MPS: quello che il MEF e Unicredit non dicono

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Dopo giorni di inutile attesa, appare evidente come il Ministro Franco ritenga di non dover convocare i rappresentanti dei 21mila Lavoratori del Gruppo MPS, nonostante saranno questi ultimi a subire gli effetti dell’operazione che si sta profilando con molti punti oscuri.
Faremo sentire comunque la nostra voce, da Nord a Sud, dalle Filiali, dalla Direzione Generale, dal Consorzio, dalle Società del Gruppo, dai poli distaccati presso società terze.

NON PROTESTIAMO CONTRO
una possibile soluzione per risolvere i problemi della Banca, la nostra non è una critica aprioristica, vorremmo capire i motivi e il perimetro di una trattativa in esclusiva caratterizzata da una moral suasion esercitata dall’azionista pubblico – lo Stato – che intende accordare una serie di indubbie agevolazioni in favore del soggetto acquirente, Unicredit. Vorremmo capire inoltre perché non vengono prese in considerazione soluzioni alternative.

PROTESTIAMO PER avere chiarezza su un’acquisizione che si gioca sulla pelle delle persone e pertanto non può essere condotta al buio o sulla fiducia. Non deleghiamo la tutela dei Lavoratori a nessuno, perché compete a noi.

PROTESTIAMO PER definire i destini dei 21mila dipendenti del Gruppo, nessuno escluso.

PROTESTIAMO PER delineare un’operazione dai contorni chiari e non divisa in due tempi (prima quello che piace, senza che quello che non piace abbia una prospettiva).

PROTESTIAMO PER avere contezza sull’acquisizione della rete filiali di tutt’Italia. Le filiali MPS del perimetro che sarà acquisito da Unicredit come si collocano nella legislazione antimonopolistica (Antitrust)? Le sovrapposizioni
saranno chiuse? Cedute a terzi? Analogamente, le filiali MPS del perimetro che non sarà acquisito da Unicredit – esclusione che sembra interessare intere aree geografiche – saranno chiuse o cedute a terzi? I colleghi di tutte queste filiali resteranno al loro posto? Continueranno a fare il loro mestiere? Oppure saranno oggetto di mobilità professionale e territoriale?

PROTESTIAMO PER chiarire il futuro delle strutture non prettamente commerciali. Quali sono? Solo la Direzione Generale, peraltro avente significativi presidi sparsi in tutte le regioni d’Italia, oppure anche gli uffici considerati di
supporto, come le direzioni le aree territoriali ed i poli di consorzio? E se Unicredit è interessata alle attività commerciali, disponendo di supporti suoi, a quale altro soggetto potrà interessare un supporto alla rete senza più la rete?

PROTESTIAMO PER capire come si collocano nella possibile acquisizione le società del gruppo, tutte nate dalla costola della banca e anche finanziate con personale proveniente dalla banca, nonché i colleghi reintegrati in MPS e tuttora distaccati sulla società terza Fruendo Srl.

PROTESTIAMO PER avere garanzie che la quantificazione degli esuberi sia coerente con la platea degli aventi diritto al Fondo di Solidarietà delle realtà eventualmente interessate, che il calcolo dell’assegno non subisca modifiche peggiorative e che l’accesso sia realmente volontario.
Dopo tanti anni di duro lavoro e sacrifici, non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura o dalla rassegnazione proprio ora. Tocca a noi farci sentire dallo Stato, dal Governo, da Unicredit.

Abbiamo avviato le procedure per la proclamazione dello sciopero e, nei tempi previsti dalle normative, daremo vita a un ciclo di assemblee per fare il punto della situazione. Siamo determinati a giocare il nostro ruolo in questa partita perché la posta è altissima, ma dovremo conquistarcelo insieme alle Lavoratrici e ai Lavoratori del Gruppo.

 

Siena, 24 agosto 2021

 

Le Segreterie di Coordinamento
Banca Monte dei Paschi Siena




MPS: dietro ai numeri ci sono le persone e dietro alle parole ci sono le calunnie

ANALISTI: QUANDO DIETRO AI NUMERI CI SONO LE PERSONE E DIETRO ALLE PAROLE CI SONO LE CALUNNIE

Dopo anni di sacrifici, impegno e dedizione i lavoratori del Monte meritano certezze sul loro futuro ed esigono rispetto.  Le scelte sbagliate fatte ai “piani alti”, che in pochi anni sono riuscite a sgretolare secoli di storia, hanno gravato sui dipendenti della banca. Soltanto grazie alla loro professionalità e abnegazione siamo riusciti a mantenere il legame con i territori e la fiducia dei clienti.
Le donne e gli uomini del Monte hanno dimostrato di avere una resilienza e un attaccamento all’azienda fuori dal comune e non ci stanno ad essere screditati da chi non sa guardare alle persone dietro ai numeri.

Ci riferiamo a un’intervista rilasciata a Formiche.net dove uno dei soliti più o meno noti CEO di una SIM ha dichiarato che i dipendenti di Banca Monte dei Paschi hanno adottato un sistema di “gestione del credito clientelare”, tanto pericoloso e fuori dalle regole da condurre addirittura la Banca nell’attuale situazione.
Come se non bastasse ha incalzato dicendo che, considerando questi presupposti, sarà difficile per i Montepaschini integrarsi in Unicredit ed educarsi ad un modo di fare banca più sano.
Riteniamo che, data la loro gravità, queste dichiarazioni debbano essere valutate in tutte le sedi opportune.

I lavoratori del Monte in questi anni hanno dimostrato di essere all’altezza di ogni sfida: non si sono mai fermati o scoraggiati, anche nei periodi più difficili.
Hanno pagato le conseguenze di scelte e decisioni che partivano dall’alto e ne hanno ammortizzato le conseguenze indossando la bandiera della loro azienda (la banca più antica del mondo) anche nei momenti bui.
Nonostante lo scenario avverso, grazie al loro impegno, il Monte ha chiuso l’ultimo semestre in positivo superando le attese degli analisti. I clienti sono rimasti al Monte proprio grazie ai lavoratori che non hanno mai ceduto, ci hanno creduto ogni giorno e lo fanno ancora.
Hanno subito piani industriali basati prevalentemente sul taglio dei costi, piani che hanno spuntato le armi invece di affilarle, ma i lavoratori hanno combattuto ancora con la loro etica, la loro correttezza e l’attaccamento ai clienti e alla banca.

I dipendenti del Monte esigono rispetto. Chi dice di stare dalla parte dei dipendenti del Monte deve dimostrarlo adesso con i fatti e non con leparole.

Siena, 23 agosto 2021

 

Le Segreterie di Coordinamento
Banca Monte dei Paschi Siena

 




Banche: la ripresa giova ai bilanci semestrali

Ben 5 miliardi e 958 milioni, il triplo del 2020. È questa la somma degli utili netti semestrali dei sei grandi gruppi bancari nazionali Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Banco Bpm, Bper e Carige. A soffiare nelle vele delle banche è soprattutto il rimbalzo rispetto al disastro del periodo gennaio-giugno dello scorso anno, flagellato dalla recessione innescata dalla prima ondata della pandemia. Ma dietro i numeri positivi ci sono anche fattori non meramente congiunturali.

Buone notizie da Mps che ha chiuso il primo semestre con un utile di 202 milioni che batte le attese e torna in “nero” dopo la perdita di 1,09 miliardi dello stesso periodo del 2020. Al 30 giugno i ricavi assommano a 1,56 miliardi (+7,7% su base annua), mentre le rettifiche nette calano a 89 milioni (-14,8%). I crediti deteriorati lordi sono pari a 4,2 miliardi, in lieve aumento rispetto ai 4 di dicembre.

Anche Carige va meno male di quanto si temesse e perde solo 49,9 milioni rispetto ai 97,8 milioni dello stesso periodo del 2020. Secondo l’ad Francesco Guido i ricavi sono cresciuti a 203,2 milioni dai 148,2 milioni del periodo febbraio-giugno 2020, con l’aumento della raccolta diretta (+0,4 miliardi).

A brindare più di tutti è Intesa Sanpaolo: l’istituto mette a segno un balzo dell’utile netto semestrale a 3,023 miliardi ( +17,8%), con il risultato del periodo aprile-giugno pari a 1.507 milioni, il miglior trimestre di sempre. Tra le altre voci del conto economico, il risultato della gestione operativa è in aumento del 5,9% e il rapporto costi-ricavi è al 49,2%, tra i migliori delle maggiori banche europee. L’ad Carlo Messina annuncia il nuovo piano di impresa e “un livello minimo di utile netto 2002 sicuramente a 5 miliardi”.

UniCredit archivia il primo semestre dell’era Orcel con un utile netto di 1,92 miliardi grazie al balzo delle commissioni (+21,4% su base annua a 1,7 miliardi) e al calo dei costi operativi a 4,9 miliardi (-1,2%).

Al 30 giugno Bpm ha registrato un utile netto di 361,3 milioni e Bper chiude il primo semestre, in cui dal 22 febbraio ha consolidato le filiali di Ubi Banca, con un utile netto di 502 milioni.

 

Da Il Fatto Quotidiano del 6/8/2021

 




Il vero prezzo del potere garantito dai resti di Mps

Un bancario può perdere il lavoro ma la banca non può fallire: è il mercato bellezza?


Dieci anni fa il Monte dei Paschi di Siena aveva 30.000 dipendenti. Adesso ne ha poco più di 20.000 e ancora c’è chi proclama la difesa dei posti di lavoro.
Un bancario può perdere il posto di lavoro ma la banca non può fallire; la banca non può fallire ma i suoi azionisti possono perdere tutto. 
È il mercato bellezza?

Dite voi se si può chiamare “mercato” un sistema nel quale un’azienda non può fallire. Non è che una banca, per una legge fisica o economica, sia in grado di galleggiare come un sugato sulle perdite. È che, per sua natura, dev’essere salvata.
Sui conti correnti di MPS ci sono 90 miliardi eppure non ci sono: sono stati prestati, com’è appunto nella natura della banca.

In caso di crac, alle imprese verrebbe chiesto di rientrare all’istante di 90 miliardi e i correntisti non avrebbero più i loro soldi “a vista”. Perciò le banche non sono imprese ma centri di potere discrezionale che decidono se concedere o no il credito valutando la solidità non dell’impresa ma della mafietta politico-affaristica che la protegge.
Quanto valga Mps come centro di potere presidiato dalla massoneria Toscana e non solo ce lo raccontano le decennali guerre d’indipendenza dei senesi.Meglio la banca a pezzi in mano a noi che sana in mani altrui. E pazienza per i bilanci in rosso, per quelli c’è la banca al servizio del territorio.Il conto dell’inefficenza lo pagheranno i contribuenti è sempre più i clienti delle banche, spolpati attraverso le commissioni e la quotidiana rapina chiamata risparmio gestito.

Quattro anni fa il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan ha salvato Popolare di Vicenza e Veneto Banca regalandole a Intesa Sanpaolo con una dote di 5 miliardi. Nel frattempo salvava (?) Mps con un’iniezione miliardaria di denaro pubblico.
L’allora numero uno di Unicredit, Jean Pierre Mustier, protestò per il regalo fatto alla concorrente, e fu chiaro che al prossimo giro sarebbe toccato a lui. Infatti ora si parla di Mps regalato con dote di 5 miliardi.
Nel frattempo Padoan si è fatto eleggere deputato a Siena, acclamato come salvatore della banca, ma subito dopo Unicredit lo ha nominato presidente. La prima banca italiana, alla vigilia dell’acquisizione di Mps, chiama come presidente il ministro che ha gestito il dossier di Siena.

Ecco di quale mercato parliamo: non la grande finanza, ma il suk delle anticamere ministeriali dove i potentati mondiali trovano sempre soggetti volenterosi e dialoganti per i loro affari.

Per il seggio lasciato libero da Padoan corre il segretario del Pd Enrico Letta, che non faticherà a convincere i senesi di essere stati ancora una volta tutelati. C’è solo da stabilire chi pagherà l’ennesimo conto: i contribuenti dando una congrua dote miliardaria a Unicredit, oppure gli azionisti di Unicredit che vedranno la loro banca danneggiata dall’operazione di sistema, come paventava Mustier. In tal caso anche Unicredit andrà salvata e ritoccherà ai contribuenti.

Che cosa c’entra questo con il mercato è un mistero insondabile.

 

Articolo di Giorgio Meletti su “Domani” del 3/8/2021

 




MPS verso Unicredit: spezzatino e costi per lo Stato fino a 8 mld

Alla fine UniCredit ha rotto gli indugi e avviato una trattativa “in esclusiva” con il ministero dell’Economia per rilevare la polpa del Monte dei Paschi di Siena. Ieri, a sorpresa, il consiglio d’amministrazione della banca, convocato per approvare i conti trimestrali, ha dato l’ok anche all’ingresso in data room per esaminare i conti della banca senese in vista di un’eventuale acquisizione.
Il negoziato tra il Tesoro, primo azionista del Monte, e i vertici di UniCredit dura da tempo e si è intensificato da aprile dopo l’arrivo di Andrea Orcel alla guida del gruppo milanese e sotto la presidenza di Pier Carlo Padoan. L’ex ministro dell’Economia ha fatto sapere di essersi “astenuto” in Cda sul tema. Una mossa formale che però non oscura un dato che fa impallidire il concetto di porte girevoli: Padoan è l’uomo che al Tesoro nel 2017 ha nazionalizzato Mps a caro prezzo e ora presiede la banca che tratta con il Tesoro imponendogli una svendita a “costo zero” e con pulizia dei conti a carico dello Stato. L’operazione, infatti, si concretizzerà solo se “avrà impatto neutrale sul capitale di UniCredit”, si legge in una nota diffusa dal gruppo. “Tutti i crediti deteriorati di Mps saranno lasciati indietro – ha spiegato Orcel – come anche i rischi legali.

Quella che si profila è un’operazione complessa e che costerà cara allo Stato. UniCredit rileverà solo un “perimetro selezionato di Mps”, che, a quanto filtra, subirà uno spezzatino: le attività al Sud (a partire dall’ex Banca del Salento) dovrebbero finire al MedioCredito Centrale, l’istituto controllato dalla pubblica Invitalia che poco più di un anno fa ha salvato la Popolare di Bari, mentre gli sportelli toscani (e verosimilmente il marchio) rimarranno per un periodo in vita in via autonoma, per evitare l’implosione della classe politica locale, Pd in testa. Il resto dovrebbe finire a UniCredit, che, come detto, non spenderà un euro e non vuole nessun rischio.
Al di là dei tecnicismi, tra pulizia dei crediti deteriorati (4 miliardi lordi, 2,1 al netto delle coperture a bilancio), destinati a essere rilevati dalla pubblica Amco, accollo dei rischi legali (oggi ridotti a 6,2 miliardi) e il bonus fiscale previsto dal governo per le fusioni bancarie finalizzate entro giugno 2022 (3 miliardi), il conto finale per lo Stato potrebbe sfiorare gli 8-10 miliardi. La stessa cifra, tra garanzie ed esborso diretto dello Stato, ottenuta da Intesa Sanpaolo nel 2016 per rilevare le Popolari venete in dissesto. Anche allora, manco a dirlo, Padoan sedeva al Tesoro.

 

Articolo di Carlo Di Foggia su “Il Fatto Quotidiano” del 30/7/2021

 

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https://www.fisaccgilaq.it/banche/mps/mps-lora-della-responsabilita.html




Unicredit: se il buongiorno si vede dal mattino….!!!

In data 15 luglio si è riunita la Commissione Tecnica Organizzazione Lavoro per l’incontro di verifica sullo stato di avanzamento del piano di esodi al primo semestre 2021, con particolare focus su cessazioni del personale, assunzioni e chiusure filiali.

Da parte aziendale va sottolineata la presenza, non prevista, rivelatasi poi di certo positiva, del nuovo Head Of Italy Niccolò Ubertalli e di Luigi Luciani, che hanno aperto l’incontro.

In particolare, il dottor Ubertalli ha sottolineato come tutte le attività italiane rientrino nella nuova UniCredit Italia, una geografia autonoma all’interno del Gruppo, dotata di tutte le leve necessarie per supportare e soddisfare al meglio le specificità dei territori e le diverse esigenze locali.

Il nuovo assetto, il cui dettaglio sarà illustrato dopo il periodo estivo, sarà costituito dalle aree di business dedicate a “Individui”, “Imprese”, “Reti” e “Canali Alternativi”.

La Rete di Distribuzione Fisica, che garantisce servizi di prossimità e di relazione sul territorio, resta organizzata in 7 Regioni: Nord Ovest, Lombardia, Nord Est, Centro-Nord Italia, Centro Italia, Sud Italia e Sicilia.

Al momento il lavoro di riorganizzazione aziendale si sta focalizzando sulla semplificazione delle strutture di Direzione Centrale e sulle assunzioni nelle Region e nelle filiali ( testualmente Ubertalli ha parlato di “ rimpolpare “ la Rete ), in questo momento segmento in particolare difficoltà.

Le intenzioni sono di supportare il “motore commerciale” anche con procedure adeguate a facilitare il lavoro, tramite l’automazione dei controlli e lo snellimento di molti aspetti burocratici, così che i colleghi possano concentrarsi sul cliente e sulle sue esigenze.

Alle sollecitazioni sindacali sul tema delle politiche commerciali, il dottor Ubertalli ha inoltre sottolineato come l’attività commerciale debba intendersi sempre come servizio al cliente e non come mera spinta alla vendita dei prodotti.

Su questo tema ci aspettiamo un coerente comportamento da parte delle funzioni aziendali del “ Business “, per valutare se davvero avremo un significativo cambio di passo.

Anche in tema di controlli, è stato confermato come l’errore, compiuto in buona fede, non debba dar luogo a ritorno punitivo, sollevando così i Lavoratori da preoccupazioni, di fatto sempre più incombenti.

Le OO.SS. hanno poi rimarcato ancora una volta l’importanza di riallocare la gestione del personale interamente in capo alla funzione HR, sottraendola al Business che, per vocazione, deve dedicarsi ad altri e diversi aspetti dell’attività.

L’intendimento espresso dall’azienda è di costruire con le OO.SS. un dialogo ancor più costruttivo, aspetto che abbiamo particolarmente apprezzato e che andremo a riscontrare in fatti concreti e realmente esigibili.

Fatti che devono legarsi strettamente alla ritrovata centralità “italiana” ed al modello di relazioni sindacali che da sempre contraddistingue il Gruppo, improntate ad un confronto aperto, continuo ed alla costante ricerca di soluzioni condivise e attente alle esigenze delle persone.

Si è poi passati all’illustrazione dei numeri relativi ad assunzioni, uscite e filiali a livello complessivo; i dettagli disaggregati sui territori saranno forniti nei prossimi incontri a livello di singole Region:

  • Cessazioni complessive nel 1° semestre 2021 (comprese uscite 1° luglio): 1.337 colleghi/e di cui 1.260 in Unicredit S.p.A., 48 in Unicredit Service ed il resto nelle altre società del Gruppo per complessive 29 unità. Il Commercial Banking Italy è interessato da 1.062 uscite complessive di cui 843 nella rete commerciale e 202 nella COO Area.
  • Assunzioni complessive nel 1° semestre : 680 totali di cui 545 in Unicredit S.p.A. e 123 in UCS. Di grande rilevanza e valore, coerente con le nostre richieste, sono le 400 assunzioni già fatte direttamente nella Rete Commerciale; a queste si aggiungeranno nelle settimane a venire ( II semestre ), ulteriori 200 assunzioni direttamente nella rete commerciale che, come da noi richiesto con motivate ragioni, saranno anticipate rispetto a quelle previste per i primi mesi del 2022; di tali assunzioni ben 3 su 4 sono state/verranno effettuate direttamente in filiale.
  • Stagionali: 165 totali di cui 60 assunti nel mese di giugno, 70 in luglio, 35 in agosto.
  • Chiusure sportelli: 150 chiusure nel primo semestre – che, di fatto, hanno consentito di allocare altrove circa 300 Lavoratori e Lavoratrici. Per il mese di agosto verrà chiuso il servizio di cassa in circa 100 agenzie.
  • Polo Tecnologico di Napoli: l’azienda ha indicato circa 200 persone, tra assunzioni e riallocazioni territoriali, che verranno impegnate in questa attività, suddivisa su tre ambiti: Direct, Buddy Bank e UCS. Abbiamo richiesto attenzione ed oculata gestione delle numerose richieste di trasferimento di tanti Lavoratori provenienti da aree del Mezzogiorno ed assunti in regioni del Centro-Nord. Ulteriori dettagli, relativamente anche alle posizioni professionali da ricoprire, verranno forniti a partire da settembre. Non sono ancora disponibili informazioni per quanto riguarda il Polo previsto in Sicilia, così come da accordo sindacale ed in relazione al quale saranno fornite indicazioni nei prossimi mesi.
  • Task Force: rispetto al 2020 restano impegnate in questa attività 65 persone e, a partire da settembre, circa 30 di queste verranno rilasciate per essere riallocate nelle filiali.
  • UCS e Operations: l’azienda ha dichiarato che non saranno effettuati disinvestimenti sui poli, ma verranno incrementate le attività e proseguirà la politica di assunzione di personale e, nel contempo, la riduzione del numero dei Consulenti esterni. Assunzioni da sezione emergenziale : l’azienda ha assunto altri 2 lavoratori dalla sezione emergenziale del Fondo; abbiamo chiesto ulteriore ed ancor più positivo riscontro.

Vi è sicuramente un significativo impegno dell’azienda ad un primo oggettivo accoglimento di quanto dal Sindacato di UniCredit evidenziato, segnalato e sempre più convintamente sostenuto, in tema di rafforzamento degli organici, di riequilibrio degli stessi e di azioni volte al miglioramento del clima aziendale, di procedure ed applicativi,; e sicuramente si evidenziano concreti passi in avanti anche nella fase di ascolto.

Non vi è, altresì, dubbio alcuno che serva un ulteriore rafforzamento degli organici nella rete, e non solo, e che solamente l’effettiva, oggettiva, riscontrabile ed esigibile applicazione di quanto sopra riportato possa migliorare il clima aziendale, le condizioni di lavoro e la qualità dell’interlocuzione con la clientela.

Noi ci siamo, non mancheremo di far sentire la nostra voce e quella di tutte le Lavoratrici e i Lavoratori del Gruppo.

 

Milano, 16 luglio 2021

Segreterie di Coordinamento del Gruppo UniCredit




Unicredit: la pandemia rallenta (speriamo) ma i problemi ci assediano

Ieri si è tenuta la riunione di aggiornamento del Tavolo Covid: a tempo debito avevamo avanzato le nostre fortissime perplessità non tanto riguardo al contenuto del nuovo Vademecum Covid quanto sulla sua sperimentata non realizzabilità a causa della condizione in cui versano le Colleghi e i Colleghi della Rete delle Filiali.

Organici, procedure che non facilitano l’operatività, sistema degli appuntamenti che ,così com’è strutturato, funziona più come pressione che altro (e non vogliamo citare il periodo di ferie che non è la causa primigenia ma certo aggrava una situazione molto seria di per sé): tutti questi fattori sono stati richiamati davanti all’Azienda per confermare come il Vademecum Covid non possa essere applicato.

E ci spiace e ci amareggia che quello che l’Azienda vede non sia la realtà che vediamo noi. La nostra finestra sulla realtà è diventata una immagine fissa per l’azienda, fissa e risalente a forse una decina di anni fa: va tutto bene, le cose da inizio giugno si sono assestate; l’accesso alle casse non è aumentato benché ora non sia più obbligatorio l’appuntamento, lo spazio a disposizione di ciascun cliente all’interno delle filiali è il doppio di quello consigliato dalle norme ministeriali, le operazioni di cassa sono poche, solo 200 agenzie sulle 970 che hanno ancora il servizio di cassa tradizionale hanno più di 40 operazioni di cassa al giorno.

In queste magnifiche sorti, che a noi, lo abbiamo dichiarato, sono sconosciute, la nostra richiesta di prorogare il servizio di guardiania oltre la fine di giugno (attualmente copre 450 agenzie) non è stata accettata. Solo 113 agenzie, il 5% del totale, continueranno ad avere la guardiania a partire dal 5 luglio.

Al nuovo Management, forse, non è chiara la condizione della nostra Rete e neppure il livello del servizio che, malgrado (davvero) lo sforzo enorme che tutti i lavoratori e lavoratrici stanno profondendo, non è quello che vorremmo e dovremmo fornire.

Sappiamo che sono molti i reclami che arrivano all’Azienda, attraverso diversi canali. Solo così, a causa dei reclami, si spiega il progetto “il Cliente al centro” (di cui peraltro non siamo ufficialmente a conoscenza) che cerca di mettere una pezza, in modo non strutturale, alle difficoltà che i nostri clienti incontrano.

Noi invece vogliamo raddrizzare la barca aggiustando il fasciame, non limitarci a raddrizzare un albero. Quindi vogliamo organici, semplificazioni procedurali, chiediamo di poter accogliere dignitosamente quella parte di clientela che non è ancora migrata tecnologicamente, non può farlo e non lo farà mai.

Il fasciame di questa nave sono persone in più sulla rete, il ritorno nelle filiali dei colleghi e delle colleghe che sono nella task force mascherata “smart personal”.

Grazie questa nuova forza, l’Azienda riprenda a fare mutui, prestiti, sostegno alle piccole imprese, a fornire servizi in modo virtuoso.

Abbiamo affrontato anche il tema dello smart working, sapendo che la modalità di lavoro da remoto semplificata è stata prorogata al 31 dicembre 2021.

Fino a al termine del mese di agosto il rientro nei grandi stabili è volontario, condizionato al rispetto della capacità massima del 50% di ciascuno stabile e alla prenotazione, che è prescrittiva. Questa indicazione è valida fino a tutto agosto mentre, successivamente, si dovrà fare una ulteriore verifica e saranno prese delle decisioni in collegamento stretto con lo stato della pandemia.

Abbiamo richiamato la necessità di tener conto anche della Rete per quanto riguarda il lavoro da remoto, nella forma dello “smart learning” (formazione da casa) e l’Azienda, questo è un dato positivo, ha affermato che è in corso una seria valutazione in tal senso.

Il piano vaccinale aziendale, tramite RBM, è partito nelle scorse settimane con la richiesta inviata a colleghi e colleghe di aderire attraverso una manifestazione di interesse non vincolante. Il processo organizzativo servirà soprattutto per i richiami che saranno necessari nei prossimi anni: essere già pronti è importante.

Abbiamo terminato chiedendo un aggiornamento sulle assunzioni, processo che l’Azienda afferma essere in fase di completamento e sollecitando un incontro ad hoc per l’illustrazione del progetto “il Cliente al centro”, che peraltro è già implementato in buona parte del territorio nazionale e di cui non sappiamo nulla, almeno ufficialmente.

 

25 giugno 2021

Segreterie di Coordinamento Gruppo Unicredit

 

dal sito  www.fisacunicredit.eu

 




Unicredit: nuovi orari di apertura delle filiali

L’azienda ci ha informato che, indicativamente da metà luglio, verranno uniformati gli orari delle filiali in tutta Italia per semplificare la comunicazione con la clientela e la gestione di alcuni servizi. Con l’occasione potrebbero comunicare la variazione di chiusura contabile (da pomeridiana a mattutina o viceversa). in alcune filiali. L’orario prescelto è quello già in uso presso la maggior parte delle filiali e hanno deciso di modificarlo in estate per permettere di riorganizzarsi prima dell’inizio delle attività scolastiche.

Il futuro orario sarà il seguente:

CHIUSURA CONTABILE POMERIDIANA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 13.20

8.15 – 13.30

14.30 – 16.00

14.30 – 16.45

CHIUSURA CONTABILE FINE MATTINA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 12.45

8.15 – 13.30

14.35 – 16.35

14.30 – 16.45

Unica eccezione la piazza di Roma dove, per le sue peculiarità, è stata mantenuta la pausa pranzo di 45 minuti.

Questo il futuro orario:

CHIUSURA CONTABILE POMERIDIANA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 13.30

8.15 – 13.40

14.25 – 15.45

14.25 – 16.30

CHIUSURA CONTABILE FINE MATTINA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 12.45

8.15 – 13.35

14.20 – 16.20

14.20-16.30

Milano, 14.06.21

 

dal sito www.fisacunicredit.eu

 




Il super regalo fiscale per le fusioni bancarie

L’esecutivo giallorosa ha previsto un beneficio fiscale per le banche che si fondono consentendo, a chi le ha, di trasformare le imposte differite attive (Dta) in crediti fiscali. A essere trasformate sono le Dta della banca più piccola delle due che si fondono. La norma era valida per le fusioni deliberate entro il 2021. La modifica inserita nel nuovo decreto proroga la scadenza a giugno 2022 e alza il bonus. Se una grande banca si accollerà Mps, avrà in dote un bonus fiscale da 4,4 miliardi lordi. La principale indiziata è Unicredit, dove si è appena insediato l’ad Andrea Orcel che non ha chiuso a eventuali fusioni. I grandi azionisti dalla banca sono però contrari all’ipotesi Mps ed è per questo che si è ipotizzato di alzare il regalo fiscale permettendo a Orcel di convincere i soci riottosi. Tra le modifiche c’è anche quella che permetterebbe di usare fin dal primo anno parte del bonus fiscale ed è questo uno dei nodi che ha bloccato la norma, che peraltro deve essere autorizzata dall’Antitrust europeo.

A ogni modo, se passasse, il regalo fiscale non sarebbe solo per l’acquirente del Montepaschi. Anche BancoBpm garantirebbe una “dote” fiscale da 5,5 miliardi in caso di fusione con un gruppo di maggiori dimensioni; l’altro istituto nei rumors su un possibile risiko bancario è Bper, che ha in pancia un potenziale bonus da 3,9 miliardi lordi. Negli ambienti finanziari circola anche l’ipotesi di una fusione a tre Unicredit-Mps e una delle altre due banche. L’unica cosa certa, al momento, è che qualunque operazione avverrà sarà accompagnata da un regalo a carico dello Stato.

 

Da “Il Fatto Quotidiano” del 13/5/2021




Lavoro a distanza, lo scontro del futuro

Smart Working: vantaggi e problemi


Il segnale del ministro Renato Brunetta è coerente con il personaggio. Come se dicesse al personale della Pubblica amministrazione “rientrate dallo smart working in ufficio perché siete dei fannulloni”. Dossier e analisi sono più complesse e anche per questo al ministero del Lavoro di Andrea Orlando è stata istituita solo pochi giorni fa una commissione di lavoro per sbrogliare i nodi del lavoro a distanza.

I dati disponibili al momento sono mediamente ottimistici, anche se un po’ di problemi e di criticità sono già evidenti e, dal fronte delle imprese, si pone già la domanda: ma la produttività ne guadagna?

L’Osservatorio.
Prendiamo il rapporto dell’Osservatorio del Politecnico di Milano: se prima del Covid i lavoratori che lavoravano a casa erano 570 mila, a marzo del 2020 sono schizzati a 6,5 milioni, di cui 1,85 nel pubblico impiego. Dopo l’estate sono scesi a 5 milioni per poi risalire a 5,35 milioni, circa un quarto della forza lavoro complessiva.

Quanto a criticità e benefici, il rapporto – basato su un campione di 1.001 lavoratori – mostra più lati positivi che negativi. Il 73% ha valutato “buona o ottima” la propria capacità di concentrarsi nelle attività lavorative, il 76% l’efficacia della prestazione e il 65% il supporto all’innovazione. Le aziende hanno apprezzato la diffusione delle competenze digitali (71%), il superamento dei pregiudizi verso lo smart working (65%), il ripensamento dei processi aziendali (59%).

Con la seconda fase della pandemia, da settembre in poi, si è verificato un parziale “richiamo” del personale in azienda soprattutto per promuovere “il senso di appartenenza” o “favorire la socializzazione” e promuovere “la collaborazione” mentre nella Pa la motivazione principale è stata “favorire le comunicazioni interne”.

I lavoratori.
Per quanto riguarda i lavoratori, un secondo report basato su 8600 interviste riporta le impressioni avute da chi, spesso per la prima volta, si è trovato a lavorare a distanza. E qui, nonostante meno del 50% ha riscontrato criticità, non è tutto positivo. Si ritrova una forte componente (35%) che lamenta un “senso di impotenza e isolamento”, seguito da “sconforto con stati di ansia e/o paura” (32%), oppure frustrazione (27%) e irritabilità (25%).

Chi manifesta maggiori criticità è la componente femminile del lavoro che riscontra tassi più alti degli uomini quanto a impotenza, isolamento o frustrazione. La rilevanza della questione femminile emerge anche dalla ricerca Cgil. Le donne soffrono il maggior carico di lavoro che comporta la collocazione a casa, la fatica a distinguere lavoro produttivo e lavoro di cura.

Quanto all’efficacia, il giudizio dei lavoratori è positivo per più della metà degli interpellati. Le voci più gettonate riguardano l’autonomia, la responsabilità e l’efficacia. Giudizi condivisi anche dai manager. Non è un caso quindi che per il futuro il 51% delle grandi imprese stia valutando l’ipotesi di riorganizzare gli spazi, per differenziarli, ampliarli o anche ridurli. Solo l’11% pensa di non dover fare nulla.

Sindacato.
Da un’analisi della fondazione Di Vittorio, condotta nel maggio 2020 su una platea di 6170 persone, emergeva una valutazione sostanzialmente positiva anche se le problematicità evidenziate non erano banali. Solo il 31%, ad esempio, ha lavorato in casa in una stanza tutta per sé con i due terzi costretti a inventarsi gli spazi. Positivi i giudizi sulla riduzione del pendolarismo, ma negativo il mancato rapporto con i colleghi o l’aumento dei carichi familiari (le donne).

Le tendenze.
A conferma di questa possibile tendenza c’è uno studio McKinsey a cui ha dato grande risalto il quotidiano spagnolo El Paìs: “Oltre il 20% della forza lavoro nei Paesi sviluppati – si legge – sarà in grado di continuare a lavorare da casa dai tre ai cinque giorni alla settimana anche quando il virus è sotto controllo”. Secondo Pablo Claver, partner del Boston Consulting Group, “il lavoro a distanza potrebbe raddoppiare nei 15 principali Paesi europei arrivando al 30% o 40%”. E questo, come si vede anche dalla grafica in pagina, avrà conseguenze complessive per il commercio elettronico, i viaggi di lavoro o gli acquisti di cibo a casa.

Produttività.
Eppure proprio ieri il Financial Times si chiedeva se lavorare da casa fa male alla produttività?” riportando un dossier di Deutsche Bank: “La nuova normalità del mondo post-Covid-19 potrebbe consistere in una media di due giorni di lavoro da casa e tre giorni in ufficio, ma sulla produttività ci sono domande ancora senza risposta”. DB cita un vecchio adagio del Nobel Robert Solow secondo cui gli aumenti di produttività dovuti ai Pc erano ovunque “tranne che nelle statistiche”. Errori, aspettative, effetti desiderati, ma che occorre attendere nel tempo e che complicano il quadro.

Dipende in larga parte dal tipo di attività, alcuni studi dicono che le attività creative, ad esempio, richiedono comunicazioni costanti.

Accordi.
In un contratto del gruppo Tim, ad esempio, che ha validità fino al 31 dicembre 2021, si attua la distinzione tra “lavoro agile giornaliero” e “lavoro agile settimanale” con il primo riservato a chi lavora in autonomia e per progetti, e dunque basato su un massimo di due giorni a settimana, e il secondo che si applica a chi è eterodiretto e si basa sull’alternanza settimanale. Il gruppo Unicredit ha siglato un’intesa con i comitati aziendali europei che prevede il lavoro a distanza al 40% negli uffici centrali e al 20% nel “network”.

Le applicazioni possibili sono molte e diverse e le previsioni sulla produttività ancora incerte. Dipende dal calcolo dell’orario di lavoro – alcuni studi stimano che la giornata lavorativa sia aumentata, da qui la richiesta del “diritto alla disconnessione” – dai costi aziendali imputati agli immobili (che potranno ridursi) dall’eventualità che lavoro digitale significhi lavoro a migliaia di chilometri di distanza e a costi molto più bassi.

Lo smart working è dunque ancora un campo di battaglia in cui le parti si fronteggiano cercando di capire se questa possibile rivoluzione sociale e culturale possa avere più costi o più benefici. E come si vede dal rapporto della Deustche Bank, le grandi corporation si chiedono già chi dovrà pagare i possibili costi.

 

Articolo di Salvatore Cannavò sul Fatto Quotidiano del 30/4/2021