BCC Abruzzi e Molise aprirà due nuove filiali a Pescara e Vasto

Nel 1903 era stata la prima Cassa Rurale in Abruzzo e Molise, che fino al 1963 erano un’unica Regione. Oggi, dopo due cambi di nome e tre operazioni di fusione e aggregazione, e a distanza di poco più di tre anni dall’ultimo cambio di nome (BCC Sangro Teatina), la Banca di Credito Cooperativo di Abruzzi e Molise è l’istituto di credito più antico del territorio.

Quartier generale nella storica sede di Atessa, 16 filiali, all’interno delle quali operano 69 collaboratori, con una competenza in oltre 100 comuni nelle province di Chieti, Campobasso e Isernia; 4mila soci e 25mila clienti che, nel 2023, hanno garantito una raccolta di 509 milioni e consentito 197 milioni di impieghi netti, con il 95% che resta nel territorio rispettando da 121 anni il mandato di essere banca dì comunità.

Non utilizziamo il sudore della nostra gente per finanziare attività speculative: – sottolinea il Direttore Generale, Fabrizio Di Marco sosteniamo giovani, famiglie e imprese locali creando un effetto moltiplicatore, non solo economico ma anche sociale”.

Nel corso dell’anno è migliorata anche la qualità del credito e le sofferenze nette sono scese allo 0,33%: l’utile d’esercizio ha toccato quota 5 milioni ed è stato destinato in via prioritaria a rafforzare il patrimonio (in crescita del 19% rispetto all’anno precedente, con Cet1 capital ratio al 23,49&), “per assicurare un’adeguatezza prospettica fondamentale per il sostegno all’operatività del territorio e la crescita sostenibile della banca”, aggiunge il DG.

Indici patrimoniali che attestano la buona salute, una robustezza patrimoniale e finanziaria della nostra banca”, rimarca il Presidente Vincenzo Pachioli, secondo cui il ruolo della BCC Abruzzi e Molise è di “condividere anche il destino economico delle comunità locali, così da esserne integrati e parte integrante”. Comunità che possono contare anche su BCChannel, la piattaforma multimediale della banca, nata 10 anni fa e dedicata a raccontare le imprese, le giovani idee, la cultura e le potenzialità del territorio.

”Per noi ogni giorno è un’occasione unica: siamo l’inizio di molte avventure”, dice Di Marco. E la prossima potrebbe aprire nuovi scenari: nell’ultima assemblea dei soci, infatti, Pachioli ha annunciato l’apertura di due nuove filiali entro il prossimo triennio: nasceranno a Pescara e a Vasto, rispettivamente il primo e sesto comune dell’Abruzzo per numero di abitanti, che soprintendono anche un bacino economico particolarmente vivace.

 

Da Il Sole 24 Ore del 21/6/2024




Frena l’economia del Molise (+0,9%): pesano l’inflazione e il calo demografico

Il rapporto della Banca d’Italia: in aumento le esportazioni, così come l’industria e i servizi privati non finanziari. Crescono gli occupati ma ancora sotto i livelli pre-pandemia. Ridotti potere d’acquisto e credito bancario


La Banca d’Italia ha pubblicato il rapporto “L’Economia del Molise”, presentato al pubblico presso l’Aula Magna “Vincenzo Cuoco” del Dipartimento Giuridico dell’Università degli Studi del Molise a Campobasso.

Questi i punti principali. Nel 2023 la restrizione monetaria e l’incertezza dovuta alle tensioni geopolitiche hanno frenato, come nel resto del Paese, la crescita dell’economia del Molise (+0,9%). Ha rallentato in particolare la domanda interna mentre sono aumentate le esportazioni.

Crescono industria e servizi privati non finanziari mentre si stabilizza il settore edile su livelli di attività superiori a quelli precedenti la pandemia. Gli occupati e la popolazione attiva hanno continuato a crescere ma, a causa del calo demografico, non riescono a risalire sopra i valori pre-pandemia.

Le retribuzioni contrattuali sono aumentate, recuperando solo in parte l’erosione dei redditi reali dovuta all’inflazione.

Il reddito delle famiglie è cresciuto in termini nominali ma il potere d’acquisto si è ridotto a causa del forte aumento dei prezzi, che ha pesato soprattutto sulle famiglie più deboli.

Il credito bancario a imprese e famiglie si è ridotto a causa del calo della domanda, influenzata dagli alti tassi di interesse. La qualità del credito è nel complesso lievemente migliorata.

 Di seguito l’analisi in maniera più approfondita.


Il quadro macroeconomico

Nel 2023 la crescita dell’economia del Molise ha sensibilmente rallentato, risentendo come nel resto del Paese degli effetti della restrizione monetaria e del clima di incertezza dovuto alle crescenti tensioni geopolitiche. La domanda interna è stata frenata dall’aumento del livello generale dei prezzi, sebbene in attenuazione rispetto all’anno precedente, e dal rialzo dei tassi di interesse; hanno invece ripreso a crescere le esportazioni, sospinte soprattutto dalle vendite di prodotti chimici.

Secondo le nostre stime, l’aumento dell’attività economica in Molise è stato pari nel 2023 allo 0,9 per cento, un valore in linea con la media nazionale e lievemente al di sopra dell’insieme delle regioni del Mezzogiorno.

Le imprese

Il settore industriale è cresciuto, beneficiando dell’espansione del comparto dei mezzi di trasporto, costituito in larga parte da unità locali di imprese multinazionali; anche tra le aziende con sede in Molise rilevate dall’indagine della Banca d’Italia sono emerse indicazioni di crescita, seppure in marcato rallentamento rispetto all’anno precedente. Gli investimenti industriali hanno invece mostrato una netta flessione. Nel settore delle costruzioni, dopo il forte aumento del biennio 2021-22, le ore lavorate si sono sostanzialmente stabilizzate su valori ampiamente superiori a quelli precedenti la crisi pandemica, sostenute sia dagli incentivi fiscali per la riqualificazione edilizia sia dall’attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Nell’ambito dei servizi privati non finanziari, il commercio è stato frenato dalla debole crescita dei consumi mentre il comparto turistico ha beneficiato della ripresa delle presenze nelle strutture ricettive regionali.

Nonostante il rallentamento congiunturale e il rialzo dei tassi di interesse, i risultati reddituali delle imprese sono stati positivi. Le disponibilità liquide, già ampiamente favorevoli, hanno ripreso a crescere sensibilmente nella seconda parte dell’anno. Nel complesso i debiti delle imprese verso il settore bancario hanno iniziato a ridursi, interrompendo l’espansione del triennio precedente.

Il mercato del lavoro e le famiglie

Nel 2023 è proseguita la crescita del numero degli occupati e della popolazione attiva. Nel settore privato l’aumento delle posizioni lavorative alle dipendenze è stato sostenuto soprattutto dalle forme contrattuali a tempo indeterminato; le retribuzioni contrattuali sono salite moderatamente, recuperando solo parte dell’erosione dei redditi reali dovuta all’inflazione. Le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni si sono ancora sensibilmente ridotte, su livelli ormai in linea con quelli precedenti la pandemia, grazie soprattutto al consistente calo registrato nell’industria dei mezzi di trasporto. Negli ultimi decenni, più che nel resto del Paese, la disponibilità di forza lavoro ha risentito in regione degli sfavorevoli andamenti demografici, solo in parte compensati dalla crescita del numero di lavoratori stranieri.

Per le famiglie è proseguita la crescita del reddito nominale mentre ha continuato a ridursi il potere d’acquisto, per effetto di un’inflazione ancora elevata seppure in diminuzione. Gli acquisti di beni e servizi hanno rallentato, nonostante l’ulteriore espansione del credito al consumo; le compravendite di immobili residenziali, così come le richieste di mutui, si sono sensibilmente ridotte, risentendo del livello elevato dei tassi di interesse. Allo stesso tempo, la crescita dei rendimenti finanziari ha favorito la ricomposizione della ricchezza delle famiglie verso strumenti maggiormente remunerativi.

Il mercato del credito

Come nel resto del Paese, è proseguita la riorganizzazione della rete distributiva delle banche, con un’ulteriore riduzione del numero degli sportelli e un aumento dell’utilizzo degli strumenti digitali di interazione con la clientela. La crescita del credito bancario a imprese e famiglie si è interrotta, per effetto soprattutto del calo della domanda su cui ha influito il rialzo dei tassi di interesse. Gli indicatori della qualità del credito hanno mostrato nel complesso un moderato miglioramento, pur in presenza di un lieve incremento dei flussi di nuovi prestiti deteriorati registrato per le famiglie. Dal lato della raccolta, i depositi bancari sono lievemente cresciuti, sostenuti dalla componente a risparmio.

La finanza pubblica decentrata

Nel 2023 la spesa corrente primaria delle Amministrazioni locali è ancora cresciuta, alimentata soprattutto dagli esborsi per l’acquisto di beni e servizi. L’aumento della spesa in conto capitale è proseguito, anche grazie al consistente incremento degli investimenti per l’attuazione dei progetti previsti dal PNRR, effettuati soprattutto dai Comuni. Le entrate non finanziarie correnti sono cresciute, in particolare per la Regione Molise, il cui disavanzo aveva raggiunto nell’anno precedente un valore pro capite molto al di sopra della media delle Regioni a statuto ordinario. Il debito consolidato delle Amministrazioni locali è tornato a ridursi, mantenendosi su un livello pro capite inferiore alla media nazionale.

 

fonte: quotidianomolise.com


 

Scarica il rapporto completo




BCC: approvazione Contratto Integrativo Gruppo Iccrea: il calendario delle assemblee online

Riportiamo il calendario delle assemblee nel corso delle quali i lavoratori e le lavoratrici del Credito Cooperativo in Abruzzo e Molise saranno chiamati a discutere e votare l’ipotesi di accordo per il primo Contratto Integrativo di Gruppo Iccrea.

Tutte le assemblee si svolgeranno in modalità remota, durante l’orario pomeridiano.

  • 4/6    BCC Cappelle sul Tavo
  • 11/6  BCC dell’Adriatico Teramano
  • 14/6  BCC Castiglione M.R. e Pianella
  • 17/6  BCC di Basciano
  • 18/6  BCC di Pratola Peligna
  • 19/6  BCC Valle del Trigno
  • 20/6  BCC di Gambatesa

In caso di variazioni provvederemo tempestivamente ad aggiornare il calendario.

 

Scarica il testo dell’ipotesi di accordo CIG BCC ICCREA 19 aprile 2024

 


 

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BCC: contratto integrativo Gruppo ICCREA, la parola a lavoratrici e lavoratori

 




Prestiti e depositi bancari in Abruzzo e Molise negli ultimi 5 anni

Evoluzione dei prestiti bancari in Abruzzo e Molise nel 2023 e nel periodo 2018-2023

I prestiti bancari nel 2023 hanno segnato dinamiche recessive in tutte le province dell’Abruzzo e del Molise, più intense nella provincia di Chieti in Abruzzo e di Isernia nel Molise (cfr. grafico 1): la riduzione è stata del -2,9% in Abruzzo e -2,3% in Molise.

Nell’ultimo quinquennio l’andamento è stato differenziato tra le due regioni. Il Molise ha registrato una crescita dei prestiti bancari di quasi il 12%, crescita su cui ovviamente hanno influito anche le misure eccezionali governative varate per fronteggiare la fase ciclica avversa conseguente alla pandemia COVID 19.

In particolare, nel periodo 2018-2023 la crescita è stata molto intensa nella provincia di Isernia e più ridotta in quella di Campobasso. In Abruzzo invece lo stock dei prestiti non è sostanzialmente variato nell’ultimo quinquennio come effetto netto dei sensibili incrementi nella provincia di Teramo e di L’Aquila e Teramo e delle contrazioni registrate nelle altre due province ed, in particolare, nella provincia di Pescara.



L’andamento dei prestiti bancari indicizzato con base 100 nel 2017 (grafico 2) evidenzia con chiarezza che la crescita dei prestiti bancari nelle due regioni è concentrato nel periodo 2020-2022, fase inizialmente sostenuta dalle misure governative eccezionali di sostegno al credito e conclusa con i rialzi dei tassi di riferimento della BCE da luglio 2022. Da fine 2022 ad oggi la contrazione dei prestiti è comune ad entrambe le regioni.

Esaminando tuttavia i settori della clientela che ha utilizzato i prestiti bancari emerge la forte contrazione dei prestiti al settore delle piccole imprese con meno di 20 addetti. A parte il periodo di interruzione del trend decrescente 2020-2021 sostenuta, come detto, dalle misure eccezionali di sostegno al credito alle imprese e famiglie, i prestiti bancari sono diminuiti di quasi il -13% in Abruzzo e del -20% in Molise nell’ultimo quinquennio.
In sostanza nel Molise quasi 1/5 dei prestiti bancari si è perso nel periodo in esame mentre in Abruzzo la decurtazione si limita a poco più di 1/10 dello stock rilevato a dicembre 2017.




Osservando l’andamento dei prestiti erogati ai singoli settori della clientela ed indicizzati con base 100 nel 2017 (cfr. tabella 1) si rileva che ad eccezione dei prestiti alle famiglie consumatrici (sostanzialmente mutui) aumentati nel periodo 2017-2022 salvo poi ridursi nell’ultimo anno per effetto dei rialzi dei tassi, tutte le categorie mostrano una dinamica recessiva dal 2017 ad eccezione dei prestiti bancari alle imprese medio-grandi nel Molise che sono aumentati di oltre il 28% nell’ultimo quinquennio.



Andamento dei depositi bancari in Abruzzo e Molise nel 2023 e nel periodo 2018-2023

I depositi bancari hanno segnato, all’opposto, una dinamica espansiva negli ultimi cinque anni (cfr. tabella 2), sebbene in Abruzzo si registri una lieve riduzione nell’ultimo anno, con una crescita complessiva di quasi il 19% in Abruzzo e del 23% in Molise.

Per effetto delle tendenze opposte dei prestiti e dei depositi, la quota di prestiti bancari in relazione ai depositi bancari raccolti nelle due regioni (cfr. grafico 4) è decrescente nel periodo 2018-2023 con una contrazione di -0,12 per l’Abruzzo (da 0,75 a 0,63) e di -0,05 per il Molise (da 0,47 a 0,42).




Ad eccezione della fase di crescita del biennio 2020-2021 l’incidenza dei prestiti bancari rispetto al valore aggiunto ai prezzi di mercato prodotto nelle due regioni è andata riducendosi. Nel 2022 (ultimo anno disponibile per le statistiche sul valore aggiunto) il rapporto prestiti/valore aggiunto ai prezzi di mercato è pari rispettivamente a 0,66 in Abruzzo e 0,51 nel Molise.

Ufficio Studi e Ricerche Fisac Cgil




Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce

A primavera, come ogni anno, arrivano i dati di Bankitalia relativi all’occupazione bancaria ed alla presenza degli istituti nei territori. E ogni anno, per quanto riguarda Abruzzo e Molise, la situazione appare peggiorata rispetto a quello precedente.

Detto in estrema sintesi: le banche non solo abbandonano i nostri territori, ma sembrano avere una gran fretta di farlo, con chiusure che procedono una velocità maggiore rispetto a quanto avviene nelle altre regioni.

Vediamo nel dettaglio l’andamento delle chiusure di sportelli nelle nostra regioni, suddiviso per provincia.

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 20.985 20.161 -824 -3,9% -20,6%
ABRUZZO 429 407 -22 -5,1% – 25,9%
Provincia
AQ 93 84 -4 -4,3% – 29,4%
CH 117 111 -6 -5,1% – 23,5%
PE 105 100 -5 -4,8% – 24,3%
TE 114 107 -7 +6,1% – 26,7%
 
MOLISE 81 78 -3 -3,7% – 28,4%
Provincia
CB 62 59 -3 -4,8% – 32,2%
IS 19 19 = = – 13,6%
dati Banca d’Italia

Molise e Abruzzo sono rispettivamente la peggiore e la seconda peggior regione d’Italia per quanto riguarda la percentuale di sportelli chiusi negli ultimi 5 anni. Non inganni il dato del Molise relativo all’ultimo anno, leggermente migliore rispetto alla media nazionale: con 78 filiali residue c’è rimasto ben poco da chiudere.


 

La seconda tabella evidenzia l’effetto di queste chiusure sulle singole province

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Tot. 2022 % su tot comuni Tot. 2023 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 4.785 60,6% 4.651 58,9% -134 -2,8%
ABRUZZO 126 41,3% 119 39,0% -7 -5,6%
Provincia
AQ 31 28,7% 29 26,9% -2 -6,5%
CH 38 36,5% 36 34,6% -2 -5,3%
PE 25 54,4% 24 52,2% -1 -4,0%
TE 32 68,1% 30 63,8% -2 -6,3%
 
MOLISE 24 17,6% 24 17,6% = =
Provincia  
CB 18 21,4% 18 21,4% = =
IS 6 11,5% 6 11,5% = =
 
dati Banca d’Italia

In Abruzzo in oltre 6 comuni su 10 non si trova più una filiale di banca. La provincia peggiore è quella dell’Aquila, priva di sportelli bancari in quasi 3 comuni su 4.
A dir poco sconfortanti i numeri del Molise: non esistono banche in oltre 8 comuni su 10, arrivando al dato di Isernia che vede gli abitanti di quasi il 90% dei comuni costretti a spostarsi se vogliono effettuare operazioni bancarie.

La tabella evidenzia due situazioni ben distinte: ad una situazione tutto sommato accettabile nelle province di Pescara e Teramo fa da contraltare il dato relativo alle province di Chieti e L’Aquila, caratterizzate da tanti comuni ubicati nelle aree interne.
Purtroppo il Molise fa storia a sé: i dati sono impietosi per la provincia di Campobasso, e ancor di più per quella di Isernia.
Lo ribadiamo per l’ennesima volta: la chiusura degli sportelli bancari nei piccoli comuni non sarà probabilmente la causa principale dello spopolamento, ma è sicuramene un fattore che lo accelera. Non è azzardato affermare che il subentro dei grandi gruppi nazionali, al posto dalle banche locali che fino a qualche anno fa erano al servizio del territorio, abbia contribuito in modo tangibile alla fuga dalle aree più problematiche delle due regioni.

La lettura dei dati complessivi ci dice che oltre il 40% delle filiali bancarie è concentrato in sole 3 regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Nel Nord si concentra il 57% delle filiali, nel Sud e Isole (area nella quale Abruzzo e Molise sono ricompresi) appena il 22%. Il tutto è ben rappresentato da questa immagine:

 

Fonte: Banca d’Italia – Banche e Articolazione territoriale

 

Si parla tanto, e con legittima preoccupazione, dell’autonomia differenziata. In realtà le banche hanno già realizzato una secessione di fatto tra le regioni ricche e quelle povere.


 

La tabella che segue indica l’andamento degli occupati nel settore bancario in Abruzzo e Molise, suddiviso per provincia.

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2022 Totale 2023 Differenza % diff. Var. a 5 anni
ITALIA 264.288 261.976 -2.312 -0,9% – 5,8%
ABRUZZO 2.870 2.797 -73 -2,5% – 19,5%
Provincia
AQ 626 603 -23 -3,7%  – 19,5%
CH 763 763 = = – 22,1%
PE 780 752 -28 -3,6% – 9,2%
TE 702 679 -23 -3,3% – 26,0%
 
MOLISE 533 505 -28 -5,3% – 14,7%
Provincia
CB 446 412 -34 -7,6% – 13,5%
IS 87 93 +6 +6,9% – 19,8%
dati Banca d’Italia

Questi dati, se possibile, sono ancor più preoccupanti rispetto a quelli relativi alle chiusure. Perché evidenziano uno scostamento, rispetto alla media nazionale, molto più significativo. In Abruzzo il calo di addetti procede ad una velocità più che tripla rispetto al resto del paese; in Molise lo scostamento è di 2,5 volte.

Il dato relativo alle chiusure di filiali ci dice invece che la percentuale di sportelli chiusi in Abruzzo è sì superiore alla media, ma solo di un terzo, mentre quella del Molise è pari all’incirca ad 1,4 volte la media nazionale.

Come si spiega il diverso andamento di questi numeri?

Le ragioni sono diverse. La prima è di carattere storico. Nel nostro territorio avevano sede due banche locali fortemente radicate, che oltre alla rete di filiali avevano tutti i centri direzionali ubicati prevalentemente in Abruzzo. L’acquisizione da parte di banche di dimensione nazionale ha portato allo svuotamento di queste strutture ed al trasferimento delle lavorazioni presso le sedi delle aziende subentrate. A riprova di questo fenomeno – che ovviamente ha riguardato non solo Abruzzo e Molise ma tutte le regioni nelle quali avevano sede istituti locali – ci sono i dati in controtendenza delle regioni nella quali i grandi istituti hanno le loro sedi operative: l’occupazione risulta in aumento in Piemonte e in Emilia Romagna.

La seconda è da ricercarsi nel fatto che le nostre due regioni siano più “avanti” delle altre nel processo di abbandono da parte dei grandi istituti. Quindi, mentre in altre regioni le chiusure riguardano prevalentemente agenzie piccole, in Abruzzo e Molise gli sportelli di dimensioni minori sono stati già chiusi, ed ora le chiusure  riguardano le filiali più grandi.

La terza è che nei centri più importanti, dove restano aperte filiali storiche, il loro organico viene ridimensionato. Così, capita di vedere grandi filiali, un tempo affollate di lavoratori e lavoratrici, nelle quali oggi si trovano pochi colleghi a presidiare una distesa di scrivanie vuote o di stanze chiuse.

 

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELL’ABBANDONO BANCARIO?

Le banche sostengono che la chiusura delle filiali non abbia alcun impatto sull’economia locale in quanto l’avvento del digitale rende superflua la presenza fisica sul territorio. I dati relativi all’andamento dei crediti dimostrano una realtà ben diversa: dove chiudono le filiali cala anche il credito alle piccole imprese (non a quelle di dimensioni più grandi, che le banche assistono tramite strutture dedicate).

La tabella che segue è tratta da un’approfondita analisi dell‘Uffici Studi & Ricerche Fisac Cgil che pubblicheremo integralmente nei prossimi giorni.

 

Osservando l’andamento dei prestiti erogati ai singoli settori della clientela, ed indicizzati con base 100 nel 2017,  si rileva che ad eccezione dei prestiti alle famiglie consumatrici (sostanzialmente mutui), aumentati nel periodo 2017-2022 salvo poi ridursi nell’ultimo anno per effetto dei rialzi dei tassi, tutte le categorie mostrano una riduzione degli affidamenti rispetto al 2017, ad eccezione dei prestiti bancari alle imprese medio-grandi nel Molise che sono aumentati di oltre il 28% negli ultimi sei anni.

Cosa ci dicono questi numeri? Che quando non trovano filiali bancarie sul territorio le piccole imprese non riescono più a finanziarsi. Il calo è consistente in entrambe le regioni (-19,7% in Abruzzo e – 12,4%) in Molise. E questo nonostante il periodo di interruzione del trend decrescente 2020-2021 sostenuto, nel periodo Covid, dalle misure eccezionali di sostegno al credito.

Diversa la situazione delle imprese di dimensioni maggiori, che le banche seguono con strutture dedicate e non risentono della minor presenza sul territorio: in Abruzzo la riduzione è limitata al 5,7%, nel Molise come abbiamo visto risultano in consistente aumento, a dimostrazione di come l’effetto delle chiusure sia molto diverso a seconda delle dimensioni delle aziende

Cosa fa una piccola azienda quando non riesce più ad ottenere credito? O chiude, oppure cerca altri canali di finanziamento, finendo in mano agli usurai. Come sono messi i piccoli imprenditori di Abruzzo e Molise?

Esaminiamo la prossima tabella, tratta dalla classifica delle province italiane in base all’incidenza dei reati, redatta annualmente dal Sole 24 Ore

CLASSIFICA DELLE POVINCE IN BASE ALL’INCIDENZA DEI REATI
Provincia
Posizione Complessiva Posizione per reati d’usura
 
AQ 100 32
CH 77 41
PE 33 9
TE 45 7
CB 90 4
IS 67 1
dati Lab24 – Il Sole 24 Ore

La tabella ci dice che anche province che presentano un indice di criminalità molto basso, come L’Aquila e Chieti, si collocano nella prima metà della classifica relativamente all’incidenza dei reati d’usura.
Ma soprattutto ci dice che nei primi 9 posti, sempre concentrandosi su questo tipo di reati, figurano due province molisane e due abruzzesi, con Isernia che conquista la poco invidiabile vetta della classifica.
Dato purtroppo coerente in una provincia quasi completamente priva di banche.

 

Esaminiamo infine questo grafico. Riporta la variazione delle imprese artigiane nel 2023, differenziata per regione. L’illustrazione è tratta dallo studio del prof. Aldo Ronci Le imprese artigiane negli ultimi 5 anni e nel 2023.

Ancora una volta, il dato che esce fuori è inequivocabile: a fronte di una crescita dello 0,35% del numero di imprese artigiane in Italia, Molise e Abruzzo sono tra le poche regioni nelle quali le cessazioni sono superiori alle nuove attività. Non solo: il Molise risulta, ancora una volta, la regione con il peggior dato in Italia, e l’Abruzzo viene quasi subito dopo, conquistando un poco invidiabile terzo posto.

 

COSA SI PUO’ FARE?

Il tema dell’abbandono bancario ha visto la Fisac impegnarsi a fondo, per denunciarlo ma anche per cercare di proporre soluzioni alle aziende bancarie. Un possibile provvedimento potrebbe consistere nello spostare i centri direzionali dalle regioni del Nord a quelle del Centro Sud, riuscendo così a tamponare almeno l’emorragia occupazionale, senza peraltro arrecare disagio alle Aziende.

A livello regionale la Fisac Abruzzo Molise si farà promotrice, cercando la collaborazione della nuova giunta, della costituzione di un Osservatorio Regionale sul Credito che possa provare a governare il fenomeno. Non si può impedire ad una banca di chiudere una filiale, ma con una tempestiva pianificazione si può provare a cercare ipotesi alternative, mettendo in condizione i Comuni di proporre soluzioni gradite alle Banche o magari di provare a rimpiazzare l’Istituto uscente, ad esempio proponendo l’apertura ad una BCC locale.

 

Fisac/Cgil Abruzzo Molise in collaborazione con
Ufficio Studi & Ricerche Fisac Cgil




Il 5 aprile doppio appuntamento in Abruzzo con Maurizio Landini

Si comincia alle ore 10:00 all’Aquila con il convegno “Territori aperti: dai risultati alle sfide future”. Alle ore 15:00 a Teramo Assemblea generale


 

Il 5 aprile sarà una giornata importante per la Cgil Abruzzo Molise. Doppio appuntamento con il segretario generale del sindacato di Corso d’Italia, Maurizio Landini.

Alle ore 10.00, iniziativa presso il Centro congressi “Luigi Zordan” in Piazza San Basilio all’Aquila dal titolo “Territori aperti: dai risultati alle sfide future”. Nel sottotitolo, “Come sviluppare la resilienza dei sistemi territoriali ai disastri”, è chiaro il riferimento al terremoto che colpì la provincia dell’Aquila nella notte del 6 aprile 2009 e del quale quest’anno ricorre il quindicesimo anniversario. Nel corso dell’evento saranno presentati i risultati di oltre cinque anni di attività realizzate nell’ambito del progetto “Territori Aperti”, condiviso con il Comune dell’Aquila e finanziato dal Fondo Territori Lavoro Conoscenza di Cgil Cisl Uil. 


 

Nel pomeriggio, a partire dalle ore 15.00, Assemblea straordinaria della Cgil Abruzzo Molise presso l’Università degli Studi di Teramo. Al centro della discussione i temi della mobilitazione: sicurezza sul lavoro, sanità, precarietà, fisco e contrattazione.

 




Il Molise torna in Abruzzo? L’autonomia è fallita

Dopo un divorzio durato 60 anni il Molise vorrebbe tornare negli Abruzzi. Infatti la minuscola regione fino al 1963 si chiamava proprio «Abruzzi e Molise». Qualche anno fa addirittura la Bbc, incuriosita dall’ hashtag «il Molise non esiste», inviò un reporter alla scoperta della «regione che non c’è» e narrò di una separazione che aveva confinato questo territorio impervio e struggente all’invisibilità. In un’area sempre più disabitata e sommersa dai debiti, oggi una parte della popolazione si sta dando da fare per fondersi con la comunità abruzzese. Ma perché il piccolo Molise è riuscito a diventare una Regione, status negato ad aree più estese e popolate come la Romagna e il Salento?

La Costituente e la legge del 1963

Già nel 1947, durante l’Assemblea costituente, viene proposta la creazione della regione Molise, un’area prevalentemente montano-collinare di 4.460 km² con appena 418 mila abitanti. La richiesta è bocciata perché si riconoscono solo le regioni storiche, ma i costituenti stabiliscono anche la condizione per costituire nuove regioni: la presenza di almeno 1 milione di residenti (art 132). I fautori dell’autonomia però non demordono e riescono a inserire nelle disposizioni transitorie una una deroga che congela il limite demografico ai primi anni della Repubblica. Così, dopo un acceso dibattito parlamentare, nel 1963 arriva la legge costituzionale che sancisce la nascita del Molise. La nuova regione è definita da Alberto Cavallari in un reportage dell’epoca sul Corriere della Sera «una provincia cenerentola, eternamente seconda, rimasta in fondo alla serie B dei Paesi sottosviluppati». Per tutti gli anni ‘60 l’ente è composto dal solo capoluogo Campobasso. Nel 1970, quando le regioni entrano effettivamente in funzione, si aggiunge la provincia di Isernia.

Le motivazioni della separazione

Al momento della separazione, le regioni italiane sono solo sulla carta e anche negli anni successivi hanno una limitata discrezionalità fiscale. Le motivazioni che portano alla creazione del nuovo ente sono sostanzialmente tre:

  1. Identitaria-culturale. In un intervento al Senato l’esponente della DC Giuseppe Magliano, primo firmatario della riforma costituzionale, afferma che il Molise si considera «un complesso etnico, storico, geografico e politico nettamente distinto e separato dagli Abruzzi». In realtà tutta questa differenza non c’è: salvo lungo i confini dove le inflessioni sono più napoletane o pugliesi, i molisani parlano abruzzese.
  2. Logistica-amministrativa. Gli abitanti dei 136 comuni del Molise hanno difficoltà a raggiungere i 20 specifici uffici pubblici perché dislocati troppo lontano o addirittura in altre province fuori dalla regione «Abruzzi e Molise». Ad esempio, per l’esame della patente bisogna raggiungere la motorizzazione a Pescara, per il distretto militare si deve andare a Bari, per la Corte d’Appello a Napoli, i servizi erariali a Benevento e così via. Problemi, nell’Italia contadina del tempo, comuni a molti altri territori. Sarebbe bastato modificare la giurisdizione e aprire qualche ufficio a Campobasso. Si è preferito dar vita ad una Regione. L’ironia della storia è che di quei 20 uffici, a distanza di 60 anni, solo 9 sono stati trasferiti effettivamente nel capoluogo di provincia, mentre il resto è rimasto altrove, come il comando generale dei carabinieri, che sta in Abruzzo.
  3. Elettorale. Nell’ articolo 57 della Costituzione è inserito il comma che prevede due senatori provenienti dal territorio. La Democrazia Cristiana, dunque, si assicura nel feudo elettorale molisano un seggio di senatore in più. Forse questa la vera ragione.

 

Il confronto tra Abruzzo e Molise

All’inizio degli anni Sessanta le due Regioni sono molto arretrate. L’agricoltura occupa la maggior parte della popolazione attiva, mentre l’industria è rappresentata per lo più da piccole imprese artigianali. Il tenore di vita delle due popolazioni è inferiore di un terzo rispetto alla media italiana. Con un reddito netto pro-capite di 298.121 lire, il Molise è più povero dell’Abruzzo (323.766 lire, in linea con quello dell’Italia meridionale che è di 324.977 lire). Nel 1974 la situazione è già diversa: in Molise il reddito netto raggiunge le 923.547 lire, mentre in Abruzzo diventa il più alto del Sud Italia: 1.176.068 lire, molto vicino alla media italiana (82,8%). In entrambi i territori cala drasticamente l’occupazione in agricoltura, mentre quasi uno su tre lavora nell’industria. All’inizio degli anni ’90 l’economia abruzzese si avvicina a quella nazionale (85%), mentre quella molisana migliora (76%) ma non decolla. Poi la crescita rallenta fino a vivere un brusco crollo nei primi due decenni del secolo, ma con enorme differenza fra le due Regioni: tra 2001 e 2014 il Pil dell’Abruzzo cala del 3,3%, quello molisano precipita a quasi -20%.

Il Molise oggi: crisi economica, spopolamento, carenza di servizi

Nel corso degli anni il Molise si è spopolato, e a fine 2023 i residenti sono 289.294. E’ l’unica regione italiana ad avere una popolazione inferiore rispetto al tempo dell’Unità d’Italia. Dagli ultimi dati Istat il Pil pro-capite raggiunge i 24.500 euro contro i 27 mila dell’Abruzzo, e i 32.983 della media nazionale. In Molise la crisi morde più forte: nel 2023 le chiusure delle imprese hanno superato le aperture con un saldo negativo di 188 aziende, il peggiore in Italia e in controtendenza con l’andamento nazionale dove 17 regioni su 20 registrano dati positivi. Cresce il disavanzo pubblico che a fine 2021 ha superato i ha superato i 573 milioni di €, la Sanità è commissariata da 15 anni ed ha ancora un debito di 138 milioni (Monitoraggio della spesa sanitaria, pag.113). Nell’ultima legge di bilancio il governo Meloni ha stanziato 40 milioni a favore della regione, vincolati alla riduzione del disavanzo. Per questo la giunta di centro-destra guidata da Francesco Roberti ha deciso di aumentare l’addizionale Irpef per i redditi superiori a 28mila € al 3,33%, l’aliquota più alta d’Italia (in Abruzzo è ferma all’1,73%). La capacità di gettito però resta limitata, anche perché bisogna mantenere un apparato regionale che costa 30,7 milioni di euro, circa 105 euro a testa contro i 60 dell’Abruzzo (Relazione Corte dei Conti, pag 210). In un report della «Fondazione Gazzetta Amministrativa» sulle spese per incarichi di studi e ricerca effettuati nel 2021 il Molise si classifica ultimo con 225 mila euro.

 

Il referendum per il ritorno al passato

Alla fine il «meglio da soli» non ha portato prosperità. Il 9 marzo è partita la raccolta di firme per un  referendum che mira a portare la provincia di Isernia dentro l’Abruzzo, e poi l’intero Molise. Secondo l’ex questore Gian Carlo Pozzo, uno dei promotori dell’iniziativa popolare, la Regione è gravata da un pesante debito che combatte a suon di tasse e tagli e non è più in grado di garantire ai cittadini servizi essenziali come sanità, trasporti e formazione. Si sta muovendo nella stessa direzione la provincia di Campobasso con un comitato a Montenero di Bisaccia, e iniziative anche nei comuni di  Petacciato, Termoli e Campomarino.

Bisognerà poi vedere alla prova dei fatti se la politica locale mollerà l’osso, perché con una popolazione così esigua ogni famiglia ha rapporti diretti con gli amministratori, e il clientelismo è più di un rischio. Nel concreto ogni amministratore controlla 97 votanti effettivi.

E il Molise è tutto qui: 80 mila abitanti nella provincia di Isernia, e poco più di 200 mila in quella di Campobasso, con enormi difficoltà a sostenere uno sviluppo in grado di camminare con le proprie gambe. Già a suo tempo i padri costituenti avevano intuito i pericoli dei territori infiammati dalle aspirazioni a diventare piccole patrie, ma con pochi abitanti e ancor meno risorse.

 

 

Fonte: [email protected] ripubblicato da Lasicilia.it




Piattaforma CCNL BCC: Abruzzo e Molise approvano all’unamità

Si sono concluse le assemblee nelle BCC di Abruzzo e Molise, dedicate all’illustrazione e alla votazione della piattaforma contenente le richieste da presentare alla controparte per il rinnovo del CCNL.

Particolarmente significativo il dato della partecipazione alle assemblee: a prendervi parte sono stati 371 lavoratori e lavoratrici, pari a quasi il 79% del totale.

Le assemblee hanno visto le nostre regioni esprimersi con voto unanime a favore delle proposte illustrate dalle OOSS. A questo punto, una volta completate le assemblee in tutta Italia, la piattaforma diventerà l’elenco ufficiale delle rivendicazioni da presentare alla controparte e potranno entrare nel vivo le trattative per il rinnovo del CCNL.

Vi terremo informati degli sviluppi.

 


Qui trovi l’elenco delle assemblee effettuate

BCC: il calendario delle assemblee per la piattaforma del CCNL




CCNL ABI: concluse le assemblee in Abruzzo e Molise.

12 assemblee di piazza, oltre 1.300 partecipanti, voti favorevoli al 99,55%


 

Si è concluso il giro di assemblee per la consultazione dei lavoratori del settore ABI in merito all’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCL ABI sottoscritta lo scorso 23 novembre.

Le assemblee svoltesi nelle nostra due regioni hanno dato una risposta molto forte: il contratto ha ricevuto il 99,55% di voti favorevoli ed uno 0,45% di voti contrari.

A breve si concluderanno le ultime assemblee in corso su tutto il territorio nazionale. Se, come pare scontato, il voto nazionale confermerà l’andamento di quello locale, si potrà sciogliere la riserva e il nuovo contratto diventerà pienamente operativo.


 

Qui trovi l’elenco delle assemblee effettuate

Al via le assemblee per l’approvazione del contratto ABI. Tutte le date




Nel 2024 aumenta l’addizionale regionale in Molise

Nel 2024 diverse Regioni aumenteranno le proprie addizionali Irpef, anche per compensare i tagli alla sanità e le difficili situazioni economiche delle amministrazioni locali. Saranno soprattutto tre le Regioni che vedranno un aumento importante dei contributi da versare, che per i dipendenti vengono scalati direttamente dalla busta paga: Lazio, Toscana e Molise. In alcuni casi la riforma dell’Irpef nazionale, che ha tagliato del 2% l’aliquota per chi prende tra i 15mila e i 50mila euro, cancellerà l’impatto degli aumenti, mentre in altri non basterà.

Nel Lazio, per il 2024 sarà cancellato il ‘fondo taglia tasse‘ introdotto dalla giunta Zingaretti. Significa che quest’anno chi ha un reddito tra i 15mila e i 40mila euro non pagherà più l’1,73% di addizionale, come era avvenuto finora, ma salirà al 3,33%. È la percentuale più alta in Italia, e finora l’avevano pagata solo i redditi al di sopra dei 40mila euro. Per qualcuno la nuova addizionale sarà compensata dalla riforma Irpef nazionale (chi prende tra i 15mila e i 18mila euro, ma anche chi supera i 30mila). Per altri, invece, i benefici della riforma saranno quasi del tutto cancellati.

Va detto che per il Lazio questo aumento sarà temporaneo, e la giunta Rocca ha già promesso che nel 2025 le cose cambieranno. Per i redditi fino a 28mila euro l’addizionale dell’1,60% sarà azzerata, mentre tra 28mila e 35mila euro ci sarà una riduzione parziale.

In Toscana l’Irpef regionale passerà dall’1,68% al 3,32% per chi ha un reddito tra i 28mila e i 50mila euro. In media, quindi, si tratterà di un aumento da 117 euro all’anno a persona. Anche in questo caso, gli effetti della riforma nazionale (che taglierà l’Irpef di 260 euro all’anno per la stessa fascia di reddito) sarà ridotto in modo significativo. I redditi sopra i 50mila euro, che non beneficiano della riforma Irpef, vedranno l’addizionale regionale salire dall’1,73% al 3,33%.

Il Molise alzerà le aliquote solo per i redditi al di sopra dei 28mila euro l’anno. Anche in questo caso si arriverà al 3,33%, mentre oggi chi è tra 28mila e 50mila euro versa il 2,43% e chi è oltre questa soglia arriva al 2,63%. L’aumento sarà ridotto dalla riforma Irpef nazionale, ma solo in parte.

Nelle altre Regioni italiane non ci saranno aumenti. Le aliquote resteranno variabili a seconda del livello di reddito. Il massimo sarà del 3,33% in Campania (anche se nel comune di Napoli si passerà dallo 0,9% all’1%) e in Piemonte, in Liguria del 2,33% e in Emilia Romagna del 2,27%. Le Regioni più convenienti sono Basilicata, Veneto, Sicilia (ma Palermo sale dallo 0,095% allo 0,1%) e Sardegna che applicano un’aliquota unica all’1,23%

 

Fonte: Fanpage