Cgil: drammatici i numeri della povertà in Provincia dell’Aquila

In provincia dell’Aquila, il tema della povertà ha oramai assunto toni drammatici.

A dirlo sono il segretario della Cgil, Francesco Marrelli, e il direttore del patronato Inca, Dario Angelucci che hanno analizzato le prestazioni erogate dall’INPS, relative al secondo quadrimestre del 2021: ebbene, “restituiscono un quadro di massima allerta”.

Nel corso del 2021, circa 8.000 persone hanno percepito il reddito o la pensione di cittadinanza. “Visto che gli appartenenti ai loro nuclei familiari sono circa 17.000, e non si registra una variazione significativa rispetto all’anno precedente, è palese che il problema ha un tratto strutturale che la misura di sostegno al reddito contiene ma non risolve”, sottolineano Marrelli e Angelucci.Nello stesso periodo, inoltre, sono state liquidate, a seguito dei due provvedimenti normativi il DL 41/2021 e il DL 73/2021, oltre 7.500 pratiche di Reddito di Emergenza, con un conseguente impatto economico su oltre 15.000 beneficiari”.

Il dato più evidente è che circa un terzo dei beneficiari di questa misura per l’intero territorio abruzzese vive in aree della provincia dell’Aquila. “Questo significa che la marginalità geografica è la premessa di una marginalità economica e sociale. Sono soprattutto i giovani e le donne che pagano il prezzo più alto della crisi, spesso i migranti e coloro che non riescono a recuperare una possibilità di inserimento lavorativo. Il reddito di emergenza ha rappresentato, in questi mesi, una fondamentale forma di aiuto economico, introdotta a seguito della crisi pandemica, finalizzata a sostenere il reddito delle famiglie e dei cittadini maggiormente colpiti dall’emergenza COVID, arrivata però ad esaurimento per competenza, a settembre del 2021. Il vero nodo politico oggi è la resilienza economica del sistema e la sua capacità di generare nuove opportunità per il futuro”.

Sono in arrivo ingenti risorse economiche legate al Piano di accesso ai fondi del NEXT Generation EU. “Questi aiuti – sottolinea la Cgil – sono fondamentali per riparare i danni economici e sociali generati dall’emergenza COVID, soprattutto su un territorio già di per sé fragile che ha registrato, negli anni, l’avvicendarsi costante di crisi, dapprima di sovrapproduzione e poi legate ad eventi calamitosi. Lo scopo di tali risorse, però, rischia di essere vanificato se non saranno in grado di alimentare nuova occupazione, rivolta soprattutto alle nuove generazioni a cui si deve riconsegnare una prospettiva di vita dignitosa, attraverso stabilità lavorativa e giusto salario. Occorre, pertanto, ripensare un modello economico e sociale che veda nei bisogni delle persone il perimetro dell’azione della politica, e restituisca diritti e dignità alle nostre comunità”.

C’è bisogno di concretizzare la missione dedicata all’inclusione e alla coesione sociale e di trovare nello sviluppo economico del territorio nuove possibilità di crescita e di investimento attraverso infrastrutture, scuole, sanità, lavoro stabile e di qualità e sostegno al reddito. “La ripresa economica degli ultimi mesi non può essere assunta solamente come un aumento asettico del Pil, ma deve essere finalizzata ad alimentare lavoro nella forma della stabilità contrattuale, al superamento delle disuguaglianze ed al contrasto delle povertà, anche attraverso una seria redistribuzione della ricchezza e del reddito. Occorre un Patto di azione fra le varie espressioni di rappresentanza per tentare la strada della crescita sostenibile anche dal punto di vista sociale, affinché nessuno resti indietro, e per consentire alla nostra provincia di valorizzare specificità, vocazioni e storia della sua comunità. Una comunità territoriale, chiamata a reagire con un grande sforzo collettivo”, concludono Marrelli e Angelucci.

 

Fonte: www.news-town.it




Fisco e pensioni: il 7/12 manifestazione regionale all’Aquila. La lotta non si ferma

Su fisco e pensioni non ci siamo. E continueremo a lottare: vogliamo partecipare per cambiare le cose, non fare da spettatori. Questo il succo dell’intervento del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, dal palco di piazza Santi Apostoli a Roma nel corso della manifestazione organizzata dalle tre confederazioni nell’ambito del percorso di mobilitazione per modificare le misure previste nella bozza della legge di bilancio 2022. Intervento che si è concluso con un invito perentorio al governo: “Nella prossima settimana bisogna arrivare a quel confronto sul quale l’esecutivo si era impegnato. Se questo non avverrà, andremo avanti fino a ottenere i risultati che ci siamo prefissati”.

Per il segretario generale della Cgil, questa scelta è la conseguenza di un giudizio molto negativo su una manovra che  “non dà risposte sufficienti per contrastare le diseguaglianze sociali, economiche e geografiche del Paese”. A partire dal fisco. Le risorse, 8 miliardi, “sono inadeguate”. In ogni caso, con  queste prime risorse devono servire ad “aumentare i redditi da lavoro e da pensione a partire da quelli più bassi. Non ci può essere un’operazione che tutela i redditi medio alti e per i redditi bassi non c’è una risposta”.

I sindacati, come detto, chiedono di essere coinvolti nella trattativa: “Non siamo disponibili a fare da spettatori  – ha scandito tra gli applausi –. Lo dico prima: non pensino di venirci a informare di qualcosa che hanno già deciso. Se è così meglio che non ci convochino”. Deve infatti “essere chiaro che il confronto con il mondo del lavoro e delle parti sociali deve servire a far davvero le riforme di questo paese”. Anche perché, ha osservato il leader della Cgil, “un’ipotesi che sta circolando in queste ore dice che fino a 15 mila euro di reddito l’anno non c’è alcun beneficio fiscale: è qualcosa che non si giustifica in un Paese che ha salari e pensioni basse”.

Molto articolato il ragionamento sull’altro tema chiave, quello delle pensioni, che va letto in profondità: “Una vera riforma delle pensioni – ha sottolineato Landini –  passa da una vera riforma del mercato del lavoro. Combattere la precarietà è importante perché un lavoro non precario è una condizione per avere una dignità adesso e un futuro al momento del pensionamento”.

Landini ha poi ricordato ancora una volta che il governo “si è impegnato ad aprire con noi a dicembre una trattativa per ridisegnare la Fornero. Noi abbiamo pazienza, sono 10 anni che aspettiamo e qualcuno di voi può dire che abbiamo aspettato fin troppo”. La pazienza dunque c’è,  ma “vogliamo fare questa discussione sul serio e se non abbiamo risposte né su questo né sul fisco deve essere chiaro che non abbiamo nessuna intenzione di fermarci nelle nostre proteste e iniziative. Abbiamo intenzione di portare a casa dei risultati concreti per le persone che rappresentiamo”.

Del resto lo spirito della mobilitazione unitaria messa in campo da Cgil, Cisl e Uil è proprio questo: “Le nostre manifestazioni non sono semplicemente manifestazioni contro qualcosa o qualcuno, ma parlano al paese e chiedono una cosa fondamentale: per cambiare questo paese bisogna farlo insieme e non contro il mondo del lavoro”.

 




Dove diminuiscono gli sportelli bancari, aumentano gli usurai

Nelle scorse settimane, abbiamo pubblicato due distinte notizie, entrambe scoraggianti ma apparentemente scollegate.

La prima risale allo scorso mese di agosto: la provincia dell’Aquila è stata, nel 2020, una di quelle maggiormente penalizzate dalle banche, con una percentuale di chiusura delle filiali superiore all’11%, il triplo rispetto alla media italiana del 3,4%.

https://www.fisaccgilaq.it/banche/i-drammatici-dati-dellabbandono-bancario-in-provincia-dellaquila.html


 

La seconda, pubblicata la settimana scorsa, riporta il risultato di uno studio condotto dal Sole 24 Ore, secondo il quale nel 2020 la nostra Provincia è salita al terzo posto in Italia per l’incidenza dei reati di usura.

https://www.fisaccgilaq.it/lavoro-e-societa/la-provincia-dellaquila-al-terzo-posto-in-italia-per-i-reati-di-usura.html

Due fatti senza un apparente legame, ma che invece sono sicuramente collegati fra di loro.

Non è un mistero il fatto che la chiusura degli sportelli renda più difficile l’accesso al credito, soprattutto per le categorie più fragili: precari, anziani, giovani, imprese senza adeguate garanzie…
La chiusura di una filiale locale crea la situazione ideale per uno strozzino: viene meno la concorrenza e si aprono ampie nicchie di “mercato”. Si tratta di un rischio che più volte abbiamo paventato, ma fa impressione vedere come i peggiori timori finiscano per materializzarsi.

Alle banche questo non interessa, e sotto certi aspetti è comprensibile: loro guardano solo al profitto, ammesso che si possa pensare di continuare a crescere all’infinito mentre tutto intorno si impoveriscono ampie aree del paese.

Chi manca del tutto è la politica: il fenomeno dell’abbandono del territorio non è mai stato all’ordine del giorno, mai inserito nei programmi politici, mai portato avanti in campagna elettorale.

Per questo, lo scorso 24 settembre, le organizzazioni sindacali di Abruzzo e Molise sono scese in piazza per sensibilizzare la politica locale: nonostante una buona copertura mediatica sul momento, l’argomento è tornato nel dimenticatoio.

Diventa fondamentale capire che quello che le banche stanno facendo, invocando in modo pretestuoso il libero mercato, rischia di condannare definitivamente le zone meno floride del paese ed in modo particolare le aree interne. Serve una forte presa di coscienza, pretendendo dai partiti politici risposte concrete in occasione dei prossimi appuntamenti elettorali.

Per non trovarci a dover dire: “Però noi lo avevamo detto…”

 

https://www.fisaccgilaq.it/banche/abruzzo-bancari-in-agitazione-sempre-piu-filiali-chiuse-intervenga-la-politica.html

https://www.fisaccgilaq.it/banche/bper/il-libero-mercato-secondo-le-banche.html




L’attenzione al territorio di Bper Banca

Abbiamo più volte lanciato l’allarme sulla fuga delle banche dalla nostra Provincia. I dati riferiti al 2020 sono drammatici, evidenziando un tasso di abbandono triplo rispetto al resto d’Italia.

BPER banca ha sicuramente avuto un ruolo importante in tal senso: negli ultimi 2 anni sono state 8 le filiali chiuse in provincia dell’Aquilia.

Eppure l’istituto bancario ci tiene a dimostrare vicinanza ed interesse verso il nostro territorio, come dimostra questo post pubblicato sulla pagina ufficiale Facebook della Banca:



Evidentemente un post che avrebbe voluto rendere omaggio alla nostra città. Dobbiamo ringraziare la Banca per le buone intenzioni.

In realtà, che messaggio ci trasmette questo post? Innanzitutto che L’Aquila avrà anche numerosi monumenti, però volendo trovare uno scorcio degno di rappresentarla si è scelto di pubblicare una foto scattata a Castel di Sangro. Bellissima località, ma che dista quasi due ore dalla nostra città.

Nel post si cita quello che, secondo chi gestisce i social network dell’Istituto creditizio, è il principale monumento della città: il Forte Spagnolo. Questo vuol dire che almeno un’attrazione da fotografare in città c’era…
In realtà L’Aquila è ricca di angoli incantevoli: anche senza averci mai messo piede, sarebbero bastati pochi minuti di ricerca online per trovare decine di foto splendide da allegare al post.

Passiamo al piatto tipico. La cucina aquilana sarà irresistibile e ricca di profumi, ma non abbastanza da soddisfare l’autore del post visto che, dovendo indicare il piatto tipico della città, ha scelto le ndurciullune, una pietanza che si prepara nel Vastese: provincia di Chieti, circa 200 Km di distanza. Un piatto che la gran parte degli Aquilani non ha probabilmente mai sentito nominare.

Se l’intento era dimostrare l’attenzione della Banca verso L’Aquila e il suo territorio, il post pubblicato su Facebook ha ottenuto il risultato opposto.
Per questo auspichiamo che Bper Banca provveda a cancellarlo al più presto.

 

Fisac/Cgil L’Aquila




La Provincia dell’Aquila al terzo posto in Italia per i reati di usura

Nella nostra regione l’usura, di cui le cronache giornaliere sono piene, è una brutta piaga difficile da estirpare. Lo dice il Sole 24 Ore che ha redatto una classifica nella quale colloca L’Aquila al terzo posto per il reato di usura, Teramo al sesto e Pescara subito dopo al settimo.

Nell’elenco del quotidiano finanziario, per numero complessivo di reati denunciati ogni 100.000 abitanti relativi a 37 tipologie di reato, la peggiore risulta la provincia di Teramo classificata al 28° posto, quella di Pescara al 33° posto, mentre le isole felici per numero complessivo di denunce sono Chieti e L’Aquila rispettivamente 84° e 100° in graduatoria.

Nella classifica dei reati più gravi denunciati, quello degli omicidi volontari, la provincia abruzzese messa peggio è Pescara al 26° posto, seguita da L’Aquila al 59 posto, mentre sia a Chieti che a Teramo non sono stati commessi omicidi volontari. La preoccupazione principale riguarda gli omicidi colposi con Chieti al primo posto e Pescara al 5°. Pescara gode anche di un poco invidiabile terzo posto per le rapine alle poste e del sesto posto per quelle in banca.

 

Fonte: www.abruzzoindipendent.it




Bcc del Gran Sasso e Banco marchigiano: fusione il primo ottobre

Arriverà a compimento il primo ottobre prossimo la fusione tra la Banca del Gran Sasso d’Italia Bcc con il Banco Marchigiano.

Regista dell’operazione sul fronte abruzzese è il presidente della banca del Gran Sasso nata nel 2015, Giulio Cesare Sottanelli, ex deputato  di Scelta civica di Mario Monti, dal 2014 al 2018, cerca ora di tornare alla ribalta nel suo ruolo di coordinatore regionale di Azione la nuova formazione politica di Carlo Calenda. In queste settimane è impegnato a sostenere la candidatura a sindaco nella sua Roseto degli Abruzzi il consigliere comunale di minoranza di Casa Civica Mario Nugnes, con ben sei liste a supporto.

L’accordo è stato formalizzato a luglio, dalle rispettive compagini sociali che  hanno votato il progetto di fusione dei due Istituti: da una parte Sottanelli, Gabriele Di Simone e Maria Concetta Di Saverio, rispettivamente vice presidente e direttore generale  della Banca del Gran Sasso d’Italia, dall’altra parte per il Banco Marchigiano il  presidente Sandro Palombini, il vice presidente Marco Bindelli e dal direttore generale Marco Moreschi,

L’articolato percorso, iniziato già dalla sottoscrizione del protocollo d’intesa avvenuta il 23 dicembre dello scorso anno, procederà in base ad un serrato cronoprogramma che vedrà la nascita ufficiale del nuovo Istituto di Credito, frutto della fusione, appunto per il primo ottobre.   Il tutto avverrà ovviamente sotto l’egida della Capogruppo di cui fanno parte entrambe le Banche, ovvero Cassa Centrale Banca S.p.A.

Alle 25 filiali del Banco Marchigiano, articolate tra le provincie di Pesaro, Ancona, Macerata e Fermo, si aggiungeranno pertanto le filiali dell’Istituto abruzzese di Pineto e Montorio al Vomano, provincia di Teramo, e quella de L’Aquila, quest’ultima aperta nel 2018 grazie all’accordo varato con il Comitato promotore della costituenda Banca dell’Aquila.

Ai depositanti della banca del Gran Sasso è stata già inviata nei giorni scorsi, un’informativa che annuncia l’esecuzione del processo di fusione, motivata con “la necessità di stare al passo con le trasformazioni del sistema bancario europeo e nazionale, che impone aspetti patrimoniali organizzativi di livello sempre più elevato anche alle banche di credito cooperativo”.

Aggregazioni che si sottolinea consentiranno “a questa banca di radicarsi ulteriormente realtà locali in cui opera”.

Si assicura poi “la tutela da parte del fondo di garanzia dei depositanti entro il limite dei 100.000 euro. E rimane salva la possibilità entro tre mesi di ritirare o trasferire i depositi presso un altro istituto di credito, senza incorrere in alcuna penalità e serbando il diritto a tutti gli interessi e benefici maturati”, sempre nel limite dei 100mila euro.

La nuova Banca avrà un totale di 11.400 soci, frutto dei 9.000 del Banco Marchigiano e dei 2.400 della banca abruzzese; le filiali saranno come detto 28, i dipendenti saranno 188, 171 quelli marchigiani e 17  gli abruzzesi, il patrimonio complessivo sarà di 71 milioni, di cui 66 marchigiani e 5  abruzzesi, mentre l’attivo patrimoniale sarà di oltre un miliardo e 100 milioni, frutto dell’oltre un miliardo del Banco marchigiano e dei 64 milioni dell’Istituto abruzzese.

Ancora per quel che concerne la copertura territoriale, la nuova banca opererà nelle province di  Pesaro, Ancona, Macerata, Fermo, Teramo, L’Aquila,  per un totale di 106 comuni.

Per Sottanelli la fusione rappresenta un trampolino di lancio in vista di un ritorno nella politica che conta, leggasi elezione in Parlamento quando massimo nel 2023 si tornerà a votare. A maggio la  rosetana Flavia Mazzarella, a lui vicina,  è stata eletta nel consiglio d’amministrazione di Bper Banca, istituto di credito emiliano che ha inglobato la Carispaq dell’Aquila e ha una significativa presenza in Abruzzo. Mazzarella è giurista ed economista di impresa,  già numero uno di Banca Finnat e, in precedenza, a lungo ai vertici dell’Ivass e prima ancora al Tesoro dal 1994-2002, dove è stata dirigente per le privatizzazioni nell’era di Mario Draghi direttore generale e ora premier.

Fonte: Abruzzo Web



I drammatici dati dell’abbandono bancario in provincia dell’Aquila

Da almeno 3 anni, come Fisac e CGIL L’Aquila, stiamo evidenziando i danni dell’abbandono bancario sul nostro territorio attraverso articoli, comunicati stampa ed un convegno espressamente dedicato a questo tema.

L’esame dell’andamento del 2020, sulla base dei dati reperibili dal sito della Banca D’Italia,  evidenzia un forte peggioramento della situazione, che più che confermare i nostri timori dimostra una realtà assai peggiore di quella da noi paventata.

Il numero più drammatico, che salta immediatamente all’occhio, è quello dei comuni privi di qualsiasi sportello bancario. Se in Italia le banche sono presenti all’incirca in 2 comuni su 3, nella provincia dell’Aquila solo 3 comuni su 10 possono vantare la presenza di almeno una filiale di un istituto bancario. Il dato, già drammatico, è precipitato nel 2020, quando ben 5 comuni hanno visto abbassare le saracinesche delle banche presenti. Mentre in Italia il numero di comuni senza banche scende del 2,27% in un anno, il dato abruzzese vede una riduzione doppia, -4,54% con un taglio di 7 comuni. Di questi sette, ben 5 sono comuni posti nella Provincia dell’Aquila, che quindi vede un calo di oltre il 13% nel numero di località servite da banche.
E’ interessante notare come tutti i comuni della Provincia dell’Aquila che lo scorso anno sono rimasti privi di servizi bancari abbiano pagato le scelte di un unico Gruppo bancario.

La tabella che segue riepiloga i dati relativi al numero di comuni nei quali è presente almeno uno sportello.

NUMERO COMUNI CON ALMENO UNO SPORTELLO BANCARIO 
Totale 2019 % su tot comuni Totale 2020 % su tot comuni Differenza % diff.
ITALIA 5.221 66,1% 5.102 64,5 -119 -2,3%
ABRUZZO 154 50,5% 147 48,2 -7 -4,6%
Provincia
AQ 38 35,2% 33 30,6% -5 -13,2%
CH 49 47,1% 48 46,2% -1 -2,0%
PE 28 60,9% 28 60,9% 0 =
TE 39 83,0% 38 80,9% -1 -2,6%
dati Banca d’Italia

Il fenomeno dell’abbandono non riguarda ovviamente solo i comuni più disagiati. Le chiusure di sportelli toccano l’intero territorio nazionale, ma sono più numerose in Abruzzo e ancor di più nella nostra provincia.

Così, se il dato nazionale evidenzia una riduzione complessiva del 3,42%, in Abruzzo la percentuale sale al 5,7%, con la Provincia dell’Aquila che anche in questo caso evidenzia una riduzione fortissima: 11,11%.
E’ bene precisare che tali riduzioni non hanno nulla a che vedere con il Covid, che anzi avrebbe dovuto consigliare il rinvio delle chiusure programmate, ma sono frutto di scelte fatte a tavolino dai grandi gruppi bancari, incuranti del fatto che chiudere filiali nel pieno della pandemia significava aumentare gli assembramenti in quelle che, restando aperte, avrebbero accolto maggiori flussi di clientela.

Anche in questo caso pubblichiamo la tabella riepilogativa:

NUMERO SPORTELLI BANCARI PER PROVINCIA
Totale 2019 Totale 2020 Differenza % diff.
ITALIA 24.312 23.481 -831 -3,4%
ABRUZZO 526 496 -30 -5,7%
Provincia
AQ 117 104 -13 -11.1%
CH 140 138 -2 -1,4%
PE 126 122 -4 -3,2%
TE 143 132 -11 -7,7
dati Banca d’Italia

 

L’ultimo dato che andiamo ad esaminare è quello relativo al numero complessivo di impiegati nel settore bancario. A livello nazionale prosegue l’andamento discendente che ha visto i bancari diminuire di 6.905 unità, pari ad un 2,45% del totale occupati nel settore. Ancora una volta i dati abruzzesi sono nettamente peggiori, con un calo percentuale sensibilmente maggiore (-4,42%) concentrato principalmente in provincia dell’Aquila, dove il calo percentuale è superiore al 6,55%.

Questi i dati complessivi:

NUMERO DIPENDENTI SETTORE BANCARIO PER PROVINCIA
Totale 2019 Totale 2020 Differenza % diff.
ITALIA 282.129 275.224 -6.905 -2,5%
ABRUZZO 3.352 3.210 -142 -4,2%
Provincia
AQ 717 670 -47 -6,6%
CH 974 957 -17 -1,7%
PE 804 768 -36 -4,5%
TE 858 816 -42 -4,9%
dati Banca d’Italia

 

Quando si parla di riduzione di impiegati nel settore bancario, l’opinione pubblica tende ad essere indifferente, non riuscendo evidentemente a cogliere l’impatto fortissimo che questi numeri hanno sui territori.
Facciamo alcuni esempi. Sappiamo quanto sia complicato continuare a vivere in uno dei nostri minuscoli comuni montani. Pensiamo ad una piccola azienda che, nonostante tutto, voglia continuare ad operare in uno di questi comuni. Il semplice fatto di doversi sobbarcare 60 o 70 Km solo per andare ad anticipare una fattura e tornare in sede può bastare a convincerla a lasciare il paesello. Oppure pensiamo ad un anziano, visto che la popolazione di questi insediamenti ha un’età media molto alta: doversi spostare anche solo di pochi km per ritirare la pensione può rappresentare un problema insormontabile.

Ma la questione non riguarda solo i comuni più piccoli. Stiamo assistendo ad un rapido abbandono del Centro-Sud da parte dei grandi istituti: ormai il 40% di tutti gli sportelli bancari è concentrato in solo 3 regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto). Questo non è indolore. Sappiamo per certo che quanto più chi deve concedere credito si allontana da un territorio, tanto più il rubinetto dei finanziamenti tende a chiudersi.
Sono considerazioni che abbiamo fatto più volte, ma adesso si vedono in concreto gli effetti sul territorio.

Possiamo rendercene conto esaminando quanto accaduto dopo il lockdown causato dalla prima ondata pandemica. Il Governo ha stanziato fondi di garanzia che coprivano tra l’80% e il 100% dei finanziamenti concessi alle imprese per ripartire dopo lo stop obbligato. In pratica, le banche potevano concedere nuovo credito rischiando poco o nulla; questo ha fatto sì che a livello nazionale l’ammontare complessivo dei crediti accordati dalle banche facesse registrare un aumento del 5%.
In Abruzzo tale incremento è stato del 2,6%, cioè la metà rispetto al dato nazionale. Come si spiega questo dato? Con il fatto che, a fronte dell’erogazione di finanziamenti garantiti per un importo di 2.108 miliardi, ben 1.586 sono stati utilizzati per assorbire prestiti preesistenti, con evidente vantaggio per le banche che hanno potuto sostituire finanziamenti a rischio con prestiti quasi interamente garantiti dallo Stato.
(dati ricavati da un’analisi effettuata dall’associazione Focus Abruzzo, sulla base di una recente ricerca dell’economista Aldo Ronci sul credito durante l’emergenza covid-19, per conto della Cna, illustrati in modo più dettagliato in questo articolo).

Cosa significa questo, all’atto pratico? Che le banche operanti nella nostra Regione, piuttosto che agevolare la ripartenza post covid fornendo alle aziende Abruzzese il carburante per investire e superare la crisi, hanno preferito pensare a come rientrare dei finanziamenti già accordati. Un chiaro segnale di scarso interesse per il futuro del nostro territorio, rispetto al quale hanno preferito cercare una via di fuga che permettesse di limitare al massimo le possibili perdite.
Per inciso: anche su questo tema la Fisac e la CGIL L’Aquila avevano inutilmente provato a lanciare l’allarme.

C’è un’immagine che rappresenta in modo fedele gli effetti delle scelte dei grandi istituti, sempre meno propensi ad investire nel Centro-Sud. La cartina che segue evidenzia l’andamento del credito alle famiglie negli ultimi 12 mesi.

(Fonte: Banca d’Italia. Aggiornamento a marzo 2021)

 

Si nota abbastanza chiaramente come il colore delle regioni, salvo rare eccezioni, tenda a diventare più chiaro man mano che ci si sposta verso sud. Emerge inoltre che in questa triste graduatoria della “parsimonia” bancaria, Molise e Abruzzo occupino purtroppo la seconda e la terza posizione in classifica.

Non sono solo freddi numeri: significa che in queste regioni tante famiglie hanno dovuto rinunciare a comprare una casa, a cambiare la macchina, a far studiare i figli. Ma significa anche che tante aziende hanno dovuto chiudere, tanti posti di lavoro sono stati persi.
Se guardiamo i dati relativi al tasso di disoccupazione giovanile in Provincia dell’Aquila, ci accorgiamo che l’andamento del 2020 evidenzia un netto peggioramento.

% DISOCCUPATI IN PROVINCIA AQ – FASCIA 15/24 ANNI 
ANNO 2019 2020
Percentuale disoccupati 21,5% 28,0%
di cui
disoccupazione femminile 28,6% 36,2%
disoccupazione maschile 16,9% 25,8%

Le cause per un andamento così negativo sono molteplici e non riconducibili esclusivamente alle politiche dei grandi Gruppi Creditizi; ma è evidente che la carenza di servizi bancari e la difficoltà crescente nell’accesso al credito sono elementi che contribuiscono in modo determinante a spiegare questi numeri.

Appare inspiegabile il totale disinteresse di fronte a queste problematiche da parte della politica, per la quale il mantenimento di livelli minimi di copertura bancaria del territorio dovrebbe rappresentare un tema prioritario, oltre che un preciso dovere previsto dalla Costituzione. In base a quanto previsto dall’art. 47 le istituzioni avrebbero infatti il compito di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito.
Difficile capire se tale disinteresse sia causato da incapacità di comprendere la gravità della situazione o da connivenza (le banche hanno da sempre una forte capacità di orientare le scelte politiche: non è un caso che a Palazzo Chigi sieda un banchiere).
In entrambi i casi, c’è di che essere molto preoccupati.

 

FRANCESCO MARRELLI
Segretario Generale CDLT L’Aquila

Luca Copersini
Segretario Provinciale Fisac/Cgil L’Aquila

 

 




BPER: bene la sede in centro storico, ora aspettiamo le assunzioni

Veder riaprire il portone della storica sede della Cassa di Risparmio, dopo oltre 12 anni di chiusura, è un enorme piacere per chi dal 2009 sogna di ritrovare un centro storico brulicante di vita.

Bisogna dare merito alla BPER per la scelta di essere presente in pieno centro: una scelta per niente scontata, come dimostrano altri istituti di credito, con sedi storicamente ubicate lungo l’asse centrale che – almeno per il momento – hanno preso decisioni diverse.

Nonostante ciò, riteniamo sia sbagliato parlare di riapertura, per vari motivi. Il primo è fin troppo banale ed evidente: in quei locali, fino al 6 aprile 2009, operava un’altra banca, che si chiamava in un altro modo.

Non è solo una questione di insegna. La vecchia Carispaq era la testimonianza di un mondo comunque destinato a finire: quello delle banche locali, di un reale legame con il territorio. Un mondo in cui anche nel rapporto con le banche la componente umana aveva un ruolo fondamentale.

Partendo da questa considerazione, intendiamo prendere spunto da quella che è una notizia estremamente positiva per la città ed il circondario per fare alcune riflessioni sull’attuale sistema bancario nel suo complesso.

In questi anni il sistema economico sta cambiando rapidamente. Le banche, che fino a qualche decennio fa facevano a gara per aprire nuove filiali e portarle sotto casa dei clienti, oggi fanno a gara per chiudere gli sportelli, incuranti del fatto che così facendo si contribuisce in modo determinante allo spopolamento di intere aree del paese, escludendo dai servizi bancari tutte le fasce di popolazione “fragili” che per tanti motivi possono avere difficoltà ad accedere ai servizi online. Gli istituti creditizi giustificano queste scelte con il progresso e la digitalizzazione, quando in realtà l’unica molla che spinge a tagliare sedi e dipendenti è la ricerca spasmodica del profitto. Una logica che mal si concilia con la responsabilità sociale d’impresa, che pure dovrebbe rappresentare un obbligo morale per chi si trova a gestire risparmi e finanziamenti di aziende e famiglie, come peraltro prevede l’Art. 47 della Costituzione.

Si tratta di un problema particolarmente grave in una provincia come la nostra, dove ormai due terzi dei comuni sono totalmente sprovvisti di sportelli bancari.

Eppure, in questo mondo che cambia rapidamente in peggio, non si può dire che le banche si comportino peggio delle altre aziende. In nome del guadagno esasperato e senza regole, molte aziende pretendono il taglio di lacci e laccioli finendo col tagliare anche i cavi delle funivie, reclamano senza vergogna il diritto di schiavizzare degli esseri umani facendoli lavorare senza regole e sicurezza pagandoli meno di un sussidio di povertà, cospargono le campagne di fanghi tossici perché intossicare chi mangerà i prodotti di quelle terre costa meno che smaltire correttamente i residui chimici… e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

In questo contesto, non sono probabilmente le banche a comportarsi nel modo più spregiudicato. Ed è giusto anche ricordare che la Carispaq è stata la più fortunata tra le Casse di Risparmio abruzzesi, avendo trovato un acquirente solido che ha comunque assicurato a dipendenti e clienti prospettive decisamente migliori rispetto a quanto è toccato ad altri istituti.

Fino a qualche anno fa, entrare in una qualsiasi banca della nostra Provincia significava accedere in un ambiente non troppo illuminato, spesso caotico con il chiacchiericcio delle tante persone in fila. Un posto in cui una richiesta di prestito veniva valutata non in base a freddi algoritmi, ma basandosi sul fatto che il valutatore conosceva tutta la storia della famiglia del richiedente, e ancor prima di guardare i documenti sapeva se si trattava di persona degna di fiducia.

Sono belle le filiali moderne. Luminose e colorate. Poche file, perché in tanti hanno ormai imparato a fare online le loro operazioni, e perché in molti casi si accede per appuntamento. Ambienti ordinati, puliti, che danno un’immediata sensazione di efficienza… ma freddi. Lontani dall’allegro caos che c’era prima del sisma.

Le banche che il terremoto ha chiuso a forza erano ancora incentrate sulle persone, sulle relazioni umane.
Quelle che progressivamente le hanno sostituite sono basate sulle pressioni commerciali,
con il cliente che non viene più ascoltato ma “pesato” in base al numero di prodotti che ha acquistato e che possono ancora essergli venduti, ed i lavoratori che vengono vessati, intimiditi e mortificati per spingerli a “vendere vendere vendere”, in una illimitata rincorsa al profitto.

Le banche di oggi non sono quelle che c’erano prima del sisma. Sono due mondi diversi, in periodi storici molto più distanti fra loro di quanto il banale conteggio degli anni farebbe immaginare.

Torniamo alla BPER. In occasione dell’apertura della nuova Sede, il comunicato stampa della Direzione Regionale Abruzzo e Molise ha parlato del “piacere di contribuire in modo concreto al rilancio della città”. Un piacere che condividiamo e che accogliamo con soddisfazione, in un momento in cui la banca ha una grande opportunità per dimostrare che la nostra Città, la nostra Provincia, sono davvero importanti.

Il piano industriale 2019-2021 prevedeva infatti, a fronte di una serie di prepensionamenti, nuove assunzioni nella misura di una ogni 5 uscite. Nella Provincia dell’Aquila sono stati oltre 30 i lavoratori cessati, a fronte dei quali ci sono state due sole assunzioni: per questo, la Bper dovrebbe ancora procedere all’assunzione di 4 giovani.

Siamo fiduciosi nel fatto che la banca non vorrà penalizzare ulteriormente la Provincia dell’Aquila, dimostrando in questo modo che la vicinanza al territorio non è solo lo slogan per uno spot pubblicitario.

L’Aquila, 19/7/2021

FRANCESCO MARRELLI
SEGRETARIO GENERALE
CDLT PROVINCIA DELL’AQUILA

LUCA COPERSINI
SEGRETARIO PROVINCIALE
FISAC/CGIL L’AQUILA

 




“Proposte per una legge quadro”. L’Aquila, 9/7/2021

Venerdì 9 luglio, a partire dalle ore 10, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila, si svolgerà un importante evento organizzato dalla CGIL nazionale, che vedrà la presenza, tra gli altri, del Segretario Generale Maurizio Landini.

Questa la locandina:

La necessità di contingentare gli accessi a causa della prevenzione del Covid-19 costringe purtroppo gli organizzatori a limitare l’ingresso in sala ai soli invitati. Invitiamo comunque a seguire in diretta i lavori collegandosi al sito www.collettiva.it.

Qui è possibile scaricare il file con le proposte della CGIL.




Cgil lancia la ‘Carovana dei Diritti’ in provincia dell’Aquila

“Abbiamo scelto la Carovana dei Diritti’ per praticare un nuovo modello di azione sindacale che si richiama alla formula di ‘Sindacato di Strada’ e che vuole dare il senso della vicinanza della nostra organizzazione alle cittadine e i cittadini, attraverso un percorso in movimento”.

A dirlo è il Segretario Generale della Camera del Lavoro CGIL dell’Aquila, Francesco Marrelli, che presenta così l’iniziativa messa in campo dal sindacato; la ‘Carovana dei Diritti’ vuole essere un momento di ascolto e di condivisione con le comunità, un momento di confronto anche con le istituzioni locali per capire quale modello di sviluppo costruire insieme. “Un modello – sottolinea Marrelli – che parta dai diritti e dal senso di appartenenza ad un territorio, dalla salvaguardia e conservazione ambientale, dal senso di giustizia sociale e di equità. Un modello utile a ricostruire un legame solidaristico tra le persone”.

“La pandemia ci ha fatto incontrare uomini e donne con bisogni diversi e, in taluni casi, anche nuovi”, aggiunge il Segretario Generale. “La crisi sociale ed economica generata dalla crisi sanitaria pandemica ha ampliato l’emergenza sociale con l’aumento della povertà anche in ampie fasce di soggetti che, comunque, hanno mantenuto il lavoro. La precarizzazione del lavoro, che possiamo definire come conseguenza di un processo storico di svalorizzazione della forza lavoro, assume attraverso forme e tipologie contrattuali improprie, al pari delle condizioni dei lavoratori degli appalti e subappalti, connotazioni di sfruttamento che arrecano un serio pregiudizio alla dignità della persona”.

Tale condizione di precarietà ha generato una frantumazione della classe lavoratrice, “rendendola debole e fragile e relegandola ad un insieme di soggetti che subiscono un cambiamento di cui non sono artefici e che rischia di essere a loro detrimento. Il cambiamento deve essere indirizzato al superamento delle disuguaglianze mai superate e che oggi rischiano di essere più marcate rispetto al passato”.

In questi anni abbiamo assistito a disastri ambientali ed alla consapevole distruzione di parti di territori marginalizzati che necessitano risposte attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interessati, anche con momenti di rinnovata conflittualità ideale e vertenzialità. “Vogliamo partire dal lavoro, ribadendo la sua centralità nella vita delle persone come elemento di emancipazione e di dignità. La nostra intenzione è quella di dare volto ed espressione alle diverse condizioni di lavoro, rimettendo al centro del dibattito pubblico l’interesse generale delle lavoratrici e dei lavoratori. Un lavoro in sicurezza che sia stabile e di qualità, necessità di cure, di connessione, di mobilità, di istruzione, di cultura, di legalità, del riconoscimento dei diritti dei migranti e della conservazione e tutela ambientale”.

Sono questi i temi da affrontare nell’immediato, attraverso la costruzione di una comunità di intenti che coinvolga le parti sociali, le associazioni, i partiti e le istituzioni. “Il sindacato deve essere un soggetto attivo vicino ai lavoratori, ai pensionati, ai migranti, deve rappresentare un luogo aperto di discussione e di incontro, propositivo e di prospettiva”, ribadisce Marrelli. “Il cambiamento passa anche dalla capacità di rappresentare i bisogni, di farli emergere da un oblio costruito sulla retorica, di rappresentarli e soddisfarli”.

La Carovana dei Diritti avrà come luogo di intervento l’intera provincia dell’Aquila, partendo dai centri maggiori per poi raggiungere le zone più interne, attraversando i diversi luoghi del lavoro e del non lavoro, delle cure e dell’istruzione, della detenzione e dell’aggregazione, della cultura e della ricostruzione. “Ascolteremo tutte le voci e condivideremo con loro le nostre idee – promette Marrelli – raccogliendo le varie necessità che vengono espresse dalle diverse comunità. Saremo a fianco di tutte e tutti, nessuno escluso: casa per casa, azienda per azienda, strada per strada. La Carovana dei Diritti si muoverà a partire dall’ultima decade di giugno e vedrà il coinvolgimento di tutte le categorie sindacali”.

 

Fonte: www.newstown.it