Guide Fisac Cgil: la Previdenza Generale

Pubblichiamo l’aggiornamento 2021 della Guida alla Previdenza della Fisac Cgil, ormai divenuta un vero e proprio punto di riferimento per tutte le iscritte ed iscritti.

Ricordiamo che per eventuali segnalazioni è possibile scrivere a: [email protected]

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La guida è disponibile, come di consueto, anche nella nostra sezione Guide e Manuali




Avvisi di pagamento: i Segretari Generali chiedono la sospensione

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo
Al Direttore dell’Agenzia delle Entrate
Avv. Ernesto Maria Ruffini

Avvisi di pagamento assegni straordinari del credito e del credito cooperativo

Le Organizzazioni Sindacali Fabi – First/Cisl – Fisac/Cgil – Uilca/Uil- Unisin, preoccupate per il disagio che sta interessando pensionate e pensionati, già lavoratrici e lavoratori del settore del credito e del credito cooperativo destinatarie/i di un avviso bonario di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, chiedono che l’Ente preposto provveda ad una sospensione dei termini dei suddetti avvisi.

In queste ore sono in corso approfondimenti tra Inps e Agenzia delle Entrate. Da parte nostra riteniamo che la riliquidazione dell’imposta non sia dovuta poiché l’assegno straordinario dei settori credito e credito cooperativo ha natura diversa rispetto alla tipologia delle somme soggette a riliquidazione e l’erogazione deve avvenire al netto, così come previsto dal Regolamento del Fondo di Sostegno al reddito e dalla sentenza della Corte di Cassazione sezione Lavoro n. 18128 del 22/8/2014.

Chiediamo, pertanto, un incontro urgente per addivenire, in tempi brevi, ad un chiarimento e nelle more si richiede la sospensione dei termini di 30 gg previsti dall’avviso bonario.

In attesa, di un riscontro, Le inviamo distinti saluti.

Roma, 21 maggio 2021

 

I Segretari Generali
Fabi – First/Cisl – Fisac/Cgil – Uilca/Uil – Unisin




Guide Fisac Cgil: Responsabilità disciplinari e patrimoniali

Pubblichiamo la versione 2021 della guida, aggiornata con molte sentenze. In caso di segnalazioni è possibile scrivere a: [email protected]

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ARTICOLI PUBBLICATI AD INTEGRAZIONE:

 

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Avvisi dal fisco agli esodati: il 20/5 riunione online per fare il punto

Lunedì scorso avevamo pubblicato la notizia degli avvisi bonari inviati dal fisco agli ex bancari che nel 2016 ricevevano l’assegno straordinario di accompagnamento alla pensione erogato dal Fondo di Solidarietà per il sostegno del reddito del personale del credito.

https://www.fisaccgilaq.it/banche/bancari-esodati-sorpresa-dal-fisco-chieste-altre-imposte-per-il-2016.html

Auspichiamo che nei prossimi giorni possano arrivare chiarimenti decisivi per risolvere il problema. Intanto riteniamo opportuno informare gli interessati in merito alla situazione attuale.

Per questo motivo, la Fisac/Cgil Abruzzo Molise ha organizzato, unitamente alla First/Cisl ed alla Uilca, una riunione aperta a tutti che avrà luogo il giorno 20 maggio, dalle ore 10.30 alle 12.

La riunione si svolgerà in remoto utilizzando la piattaforma Google Meet.

Per partecipare alla riunione è sufficiente fare click su questo link: https://meet.google.com/zpe-otbf-gjt
Oppure aprire Meet e inserire questo codice: zpe-otbf-gjt

 

 




Bancari esodati, sorpresa dal fisco: chieste altre imposte per il 2016

Centinaia di avvisi bonari sugli assegni di cinque anni fa. I dubbi dei sindacati.


 

Trenta giorni per decidere se pagare o no l’integrazione alle imposte chiesta dal Fisco con avviso bonario inviato il 30 aprile. E’ quanto dovranno decidere gli ex bancari che, nel 2016, ricevevano l’assegno straordinario di accompagnamento alla pensione erogato dal Fondo di Solidarietà per il sostegno del reddito del personale del credito. Cinque anni fa – dati INPS – erano 11.021 le persone che ricevevano l’assegno e, secondo stime sindacali , almeno il 70% (quasi 8mila) dovrebbe aver ricevuto l’avviso dell’Agenzia delle Entrate. L’ammontare da pagare è in media di circa 2mila euro (sull’anno).

Il caso
Perché il Fisco ha inviato gli avvisi bonari? Spieghiamo subito che i bancari che anticipano l’uscita grazie al Fondo di solidarietà ricevono, per un massimo di 5 anni, l’equivalente di quanto prenderanno come pensione al netto delle imposte. A versare l’assegno straordinario è l’INPS che a sua volta riceve il denaro dalla banche. All’assegno, come per il TFR, viene applicata la tassazione separata che è un tipo di imposizione agevolata rispetto alla ordinaria Irpef: la tassazione separata impedisce che, nell’anno in cui vengono percepiti, i redditi maturati in più anni si sommino agli altri redditi del lavoratore.

Il ricalcolo mai applicato
Fin qui tutto abbastanza logico. Al Fisco e al legislatore italiano non piacciono però le cose semplici. Nella tassazione separata, il datore di lavoro (in questo caso le banche) infatti applica una trattenuta fiscale “provvisoria” sul Tfr e sugli assegni straordinari: successivamente viene ricalcolata dall’Agenzia delle Entrate quella definitiva detta “riliquidazione”. Qui non ci addentriamo nelle contorte questioni fiscali. E’ sufficiente sapere che non tutti ricevono la richiesta di ulteriori imposte e il Fisco non può, come noto, spingersi oltre i cinque anni.
Tornando agli ex bancari, questi ultimi si aspettano le richieste di ricalcolo dell’Agenzia delle Entrate su Tfr. Invece, fino ad oggi (il Fondo di solidarietà esiste dal 2000), il Fisco non aveva mai richiesto la riliquidazione sugli assegni.

Sindacati in campo
Gli ex bancari e le associazioni pensionati che li rappresentano a fine aprile si sono subito attivati. Tanto che il 3 maggio è stato diffuso il primo comunicato sindacale sul caso dalle cinque principali sigle sindacali: Fabi, First/Cisl, Fisac/Cgil, Uilca e Unisin hanno annunciato il loro impegno a chiarire subito la situazione. A distanza di 8 giorni, il secondo comunicato sindacale congiunto dove si spiega che “in stretto contatto con l’ABI” (l’Associazione Bancaria Italiana) “l’iniziativa di chiarimento prosegue”. In allegato al Comunicato c’è il documento INPS dove si spiega che “sono in corso approfondimenti sulla questione fra l’Istituto, in qualità di sostituto d’imposta, e l’Agenzia delle Entrate.”

Tempi, soluzioni e futuri esodi
I tempi stringono. Il 30 maggio, giorno di scadenza dell’avviso, è vicino. Sindacati e ABI non commentano “in attesa di evidenze” da parte di Inps e Agenzia. A quanto emerge. però, non è chiaro se ci sia stato un errore tecnico nei codici di comunicazione INPS o una diversa interpretazione del Fisco dopo vent’anni.
Secondo indiscrezioni, gli ex bancari si sono rivolti agli avvocati per capire come agire per le vie legali: ma potrebbero esserci problemi anche per i futuri esodi. Gli accordi erano stati stipulati su cifre che non prevedevano l’ulteriore aggravio emerso nei giorni scorsi. Cos’accadrà ora?

 

Articolo di Vitaliano D’Angelo su “Il Sole 24 Ore” del 15/05/2021




Banca d’Italia: tra il dire e il fare….è meglio il fare

Improvvisamente sulla intranet aziendale è comparsa la notizia dell’avvio di una nuova sessione della rilevazione dello stress lavoro-correlato.

Era stata la Fisac Cgil a richiederla (LEGGI), visto il tempo trascorso dall’ultima rilevazione e, a maggior ragione, visti i cambiamenti organizzativi che hanno interessato il personale con lo scoppio della pandemia.

Nessuna risposta ci è ancora pervenuta nonostante un sollecito (LEGGI), ma siamo soddisfatti comunque che la Banca ci abbia ascoltati su un tema così importante: tutto sommato preferiamo il “fare” al “dire”, quando c’è in gioco la tutela dei lavoratori.

Roma, 13 maggio 2021

La Segreteria Nazionale

 

Fonte: sito Fisac Banca d’Italia




Arriva l’Assegno Unico per i figli

La Legge di Stabilità ha previsto una grande novità per il sostegno economico delle famiglie. A decorrere dal prossimo 3 luglio verrà introdotto l’Assegno Unico per i Figli che andrà a sostituire gli assegni familiari, le detrazioni Irpef e altre misure dedicate alle famiglie.

L’assegno unico sarà una grande novità, introdotta dalla legge di Bilancio per il sostegno economico delle famiglie, e che coinvolgerà circa 11 milioni di persone.

Sarà rivolto a:

  • genitori lavoratori dipendenti, autonomi e incapienti;
  • verrà riconosciuto dal settimo mese di gravidanza e fino ai 21 anni di ciascun figlio;
  • sarà composto da una quota fissa e una variabile calcolata in base al numero dei figli ed alla loro età e che terrà conto del valore ISEE.
  • le famiglie con figli disabili avranno diritto a una maggiorazione del sostegno nella misura minima del 3o% fino a un massimo del so%.

All’introduzione dell’assegno unico per i figli seguirà il graduale superamento/soppressione delle seguenti prestazioni bonus:

  • Assegno al nucleo familiare ANF
  • Detrazioni Irpef figli a carico
  • Assegno di natalità o Bonus Bebè
  • Premio alla nascita o Bonus Mamma Domani
  • L’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori, erogati dai Comuni

Tenuto conto dell’ampia platea destinataria della misura consigliamo di richiedere già l’attestazione ISEE 2021 necessaria alla richiesta dell’assegno unico.

Tutti coloro che sono in possesso dell’identità elettronica (SPID) possono richiedere l’Isee direttamente dal sito dell’INPS, anche nella versione precompilata.

Per chi non fosse in possesso della SPID, o preferisse utilizzare la procedura tradizionale, i CAAF CGIL sono a disposizione di chiunque ne facesse richiesta.

Prenota subito la tua pratica ISEE 2021, rivolgiti al CAAF CGIL o al tuo rappresentante sindacale FISAC CGIL

Fonte: Fisac BPER Banca




I manager bancari: strapagati a prescindere dai risultati

Le critiche al mega stipendio del futuro Ad di UniCredit non sono un caso. Dall’Italia alla Svizzera, le paghe dei manager ormai slegate dai risultati


Deve ancora entrare in ca­rica, ma il nuovo ammini­stratore delegato di Uni­Credit Andrea Orcel ha già scatenato un putiferio. Le so­cietà di consulenza Glass Lewis e Iss consigliano agli azionisti della banca milanese di bocciare la po­litica di remunerazione nell’as­semblea del 15 aprile per protesta­re contro i 7,5 milioni di paga del nuovo capo azienda. La banca chiede però di modificare anche le politiche sulle liquidazioni, au­mentandone il tetto da 7,2 a 15 mi­lioni (sei volte lo stipendio annua­le).

Dunque il “Ronaldo dei ban­chieri” già prima di scendere in campo s’è accaparrato almeno 22,5 milioni. Il suo predecessore Jean Pierre Mustier nel 2020 ha ricevuto “solo” 900 mila euro più stock option per altri 4,4. Molto meno della mega-liquidazione da 40 milioni pagata nel 2010 ad A­lessandro Profumo. A far discu­tere è il fatto che nel primo anno Orcel sarà pagato senza alcun col­legamento coi risultati aziendali.

Prima dell’arrivo di Orcel, in Italia divario tra stipendi dei vertici e quelli dei dipendenti delle banche era in calo. Secondo la Uilca, il sin­dacato dei bancari della Uil, nel 2007 i ceo delle banche quotate guadagnavano in media 139 volte lo stipendio medio dei dipendenti (28mila euro lordi l’anno), nel 2019 “appena” 44 volte. C’è chi, come Carlo Messina di Intesa San­paolo, dall’entrata in carica a set­tembre 2013 a oggi ha ricevuto ol­tre 23,5 milioni ottenendo però u­tili netti per 21,4 miliardi. Il ceo di Unipol Carlo Cimbri nel 2019 è stato pagato 5,6 milioni, il 26% in più dei 4,47 del 2018, ma a fronte di utili netti cresciuti del 73% da 0,63 a 1,09 miliardi.

Tuttavia non sono mancati manager la cui retribuzio­ne è stata una “variabile indipen­dente” rispetto ai risultati. Victor Massiah, Ad di Ubi dal primo di­cembre 2008 al 3 agosto scorso, ha ricevuto oltre 19,2 milioni mentre la banca nello stesso periodo ne perdeva 952. Nonostante la perdi­ta netta di 57 milioni, nel 2018 la paga di Giuseppe Castagna, ceo di Banco Bpm dal primo gen­naio 2017, è aumentata di 124mila euro a 1,63 milioni.

Marco Morelli, ad di Mps da settembre 2 016 a maggio 2020, per volere della Bce dovette ridursi lo stipendio da ol­tre un milione a 488mila euro ma dal 2017 al 2019 perse 4,2 miliardi. Quisquilie rispetto a quanto avviene nella finanza all’estero. Charles Lowrey, presidente e AD Prudential, nel 2019 è stato pagato circa 16 milioni. Larry Fink, ceo di Blackrock il maggior gestore di fondi mondia­le, nel 2020 di milioni ne ha otte­nuti 25 e 7,9 Mario Greco, ceo del­le assicurazioni Zurich. Il numero uno di Allianz Oliver Bate ha gua­dagnato 5,35 milioni, il ceo di Axa Thomas Buberl e quello di Gene­rali, Philippe Donnet, 3,1 più a­zioni per 2,3. Il capo azienda di Credit Suisse Thomas Gottstein nel 2020 ha ottenuto 7,6 milioni. Il fenomeno parte da lontano.

A Wall Street nel 1965 un ammini­stratore delegato riceveva 20 volte la paga media dei suoi dipendenti. Nel 2000 era a 344 volte, scese a 188 con la crisi finanziaria del 2009 per tornare a 312 nel 2017, quando la retribuzione dei ceo del­le 350 maggiori aziende era in me­dia di 18,9 milioni di dollari. Ma le prime cinque banche Usa (Gol­dman Sachs, Citigroup, JP Mor­gan Chase, Bank of America e Morgan Stanley) pagavano i loro ceo in media 25,3 milioni. Secondo un report della società di head hunting Willis Towers Watson su­gli stipendi dei ceo di 429 società quotate, nel 2019 negli Stati Uniti i capi azienda guadagnavano in me­dia 11,88 milioni, nel Regno Unito 5, in Germania 5,7, in Francia 4,1 e in Giappone appena 1,55. Ma a fare la differenza sono i bonus: nel 2019 negli Usa gli incentivi variabili valevano il 72% della paga totale dei ceo. Quest’anno però Bank of A­merica (Bofa) e Citigroup hanno ridotto i compensi degli ad per il 2020 a causa della pandemia e di errori di gestione. Bofa ha ridotto la paga di Brian Moynihan del 7,5% a 24,5 milioni; Citigroup quella dell’uscente Michael Cor­bat del 21% a 19 milioni.

LA FISAC, il sindacato dei bancari Cgil, ha calcolato che tra il 2008 e il 2019 il personale dell’intero siste­ma bancario italiano è costato 292,2 miliardi, in media 25,1 l’anno, dai 26,6 del 2008 ai 23,5 del 2019. Il da­to comprende stipendi e al­tri costi come oneri di ri­strutturazione e incentivi all’esodo. Nello stesso pe­riodo infatti i bancari sono calati di 46 mila unità, uno su sette, da 328 a 282mila.

Nell’ultimo decennio non è che le azioni delle banche abbiano brillato: l’indice settoriale a Milano è passa­to dai 19mila punti dell’a­prile 2011 agli attuali 8.745. Una frenata analoga ha ri­guardato anche le banche svizzere e quelle di altri Pae­si. Le elvetiche Credit Suisse e Ubs hanno pagato i dipen­denti oltre 297miliardi, più di tutte le banche italiane. A fare la differenza è il peso della finanza: Cs e Ubs pa­gano mega-bonus legati ai risultati, mentre le banche italiane restano dipendenti dalle vendite allo sportello. Quand’era capo del Corporate and Investment ban­king di Ubs, Orcel otteneva premi annuali per decine di milioni, più dello stesso AD Ermotti. Ora in U­niCredit nessuno prenderà più di lui, ma molti temono la sua scure sui costi del personale.

Articolo di Nicola Borzi sul Fatto Quotidiano del 3/4/2021




Banca Fucino: violazioni divieto di fumo ed obbligo mascherine


Spett.le Banca del Fucino

Alla C.A.

Legale Rappresentante – Presidente Dott. Mauro Masi
Direttore Generale – Dott. Francesco Maiolini
Delegato del Datore di Lavoro – Dott. Andrea Colafranceschi
Responsabile Risorse Umane – Dott. Giorgio Mieli
Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione – Ing. Mauro Del Maestro
Medico Competente – Dott. Matteo Susanna

e p.c.
a tutte le Lavoratrici e a tutti i Lavoratori

Roma, 19 marzo 2021

Oggetto: inosservanza del divieto di fumo e dell’obbligo dell’uso della mascherina nei luoghi di lavoro

Egregi Signori,

in data 18 u.s. sono intervenute le Forze dell’Ordine in seguito alla segnalazione dell’inosservanza degli obblighi indicati in oggetto.

Quanto al divieto di fumo, era già intervenuta la ASL competente su segnalazione dell’RLS cofirmatario della presente, nei primi mesi dell’anno 2020, ma l’inciviltà di alcuni evidentemente non ha limiti.
Quanto poi all’obbligo della mascherina, avevamo dichiarato, in un nostro recente comunicato, che non avremmo esitato a rivolgerci alle Autorità in caso di disapplicazione delle norme di legge anticovid e così è stato.

L’Azienda non ha raccolto le nostre istanze; Vi chiediamo, pertanto, per il futuro, di attivarvi per evitare il ripetersi di tali inosservanze, facendo rispettare le disposizioni di legge in materia, cosa che, fin qui non è avvenuta.

Rinnoviamo ancora una volta l’invito agli organi aziendali a farsi diligenti nel vigilare sul rispetto delle condizioni di salubrità degli ambienti di lavoro e a tutti i lavoratori a pretendere tale rispetto, anche, se del caso, richiedendo l’intervento delle Asl o delle Forze dell’Ordine: la salute è un bene indisponibile ed intangibile, tutelato a livello costituzionale.

Confidiamo di non dover ritornare sull’argomento.

In attesa di riscontro scritto, porgiamo distinti saluti.

 

C.A.C. Fisac Cgil
Banca del Fucino S.p.A.
R.S.A. UILca
Rappr. Lavoratori p. Sicurezza
Banca del Fucino S.p.A



Covid: le garanzie statali coprono più le banche delle imprese

I dati Bankitalia rivelano che nella pandemia i prestiti alle aziende sono saliti di 39 miliardi a fronte di garanzie pubbliche concesse per 150 miliardi, confermando i timori che gli istituti le abbiano usate, in parte, per mettere al riparo i loro conti


 

Il sospetto c’era, fin da quando il Decreto liquidità fu congegnato al ministero del Tesoro. Nella maggioranza, specie lato Cinque Stelle, c’erano mugugni sul fatto che le banche avrebbero potuto traslare sull’Erario i rischi creditizi delle esposizioni critiche. Ex post, i dati dicono che quel sospetto si è concretizzato; anche se è una verità che non cancella il supporto offerto dalle banche al sistema produttivo flagellato dalle chiusure. Gli istituti di credito, in tutta Europa, per disegno degli stessi banchieri centrali erano chiamati a “essere parte della soluzione, non del problema” com’era stato nella precedente crisi, che generò una stretta sul credito alle imprese nostrane stimata in circa 300 miliardi di euro nel decennio scorso, trasformando la recessione in stagnazione.

Nelle statistiche con cui Bankitalia censisce le consistenze mensili, si legge che tra fine febbraio e fine dicembre 2020 c’è uno scarto da 111 miliardi tra il monte crediti alle imprese (le “famiglie produttrici” fino a 5 addetti e le “società non finanziarie” oltre la soglia), cresciuti nel periodo da 711,6 a 750,5 miliardi, e le garanzie pubbliche che in sincrono andavano a coprire il credito bancario via Sace (20,8 miliardi nei 10 mesi) e Fondo centrale di garanzia (129,5 miliardi). Non tutto ciò che manca, ovvio, è “sostituzione”, pratica che la legge pubblicata il 9 aprile scorso per fornire garanzie pubbliche dal 70% al 90% del credito erogato alle aziende colpite da Covid, limitava alle sole “rinegoziazioni”, in cui il credito complessivo crescesse di almeno il 10% e mai sotto i 25 mila euro.
La stessa Abi, con circolare del 24 aprile, istruì le banche sul fatto che i crediti garantiti non compensassero vecchi prestiti o scoperti di conto. Ma il diavolo è nei dettagli: la mancata contestualità tra estinzioni di crediti passati e accensioni di nuovi era lo spiraglio, e le “rinegoziazioni” parevano già a maggio, citando l’avvocato Antonio Manco dal sito Altalex, “la strada più indicata per progettare un’ampia e generale sanatoria delle pendenze debitorie pregresse”.

Dati da interpretare

Sui dati iniziali, censiti da un sondaggio della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, la tipologia “sostitutiva” non era quasi emersa: e lo stesso Tesoro, da proprie stime a fine aprile, la rintracciava solo nel 2,4% delle richieste, il 4,3% degli importi totali. Lo scarto spalancato nei mesi seguenti, fino ai 111 miliardi di dicembre, va interpretato: una parte delle garanzie pubbliche è certo andata a colmare cali fisiologici del credito in essere, anche sostituendo scadenze a breve termine con prestiti maggiorati e a medio-lungo (ma coperti da Sace o Mcc); un’altra parte sarebbe servita a ridurre rischi bancari pregressi. L’ufficio studi di Fisac Cgil, che aveva analizzato le stesse serie statistiche tra marzo e ottobre 2020 rilevando un differenziale di 80 miliardi sulle due grandezze, stima si tratti “per circa 50 miliardi di calo delle nuove erogazioni standard, ma per altri 30 miliardi di meccanismi di abbattimento dei rischi bancari, con le risorse del Dl liquidità che hanno parzialmente sostituito il credito ordinario”.
C’è poco da sorprendersi, se nella crisi più feroce da un secolo gli istituti abbiano cercato di ridurre l’esposizione alle economie: per rafforzarne la capacità di assorbire le perdite su crediti da Covid, stimate fino a 1.000 miliardi tra le vigilate europee e fino a 100 miliardi in Italia, proprio la Bce 13 mesi fa congelò la distribuzione di cedole per 30 miliardi agli azionisti bancari. E sempre la Bce da sei mesi lavora a minimizzare gli effetti di un credit crunch che è nelle cose: tanto che già a fine settembre 2020, sfruttando varie forme di sostegno dei governi nazionali – e principalmente le garanzie al credito come quelle italiane – 18 tra i maggiori istituti europei avevano limato di 120 miliardi di euro gli attivi ponderati al rischio (Rwa), con Unicredit tra le più solerti con 42 miliardi di Rwa in meno nel periodo.

La tendenza prosegue: l’ultima ricerca di Kepler Cheuvreux, dal titolo “Meno moratorie e più garanzie pubbliche in Italia”, registra come nel quarto trimestre 2020 le banche italiane quotate abbiano ridotto di circa 100 miliardi i finanziamenti in moratoria (tra i più a rischio) rispetto ai tre mesi prima: e con tassi di default all’1% circa, sei volte meno che nella crisi 2009-2013. Lo spaccato dà qualche indizio sugli operatori più “dinamici”, in pratica tutti: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper, Mps, Illimity hanno aumentato di almeno il 25% le garanzie statali su finanziamenti tra il terzo e il quarto trimestre 2020, a fronte di un taglio di almeno il 21% dei prestiti a rate congelate.

Le pmi e la poca liquidità

“Il bazooka messo in campo dall’ex premier Conte non è riuscito ad aggredire con successo la cronica mancanza di liquidità che storicamente assilla in particolare le Pmi – osserva Paolo Zabeo, direttore della Cgia di Mestre -. Solo un quarto delle garanzie messe a disposizione dallo Stato tramite Sace e Mcc è finito nelle casse degli imprenditori, mentre si sono avvantaggiate le banche, anche se è bene sottolineare che tutto il sistema economico ha tratto beneficio dall’applicazione dei vari provvedimenti governativi, tra cui il Dl liquidità“.
Proprio le piccole imprese, siano “famiglie produttrici“, “quasi-società artigiane” o “altre”, risaltano dalla base statistica di Bankitalia come quelle che hanno aumentato di più, nei primi nove mesi 2020, i depositi bancari e postali: a fine settembre 807 miliardi di euro dei 1.936 miliardi totali di giacenze liquide erano detenuti da queste tre tipologie aziendali, dopo incrementi tra il 20 e il 27% da gennaio.

È un’ulteriore spia di tensione nel rapporto tra le banche e i clienti più piccoli, che in diversi casi potrebbero aver parcheggiato sul conto i finanziamenti garantiti in attesa di tempi migliori per utilizzarli.

“L’incremento del risparmio, lievitato durante la pandemia anche grazie alle garanzie pubbliche, deve essere trasformato in investimenti”, dice Nino Baseotto, segretario generale della Fisac Cgil. Il sindacalista dei bancari, in vista di prossimi rinnovi della misura sulle garanzie pubbliche al credito, propone poi di introdurre “l’obbligo per le banche di considerare le linee garantite come aggiuntive e non sostitutive, per le imprese beneficiarie di investirne almeno l’80% entro 12 mesi, e che le grandi imprese garantite tramite Sace almeno mantengano i livelli occupazionali”.

 

Articolo di Andrea Greco su Repubblica del 1 marzo 2021