Banca Fucino: profonda preoccupazione

Le OO.SS. Fisac-Cgil e Uilca esprimono profonda preoccupazione riguardo l’eventuale acquisizione della Banca del Fucino da parte di Barents, una società di riassicurazioni anglo-panamense-lussemburghese.

Riteniamo che ciò non avrebbe ricadute positive per la stabilità del sistema bancario. E’ forte il rischio che con questa operazione vengano dismessi asset importanti come le filiali, che la direzione e il baricentro della banca si spostino dal Lazio e Abruzzo al nord-Italia e che i servizi della Banca non siano più orientati al sostegno delle famiglie e delle imprese, ma alla gestione dei grandi patrimoni. Ciò sarebbe estremamente negativo per i risparmiatori, per il ruolo sociale della Banca e per l’economia dei territori dove opera, con gravi ripercussioni occupazionali per i lavoratori che non hanno avuto alcuna garanzia.

Al fine di scongiurare tali rischi, la Fisac-Cgil e la Uilca hanno chiesto l’intervento delle Istituzioni competenti, affinché il passaggio di proprietà della Banca sia orientato verso un Istituto di credito ordinario, attraverso l’utilizzo di strumenti di sostegno quali il Fondo Interbancario Schema Volontario o Parte Obbligatoria, anche alla luce della recente autorizzazione concessa dalla Commissione Europea per le piccole banche in crisi.

La Fisac-Cgil e la Uilca, fiduciose nella condivisione da parte delle Istituzioni della grave problematica, continueranno responsabilmente ad intraprendere ogni iniziativa finalizzata alla salvaguardia dell’economia, dei risparmiatori e dei lavoratori.

Roma 19 aprile 2018

Federazione Italiana Sindacale Assicurazioni Credito                   
Comitato Aziendale di Coordinamento

Unione Italiana Lavoro Credito Assicurazioni
Rappresentanza Sindacale Aziendale
Banca del Fucino S.p.A.

Sullo stesso argomento:

https://www.fisaccgilaq.it/banche/banca-fucino/banca-fucino-servono-garanzie-su-eventuali-ricadute.html




Banca Fucino: servono garanzie su eventuali ricadute

Cari Lavoratori e care Lavoratrici, come noto ieri è stato ufficializzato un comunicato stampa della Banca del Fucino nel quale è stata resa nota una intesa tra la famiglia proprietaria della Banca ed il gruppo Barents, subordinata alla firma di un Memorandum of Understanding. Il suo contenuto prevederebbe un aumento di capitale di 50 mln di euro ed il deconsolidamento di tutto il portafoglio di 300 mln.di Npe, oltre alla predisposizione di un piano quinquennale con eventuali aggregazioni con altre realtà del private e quotazione in borsa.

Da mesi ci stiamo adoperando per far sì che ciascun soggetto coinvolto nella situazione di crisi della Banca del Fucino, a partire dagli azionisti e dall’Organo di Vigilanza, si assuma le proprie responsabilità, per evitare che l’unico stakeholder a pagare la crisi, creata e mal gestita da altri, siano i Lavoratori e le Lavoratrici della Banca del Fucino. In tale contesto abbiamo ripetutamente chiesto l’intervento di salvataggio da parte del sistema bancario o di una banca di elevate dimensioni.

Alla luce di ciò, non appena abbiamo appreso la notizia, abbiamo chiesto immediatamente un incontro con il Direttore Generale che si è svolto nella serata di ieri. In tale sede abbiamo chiaramente esposto che i Lavoratori, pur essendo parzialmente sollevati da un’ipotesi che allontana la liquidazione coatta amministrativa, ciò nondimeno sono preoccupati da un’acquisizione di maggioranza da parte di una compagnia di riassicurazione anglo-panamense. Nelle passate esperienze, anche nel nostro settore, purtroppo numerosi lavoratori hanno perso il posto di lavoro dopo che le aziende erano state acquisite da fondi o altre entità finanziarie straniere. Eclatante il caso Fonspa-Morgan Stanley ed il recentissimo caso di trasferimento di Direzione Generale effettuato nella ex Eurovita Assicurazioni acquisita da JC Flowers e rivenduta dopo due anni ad altro fondo inglese. Sappiamo che tali soggetti, operando in campo multinazionale, hanno le mani completamente libere nel perseguire i propri interessi, che quasi sempre hanno carattere puramente speculativo e di breve-medio termine.

Abbiamo pertanto chiaramente chiesto al Direttore Generale di essere posti a conoscenza in forma ufficiale, in tempi ristretti e comunque prima della firma dell’accordo, delle strategie che intende perseguire Barents, con particolare riferimento alle eventuali ricadute sui lavoratori. Abbiamo rappresentato con estrema chiarezza che vogliamo ottenere, prima della firma, garanzie scritte da parte di Barents che nei prossimi anni non siano attuati tagli al costo del personale superiori a quelli preventivabili con l’utilizzo del fondo di solidarietà e che non vengano attuate misure organizzative che determinino oggettivamente esuberi (ad esempio chiusura di numerose filiali, trasferimento della direzione generale fuori Roma).

Per rafforzare la nostra richiesta e far comprendere al soggetto interessato all’acquisto che è necessario in questa situazione attivare subito un dialogo finalizzato ad evitare di percorrere strade che facciano ricadere sui lavoratori l’onere del rilancio della banca, abbiamo esplicitato al Direttore Generale che è nostra intenzione coinvolgere, in questo specifico momento e prima che venga raggiunto un accordo definitivo, anche il Governo, in particolare la Presidenza del Consiglio ed il Ministero dell’Economia. A tale scopo invieremo nei prossimi giorni una missiva a tali organi nella quale forniremo informativa dell’evoluzione in corso e chiederemo che vengano effettuati insieme alla Fisac-Cgil e alla Uilca gli interventi atti a tutelare i Lavoratori e le Lavoratrici.

Vi terremo informati sui prossimi sviluppi. Un caro saluto

C.A.C. Fisac Cgil e R.S.A. Uil.Ca Banca del Fucino S.p.A.

 

Scarica il volantino




Banca Fucino: dai principi Torlonia arrivano 80 milioni

I principi del Fucino sono stati costretti a mettere mano al portafoglio.

E’ stato infatti tutto a carico dei Torlonia l’aumento di capitale da 80 milioni della Banca del Fucino, imposto da un’ispezione di Bankitalia durata 5 mesi. La maxi ricapitalizzazione da 50 milioni di Banca del Fucino, la più antica banca privata romana, secondo quanto risulta a Radiocor si concluderà entro fine gennaio. A sostenerne interamente il peso sarà la famiglia azionista: i Torlonia che alla fine del 2016 erano già intervenuti con un versamento a fondo perduto da 30 milioni.

La Banca, secondo quanto si ricava dagli atti ufficiali (la ricapitalizzazione non è mai stata annunciata, nella linea della riservatezza totale imposta dal suo deus ex machina, il principe Don Alessandro Torlonia recentemente scomparso), ha deliberato la ricapitalizzazione in agosto dietro input della Banca d’Italia che l’ha sottoposta ad una lunga ispezione, avviata nel febbraio scorso e conclusasi a luglio con la richiesta di ricapitalizzare. Banca del Fucino ha chiuso il bilancio 2016 con una perdita di 47,54 milioni su cui hanno pesato rettifiche draconiane dei crediti deteriorati: oltre 140 milioni (86 milioni l’anno precedente) di cui 120 milioni di sofferenze.

A presiedere la banca oggi è il 38enne Alexander Francis Poma Murialdo, nipote di Don Alessandro, e a guidarla è il direttore generale, Giuseppe di Paola.

A rallentare l’esecuzione dell’aumento, deliberato ad agosto, è stato anche il lutto che ha colpito la nobile famiglia romana: la scomparsa, a fine dicembre, di Don Alessandro Torlonia, 92enne presidente onorario della banca, dopo esserne stato presidente per vari decenni, a partire dal 1947. Il principe Torlonia nel suo ultimo anno di vita non ha esitato a sostenere la ‘sua’ banca ottenendo la quasi unanimità della famiglia.

La Società Romana di Partecipazioni Sociali, immobiliare controllata attraverso la Torlonia Partecipazioni Spa, è stato il veicolo del primo sostegno: i 30,4 milioni versati a fondo perduto a fine 2016 per destinarli «al patrimonio primario della banca computabile nel Tier1». Un versamento reso indispensabile dal fatto che alla fine di quell’anno Banca del Fucino avesse un Tier1 del 7,7% inferiore alla soglia dell’8,5% fissata dall’Autorità di vigilanza. La ricapitalizzazione, sempre secondo gli atti ufficiali, doveva essere compresa in una forchetta tra 30 e 60 milioni che è stata poi fissata a 50 milioni.

Banca del Fucino dal 2016 ha cambiato il suo modello di business puntando sul modello della boutique finanziaria come dichiarò in un’intervista all’agenzia Radiocor lo stesso Poma Murialdo.

Il bilancio 2016 dà conto del cambio di rotta avviato con l’avvio del private banking e la maggiore spinta commerciale che ha permesso alle masse del risparmio gestito di balzare dai 643,3 milioni del 2015 agli 845 milioni del 2016. Per superare le difficoltà legate ai crediti deteriorati Banca del Fucino ha poi riorganizzato l’area crediti, rivisto il suo modello di business, e rafforzato il top management con la nomina nell’aprile scorso del Vice direttore generale vicario Andrea Colafranceschi.

Fonte: www.marsicalive.it