Poste Italiane, così il Governo Monti ha venduto i dati degli studenti

La carta IoStudio Postepay, che dovrebbe avere funzione primaria di carta dello studente, è una prepagata che viene rilasciata senza alcuna informativa sui costi (che pure ci sono) e con un esplicito invito agli studenti ad attivarla, caricarla e iniziare a utilizzarla negli esercizi convenzionati, negli store online e anche a contribuire attivamente a estendere la rete degli esercenti.

Gli studenti e i loro dati? Sono stati venduti dal Ministero dell’Istruzione a Poste Italiane.

E non si tratta di un modo di dire: dal 2014 tutti i ragazzi e le ragazze che frequentano il primo anno delle scuole superiori ricevono in automatico la cosiddetta Carta dello Studente, denominata IoStudio Postepay con funzionalità incorporata di carta prepagata utilizzabile anche sul circuito Visa. La carta, che viene emessa dal gruppo Poste Italiane, viene consegnata in automatico agli studenti dalle segreterie scolastiche senza una lettera di accompagnamento ai genitori e senza spiegazione alcuna: l’unica cosa – molto evidente – è che si tratta di uno strumento di pagamento. La sua funzionalità di Carta dello Studente, ossia di carta di riconoscimento da utilizzare per usufruire di gratuità o sconti per l’ingresso ai musei e alle iniziative culturali è – per usare un eufemismo – messa in secondo piano.

Come si è arrivati a tutto questo?
Bisogna tornare al 2013 e al governo Monti: fu l’allora ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, a decidere di vendere i dati degli studenti a un operatore finanziario in cambio dell’emissione delle carte e di una quota delle commissioni da versare a un apposito fondo “per l’accesso al diritto allo studio”. In questo modo il Ministero risparmia i soldi per la stampa dei tesserini che attestano la qualifica di studente in Italia e all’estero e incamera anche qualche “spicciolo”.

L’operatore finanziario in questione – Poste Italiane che si è aggiudicata la “gara di sponsorizzazione gratuita” indetta dal Miur (ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) nel 2013 – guadagna un parco di alcune centinaia di migliaia di potenziali nuovi clienti ogni anno. Ma un’operazione che a prima vista potrebbe parere vantaggiosa per tutti – e che viene addirittura spacciata dal ministero come “una opportunità ulteriore a sostegno della mobilità dello studente ed in linea con i programmi di sensibilizzazione dei giovani cittadini e delle famiglie verso i temi dell’educazione finanziaria e dell’utilizzo responsabile e consapevole della moneta elettronica e dei sistemi digitali di pagamento” – è in realtà solo e soltanto una scandalosa operazione di marketing di Stato a danno dei ragazzi e delle famiglie.
Una “pesca a strascico” che porta moltissime famiglie ad attivare anche su pressione dei figli proprio quella carta, peraltro non richiesta. Come se i comuni distribuissero ai cittadini carte d’identità “sponsorizzate” da questo o quell’altro istituto di credito e utilizzabili come strumento di pagamento e le Regioni facessero altrettanto con le tessere sanitarie (forse, dati i tempi che corrono, ci arriveremo).

Altro che educazione finanziaria e utilizzo responsabile della moneta elettronica: la carta IoStudio Postepay viene rilasciata senza alcuna informativa sui costi (che pure ci sono) e con un esplicito invito agli studenti ad attivarla, caricarla e iniziare a utilizzarla negli esercizi convenzionati, negli store online e anche a contribuire attivamente a estendere la rete degli esercenti segnalandoli all’emittente affinché possa stipulare apposite convenzioni. Delle attività culturali e degli utilizzi a fini di istruzione della Carta dello Studente non si trova traccia nel foglio che viene rilasciato agli studenti con attaccata la loro personale IoStudio Postepay. Per contro, compare una dicitura sinistramente simile a quella del “gioco responsabile” che accompagna tutte le pubblicità di lotterie, gratta e vinci, scommesse e giochi d’azzardo: “Per usare responsabilmente la tua carta IoStudio Postepay visita la sezione IoApprendo>Educazione Finanziaria sul Portale dello Studente”.

Come sottolinea Poste Italiane, “Tutta l’attività di consegna e comunicazione è a cura del Ministero che è il soggetto emittente della carta e che ha predisposto il materiale di comunicazione per gli studenti e le stesse famiglie”, dunque anche i testi del foglio con cui viene consegnata la carta. Poste Italiane, poi, tiene a precisare che “la funzionalità di pagamento è facoltativa e non è attiva al momento della consegna delle Carte. Per le carte emesse fino allo scorso anno la funzionalità di pagamento poteva essere attivata direttamente on line, tramite il sito dello stesso Miur.
A seguito del cambiamento della normativa, in particolare con l’introduzione della IV Direttiva anti riciclaggio, per le carte di nuova emissione sarà possibile procedere all’attivazione delle stesse solo in Ufficio Postale a seguito dell’identificazione dello studente e di un genitore, nel caso di studente minorenne”.

Dal canto suo, il Ministero dell’Istruzione ribadisce che l’attivazione della funzionalità di carta prepagata rappresenta “esclusivamente un servizio aggiuntivo la cui attivazione non è obbligatoria ai fini dell’accesso alle offerte IoStudio” e che l’emissione della carta “è automatica ai soli fini di attestare lo status di studente e accedere a sconti e agevolazioni relativi a beni e servizi di natura culturale, a servizi per la mobilità nazionale e internazionale, ad ausili di natura tecnologica per lo studio e per l’acquisto di materiale scolastico”.

Belle parole, peccato che le cose stiano diversamente come attestano anche le parole dell’allora amministratore delegato di Poste Italiane quando il 10 aprile 2013 presentò l’iniziativa assieme al ministro Profumo: “Con questa Carta dello Studente con la funzione della Postepay ci rivolgiamo agli studenti per consegnare loro uno strumento sicuro e innovativo da usare per depositare i risparmi, le borse di studio scolastiche, le paghette ricevute dai genitori”. Significativa anche la chiosa del ministro Profumo: “È poi di particolare significato che una parte dei proventi ricavati da Poste attraverso l’utilizzo delle funzioni di pagamento della carta contribuiranno all’istituzione del Fondo per il Diritto allo Studio, che sosterrà la realizzazione e la promozione dei progetti nazionali per l’accesso allo studio”.

Insomma, si tratta di un vero e proprio accordo finanziario tra Ministero e Poste che passa sopra la testa di tutti e che elude anche la legge sulla privacy, dato che le famiglie non sono nemmeno chiamate a prestare il loro consenso al trattamento dei dati dei propri figli per finalità commerciali da parte del ministero (quale è a tutti gli effetti l’emissione di una carta-prodotto finanziario), in quanto – come risponde il Miur – i dati acquisiti con l’iscrizione online al sistema scolastico vengono trasmessi in automatico dall’Anagrafe nazionale studenti a Poste Italiane.

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it

 




MIFID 2: consigli pratici per gli addetti

MIFID II. Nessuno invece si è occupato di dire cosa cambia per i lavoratori del settore.

Scarica il Manuale Mifid 2 – Consigli pratici

N.B. il Manuale è disponibile anche nella sezione Guide e Manuali




Dipendenti bancari: a fine 2017 sono 286.200

Banca d’Italia ha pubblicato i nuovi dati relativi al numero dei dipendenti.
Riportiamo di seguito il dato generale per area geografica.

 

2017

2016

2015 Differenza Percentuale
Italia Totale

286.200

299.699

302.728

-16.528

-5%

Italia Nord Occidentale

111.945

113.581

113.599

-1.654

-1%

Italia Meridionale

32.093

33.699

34.077

-1.984

-6%

Italia Insulare

15.262

16.534

16.725

-1.463

-9%

Italia Nord Orientale

68.187

73.251

75.065

-6.878

-9%

Italia Centrale

58.714

62.637

63.263

-4.549

-7%

Questi i dati relativi al nostro territorio:

2017 2016 2015 Differenza Percentuale
Abruzzo 3.686 3.881 4.422 -736 -17%
Provincia dell’Aquila 777 803 807 -30 -4%

Si evidenzia un forte calo degli occupati nella Regione Abruzzo. In controtendenza il dato relativo alla Provincia dell’Aquila dove il calo c’è ma in misura inferiore al dato nazionale.

In allegato il file relativo alle regioni e province.

Report Banca d’Italia – completo per regione e provincia

 




Prestiti personali: attenzione alla busta paga

I prestiti personali sono ormai un “prodotto da banco”.

Gli importi sono spesso modesti; il fatto che il richiedente abbia un lavoro e pertanto percepisca uno stipendio è un requisito che in linea di massima è adeguato a garantire la solvibilità. Le procedure operative sono snelle e finalizzate ad una rapida definizione del finanziamento.

Presso diverse banche la documentazione richiesta per tali prestiti si riduce al documento d’identità, alla busta paga ed al permesso di soggiorno se il lavoratore è straniero.
Ma falsificare una busta paga è assai più facile che falsificare una carta d’identità.  Così, si sono verificati casi in cui il dipendente di banca non ha chiesto un riscontro all’impresa che all’apparenza dava lavoro al soggetto che richiedeva il prestito.

Una volta erogata la somma, emergeva come il beneficiario fosse in realtà disoccupato e privo di qualunque reddito.  Anche se era identificabile, non aveva alcuna possibilità di restituire il prestito.

A fronte delle carenti verifiche della busta paga, le banche hanno disposto sanzioni disciplinari e in taluni casi hanno anche richiesto ai lavoratori la rifusione totale o parziale del danno arrecato.

Fonte: Fisac/Cgil




BCC: provvidenze per familiari disabili

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito Cooperativo prevede che entro il mese di giugno le Aziende, dietro apposita richiesta, corrispondano il contributo annuale per i familiari fiscalmente a carico portatori di handicap.

Art. 88
Provvidenze per i disabili

Per ciascun familiare fiscalmente a carico, che risulti portatore di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, viene corrisposto un contributo annuale di euro 1.032,91; tale contributo va corrisposto entro il mese di giugno di ciascun anno, su presentazione di certificazione medica attestante per l’anno in corso il sussistere delle anzidette condizioni; tale contributo assorbe fino a concorrenza, le analoghe provvidenze economiche correnti a livello regionale o aziendale.

Invitiamo tutti i colleghi interessati a produrre la relativa richiesta e tutta la documentazione necessaria in tempo utile affinché le Aziende possano provvedere alla erogazione entro il mese di giugno.

A tal fine si allega fac-simile della domanda




Contestazioni disciplinari: come comportarsi?

Comportamenti pratici in caso di contestazione disciplinare

Riteniamo opportuno fare qualche precisazione di carattere pratico, in particolare sulla  stesura delle controdeduzioni scritte e sull’ eventuale  colloquio. Si tratta ovviamente di nozioni generali, che devono essere adattate al singolo evento che in ogni caso fa storia a sé.

Contattare subito il proprio sindacalista

A fronte dell’avvio di una contestazione disciplinare emerge l’assoluta opportunità di prendere immediatamente contatto con il proprio rappresentante sindacale, per avere la necessaria assistenza prima di addentrarsi in una realtà che non solo è personalmente sgradevole ma è anche tecnicamente complessa ed incerta.

La trasparenza tra lavoratore e sindacato

In ogni caso ed in via del tutto preliminare, è necessario che il rapporto fra il rappresentante sindacale e  l’iscritto sia improntato alla massima trasparenza reciproca: il lavoratore deve esporre i fatti in modo veritiero e completo, in modo tale che anche il proprio rappresentante sindacale non incorra in errori di valutazione.

La difesa da parte del lavoratore

Il  lavoratore  ha  diritto –  entro 5 giorni  di  calendario dal ricevimento della lettera di contestazione, che  salgono a 15 giorni nel settore delle Assicurazioni – a formulare le proprie difese per iscritto o richiedendo un colloquio.
E’ opportuno che la lettera di controdeduzione sia redatta in maniera lineare e sintetica, senza polemiche; non serve tentare di smentire fatti oggettivi ed accertati, mentre potrà essere utile sottolineare problematiche che riguardano carenze organizzative/procedurali aziendali ed altresì eventuali lacune nella propria formazione.
Qualora siano già state fornite al proprio responsabile o alle funzioni ispettive alcune  spiegazioni sui fatti contestati, sarà opportuno tenerne conto nella stesura della lettera.
Inoltre è sempre da valutare con la  massima cautela il coinvolgimento di altri colleghi nelle proprie controdeduzioni.

Il colloquio  può dare una personalità fisica a quella che potrebbe altrimenti  apparire come una mera pratica burocratica dell’ufficio del personale, ma può anche essere per alcuni una situazione di stress.
La richiesta di colloquio permette però di avere qualche giorno in più per approfondire meglio la contestazione e preparare le proprie difese. Nel colloquio non esiste contraddittorio, e  l’azienda deve solamente verbalizzare le spiegazioni del lavoratore: è quindi sempre consigliabile arrivare al colloquio con  una traccia scritta delle proprie difese.
E’ possibile formulare le proprie difese in una lettera ed in più richiedere anche il colloquio. Tuttavia è importante che la richiesta del colloquio sia esplicita: inserire nella lettera di controdeduzioni frasi del genere “il sottoscritto è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento” è da evitare, perché crea incertezza su quali  siano le concrete intenzioni del lavoratore.

Per approfondimenti rinviamo alla lettura della Guida alle responsabilità patrimoniali e disciplinari

Fonte: Gli Azzeccagarbugli, periodico informativo della FISAC Treviso




Solidarietà agli addetti alla vigilanza privata

Il 4 maggio si è svolto lo Sciopero degli Addetti alla vigilanza privata, Guardie giurate, Portavalori e Addetti alle portinerie per il rinnovo del loro Ccnl.

La categoria occupa 70.000 addetti coi quali spesso siamo in contatto per i servizi che svolgono in appalto per le nostre Aziende.

Alcune attività , fino a qualche anno fa, erano svolte da Lavoratori ricompresi nel ns/ Ccnl, al punto che sono ancora presenti i relativi inquadramenti.

I lavoratori chiedono un aumento medio di 120 euro e la costituzione di un livello intermedio tra Operai e Dirigenti.
La risposta datoriale, invece, prevede:

  1. Flessibilità di orario durante tutta la giornata con pause prolungate.
  2. Aumento dell’orario settimanale da 40 a 45 ore .
  3. Compressione dei permessi L 104.
  4. Cancellazione dell’orario minimo del parte time.
  5. Eliminazione della retribuzione nei primi tre gg di malattia.

Come Dipartimento Nazionale riteniamo inaccettabile le posizioni datoriali ed esprimiamo la nostra Solidarietà e vicinanza a tutti i lavoratori in vertenza con l’augurio che possano vedersi realizzate le loro giuste richieste.

FISAC/CGIL
Dipartimento nazionale Legalità

 

Scarica il volantino della Segreteria Nazionale Filcams




BCC: Cosa succede al fondo pensione nazionale?

Nelle ultime settimane sono avvenuti fatti che meriterebbero approfondite spiegazioni da parte del Fondo Pensione:

  • NON è stato possibile VOTARE per il rinnovo dell’Assemblea dei Delegati, unico organo statutario ad elezione diretta degli Iscritti. Il bilancio 2017 è stato approvato dalla “vecchia” assemblea dei delegati (rimasta comunque in carica a tutti gli effetti)
  • NON è possibile accedere all’AREA RISERVATA, unico modo per l’iscritto per vedere la propria posizione contributiva.
  • NON è possibile fare lo SWITCH, previsto per il mese di maggio, unica modalità per effettuare una diversa allocazione dei propri risparmi previdenziali.

Da tutta Italia, infatti, oltre che ricevere domande sull’annullamento delle elezioni, siamo sollecitati da colleghi che lamentano la perdurante impossibilità, di poter accedere alla propria posizione personale situata nell’area iscritti del Fondo Pensione Nazionale.

Gli aderenti al Fondo Pensione Nazionale meritano un servizio efficiente e al passo con i tempi; gli Amministratori (tra i quali anche autorevoli rappresentanti di Fabi e Uilca) dovrebbero dare dei tempi certi sul ripristino della piena funzionalità del sito, al fine di ripristinare una condizione ottimale di servizio che al momento è completamente negata.
Proviamo dunque a ripercorrere le tappe degli ultimi 90 giorni dense di avvenimenti e fatti che rimangono senza risposte.

In data 13 febbraio 2018 gli iscritti sono informati che il servizio di Call Center esternalizzato viene sostituito da un nuovo servizio.
Questa notizia induce a pensare che il nuovo servizio sarà più efficiente e che il “Fondo” sarà raggiungibile negli orari comunicati.

Nei giorni 27 e 28 marzo 2018 erano previste le Elezioni per il rinnovo dei Delegati al Fondo Pensione Nazionale.
La sera del 26 marzo il CEC, il Comitato Elettorale Centrale (amaggioranza Fabi e Uilca), annulla le elezioni.
Evidenziamo che la decisione di annullamento NON è stata unanime, infatti i rappresentanti di First e Fisac nel CEC NON si sono sono espressi a favore.
Il 27 marzo 2018 sulla homepage del Fondo Pensione appare la scritta
“VOTAZIONI ANNULLATE”

Il 10 aprile 2018, improvvisamente, l’area iscritti del Fondo Pensione Nazionale
diventa non più raggiungibile.
Perché ?

Il 16 aprile 2018 questa IMPROVVISA MANUTENZIONE viene motivata con la scritta:
“adeguamento agli standard europei in vigore dal 25/5/2018”.
Una domanda sorge spontanea: perché i siti degli altri Fondi Pensione sono raggiungibili e quello nazionale delle BCC no?
Se lo standard è europeo non si riesce a comprendere questa differenza di comportamento tra fondo e fondo.
Per la protezione dei dati di oltre 30.000 iscritti si doveva aspettare l’adeguamento agli standard europei ?

Il giorno 18 aprile 2018 si scopre che la manutenzione sarà per un tempo indefinito.
Ma cosa sarà accaduto?

Il giorno 30 aprile 2018 si scopre che la manutenzione straordinaria RINVIA A TEMPI NON BREVI anche la possibilità di effettuare lo switch nel mese di maggio.

A noi NON piace questo ASSORDANTE SILENZIO da parte del Fondo Pensione Nazionale, che si aggiunge alle critiche e perplessità rappresentate nelle scorse settimane sia nelle assemblee che nei comunicati.

E a Voi ???

 

First/Cisl          Fisac/Cgil

 

Scarica il volantino completo

 




BCC. Bilancio Fondo Pensione Nazionale: c’è chi vota NO!

Il 27 aprile 2018 si è riunita a Roma l’Assemblea Ordinaria dei Delegati del Fondo Pensione Nazionale per il personale delle BCC/CRA per esaminare il Bilancio di Esercizio relativo all’anno 2017.

Durante l’Assemblea Ordinaria 13, dei 30 delegati di parte sindacale, hanno espresso VOTO CONTRARIO al Bilancio di Esercizio dell’anno 2017; analogo voto era stato espresso anche al bilancio dell’anno precedente.

Fondamentale comprenderne le motivazioni, anche perché il FPN amministra e gestisce i risparmi previdenziali di circa 31.000 lavoratrici e lavoratori del Credito Cooperativo, cioè tanti soldi.
Più di 2 MILIARDI di Euro.

Le motivazioni con cui i 13 delegati First-CISL e Fisac-CGIL hanno espresso VOTO CONTRARIO al Bilancio di Esercizio 2017 sono state presentate in un documento sottoscritto dai 13 delegati (che si riporta integralmente di seguito) di cui è stata data lettura in assemblea ed allegato agli atti ufficiali.

In totale coerenza con quanto sosteniamo da tempo, nel documento si evidenziano una serie di criticità tra le quali:

  • Scarsa trasparenza della Gestione diretta: presenza non trascurabile di Fondi immobiliari chiusi, Private Equity e Fondi comuni, così come descritto ai punti A), B), C); mancata evidenziazione del TER (Total Expenses Ratio – indicatore che esprime l’incidenza percentuale dei costi sostenuti nell’anno sul patrimonio netto) per ciascun strumento d’investimento detenuto.
  • Investimenti, sempre in Gestione Diretta, anche in asset rischiosi e mantenimento in liquidità di una sostanziosa parte del patrimonio in gestione.
  • Presenza di numerosi conflitti di interesse.
  • Onerosità dei costi.

Per tutte le ragioni rappresentate, oltre a ribadire la nostra forte preoccupazione per una gestione a nostro avviso rischiosa, anomala, opaca, promiscua, onerosa e densa di potenziali conflitti d’interesse, confermiamo il nostro impegno a mettere in atto tutto quanto consentito e necessario per restituire ai lavoratori un Fondo Pensione che risponda ad oggettivi criteri di trasparenza, partecipazione e controllo.

Roma, 3 maggio 2018

FISAC/CGIL 
COORDINAMENTO NAZIONALE CREDITO COOPERATIVO

Scarica il volantino completo




L’azienda può ridurre lo stipendio ai lavoratori?

Riceviamo periodicamente segnalazioni dai lavoratori, che riferiscono di discorsi minacciosi da parte dei rispettivi “capi”, secondo i quali sarebbero imminenti significativi tagli alle buste paga per introdurre una parte di retribuzione variabile legata ai risultati.

Cosa può esserci di vero in un simile annuncio?

Per rispondere alla domanda esaminiamo le regole che disciplinano la materia.

I DIRITTI ACQUISITI SONO INDISPONIBILI

Non tutte le norme che regolamentano il rapporto di lavoro possono essere oggetto di trattativa. In particolare, i diritti acquisiti e consolidati, di norma coincidenti con fondamentali valori umani e sociali garantiti dalla Costituzione, sono indisponibili: questo significa che non possono essere oggetto di trattativa in quanto né le aziende, né le organizzazioni sindacali possono rimetterli in discussione, trattandosi di qualcosa che si trova ad un livello superiore alle parti e della quale non possono disporre.

Tra i diritti indisponibili c’è quello relativo ai livelli retributivi, tutelati peraltro dall’Art. 36 della Costituzione:

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

I contratti collettivi prevedono tabelle che stabiliscono i livelli retributivi minimi per ciascun inquadramento (ad esempio, questa è quella relativa al contratto ABI)


I livelli indicati in tabella costituiranno la base da cui partire in occasione dei futuri rinnovi contrattuali: possono al limite restare invariati, ma non possono diminuire.

Eventuali variazioni alla struttura retributiva possono valere solo per chi comincerà a lavorare dalla stipula del contratto in poi, non avendo ancora diritti precedentemente acquisiti.
Un esempio è rappresentato dall’art. 46 del CCNL ABI del 2015, che prevede per i nuovi assunti una deroga ai livelli retributivi per quattro anni, ma lascia ovviamente immutata la retribuzione dei lavoratori in servizio alla data di stipula.

L’unico caso in cui un accordo può derogare in peggio rispetto ai livelli retributivi si ha nel caso di gravi crisi aziendali. In situazioni in cui l’esistenza stessa dell’azienda è posta in serio pericolo, si possono eccezionalmente rimettere in discussione anche diritti indisponibili, al solo scopo di salvare i posti di lavoro.
Un accordo del genere, per essere valido, deve necessariamente essere approvato da ogni singolo lavoratore tramite conciliazione individuale con l’azienda.
Purtroppo abbiamo già esperienza di accordi fatti in aziende bancarie nelle quali il taglio delle retribuzioni si è rivelata l’unica strada percorribile per scongiurare la liquidazione.

Possono invece essere oggetto di revisione i trattamenti “ad personam“, qualora siano frutto di accordi tra Azienda e lavoratori. Un successivo accordo tra le medesime parti può modificare o eliminare l’ad personam.

LA RETRIBUZIONE E’ LEGATA ALLE MANSIONI SVOLTE

Il concetto per cui la retribuzione non può essere ridotta viene ribadito dal Codice Civile:
l’art. 2103 stabilisce che anche in caso di demansionamento il lavoratore ha il diritto al mantenimento della retribuzione percepita.
L’art. 2113 prevede che il lavoratore non possa in alcun modo derogare a disposizioni irrinunciabili della legge o dei contratti collettivi.
Per essere chiari: se un’azienda “convincesse” un lavoratore a firmare un accordo nel quale accetti di ridursi la retribuzione a parità di mansioni, quell’accordo sarebbe nullo.

Diverso invece è il caso in cui tra azienda e lavoratore venga sottoscritto un accordo che preveda la variazione di mansioni: in quel caso la riduzione di retribuzione può essere legittima se giustificata dallo svolgimento di mansioni inferiori.
Dell’argomento ci eravamo già occupati in un precedente post, al quale rimandiamo per approfondimenti

https://www.fisaccgilaq.it/normativa/come-e-quando-si-puo-essere-demansionati.html

LA RETRIBUZIONE VARIABILE

Prima di tutto ribadiamo un concetto: tutte le forme di retribuzione variabile (premi di risultato, sistemi incentivanti, MBO….) non possono mai essere sostitutive degli importi tabellari, ma possono solo aggiungersi ad essi.

Non possiamo escludere che in sede di rinnovo del CCNL ABI, in scadenza alla fine del 2018, le Aziende cerchino di inserire nuove forme di contratti misti (con una parte di retribuzione fissa ed una legata ai risultati), sulla scia di quanto avvenuto con l’ accordo stipulato il 21-12-2017 nel Gruppo Intesa; se anche questa modalità retributiva dovesse venire introdotta nel prossimo contratto, varrebbe comunque solo per gli assunti dopo la data di stipula.

Nelle aziende esistono varie forme di accordi che disciplinano la parte variabile della retribuzione, essendo una materia di norma demandata ai contratti di secondo livello.
Esistono tuttavia dei paletti volti ad evitare che i premi siano legati al raggiungimento di obiettivi individuali.
Sia il CCNL ABI (art. 51) che il CCNL Federcasse (art. 50) stabiliscono che i premi debbano essere assegnati “per gruppi omogenei di posizioni lavorative”. 
Il concetto è stato ribadito nell’ Accordo Nazionale sulle politiche Commerciali sottoscritto l’8 febbraio 2017 presso l’ABI che all’art. 8 prevede l’assegnazione di obiettivi volti a valorizzare il lavoro di squadra.

 

POSSIAMO ORA RISPONDERE ALLA DOMANDA INIZIALE: la riduzione dello stipendio e la sua sostituzione con una quota variabile legata a risultati individuali, non sono possibili in quanto comporterebbero la violazione di contratti, leggi e principi generali del diritto.

Chi minaccia i lavoratori affermando possibili variazioni in tal senso pone in essere una forma particolarmente scorretta di pressioni commerciali illegittime, che mira a spaventarli e privarli delle loro certezze.

Ancora una volta ribadiamo l’invito ai lavoratori a segnalare tutti i comportamenti scorretti ai propri rappresentanti sindacali, affinché si attivino per farli cessare immediatamente.