Popolare di Bari: caos calmo

C’è una grande confusione.

La banca è lacerata da lotte intestine e, nel caos che ne consegue, chiunque abbia anche un briciolo di potere si sente legittimato a condotte arbitrarie ed ad essere sprezzante di norme e regolamenti.

La Banca non ha ancora individuato un percorso: celebri consiglieri e famigerati dirigenti vanno via a breve distanza dall’incarico, si vive alla giornata con pesantissime pressioni commerciali e violazione dei diritti individuali e chi ne paga le conseguenze più pesanti sono i dipendenti e finanche i clienti.

C’è un gran bisogno di chiarezza.

Assistiamo, invece, a riorganizzazioni di pezzi d’azienda frutto di iniziative soggettive e prive del dovuto confronto sindacale, delle quali non si capisce se siano improvvisate o anticipatorie di un futuro che verrà.

Si continua a traslocare attività di direzione centrale tra le varie sedi di Bari, Potenza, Teramo, senza il preventivo e necessario confronto con le OO.SS., eludendo così i termini dell’ Accordo di Fusione.

La gestione del Personale è di fatto scippata dalle strutture commerciali, con un Servizio Personale completamente svuotato delle sue funzioni e relegato ad un ruolo di facciata, ora trincerato dietro presunte posizioni ABI, ora erto a interprete autentico delle norme.

In questo scenario resta ancora irrisolta la questione principale e vitale: qual è il futuro prossimo di questo Gruppo bancario?

Sarà in grado di risolvere i problemi lo stesso livello che li ha generati?

Dopo anni di bilanci negativi, di vendite di pezzi di attivo e di sacrifici economici richiesti al Personale nel tentativo, purtroppo vano, di risollevare il conto economico della banca, in un singolare gioco di alternanze, la governance è di fatto sempre la stessa.

Ci chiediamo quale sia la posizione degli Organi di Vigilanza rispetto ad un’ Azienda e ad un Gruppo molto importante nel panorama bancario italiano e del Mezzogiorno

Non accetteremo che vittime sacrificali di questi giochi di finanza e di potere siano ancora una volta i lavoratori e le lavoratrici che, dopo aver già fatto sacrifici importanti per tentare di salvare la Banca e con essa il proprio posto di lavoro, saranno con molta probabilità coinvolti nell’ennesimo processo di riorganizzazione, questa volta camuffato dalle diciture “riposizionamento strutture di direzione” e “reingegnerizzazione del business”.

Non ci stiamo più a questo gioco al massacro, abbiamo già dato e lotteremo con tutta la nostra forza per la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e per il mantenimento dei livelli occupazionali nelle banche del Gruppo BPB.

Bari, li 6 maggio 2019

 

Segreterie OdC
FABI   FIRST/CISL   FISAC/CGIL   UILCA   UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari

 

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L’errore di Bruxelles ha fatto fallire le 4 banche. La Corte UE: “Annullare decisione su Tercas”

Il Fondo Interbancario voleva intervenire su Tercas, ma la Commissione lo vietò. Quel divieto impedì di salvare gli altri istituti. Patuelli (Abi): “Vestager si deve dimettere”.

E ora chi lo dice ai risparmiatori delle quattro banche che hanno perso i loro risparmi? La corte Ue ha dato ragione all’Italia nel ricorso presentato contro la decisione della Commissione Europea del 2015 nel caso delle Casse di Teramo (Tercas): l’intervento del Fondo interbancario di Tutela dei depositi (Fitd) non integra un aiuto di Stato. La decisione del Tribunale europeo su Tercas è strettamente intrecciata con la risoluzione delle quattro banche alla fine del 2015. È quindi utile riavvolgere il nastro per capire come la pronuncia della Corte di giustizia in Lussemburgo getti ombre pesanti su Bruxelles, e in particolare sulle decisioni della Dg Competition di Margrethe Vestager.

Nel 2015 l’Antitrust Ue giudicò come aiuto di Stato l’intervento del Fidt, consorzio di banche private, a sostegno di Tercas perché a detta dei funzionari di Bruxelles il fondo interbancario avrebbe agito “per conto dello Stato italiano”, quindi in netto contrasto con le norme Ue sugli aiuti di Stato. Oggi il giudice Ue ha bocciato quella decisione affermando che “spettava alla Commissione disporre d’indizi sufficienti per affermare che tale intervento è stato adottato sotto l’influenza o il controllo effettivo delle autorità pubbliche e che, di conseguenza, esso era, in realtà, imputabile allo Stato”. Anzi, aggiunge: “La Commissione non disponeva d’indizi sufficienti per una siffatta affermazione. Al contrario, esistono nel fascicolo numerosi elementi che indicano che il FITD ha agito in modo autonomo al momento dell’adozione dell’intervento a favore di Tercas”. Non è finita, perché il Tribunale sottolinea che l’autorizzazione di Banca d’Italia all’intervento del FITD a favore di Tercas non costituisce un indizio che consenta d’imputare la misura di cui trattasi allo Stato italiano.

La Corte Ue ha smontato per intero l’impianto della Commissione Ue nel caso Tercas, salvata dalla Popolare di Bari grazie al sostegno del Fondo. Ma il suo impatto è dirompente soprattutto per le quattro banche (Etruria, Chieti, Ferrara e Marche) mandate gambe all’aria con l’applicazione delle norme sul burden sharing in fretta e furia per evitare gli effetti ancora più nefasti dell’entrata in vigore della direttiva Ue sul bail-in (BRRD) dal gennaio successivo. Dopo la decisione assunta da Bruxelles nel caso Tercas, Banca d’Italia ha spiegato di aver escluso il ricorso al Fitd per impedire o limitare le perdite dei risparmiatori: “Se l’intervento del FITD non fosse stato configurato come aiuto di Stato, l’operazione di salvataggio delle quattro banche da parte del FITD non avrebbe comportato il sacrificio dei diritti dei creditori subordinati e sarebbe avvenuta valutando le sofferenze delle banche a valori di bilancio”, ha spiegato. Escluso il Fitd, le soluzioni alternative al burden sharing erano allora state considerate da Palazzo Koch più penalizzanti per azionisti e creditori – come la liquidazione coatta – o non percorribili – come l’intervento volontario delle banche.

Quest’ultimo merita un capitolo a parte. Dopo la decisione dell’Antitrust Ue su Tercas, il primo fondo interbancario restituì le somme versate alle banche del consorzio di istituti privati. Successivamente le risorse vennero versate nuovamente nel fondo “parallelo” ma volontario, nato per aggirare i paletti posti da Bruxelles. Grazie all’aiuto del Fitd con una cifra tutto sommato non proibitiva (poco meno di 300 milioni) la Popolare di Bari riuscì così a completare l’acquisizione di Tercas. La decisione di Bruxelles arrivò quando i colloqui tra banche, autorità e Fondo interbancario erano ormai a uno stadio già avanzato. Si stava lavorando su uno stanziamento di circa due miliardi per evitare il collasso dei risparmi dei quattro istituti. Il pesante divieto posto da Bruxelles mandò tutti i piani all’aria. Non ci fu più il tempo materiale per intervenire visto che il fondo volontario nacque una settimana dopo l’avvio della risoluzione, resasi oramai necessaria per il drastico peggioramento delle condizioni delle quattro banche. Ora la Corte Ue dice che il divieto posto da Bruxelles, da cui deriva l’ingente distruzione di ricchezza e di fiducia dei risparmiatori italiani, non era legittimo. Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha chiesto le dimissioni della Commissaria Vestager.

La Banca Popolare di Bari valuterà “azioni di rivalsa e richieste di risarcimento nei confronti” della Commissione.

 

Fonte: www.huffingtonpost.it




Popolare di Bari: contestazioni disciplinari spropositate e strumentali

Non si può assistere al fatto che Colleghe e Colleghi, di ogni grado e di ogni struttura dell’ Azienda, subiscano contestazioni disciplinari e conseguenti sanzioni del tutto spropositate e strumentali.

Forte è la “rabbia” per il mancato riconoscimento di quanto ognuno di noi ha sempre fatto e continua a fare, con la massima professionalità, rispondendo anche di persona ad un territorio ed ad un contesto sociale estremamente esasperato da iniziative commerciali e notizie di stampa. Il tutto aggravato da un contesto aziendale di tecniche intimidatorie e di controllo “riesumate nella storia della BPB”, di cui le pressioni commerciali – inopportune, esasperate ed esasperanti – rappresentano ” la punta dell’ iceberg ! “

I dipendenti tutti sono diventati improvvisamente inaffidabili?
Impossibile!

Riteniamo, piuttosto, che dietro tali iniziative si celi il maldestro e destabilizzante obiettivo di scaricare sui lavoratori le inefficienze e gli errori del management – attuale o precedente è la stessa cosa – e quindi tagliare, proditoriamente e cinicamente, posti di lavoro.

Le contestazioni, infatti, sono spesso caratterizzate da eccessiva genericità, intempestività, violazione della riservatezza della vita personale, con l’impiego addirittura di investigatori privati.

E’ una vera vigliaccata nei confronti dei Lavoratori e delle Lavoratrici contestare la mancata fruizione dei corsi di formazione FAD nel 2018 ! Quasi a dimenticare quale “cerchio dantesco” sia stato lavorare in rete nel 2017, nel 2018 … ed ancora oggi, a causa di una gestione che sta “stressando tutta l’ azienda”.

Ridicola l’affermazione del “nuovo” management quando attribuisce le colpe a chi c’era prima !!!! E chi c’era prima ? … gli stessi che oggi si ripropongo alla guida di una ennesima “trasformazione” aziendale, con l’ ennesimo annuale piano industriale preannunciato, annunciato, da mesi …. ma ancora tutto da conoscere.

Si ripete, ma in condizioni e contesti ormai degenerati, il “déjà vu” del 2011, del 2016, del 2017, del 2018, ….

Il gioco non è cambiato e nemmeno i giocatori che continuano a soffrire sotto il peso di pessime scelte e peggiori rimedi.

Non siamo disponibili a tollerare questo ignobile disegno. Queste OO.SS. continueranno a tutelare i Lavoratori e le Lavoratrici anche da questo “massacro” aziendale.

Le Assemblee sinora tenute hanno dimostrato inequivocabilmente che le Lavoratrici ed i Lavoratori sono preoccupati, stanchi, stufi e pronti alla MOBILITAZIONE.

Con questi presupposti sarà inevitabile una stagione di aspra conflittualità, ove la parola SCIOPERO, sarà non più una semplice enunciazione!!!

Alla prossima.

Bari, 5 Marzo 2019

Segreterie OdC
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari

 

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Pop. Bari: “chiusura” della solidarietà e ripristino contribuzione ai fondi pensione

Il giorno 7 febbraio 2019, presso l’Hotel Palace di Bari, si è tenuta l’Assemblea Generale delle Lavoratrici e dei Lavoratori delle Filiali e Uffici della Banca Popolare di Bari presenti in Bari e Provincia di Bari.
La numerosa affluenza e l’accorato contributo fornito dai partecipanti, hanno connotato questo incontro come una pagina importante della storia sindacale della Banca.

L’evento ha rivelato una piena presa di coscienza e consapevolezza, da parte di tutti, del ruolo che ciascuno può assumere in questo momento critico, innegabilmente annoverabile tra i più bui nella vita dell’Azienda.
La riunione si è svolta con l’ illustrazione unitaria, da parte dei massimi rappresentanti delle sigle sindacali presenti nel Gruppo BPB, di quanto discusso e definito negli ultimi incontri sindacali tenuti con la controparte aziendale.

In premessa è stato ricordato come l’azienda, di fronte al senso di responsabilità manifestato dalle parti sociali con l’adesione all’accordo dell’agosto 2017, e di fronte al reale sacrificio assolto dalle Lavoratrici e dai Lavoratori tutti, abbia fatto emergere tutti i suoi limiti organizzativi manifestando, nei comportamenti e nei risultati, livelli di inadeguatezza manageriale probabilmente tra i peggiori registrati nel mondo bancario. Stigmatizzando, poi, come il non rispetto degli impegni assunti sui tavoli sindacali costituisca un fattore recidivante da parte dell’azienda, infatti anche i precedenti accordi sono stati disattesi per unilaterale inerzia manageriale.

Con particolare riguardo all’accordo di agosto 2017, anche su sollecitazione di alcuni specifici interventi dei presenti, volti ad ottenere riscontri puntuali sull’argomento, è stato precisato che i lavori svolti dalla “commissione tecnica”, incaricata di vigilare sul rispetto dell’accordo, hanno permesso il primo aumento del contributo aziendale al fondo pensione (25%), collegato ad una prima ripresa dell’indice del cost income registrata nel primo trimestre 2018.

Con i dati pervenuti in occasione della semestrale di giugno 2018, si è dovuto prendere atto dell’ evidente scostamento da quelli che erano gli obiettivi pattuiti, verosimilmente attribuibili al perdurare dell’adozione di bad practices da parte dell’azienda in materia di cost saving. Ed infine la contraddittoria assunzione di personale, in particolare di quello già cessato dal servizio; le pressioni commerciali e il metodo, a dir poco discutibile, imposto per la fruizione delle giornate di solidarietà. Ultima strabiliante “performance” negli ultimi incontri sindacali è stata l’affermazione, da parte della delegazione aziendale, che “non è stato ancora formulato il piano industriale per il quinquennio 2019 – 2023”, e che “è stato compiuto esclusivamente il primo step: l’approvazione delle linee guida” !

Durante l’ultimo incontro la delegazione aziendale, finalmente presieduta dal Direttore Generale (responsabile del personale secondo regolamento banca), ha finanche asserito che è stato riformulato l’organigramma aziendale, ma che il nuovo assetto “non è collegato al prossimo piano industriale” e che “non presenta ricadute sul personale dipendente”.

Di contro la delegazione aziendale ha espresso, a parziale modifica dell’Accordo 2017, la “ sospensione del regime di solidarietà” a partire dal 2019 e “l’incremento al 50% della quota aziendale di contribuzione ai fondi pensione”.

La delegazione sindacale, unitariamente, ha proposto, invece, la “chiusura” della solidarietà così come già effettuata e l’impegno della Banca di ripristinare integralmente la quota di contribuzione ai fondi pensione entro il 31 dicembre 2019, ed a condizione che quest’ultimo punto non possa più essere preso in considerazione per eventuali e future negoziazioni per la riduzione dei costi, vedi lo sconosciuto nuovo piano industriale.

Unanime e corale, di fronte a quanto riassunto ed illustrato dai rappresentanti delle sigle sindacali, l’indignazione delle Lavoratrici e dei Lavoratori presenti. Si tratta di un segnale chiaro e forte che esprime un unico significativo concetto:

BASTA !

Questo segnale importante conferisce ai sindacati la forza necessaria ed il mandato per poter affrontare con determinazione e con la certezza di compatto e nutrito sostegno, le inevitabili battaglie che il momento storico lascia presagire.

Le sigle tutte esprimono unanimemente il più sentito e accorato ringraziamento a tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori per aver espresso liberamente le proprie considerazioni e vissuti e auspicano un identico spirito partecipativo da parte delle Lavoratrici e dei Lavoratori che saranno convocati nelle prossime imminenti assemblee che saranno tenute in tutti i territori dove ci siano i nostri iscritti.

Il calendario sarà pubblicato a breve.

Ogni sviluppo delle “questioni” aperte, sarà portato a conoscenza di tutti con tempestività e chiarezza.

 

Bari, li 11 febbraio 2019

 

Segreterie OdC
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN

Gruppo Banca Popolare di Bari

 

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Pop. Bari: forte preoccupazione

COMUNICATO STAMPA

Le Segreterie di Coordinamento FABI, FIRST/CISL, FISAC/CGIL, UILCA, UNISIN del Gruppo esprimono forte preoccupazione per le ricadute occupazionali e professionali sul Personale dipendente e per le ripercussioni sui territori di interesse rivenienti dall’annunciato Piano Industriale 2019/2023.

Il personale, mai citato nel martellante proliferare di articoli di stampa, è stato e resta patrimonio fondamentale delle Banche del Gruppo e non può essere ignorato nè chiamato a correo della loro gestione.

Le OO.SS. scriventi si opporranno con ogni mezzo al tentativo di far pagare ancora una volta alle Lavoratrici e ai Lavoratori il prezzo delle inefficienze gestionali del management aziendale.

 

Bari, 4 Febbraio 2019

 

Le Segreterie di Coordinamento di Gruppo
Fabi – First/Cisl – Fisac/Cgil – Uilca – Unisin
Banca Popolare di Bari

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Popolare di Bari. Il grande cambiamento?

Avevamo richiesto un urgente incontro con il Direttore Generale, da statuto anche capo del personale della Banca, sui seguenti punti:

  • relazione al bilancio semestrale e dati di bilancio,
  • assunzione di personale cessato in violazione di accordi,
  • striscianti ristrutturazioni ed esternalizzazioni,
  • intollerabili pressioni commerciali,
  • prospettive aziendali e ci siamo visti recapitare una convocazione da parte del top-management aziendale e, a seguire, la risposta alla nostra sollecitazione.

E così, nella serata dello scorso 18 dicembre, si è tenuto l’incontro tra le scriventi OOSS ed i vertici aziendali. Il resoconto dettagliato dell’incontro si può leggere nel volantino allegato.

Le OO.SS. hanno parlato con una voce sola, facendo sentire con forza al management aziendale la solida unità di intenti, di difesa degli interessi e dei diritti dei lavoratori e lavoratrici rappresentati da tutte le componenti sindacali.

La prima constatazione sindacale è stata sulla composizione del “nuovo” management aziendale: un deja-vu dagli effetti stranianti e vagamente inquietanti.

I “nuovi” manager sono pensionati richiamati a “salvare l’Azienda”.
E questa è stata la prima osservazione critica circa la violazione degli accordi presi ( art. 14 accordo luglio 2016 ): c’era un espresso divieto alla riassunzione dei cessati dal servizio in BPB e la banca, non solo ha ignorato, ma sardonicamente ha affermato che lo si rifarebbe ancora perché fatto in piena buona fede ed esclusivamente nell’ interesse dell’ Azienda stessa!
Una dichiarazione che riteniamo irriguardosa e sprezzante nei confronti di chi, come tutti i dipendenti BPB, in ragione di quegli accordi sta pagando un prezzo salatissimo: i patti sono da osservare, da ambo le parti contraenti.

Per non parlare del tradimento di alcuni degli obiettivi del piano di riorganizzazione dell’agosto del 2017: la riduzione del rapporto costi/ricavi e la compressione delle spese amministrative.

A dispetto di quanto di buono fatto nella parte iniziale dell’anno – tanto che la riduzione delcost/income ci aveva permesso di riprendere una parte della contribuzione aziendale al fondo pensione – già dal bilancio semestrale il cost/income risulta aumentato.

In altre parole, il costo del personale è diminuito per via della solidarietà, mentre le spese amministrative sono aumentate e si è ridotto il margine di intermediazione. Ciò vuol dire una cosa semplice: i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo BPB hanno fatto la loro parte, il management aziendale no!

Lo abbiamo detto a gran voce: i lavoratori e le lavoratrici rispettano gli accordi firmati.
I lavoratori e le OO.SS. che li rappresentano, sono responsabili e si sacrificano giornalmente per raggiungere gli obiettivi aziendali, ed invece di essere considerati, vengono addirittura dileggiati, minacciati, offesi.
Essi si sacrificano anche economicamente, contribuendo a quello che pensavano potesse essere un risanamento e un rilancio aziendale, ma che così non è stato !
Hanno lasciato nelle casse aziendali circa 19 mln di euro, finiti malamente nel calderone bucato di un piano industriale sbagliato nelle sue previsioni.

Abbiamo detto loro che è la Banca a non rispettare mai gli accordi che liberamente sottoscrive con le OO.SS. e, tramite essi, coi lavoratori e le lavoratrici.
Gli stessi lavoratori e lavoratrici che, in queste occasioni, la Banca dice di avere a cuore, ma nei fatti vengono trattati con toni volgari e minacciosi da varie figure del middle management, sicure di poterlo fare solo perché convinte di esser provviste di copertura e di avallo del top management.

E’ del tutto evidente che gli accordi sono boicottati da parti dell’Azienda, che lavorano in totale anarchia di leggi e contratti: condanniamo il comportamento inaccettabile della rete commerciale che ha osteggiato e osteggia la fruizione della solidarietà e vessa continuamente i lavoratori!

Nulla ci è stato risposto riguardo alle nostre sollecitazioni in merito al bilancio del 1° semestre 2018, sia per la parte dei dati che nel “drammatico” testo a commento.

Per tutti questi motivi, abbiamo quindi chiesto fermamente di riportare indietro le lancette dell’orologio per ripristinare la piena contribuzione aziendale al fondo pensione e sospendere la solidarietà: è su questa base che vogliamo approcciare il piano industriale a venire!

Per queste cose le OO.SS., a margine dell’incontro, hanno convenuto con la Direzione Generale un calendario di appuntamenti, a partire dalla prima decade di gennaio, per verificare così l’effettiva e reale “discontinuità” di comportamento e di relazione che il top management in quest’incontro ha assicurato e per definire un accordo sulle politiche commerciali per frenare le odiose condotte vessatorie delle pressioni per la vendita.

Il progetto di cambiamento è vitale per l’ Azienda, ma lo è ancor di più per i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo BPB, che hanno dimostrato la propria disponibilità ad assumere responsabilità e “pesi”, non di poco conto, per il proprio “lavoro”.

Le parole da noi ascoltate sul futuro della Banca sono state vaghe, contraddittorie su quale modello societario e organizzativo ci sarà prospettato ed hanno generato dubbi e domande più che chiarimenti e risposte.

Sulla base delle verifiche che andremo ad effettuare durante le prossime settimane ed i primi incontri del 2019, procederemo alle assemblee dei lavoratori e delle lavoratrici, momento democratico e partecipativo ineludibile in questa delicatissima fase della storia della BPB.

Bari, il 21 dicembre 2018

 

Le Segreterie di Coordinamento
FABI          FIBA/CISL          FISAC/CGIL          UILCA          UNISIN




Banca Popolare di Bari: prossime iniziative di lotta

Colleghi e Colleghe

ci siamo lasciati il 30 luglio scorso con un comunicato in cui vi annunciavamo la riunificazione del tavolo sindacale, come prima forte risposta alla protervia aziendale, ai trasferimenti conseguenti alla chiusura delle filiali disposte dal 6 luglio, poi, complice il periodo feriale, si sperava in una pausa. Ma così non è stato!

Durante il periodo estivo l’azienda ha provveduto a “mensilizzare” il budget trimestrale per poi, a macchia di leopardo, farlo diventare settimanale! Di quanto avevamo denunciato nel documento del 30 luglio possiamo solo dire che il mese di ferie ha solo peggiorato la situazione o, al massimo, l’ha congelata in barba al calore estivo.

Ma iniziamo con ordine e partiamo dall’ultimo documento ufficiale dell’azienda.

La semestrale al 30-6–2018 risulta essere una delle peggiori mai registrate, caratterizza il risultato di un’ “infelice” gestione manageriale, non certo ascrivibile ai colleghi ed alle colleghe su cui, invece, questi “super manager” cercano di far ricadere le colpe dei pessimi risultati.
Ma noi non siamo i manager, noi viviamo di modesti stipendi. Se veniamo rottamati con un esodo incentivato o accediamo al fondo esuberi, non “rischiamo” di essere richiamati in servizio come accade spesso ai manager, che escono dall’azienda, con bonus “significativi”, e successivamente rientrano in BPB in beffa ai numerosi accordi sindacali sottoscritti dal 2012 al 2017.

E che dire dell’uso scellerato delle risorse – alcune decine di milioni di euro – che, attraverso gli accordi del 2016 e del 2017, i colleghi stanno “mettendo a disposizione” di un’azienda in grosse difficoltà?
Vengono sperperati in ennesime ed eterne consulenze, in richiami in servizio di persone oramai fuori dai contesti aziendali, ininterrotte assunzioni di “esperti” – per fortuna, altrimenti chissà quale semestrale sarebbe venuta fuori -. Ma vengono buttati, anche, nel calderone dei crediti erogati ad aziende che non hanno futuro: ricordiamo a tutti che la maggior parte dei crediti “ammalorati” sono di delibera dei massimi organi statutari.

Simbolicamente la cessione della Credit Management racchiude gli elementi base dell’agire manageriale.
Per incamerare il contributo economico, è stata irresponsabilmente ceduta la professionalità dei colleghi e delle colleghe, tant’è che per il servizio, ormai allo sbando, oggi si cercano estrosi palliativi. A quant’ammonta il valore del credito ceduto ?
E grande risulta essere la confusione gestionale che ha preso vita in Credit Management. Anche di questo sarebbero responsabili i lavoratori e le lavoratrici e non le decisioni manageriali ? Una catastrofe !!!

Pervicace l’affezione manageriale al Customer Center, concentrato di contraddizioni, di inadeguata gestione delle risorse umane, di aleatoria produzione di concreti risultati, nella sospetta volontà di non regolarizzare e strutturare il servizio così da non dare dignità ai lavoratori ed alle lavoratrici che sempre più numerosi vengono “avviati” a quell’ ufficio, portando con se un importante bagaglio professionale che viene puntualmente vanificato, perduto, sprecato. Ma a cui vengono assegnati sempre maggiori incombenze senza uno straccio di giustificazione normativa interna, con straordinari festivi (volontariamente obbligatori) che vanno solo ad aumentare i costi.

E che dire delle piccole angherie quotidiane a cui, purtroppo, siamo sempre più soggetti e che ci sdegnano ancor di più per la loro bassezza e meschineria: straordinari non riconosciuti, filiali in emergenza a cui non vengono date sostituzioni, obbligo di fare ferie, ex festività e giorni di solidarietà, ma che diventano una nostra COLPA e non un aiuto che il personale sta dando all’azienda.

Questo management ha difficoltà a “gestire” l’azienda in funzione degli accordi sindacali che cerca e che sottoscrive, ma poi non rispetta e non fa rispettare.

Una domanda viene spontanea, se non si riesce a gestire la solidarietà, i lavoratori e le lavoratrici che sono stati obbligati a “rinviare” la solidarietà, ed hanno accumulato anche 20 giorni, quando la potranno fare – magari a dicembre – la “pagheranno” per l’intero mese ?

E che dire delle contestazioni disciplinari sempre più cavillose ed eccessive rispetto ai “ritmi” sinora dettati dai “capi”? E dei colloqui intimidatori e i trasferimenti fatti in dispregio di ogni regola – il giorno prima, Lg.104/92 – oltre che di ogni buon senso.
E la recentissima ri-pubblicazione del “Codice Disciplinare”, ha significati “allusivi” ?

Respingiamo con fermezza i sempre più violenti e continui tentativi dei vertici aziendali di scaricare le responsabilità della situazione di difficoltà sui lavoratori e sulle lavoratrici con le continue vessazioni commerciali e il massiccio ricorso a contestazioni disciplinari.

 

Le scriventi OO.SS.

− stigmatizzano la deriva autoritaria e la sempre più evidente difficoltà gestionale aziendale;

− ritengono che i comportamenti aziendali abbiano svuotato di valore il modello sindacale propositivo ed alle volte partecipativo, sin qui assunto, da tutte le sigle sindacali presenti in azienda, il cui senso di responsabilità viene così “calpestato”;

− avvieranno una intensa fase di confronto con i lavoratori e le lavoratrici per condividere le future iniziative di lotta, ormai ineludibili.

Bari, li 24.9.2018

Segreterie di Coordinamento Gruppo Banca Popolare di Bari
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN

 

Leggi anche:

https://www.fisaccgilaq.it/banche/banca-popolare-bari/pop-bari-una-nuova-fase-sindacale-una-nuova-stagione-unitaria.html




Pop. Bari: una nuova fase sindacale. Una nuova stagione unitaria!

Con la parossistica stretta sul personale posta in essere dalla dirigenza aziendale del Gruppo BPB, caratterizzata da:

  • inasprimento delle pressioni commerciali, certamente sanzionabili ai sensi del Codice Etico aziendale se non del Codice Civile,
  • trasferimenti spietati,
  • mancato riconoscimento degli straordinari effettuati e delle sostituzioni,
  • ingiustificabili ed enormi ritardi per gli adeguamenti economici in caso di avanzamento di ruolo rinveniente da CIA,
  • inopinate alterazioni e intromissioni nelle modalità di effettuazione della solidarietà volontaria,
  • aumento delle contestazioni disciplinari e dei conseguenti eccessi sanzionatori (finanche con licenziamenti),
  • colloqui minatori ed intimidatori,

in un contesto di caos organizzativo, anche aggravato dall’assenza di coerenza tra quanto scritto nel regolamento e quanto di fatto attuato sui luoghi di lavoro e, in alcuni casi, di l’ assenza di norme operative certe, le Organizzazioni Sindacali tutte, consapevoli della fase di estrema delicatezza in cui versa l’Azienda, non certo per responsabilità ascrivibili ai suoi dipendenti ma del suo management, comunicano di superare tutte le ragioni che sino ad oggi hanno portato alla separazione dei tavoli e di avviare congiuntamente una nuova fase sindacale, una fase di lotta, una nuova stagione di rapporti unitari.

Oggi, dopo la deriva gestionale e autoritaria che la dirigenza BPB ha intrapreso con la volontà di non arrivare ad un equo accordo sulla procedura ex art. 17 CCNL relativa alla chiusura filiali, FABI, FIRST/CISL, FISAC/CGIL, UILCA, UNISIN intendono presentarsi compatte alla prevista trasformazione in società per azioni e al preannunciato nuovo piano industriale.

Oggi chiediamo conto unitariamente al management aziendale dei tanti milioni di euro frutto dell’accordo di agosto 2017, che fondava le sue ragioni nel tentativo di evitare, con un notevole e non facile sforzo collettivo, l’acuirsi di una crisi dell’azienda ormai conclamata, con sacrificio di tutti i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo BPB che l’azienda non può né dimenticare né, tanto meno, ignorare.

Non più divisioni dunque ma una ritrovata e forte unità di intenti per la tutela del lavoro, dei lavoratori e delle lavoratrici del Gruppo BPB, e per la costruzione di nuove e corrette relazioni industriali e contro una gestione della Banca e del personale ottusa e violenta.

Bari, 30 Luglio 2018

 

I Segretari Responsabili di Coordinamento Gruppo Banca Popolare di Bari
FABI          FIRST/CISL          FISAC/CGIL          UILCA          UNISIN

 

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POPOLARE DI BARI. Pressioni commerciali: ora basta!

Pubblichiamo un nuovo contributo, stavolta delle Segreterie di coordinamento della Banca Popolare di Bari, sul tema che maggiormente impatta sulla qualità di vita di tutti i lavoratori del settore credito.
E’ triste constatare come, ancora una volta, gran parte delle considerazioni fatte potrebbero tranquillamente essere estese alla totalità delle aziende bancarie.

TOLLERANZA ZERO!

Negli ultimi tempi pare che i nostri dirigenti e capi area siano stati folgorati da letture illuminanti ispirate al movimento futurista italiano di inizio Novecento.
Proliferano, infatti, sui gruppi di contatto e sulle e-mail aziendali, una sequela di “scritti onomatopeici” e motti parabellici vagamente reazionari, volti a motivare le “truppe” o, pardon, i lavoratori della BPB. Probabilmente, senza averne mai avuto contezza dal datore di lavoro, il personale è stato inquadrato tout court in una sorta di ordinamento militare.

Il “movimento aggressivo” della politica commerciale in atto sta, di fatto, portando alla sopraffazione di tutte le altri funzioni bancarie, portando i colleghi della BPB a tralasciare, a loro rischio e pericolo, l’area dei controlli e del rispetto delle normative sul credito, sull’antiriciclaggio, sulla MIFID II, ecc., esponendoli in misura perigliosa a contestazioni, sanzioni, ammende, multe, risarcimenti.
Non vorremmo che il glorificato “gesto distruttore” e il “passo di corsa” dei nostri manager possa generare altri “schiaffi e pugni” sui già vessati e sgomenti colleghi.
L’azienda, nonostante la disponibilità e il sacrificio dei lavoratori, continua ad utilizzare ostentazioni di forza finalizzate a fiaccare, paralizzare e/o distruggere la percezione di resistenza e di volontà dei lavoratori.
Azioni che generano paure, ansie e pericoli incomprensibili per la platea dei colleghi i quali vivono uno stato di frustrazione crescente.

Come chiamare quanto accaduto nelle ultime settimane, se non volere una irregimentazione in un corpo militare, dove è vietato pensare?

Tutti i gestori e direttori di filiale hanno ricevuto mail provenienti dai capi area, con richieste tassative di invio, da parte dei gestori, di report giornalieri sui contatti fatti e previsti per il giorno successivo, di richieste di e-mail da fare più volte al giorno, sui prodotti collocati e report finale, anch’esso giornaliero, del direttore della filiale…
L’ordine di imperio proviene di certo, visto che sono interessate tutte le aree, dalla Direzione Business che ritiene necessario un monitoraggio puntuale “con indicazione esplicita delle filiali con produzione nulla”, come dicono i capi area nelle conference (“così forse vi vergognate”).
Personaggi che dicono che se i numeri non saranno quelli che chiedono “ci saranno licenziamenti”, altri figuri che urlano che “era meglio licenziare 500 colleghi che fare la solidarietà dove non ci si capisce un … (sic!)” e poi riunioni su riunioni con minacce per nulla velate, forecast (previsioni) assurdi (“dovete almeno segnare il 100%!”), conference call di convergenza… Ore ed ore sprecate a fare riunioni inutili e che servono solo a qualcuno per sentirsi importante e far sentire la verga sulle terga dei colleghi con minacce di trasferimenti, con colloqui riservati “one to one” dove le minacce di trasferimento sono la costante, insieme alla minaccia di licenziamento per scarso rendimento…

Una caccia alle streghe, insomma, utile solo a chi persegue una competizione parossistica e che considera il deterioramento del clima lavorativo un trascurabile dettaglio, le minacce di trasferimento (quando va bene) o di licenziamento come un necessario pungolo, una carezzevole frustata ai buoi che faticano per arare il campo.
Il messaggio arrivato ai direttori è di “tolleranza zero” per chi non provvedesse a inviare il report e, in modo implicito, a chi lo inviasse con zero collocamenti.
Contestiamo da sempre l’utilizzo strumentale di report estranei agli strumenti informatici abbondantemente in possesso delle funzioni commerciali della prima banca del Sud, report che si trasformano in mero strumento di controllo a distanza e pressione indebita su chi quotidianamente cerca di fare con professionalità il proprio lavoro di bancario e non di imbonitore televisivo.
L’accordo ABI-OO.SS. del 8 febbraio 2017 vieta la richiesta di report che non siano standardizzati e messi a disposizione dall’azienda: quindi i normali supporti informatici già a disposizione!

ORA BASTA!

Non si può risolvere tutto concedendo ai comparti commerciali di assurgere ad entità infallibili e quasi divine.

Le pressioni commerciali a cui veniamo sottoposti – quotidianamente – non devono mai farci dimenticare le nostre responsabilità sociali, etiche e normative, mentre ci assumiamo la paternità di operazioni che in futuro potrebbero persino esserci contestate, non solo dai clienti ma dall’Azienda stessa.
Ricordiamo a tutti i colleghi che nessuno può essere licenziato se non raggiunge il budget, ma che si può essere sanzionati con provvedimento disciplinare, con conseguenze anche risarcitorie, se non ci si attiene alle policy e alla normativa di legge.
Occorre inoltre ribadire, a fronte delle insistenti richieste che pervengono dall’alto, che la disciplina giuridica stabilisce che il prestatore di lavoro è tenuto all’osservanza dei criteri di diligenza, perizia e professionalità (obbligazione di mezzi) ma non è tenuto all’obbligo di risultato.

Siamo, come lavoratori del credito, finanche, garanti della funzione di tutela del risparmio prevista dall’art. 47 della Costituzione italiana, norma troppo spesso disattesa e tradita dalle recenti, gravi crisi bancarie. Abbiamo il diritto-dovere di lavorare in un clima di serenità e di responsabilità, coerente con l’etica professionale, con il rispetto della dignità delle persone e delle esigenze reali e della centralità dei clienti.

Non possiamo più tollerare interventi manageriali di stampo autoritario.
Non si può sopperire alla mancanza di autorevolezza con un autoritarismo volgare e che conduce la cultura aziendale verso il degrado definitivo.
Non si può vivere la quotidianità esclusivamente con una concezione mercantile di breve/brevissimo termine, spalmando i rischi operativi sul personale vessato e sulla platea di risparmiatori/investitori dalla scarsa educazione finanziaria.

Chiediamo con forza all’azienda di smetterla con questi comportamenti lesivi della dignità di chi, oltre a lavorare con coscienza, ha anche dato una quota del suo stipendio, con la solidarietà, per far sì che quest’azienda potesse crescere e uscire dai pantani in cui si è cacciata da sola, non certo per colpa dei suoi lavoratori.

Chiediamo, infine, ancora una volta e con urgenza, che venga convocata la Commissione di cui al Protocollo sulle Relazioni Industriali (ex accordo 9-112016 art.5) e che venga aperto un tavolo come previsto dall’Accordo ABI sulle politiche commerciali del 8-2-2017, al fine di ripristinare al più presto le condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori e di corrette relazioni azienda-lavoratore.

Bari, 16 maggio 2018

Segreterie OdC
FABI – FISAC/CGIL – UNISIN
Gruppo BPB

Bari, 16 maggio 2018

 

Scarica il volantino

Sul tema delle pressioni commerciali leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/banche/con-la-fisac-contro-le-pressioni-commerciali.html




Dirigenza ex TERCAS: sembrava impossibile non restituire i soldi

Il filo conduttore, dopo sei mesi di udienze, resta sempre lo stesso. Anche quando a parlare in aula sono gli imputati.

«La banca era solida, impossibile non poter ridare i soldi»: dice Lucio Pensilli, 69 anni, ora in pensione, all’epoca dei fatti dirigente dell’Area Finanza della banca e in questa veste imputato insieme ad altri 27 nomi nel processo per la presunta truffa con le azioni ex Tercas. Per tutti l’accusa è quella di truffa in concorso: all’ex direttore generale Antonio Di Matteo, a diversi dirigenti, direttori di filiali e molti semplici impiegati la Procura (pm Enrica Medori) contesta di aver venduto delle azioni facendole passare invece per cosiddetti «pronti contro termine».

I fatti contestati risalgono al 2011, prima del commissariamento della banca avvenuta nel 2012. Pensilli, rispondendo alle domande del pm, ha ripercorso tutte le tappe della vicenda, ricordando come la prima operazione di quel genere fu messa in atto nel 2010. Operazione che andò a buon fine.
«Nel 2010 il direttore generale Di Matteo convocò una riunione con i responsabili dell’area finanza e commerciale e con i capo area dei due settori», ha detto Pensilli, «la sera prima mi chiese di preparargli un prospetto sui dividendi che la banca avrebbe distribuito a maggio 2011. Sul momento non sapevo a cosa servisse, dopo la riunione ho capito che poteva servire a supportare l’operazione. Di Matteo disse di effettuare una vendita di azioni Banca Tercas per un certo lasso temporale, offrendo un rendimento del 2%».

L’operazione fu riproposta negli stessi termini l’anno successivo, con l’unica differenza di un lasso temporale più ampio (un anno rispetto ai sei mesi) e un rendimento garantito del 3%. Ed anche in quel caso, ha detto Pensilli, l’operazione venne illustrata da Di Matteo.
Alla domanda se ci furono obiezioni l’ex dirigente ha risposto:

«Eravamo un po’ tutti, me compreso, degli yes man. Nel senso buono».

Sul commissariamento, rispondendo al giudice Flavio Conciatori, ha detto: «Il commissariamento per me era inverosimile. Tenga conto che la semestrale della banca, il primo semestre del 2011, aveva chiuso con un utile consolidato di 20 milioni. Per non parlare poi dell’ispezione di Bankitalia, che si era chiusa positivamente».

Oltre a Pensilli altri quattro imputati si sono sottoposti all’esame nell’udienza di ieri che si è aperta con l’audizione di due clienti che avevano comprato le azioni. Si torna in aula il 9 aprile con l’audizione di altri testi ed eventuali altri esami degli imputati.

 

Dal quotidiano “Il Centro” del 20/3/2018