MPS: dietro ai numeri ci sono le persone e dietro alle parole ci sono le calunnie

ANALISTI: QUANDO DIETRO AI NUMERI CI SONO LE PERSONE E DIETRO ALLE PAROLE CI SONO LE CALUNNIE

Dopo anni di sacrifici, impegno e dedizione i lavoratori del Monte meritano certezze sul loro futuro ed esigono rispetto.  Le scelte sbagliate fatte ai “piani alti”, che in pochi anni sono riuscite a sgretolare secoli di storia, hanno gravato sui dipendenti della banca. Soltanto grazie alla loro professionalità e abnegazione siamo riusciti a mantenere il legame con i territori e la fiducia dei clienti.
Le donne e gli uomini del Monte hanno dimostrato di avere una resilienza e un attaccamento all’azienda fuori dal comune e non ci stanno ad essere screditati da chi non sa guardare alle persone dietro ai numeri.

Ci riferiamo a un’intervista rilasciata a Formiche.net dove uno dei soliti più o meno noti CEO di una SIM ha dichiarato che i dipendenti di Banca Monte dei Paschi hanno adottato un sistema di “gestione del credito clientelare”, tanto pericoloso e fuori dalle regole da condurre addirittura la Banca nell’attuale situazione.
Come se non bastasse ha incalzato dicendo che, considerando questi presupposti, sarà difficile per i Montepaschini integrarsi in Unicredit ed educarsi ad un modo di fare banca più sano.
Riteniamo che, data la loro gravità, queste dichiarazioni debbano essere valutate in tutte le sedi opportune.

I lavoratori del Monte in questi anni hanno dimostrato di essere all’altezza di ogni sfida: non si sono mai fermati o scoraggiati, anche nei periodi più difficili.
Hanno pagato le conseguenze di scelte e decisioni che partivano dall’alto e ne hanno ammortizzato le conseguenze indossando la bandiera della loro azienda (la banca più antica del mondo) anche nei momenti bui.
Nonostante lo scenario avverso, grazie al loro impegno, il Monte ha chiuso l’ultimo semestre in positivo superando le attese degli analisti. I clienti sono rimasti al Monte proprio grazie ai lavoratori che non hanno mai ceduto, ci hanno creduto ogni giorno e lo fanno ancora.
Hanno subito piani industriali basati prevalentemente sul taglio dei costi, piani che hanno spuntato le armi invece di affilarle, ma i lavoratori hanno combattuto ancora con la loro etica, la loro correttezza e l’attaccamento ai clienti e alla banca.

I dipendenti del Monte esigono rispetto. Chi dice di stare dalla parte dei dipendenti del Monte deve dimostrarlo adesso con i fatti e non con leparole.

Siena, 23 agosto 2021

 

Le Segreterie di Coordinamento
Banca Monte dei Paschi Siena

 




Banche: la ripresa giova ai bilanci semestrali

Ben 5 miliardi e 958 milioni, il triplo del 2020. È questa la somma degli utili netti semestrali dei sei grandi gruppi bancari nazionali Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Banco Bpm, Bper e Carige. A soffiare nelle vele delle banche è soprattutto il rimbalzo rispetto al disastro del periodo gennaio-giugno dello scorso anno, flagellato dalla recessione innescata dalla prima ondata della pandemia. Ma dietro i numeri positivi ci sono anche fattori non meramente congiunturali.

Buone notizie da Mps che ha chiuso il primo semestre con un utile di 202 milioni che batte le attese e torna in “nero” dopo la perdita di 1,09 miliardi dello stesso periodo del 2020. Al 30 giugno i ricavi assommano a 1,56 miliardi (+7,7% su base annua), mentre le rettifiche nette calano a 89 milioni (-14,8%). I crediti deteriorati lordi sono pari a 4,2 miliardi, in lieve aumento rispetto ai 4 di dicembre.

Anche Carige va meno male di quanto si temesse e perde solo 49,9 milioni rispetto ai 97,8 milioni dello stesso periodo del 2020. Secondo l’ad Francesco Guido i ricavi sono cresciuti a 203,2 milioni dai 148,2 milioni del periodo febbraio-giugno 2020, con l’aumento della raccolta diretta (+0,4 miliardi).

A brindare più di tutti è Intesa Sanpaolo: l’istituto mette a segno un balzo dell’utile netto semestrale a 3,023 miliardi ( +17,8%), con il risultato del periodo aprile-giugno pari a 1.507 milioni, il miglior trimestre di sempre. Tra le altre voci del conto economico, il risultato della gestione operativa è in aumento del 5,9% e il rapporto costi-ricavi è al 49,2%, tra i migliori delle maggiori banche europee. L’ad Carlo Messina annuncia il nuovo piano di impresa e “un livello minimo di utile netto 2002 sicuramente a 5 miliardi”.

UniCredit archivia il primo semestre dell’era Orcel con un utile netto di 1,92 miliardi grazie al balzo delle commissioni (+21,4% su base annua a 1,7 miliardi) e al calo dei costi operativi a 4,9 miliardi (-1,2%).

Al 30 giugno Bpm ha registrato un utile netto di 361,3 milioni e Bper chiude il primo semestre, in cui dal 22 febbraio ha consolidato le filiali di Ubi Banca, con un utile netto di 502 milioni.

 

Da Il Fatto Quotidiano del 6/8/2021

 




Il vero prezzo del potere garantito dai resti di Mps

Un bancario può perdere il lavoro ma la banca non può fallire: è il mercato bellezza?


Dieci anni fa il Monte dei Paschi di Siena aveva 30.000 dipendenti. Adesso ne ha poco più di 20.000 e ancora c’è chi proclama la difesa dei posti di lavoro.
Un bancario può perdere il posto di lavoro ma la banca non può fallire; la banca non può fallire ma i suoi azionisti possono perdere tutto. 
È il mercato bellezza?

Dite voi se si può chiamare “mercato” un sistema nel quale un’azienda non può fallire. Non è che una banca, per una legge fisica o economica, sia in grado di galleggiare come un sugato sulle perdite. È che, per sua natura, dev’essere salvata.
Sui conti correnti di MPS ci sono 90 miliardi eppure non ci sono: sono stati prestati, com’è appunto nella natura della banca.

In caso di crac, alle imprese verrebbe chiesto di rientrare all’istante di 90 miliardi e i correntisti non avrebbero più i loro soldi “a vista”. Perciò le banche non sono imprese ma centri di potere discrezionale che decidono se concedere o no il credito valutando la solidità non dell’impresa ma della mafietta politico-affaristica che la protegge.
Quanto valga Mps come centro di potere presidiato dalla massoneria Toscana e non solo ce lo raccontano le decennali guerre d’indipendenza dei senesi.Meglio la banca a pezzi in mano a noi che sana in mani altrui. E pazienza per i bilanci in rosso, per quelli c’è la banca al servizio del territorio.Il conto dell’inefficenza lo pagheranno i contribuenti è sempre più i clienti delle banche, spolpati attraverso le commissioni e la quotidiana rapina chiamata risparmio gestito.

Quattro anni fa il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan ha salvato Popolare di Vicenza e Veneto Banca regalandole a Intesa Sanpaolo con una dote di 5 miliardi. Nel frattempo salvava (?) Mps con un’iniezione miliardaria di denaro pubblico.
L’allora numero uno di Unicredit, Jean Pierre Mustier, protestò per il regalo fatto alla concorrente, e fu chiaro che al prossimo giro sarebbe toccato a lui. Infatti ora si parla di Mps regalato con dote di 5 miliardi.
Nel frattempo Padoan si è fatto eleggere deputato a Siena, acclamato come salvatore della banca, ma subito dopo Unicredit lo ha nominato presidente. La prima banca italiana, alla vigilia dell’acquisizione di Mps, chiama come presidente il ministro che ha gestito il dossier di Siena.

Ecco di quale mercato parliamo: non la grande finanza, ma il suk delle anticamere ministeriali dove i potentati mondiali trovano sempre soggetti volenterosi e dialoganti per i loro affari.

Per il seggio lasciato libero da Padoan corre il segretario del Pd Enrico Letta, che non faticherà a convincere i senesi di essere stati ancora una volta tutelati. C’è solo da stabilire chi pagherà l’ennesimo conto: i contribuenti dando una congrua dote miliardaria a Unicredit, oppure gli azionisti di Unicredit che vedranno la loro banca danneggiata dall’operazione di sistema, come paventava Mustier. In tal caso anche Unicredit andrà salvata e ritoccherà ai contribuenti.

Che cosa c’entra questo con il mercato è un mistero insondabile.

 

Articolo di Giorgio Meletti su “Domani” del 3/8/2021

 




MPS verso Unicredit: spezzatino e costi per lo Stato fino a 8 mld

Alla fine UniCredit ha rotto gli indugi e avviato una trattativa “in esclusiva” con il ministero dell’Economia per rilevare la polpa del Monte dei Paschi di Siena. Ieri, a sorpresa, il consiglio d’amministrazione della banca, convocato per approvare i conti trimestrali, ha dato l’ok anche all’ingresso in data room per esaminare i conti della banca senese in vista di un’eventuale acquisizione.
Il negoziato tra il Tesoro, primo azionista del Monte, e i vertici di UniCredit dura da tempo e si è intensificato da aprile dopo l’arrivo di Andrea Orcel alla guida del gruppo milanese e sotto la presidenza di Pier Carlo Padoan. L’ex ministro dell’Economia ha fatto sapere di essersi “astenuto” in Cda sul tema. Una mossa formale che però non oscura un dato che fa impallidire il concetto di porte girevoli: Padoan è l’uomo che al Tesoro nel 2017 ha nazionalizzato Mps a caro prezzo e ora presiede la banca che tratta con il Tesoro imponendogli una svendita a “costo zero” e con pulizia dei conti a carico dello Stato. L’operazione, infatti, si concretizzerà solo se “avrà impatto neutrale sul capitale di UniCredit”, si legge in una nota diffusa dal gruppo. “Tutti i crediti deteriorati di Mps saranno lasciati indietro – ha spiegato Orcel – come anche i rischi legali.

Quella che si profila è un’operazione complessa e che costerà cara allo Stato. UniCredit rileverà solo un “perimetro selezionato di Mps”, che, a quanto filtra, subirà uno spezzatino: le attività al Sud (a partire dall’ex Banca del Salento) dovrebbero finire al MedioCredito Centrale, l’istituto controllato dalla pubblica Invitalia che poco più di un anno fa ha salvato la Popolare di Bari, mentre gli sportelli toscani (e verosimilmente il marchio) rimarranno per un periodo in vita in via autonoma, per evitare l’implosione della classe politica locale, Pd in testa. Il resto dovrebbe finire a UniCredit, che, come detto, non spenderà un euro e non vuole nessun rischio.
Al di là dei tecnicismi, tra pulizia dei crediti deteriorati (4 miliardi lordi, 2,1 al netto delle coperture a bilancio), destinati a essere rilevati dalla pubblica Amco, accollo dei rischi legali (oggi ridotti a 6,2 miliardi) e il bonus fiscale previsto dal governo per le fusioni bancarie finalizzate entro giugno 2022 (3 miliardi), il conto finale per lo Stato potrebbe sfiorare gli 8-10 miliardi. La stessa cifra, tra garanzie ed esborso diretto dello Stato, ottenuta da Intesa Sanpaolo nel 2016 per rilevare le Popolari venete in dissesto. Anche allora, manco a dirlo, Padoan sedeva al Tesoro.

 

Articolo di Carlo Di Foggia su “Il Fatto Quotidiano” del 30/7/2021

 

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https://www.fisaccgilaq.it/banche/mps/mps-lora-della-responsabilita.html




MPS: l’ora della responsabilità

Le continue indiscrezioni sulle sorti della Banca e del Gruppo Monte dei Paschi alimentano un dibattito mediatico senza fine sui possibili scenari riguardanti il consolidamento del sistema creditizio domestico, che rischia di porre in secondo piano il costo sociale che un’operazione relativa al futuro assetto aziendale potrebbe provocare, se non attentamente gestita.

Per questo motivo, le scriventi OO.SS. intendono portare nuovamente l’attenzione sulle Lavoratrici e sui Lavoratori del Monte dei Paschi, ribadendo che qualunque ipotesi inerente il futuro del Gruppo non potrà che avere come punti fermi la totale salvaguardia dei livelli occupazionali, normativi e salariali del Personale, il mantenimento dell’integrità societaria ed organizzativa del Gruppo e la conservazione dell’attuale insediamento territoriale della Banca, al fine di garantire il ruolo del Monte quale imprescindibile punto di riferimento per il sostegno all’economia del Paese, a servizio di famiglie ed imprese, ancora più necessario in previsione delle risorse messe a disposizione dal PNRR.

Per tutte le ragioni sopra citate, da diversi mesi abbiamo chiesto – e continuiamo a chiedere – all’Esecutivo ed al MEF, in qualità di Azionista di Maggioranza, di farsi garanti del percorso di risanamento, di ricapitalizzazione e di normalizzazione del nostro Istituto di credito, mediante un processo indirizzato a negoziare con le Autorità Europee competenti il superamento dei vincoli codificati nel Piano di Ristrutturazione 2017-2021, anche attraverso il prolungamento del termine di permanenza dello Stato nel capitale della Banca, sino al raggiungimento di una situazione di equilibrio, necessaria per il rilancio del Gruppo.

In occasione della pubblicazione del risultato finale sugli Stress Test, richiamiamo quindi ancora una volta il MEF ad una specifica ed ulteriore assunzione di responsabilità, affinché vengano assicurate alle Lavoratrici ed ai Lavoratori del Gruppo MPS le opportune garanzie per il proprio futuro professionale e personale, all’interno di una realtà creditizia chiamata comunque a realizzare profondi cambiamenti strutturali.

Le OO.SS. del Monte dei Paschi continueranno per questo a vigilare sulle future evoluzioni dello scenario strategico della Banca, chiedendo l’apertura di un tavolo di confronto negoziale indirizzato a valorizzare il contributo e le proposte del Sindacato, con riferimento alla stabilità ed alla continuità aziendale e di Gruppo.

Per questo, in rappresentanza delle Lavoratrici e dei Lavoratori del Gruppo Monte dei Paschi di Siena, una delegazione delle Organizzazioni Sindacali aziendali il giorno 26 luglio – dalle ore 11 alle ore 13 – si riunirà in presidio a Roma sotto la sede del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Siena, 23 luglio 2021

 

Le Segreterie di Coordinamento Banca Monte dei Paschi Siena




Futuro Mps, Landini dice no all’ipotesi spezzatino

«Siamo contrari allo ‘spezzatino’ del Monte dei Paschi di Siena».

A ribadirlo il segretario generale della Cgil Maurizio Landini a margine dell’assemblea della Banca d’Italia che ha invitato a riflettere sui cambiamenti tecnologici in atto e a riflettere sull’importanza per il paese del settore del credito.

Una voce unanime, dunque, dopo le prese di posizione di tutte le sigle sindacali a livello locale e nazionale contro l’ipotesi che sarebbe invece gradita al Governo.

Intanto lo stesso Mps ha comunicato in una nota che «non ci sono aggiornamenti da segnalare in merito alla ‘soluzione strutturale’, cioè alla fusione con un gruppo bancario più solido, «o all’operazione di rafforzamento patrimoniale» da 2,5 miliardi di euro, subordinata all’autorizzazione della Dg Comp e della Bce. Lo si legge in una nota dell’istituto senese, tenuto a comunicare mensilmente gli aggiornamenti sulle operazioni di rafforzamento patrimoniale dopo essere finito nella black list della Consob.

 

Fonte: www.agenziaimpress.it




MPS: un’assunzione di responsabilità

1 - Fabi 2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

Come Organizzazioni Sindacali aziendali abbiamo più volte richiamato lo Stato, azionista di maggioranza della Banca dal 2017, sulla necessità di negoziare il superamento dei vincoli imposti dai regolatori europei, e prolungare il termine della permanenza nel capitale sino a garantire l’effettivo risanamento del Gruppo.
Abbiamo cioè richiesto allo Stato una assunzione di responsabilità che preveda il rilancio della Banca nella sua integrità, e la salvaguardia dei livelli occupazionali, salariali e normativi per i suoi 21mila Dipendenti.

Mentre si susseguono notizie di stampa che accreditano anche l’ipotesi dello “spezzatino”, ribadiamo che non può essere attuabile – vista la ricapitalizzazione precauzionale effettuata con iniezioni miliardarie di fondi pubblici – nessun’altra soluzione se non quella che abbia l’obiettivo di creare valore e di sviluppare la Banca e il Gruppo a beneficio della collettività, e del ritorno dello stesso investimento statale.
Sarebbe invece inaccettabile che, con ulteriori soldi pubblici, si favorisse un processo di distruzione di un’azienda come Banca Monte dei Paschi, e del valore in essa contenuto, che sta dimostrando anche in questo difficile momento di essere al servizio del Paese.
Alla Banca servono certezze, investimenti in tecnologia e in persone, in grado di dare una visione strategica e di sviluppo a tutto il Gruppo. 

Le Lavoratrici e i Lavoratori dopo anni di sacrifici e abnegazione si meritano una prospettiva certa.
Invertire la tendenza si deve e si può, senza perdere altro tempo.

Siena, 19 maggio 2021

 

LE SEGRETERIE




Il super regalo fiscale per le fusioni bancarie

L’esecutivo giallorosa ha previsto un beneficio fiscale per le banche che si fondono consentendo, a chi le ha, di trasformare le imposte differite attive (Dta) in crediti fiscali. A essere trasformate sono le Dta della banca più piccola delle due che si fondono. La norma era valida per le fusioni deliberate entro il 2021. La modifica inserita nel nuovo decreto proroga la scadenza a giugno 2022 e alza il bonus. Se una grande banca si accollerà Mps, avrà in dote un bonus fiscale da 4,4 miliardi lordi. La principale indiziata è Unicredit, dove si è appena insediato l’ad Andrea Orcel che non ha chiuso a eventuali fusioni. I grandi azionisti dalla banca sono però contrari all’ipotesi Mps ed è per questo che si è ipotizzato di alzare il regalo fiscale permettendo a Orcel di convincere i soci riottosi. Tra le modifiche c’è anche quella che permetterebbe di usare fin dal primo anno parte del bonus fiscale ed è questo uno dei nodi che ha bloccato la norma, che peraltro deve essere autorizzata dall’Antitrust europeo.

A ogni modo, se passasse, il regalo fiscale non sarebbe solo per l’acquirente del Montepaschi. Anche BancoBpm garantirebbe una “dote” fiscale da 5,5 miliardi in caso di fusione con un gruppo di maggiori dimensioni; l’altro istituto nei rumors su un possibile risiko bancario è Bper, che ha in pancia un potenziale bonus da 3,9 miliardi lordi. Negli ambienti finanziari circola anche l’ipotesi di una fusione a tre Unicredit-Mps e una delle altre due banche. L’unica cosa certa, al momento, è che qualunque operazione avverrà sarà accompagnata da un regalo a carico dello Stato.

 

Da “Il Fatto Quotidiano” del 13/5/2021




I manager bancari: strapagati a prescindere dai risultati

Le critiche al mega stipendio del futuro Ad di UniCredit non sono un caso. Dall’Italia alla Svizzera, le paghe dei manager ormai slegate dai risultati


Deve ancora entrare in ca­rica, ma il nuovo ammini­stratore delegato di Uni­Credit Andrea Orcel ha già scatenato un putiferio. Le so­cietà di consulenza Glass Lewis e Iss consigliano agli azionisti della banca milanese di bocciare la po­litica di remunerazione nell’as­semblea del 15 aprile per protesta­re contro i 7,5 milioni di paga del nuovo capo azienda. La banca chiede però di modificare anche le politiche sulle liquidazioni, au­mentandone il tetto da 7,2 a 15 mi­lioni (sei volte lo stipendio annua­le).

Dunque il “Ronaldo dei ban­chieri” già prima di scendere in campo s’è accaparrato almeno 22,5 milioni. Il suo predecessore Jean Pierre Mustier nel 2020 ha ricevuto “solo” 900 mila euro più stock option per altri 4,4. Molto meno della mega-liquidazione da 40 milioni pagata nel 2010 ad A­lessandro Profumo. A far discu­tere è il fatto che nel primo anno Orcel sarà pagato senza alcun col­legamento coi risultati aziendali.

Prima dell’arrivo di Orcel, in Italia divario tra stipendi dei vertici e quelli dei dipendenti delle banche era in calo. Secondo la Uilca, il sin­dacato dei bancari della Uil, nel 2007 i ceo delle banche quotate guadagnavano in media 139 volte lo stipendio medio dei dipendenti (28mila euro lordi l’anno), nel 2019 “appena” 44 volte. C’è chi, come Carlo Messina di Intesa San­paolo, dall’entrata in carica a set­tembre 2013 a oggi ha ricevuto ol­tre 23,5 milioni ottenendo però u­tili netti per 21,4 miliardi. Il ceo di Unipol Carlo Cimbri nel 2019 è stato pagato 5,6 milioni, il 26% in più dei 4,47 del 2018, ma a fronte di utili netti cresciuti del 73% da 0,63 a 1,09 miliardi.

Tuttavia non sono mancati manager la cui retribuzio­ne è stata una “variabile indipen­dente” rispetto ai risultati. Victor Massiah, Ad di Ubi dal primo di­cembre 2008 al 3 agosto scorso, ha ricevuto oltre 19,2 milioni mentre la banca nello stesso periodo ne perdeva 952. Nonostante la perdi­ta netta di 57 milioni, nel 2018 la paga di Giuseppe Castagna, ceo di Banco Bpm dal primo gen­naio 2017, è aumentata di 124mila euro a 1,63 milioni.

Marco Morelli, ad di Mps da settembre 2 016 a maggio 2020, per volere della Bce dovette ridursi lo stipendio da ol­tre un milione a 488mila euro ma dal 2017 al 2019 perse 4,2 miliardi. Quisquilie rispetto a quanto avviene nella finanza all’estero. Charles Lowrey, presidente e AD Prudential, nel 2019 è stato pagato circa 16 milioni. Larry Fink, ceo di Blackrock il maggior gestore di fondi mondia­le, nel 2020 di milioni ne ha otte­nuti 25 e 7,9 Mario Greco, ceo del­le assicurazioni Zurich. Il numero uno di Allianz Oliver Bate ha gua­dagnato 5,35 milioni, il ceo di Axa Thomas Buberl e quello di Gene­rali, Philippe Donnet, 3,1 più a­zioni per 2,3. Il capo azienda di Credit Suisse Thomas Gottstein nel 2020 ha ottenuto 7,6 milioni. Il fenomeno parte da lontano.

A Wall Street nel 1965 un ammini­stratore delegato riceveva 20 volte la paga media dei suoi dipendenti. Nel 2000 era a 344 volte, scese a 188 con la crisi finanziaria del 2009 per tornare a 312 nel 2017, quando la retribuzione dei ceo del­le 350 maggiori aziende era in me­dia di 18,9 milioni di dollari. Ma le prime cinque banche Usa (Gol­dman Sachs, Citigroup, JP Mor­gan Chase, Bank of America e Morgan Stanley) pagavano i loro ceo in media 25,3 milioni. Secondo un report della società di head hunting Willis Towers Watson su­gli stipendi dei ceo di 429 società quotate, nel 2019 negli Stati Uniti i capi azienda guadagnavano in me­dia 11,88 milioni, nel Regno Unito 5, in Germania 5,7, in Francia 4,1 e in Giappone appena 1,55. Ma a fare la differenza sono i bonus: nel 2019 negli Usa gli incentivi variabili valevano il 72% della paga totale dei ceo. Quest’anno però Bank of A­merica (Bofa) e Citigroup hanno ridotto i compensi degli ad per il 2020 a causa della pandemia e di errori di gestione. Bofa ha ridotto la paga di Brian Moynihan del 7,5% a 24,5 milioni; Citigroup quella dell’uscente Michael Cor­bat del 21% a 19 milioni.

LA FISAC, il sindacato dei bancari Cgil, ha calcolato che tra il 2008 e il 2019 il personale dell’intero siste­ma bancario italiano è costato 292,2 miliardi, in media 25,1 l’anno, dai 26,6 del 2008 ai 23,5 del 2019. Il da­to comprende stipendi e al­tri costi come oneri di ri­strutturazione e incentivi all’esodo. Nello stesso pe­riodo infatti i bancari sono calati di 46 mila unità, uno su sette, da 328 a 282mila.

Nell’ultimo decennio non è che le azioni delle banche abbiano brillato: l’indice settoriale a Milano è passa­to dai 19mila punti dell’a­prile 2011 agli attuali 8.745. Una frenata analoga ha ri­guardato anche le banche svizzere e quelle di altri Pae­si. Le elvetiche Credit Suisse e Ubs hanno pagato i dipen­denti oltre 297miliardi, più di tutte le banche italiane. A fare la differenza è il peso della finanza: Cs e Ubs pa­gano mega-bonus legati ai risultati, mentre le banche italiane restano dipendenti dalle vendite allo sportello. Quand’era capo del Corporate and Investment ban­king di Ubs, Orcel otteneva premi annuali per decine di milioni, più dello stesso AD Ermotti. Ora in U­niCredit nessuno prenderà più di lui, ma molti temono la sua scure sui costi del personale.

Articolo di Nicola Borzi sul Fatto Quotidiano del 3/4/2021




Mps: Nuovo Governo e situazione Banca.

1 - Fabi 2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 6 - Uilca Unisin nuovo logo

La fase politica che l’Italia sta vivendo con la formazione di un nuovo Governo non ha finora contribuito a fare chiarezza sulla situazione in cui si trovano da mesi il Gruppo Monte dei Paschi e i suoi 21.000 Lavoratori e Lavoratrici.

All’azionista di maggioranza chiediamo come OOSS di farsi carico della situazione della Banca e quindi garante di un percorso, avviato e non ancora completato, di normalizzazione e risanamento definitivo della Banca stessa.
Tale percorso deve necessariamente prevedere un impegno da parte del MEF a superare i vincoli a suo tempo concordati con i regolatori europei, riguardanti anche la permanenza dello Stato nel capitale azionario del Gruppo, garantendo i livelli occupazionali, la salvaguardia delle professionalità e il mantenimento dell’integrità organizzativa del Gruppo stesso.

Al nuovo Governo chiediamo inoltre di individuare in tempi rapidi una sede di confronto negoziale che coinvolga le Organizzazioni Sindacali per individuare soluzioni condivise finalizzate a poter dare un assetto stabile al Gruppo in modo che possa continuare a operare efficacemente sul mercato, visto anche il ruolo di sostegno all’economia reale del Paese che la banca sta svolgendo in questi difficili momenti.

 

Siena, 1 marzo 2021

 

Le Segreterie di Coordinamento
Banca Monte dei Paschi Siena