci, i nostri corpi contro chi vuole demolire da ogni punto di vista il nostro Paese e la nostra Regione». Daniele Marinelli, segretario del Pd abruzzese, dichiara: «Mentre al capitolo dello smantellamento delle infrastrutture sociali si aggiunge la notizia del taglio dei fondi alla sanità pubblica, e quando in Abruzzo sta entrando nel vivo il percorso di costruzione di un’alleanza civica e progressista, e il candidato Luciano D’Amico già suscita speranza ed entusiasmo, il Pd sarà in piazza con la Cgil e numerose altre associazioni, per chiedere l’attuazione della Costituzione: per la sanità e la scuola pubblica, l’ambiente, la coesione, il lavoro e il contrasto alla povertà».

Fonte: Il Centro del 4/10/2023

 

 

 




Teramo e Provincia: il 29/9 tre ore di sciopero contro le morti sul lavoro

Proclamazione sciopero di tre ore per ogni turno di lavoro venerdì 29 settembre 2023

 

Non si deve morire sul lavoro!

Le Scriventi Organizzazioni sindacali proclamano tre ore di sciopero per ogni turno di lavoro nella giornata di venerdì 29 settembre 2023 con presidio delle lavoratrici, dei lavoratori, delle cittadine e dei cittadini a Teramo in largo San Matteo dalle ore 11 alle ore 14.

L’ennesima morte sul lavoro nella nostra provincia ci impone un cambio di passo nell’affrontare i problemi della sicurezza dei luoghi di lavoro, fermarsi si può e si deve.

Alla Famiglia di Gianluigi Ragni giungano le nostre condoglianze ma non si può più tollerare che si muoia sul e per il lavoro.

CGIL Teramo
Pancrazio Cordone
CISL Teramo
Fabio Benintedi
UIL Teramo
Massimiliano Bravo

 

La notizia dell’incidente

Folgorato su un traliccio mentre lavorava – Teramo – Il Centro