Banca d’Italia, al via i nuovi controlli per i movimenti in contanti

La misura, prevista dalla riforma del 2017, prevede l’invio delle comunicazioni su prelievi e versamenti presso Banche, Poste, istituti di pagamento. Non sarà una segnalazione automatica di operazione sospetta ma accenderà un faro da parte delle autorità.

 

Tetto di 10mila euro

La comunicazione dovrà essere inviata, ha chiarito la stessa Uif, anche se si supera il tetto dei 10mila euro attraverso più operazioni singolarmente pari o superiori a 1.000 euro. Il primo invio dovrà essere effettuato entro il 15 settembre 2019 e riguarderà i dati riferiti ai mesi di aprile, maggio, giugno e luglio.

Uso dei contanti

I contanti in Italia restano ancora molto usati, rispetto agli altri paesi europei, in Italia malgrado l’aumento di questi anni di strumenti di pagamento come carte di credito, bancomat e bonifici. E come rilevava di recente uno studio della stessa Uif, sono usati maggiormente al Sud per una questione di arretratezza finanziaria e tecnologica ma gli usi anomali sono concentrati al Centro Nord, laddove guarda caso l’economia muove risorse maggiori.

 

Fonte: Sky TG24



Banca d’Italia: convogli senza direzione

DOVE STA ANDANDO LA VIGILANZA IN BANCA D’ITALIA?

In data 27 settembre 2018 la Banca convocava le OO.SS. per un incontro – meramente informativo – nel quale illustrava la riforma organizzativa della Funzione Vigilanza.

In quella occasione la Fisac Cgil faceva osservare come, già nella prima descrizione dei contenuti della riforma, fossero evidenti numerose criticità e aspetti sui quali sarebbe stata opportuna, da parte dell’Amministrazione, un’attenta riflessione (link).

Usando invece la solita presunzione che fa credere di poter fare a meno di indicazioni e suggerimenti dei Sindacati, la Banca ha preferito continuare a far finta che la declinazione al futuro di tanti verbi (“organizzeremo”, “gestiremo”, “terremo conto”) sarebbe stata sufficiente, in sé, a garantire l’esito positivo della riforma, pur nella totale inerzia gestionale.

A quasi un anno di distanza vogliamo evidenziare come, invece, le tante certezze espresse nei tempi verbali non abbiano trovato riscontro alcuno nella realtà, a posteriori, perché non solo la riforma della Vigilanza non ha dato finora gli effetti sperati (dalla Banca) in termini di efficienza della Funzione, ma ha anzi determinato pesanti risvolti lavorativi per i dipendenti sia in termini di mole di lavoro, sia di ingestibilità organizzativa.

Il primo effetto evidente della riforma è stata la chiusura di tutte le Divisioni distaccate di Vigilanza – Cuneo, Vicenza e Udine – sufficiente già in sé a dimostrare come il modello di decentramento operativo, ispiratore della riforma, fosse invece applicato in modo incoerente e fallimentare da principio, come la Fisac Cgil aveva giàfatto notare.

Il secondo effetto è stato quello di diffondere la comune opinione per cui, dopo la nascita dei Gruppi cooperativi e con la nuova organizzazione per Poli, nelle Divisioni di Vigilanza delle Filiali non capopolo non ci sarebbe stata più alcuna attività da svolgere e che a breve sarebbero diventate scatole vuote da raccolta differenziata. Col conseguente immediato drastico calo del personale assegnato.

Il terzo effetto è stato quello di sottrarre alla guida delle Direzioni locali delle Filiali non capopolo le attività delle Divisioni di Vigilanza relative alle BCC. L’accentramento decisionale e il decentramento operativo infatti hanno luogo per via di un’interlocuzione diretta tra Responsabili dei Poli, membri dei JST e Titolari delle Divisioni che esclude completamente le Direzioni locali, responsabili un tempo dell’attività svolta e dei rapporti con le Banche locali. Su nessuna delle attività decentrate è previsto infatti il coinvolgimento delle Direzioni locali, che si trovano a gestire il personale addetto senza avere visione alcuna, se non per tramite dei CapiDivisione, dei compiti assegnati per delega e, dunque, delle necessità organizzative delle Divisioni, a cominciare dalle esigenze di personale e delle conoscenze utili ai fini valutativi.

Il quarto effetto è stato quello di creare la più ampia confusione organizzativa tra Filiali capopolo, Filiali collegate e membri dei JST. Infatti, la creazione dei Poli è avvenuta senza che fosse ancora chiaro in che modo si sarebbe modulata in concreto la Vigilanza sui Gruppi bancari cooperativi. A questo si aggiunge una gestione organizzativa del tutto improvvisata di compiti e responsabilità in cui, rispetto al precedente modello, l’identificazione di chi fa che cosa procede con poche regole e molte eccezioni, senza una chiara definizione dei ruoli nei processi e in totale assenza di una visione prospettica. Manca inoltre una chiara possibilità di misurazione delle attività, col rischio di veder attribuire dati di lavoro non a chi li svolge o collabora in concreto, ma solo a chi mette la firma finale, con chiara penalizzazione delle Filiali collegate alle capopolo.

Il quinto effetto è stato quello di far ritenere risolte tutte le problematiche della Vigilanza in Amministrazione Centrale, come se il nuovo modello organizzativo fosse in grado, per il solo fatto di esistere, di far diminuire la mole di lavoro o conferisse ai colleghi superpoteri nei periodi di maggiore intensità lavorativa, visto che non sono stati previsti né incrementi di organico, né una più efficace divisione del lavoro e mentre, a dispetto dell’idea fondante la riforma, il decentramento operativo è intervenuto in modo molto marginale per quanto riguarda le attività svolte in A.C..

Il risultato complessivo, ad oggi, è una situazione di smarrimento generale in cui nulla è definito: il ruolo delle Direzioni locali (sia per Filiali capopolo che non), l’attribuzione di compiti e responsabilità tra i vari attori, la dimensione futura dell’attività lavorativa.

La Fisac Cgil continua a ritenere che l’importanza della Funzione di Vigilanza sia indiscutibile, tra le attività “core” della Banca d’Italia e che la sua azione possa rivelarsi tanto più efficace quanto più viene mantenuto fermo il principio di prossimità territoriale rispetto ai soggetti vigilati. A questo scopo occorre quanto prima correggere il modello, in modo che possa essere ripristinato un pieno e diretto coinvolgimento delle Direzioni locali e del personale delle Divisioni a livello territoriale. È altresì necessario gestire in modo proattivo i cambiamenti, rispetto a numerose attività su cui una valutazione prospettica non è mai avvenuta.

Questo vale anzitutto per il modello di Vigilanza sui Gruppi cooperativi, ma anche su altre attività già presenti o che si sono aggiunte: la mole delle CR da lavorare è incrementato in modo esponenziale senza una proiezione di cosa avverrà con l’introduzione del portale con accesso tramite SPID, l’evoluzione del sistema ICAS – che si è già rivelato molto impegnativo – non è stata stimata, come pure la collaborazione con le Segreterie tecniche dell’ABF o l’impegno nelle attività ispettive e di analisi su banche e altri intermediari. Questo non consente una valutazione adeguata delle esigenze di personale, attualmente in sovraccarico lavorativo perché ridotto nei numeri ai minimi termini. Su questo aspetto vale la pena sottolineare anche come su tutto il territorio nazionale la Banca disponga, in Vigilanza, di personale con competenze tecniche molto qualificate e come la sottoalimentazione o il sottoutilizzo di questo profilo professionale condurrà in breve ad una perdita complessiva nella capacità di analisi, non recuperabile nel tempo e non esternalizzabile.

Data la situazione, la Fisac Cgil ritiene che, nel fitto calendario previsto – nelle intenzioni – per settembre, vada improrogabilmente inserito un incontro che faccia il punto sull’andamento della riforma e che stavolta la Banca dovrebbe presenziare con un orecchio maggiormente teso all’ascolto delle problematiche dei colleghi e delle istanze delle OO.SS. che li rappresentano, rispetto a quanto finora è in essere.

Chiediamo inoltre di essere interessati per tempo in merito ai progetti futuri sulla Vigilanza, sia in termini di proiezione esterna, per quanto attiene la pianificazione nei rapporti con la BCE del modello di Vigilanza sui Gruppi cooperativi – ove chiediamo fin da subito che sia previsto e chiaramente delineato il ruolo delle risorse di Filiale a supporto dei colleghi del JST, al fine di svolgere la grande mole di lavoro che la supervisione su un conglomerato di questo tipo richiede – sia internamente, anche vista della prossima emanazione di un nuovo Piano strategico, in cui esortiamo sin da ora l’Amministrazione a porre il lavoro in posizione maggiormente centrale.

Roma, 19 luglio 2019

La Segreteria Nazionale
Fisac-Cgil Banca d’Italia




Il lavoro e il futuro della Banca d’Italia

Più volte la Fisac Cgil ha evidenziato come le scelte della Banca risultassero miopi e poco lungimiranti, incapaci di salvaguardare il futuro dell’Istituzione e dei suoi lavoratori.

Molte sono state, nel tempo, le proposte da noi avanzate per dare impulso all’attività dell’Istituto, con l’obiettivo di promuovere il ruolo fondamentale che ha e che deve avere per il Paese, nonché per sviluppare l’immenso patrimonio di professionalità dei lavoratori della Banca.

In coerenza con questo, abbiamo avanzato critiche su ogni aspetto delle scelte dell’Amministrazione che si ponesse in contrasto con questa ottica di sviluppo futuro, non a caso concentrandoci spesso sul ruolo delle nuove generazioni e su come alcune riforme collocassero le basi per una vera e propria involuzione dell’Istituzione e dei rapporti lavorativi.

Nel corso dell’ultimo incontro sulle carriere operative, è apparso chiaro ciò che sosteniamo da tempo, ovvero che la Banca possiede una propria visione prospettica del lavoro.

Una visione che la Delegazione aziendale ha voluto in qualche modo condividere con la OO.SS. presenti, confermando la nostra convinzione che le scelte fatte e le proposte per le future riorganizzazioni – da noi non condivise – siano il frutto di una miopia consapevole, nell’ambito di un progetto che finisce per mirare all’arretramento.

Nell’incontro dello scorso 9 luglio, infatti, la Delegazione Aziendale ha presentato il progetto per un nuovo sistema di valutazione per le carriere operative, indicandolo come finalizzato a “proteggere” i colleghi.

Cosa buona, potremmo dire, se non fosse che il concetto di protezione sottende, a nostro avviso, la presenza di un “pericolo”.

Quale sarebbe, dunque, il “pericolo” per i colleghi?

Il nuovo sistema di valutazione è stato presentato come finalizzato a fornire ai lavoratori lo stimolo a orientarsi verso un aggiornamento continuo, che li metta in grado di non subire mai un effetto di “spiazzamento” rispetto al contesto lavorativo in continua evoluzione, con particolare riferimento a quello esterno, poiché “chissà cosa potrà succedere domani”.

Soprassedendo sulla superficialità di questo tipo di allusioni, che emergono costantemente in momenti “particolari” delle trattative e vengono puntualmente rispedite al mittente dal sindacato, ribadiamo che, a parere di questa O.S. è invece il progetto di riforma delle carriere che la Banca sta perseguendo a gettare, semmai, punti interrogativi sul futuro di molte strutture – non soltanto periferiche – del nostro Istituto, come già capitato per riforme realizzate di recente.

La Fisac Cgil ha già sottolineato che la proposta della Banca di creazione di percorsi valutativi e professionali completamente incentrati sulle “famiglie professionali” rischia di incentivare un’organizzazione per “compartimenti stagni”, consolidando una situazione in cui non c’è più la Banca, ma ci sono tante Banche, distinte e separate, tanto più perché insisterebbe su una struttura per Dipartimenti che già va in quella direzione.

È evidente che una Banca frammentata per Dipartimenti – da un punto di vista organizzativo – e per “famiglie professionali” – da un punto di vista normativo – non dà il senso di un disegno complessivo di rilancio.

Separare tra di loro compiti e strutture si presta a ottenere un assetto più plasmabile in cui diventa più facile intervenire con nuove riorganizzazioni e, magari, dismissioni di parte di esse, specie in un contesto molto fluido nell’ambito del quale il nostro vertice continua a non dare risposte esaurienti sul futuro delle nostre Funzioni istituzionali.

Facendo appello al senso comune, non possiamo non riflettere sul fatto che, quando si vuol gettar via un oggetto ingombrante, può essere utile farlo prima a pezzi per poi liberarsi, agevolmente, di ciascuno di essi.

Lo scorso maggio, nell’ambito dell’ultima Assemblea organizzativa della Fisac Cgil Banca d’Italia, la nostra Organizzazione si è data come primario obiettivo quello di contrastare il declino dell’Istituto. A questo scopo, abbiamo lanciato a tutte le Organizzazioni sindacali un invito: discutere insieme, in un convegno, del futuro e del lavoro in Banca d’Italia, di un rilancio delle Funzioni, dell’immagine e del ruolo dell’Istituto e dei suoi lavoratori.

L’invito è ora rinnovato.

La Fisac Cgil crede profondamente in questo progetto, certa anche del supporto della Confederazione, come la partecipazione del Segretario Generale Maurizio Landini all’Assemblea organizzativa di maggio ha testimoniato.

Se ciò che spaventa è la rapidità dell’evoluzione del contesto in cui ci muoviamo, crediamo che non sia più il momento di procedere in modo incerto o attraverso tattiche “protettive”, ma che occorrano riforme di “ampio respiro”.

È giunto il momento di progettare e di incidere, come sindacati, anche sui profili organizzativi dell’Istituto. Per il lavoro e per il futuro della Banca d’Italia.

Roma, 16 luglio 2019

 

La Segreteria Nazionale Fisac/Cgil Banca d’Italia

 




Banca d’Italia: rallenta la crescita in Abruzzo

Lunedì scorso è stato presentato il rapporto della Banca d’Italia sull’andamento dell’economia abruzzese.

Dipinge uno scenario di luci e ombre: se il Pil dell’Abruzzo, nel 2018, è stimato in crescita, sebbene di mezzo punto percentuale, è vero anche che c’è stato un rallentamento di circa un terzo dell’espansione rispetto all’anno precedente. L’attività produttiva si è indebolita, in particolare, nell’industria e nel terziario. Il fatturato delle imprese industriali è lievemente diminuito in termini reali; risultati migliori sono stati conseguiti dalle aziende con maggiore propensione all’export, grazie alla crescita degli scambi con l’estero. Le esportazioni sono aumentate del 3.9%, trainate principalmente dall’aumento delle vendite di mezzi di trasporto. La spesa per investimenti ha registrato un contenuto incremento.

Ad illustrare il rapporto sono stati Dealma Fronzi, da qualche settimana a capo della filiale regionale dell’Aquila della Banca d’Italia, Valter Di Giacinto e Alessandro Tosoni, che si sono occupati dell’analisi sull’economia territoriale. Hanno spiegato che il settore delle costruzioni, in particolare, ha beneficiato della ripresa delle compravendite immobiliari e dei bandi per l’esecuzione di lavori pubblici. Nell’ultimo decennio, è stato significativo il contributo all’attività edilizia fornito dai lavori di ricostruzione post sisma nell’aquilano, che hanno avuto ricadute positive sull’intera economia dell’area.

Ad uno specifico approfondimento sulla situazione economia dell’Aquila e dei comuni del circondario, si registra dal 2008 un aumento del 30% in edilizia che fa contraltare al – 30% del resto della Regione; d’altra parte, nel cratere la ricostruzione ha trainato anche i settori della ristorazione e degli alloggi oltre che le attività terziarie direttamente collegate, si pensi agli studi tecnici di ingegneri, architetti e così via. Al contrario, non si è registrata una inversione di tendenza nel settore industriale, che già viveva una lunga fase regressiva nel pre-terremoto. Sta di fatto che il settore, sebbene non quantitavimente esteso, è qualitativamente eccellente in ambiti innovativi e trainanti: non è un caso che si contino nel territorio il 30% delle start up innovative dell’intera regione, merito anche del GSSI e dell’Università che ha dato vita ad un numero interessante di spin off produttivi.

Tornando al panorama regionale, l’attività produttiva si è indebolita nel commercio e nei trasporti, mentre l’andamento del settore turistico è stato moderatamente positivo.

I prestiti delle banche alle imprese sono rimasti pressoché sugli stessi livelli dell’anno precedente ( – 0.3% a dicembre ). La domanda di credito è scesa nella seconda metà dell’anno: nel secondo semestre, inoltre, sono emersi segnali di ulteriore irrigidimento delle condizioni; l’orientamento delle banche rimane maggiormente selettivo nei confronti delle imprese più rischiose.

La redditività delle imprese ha confermato il recupero conseguito negli ultimi anni, attestandosi su livelli in linea con quelli pre-crisi; ne beneficiano la capacità di autofinanziamento e la liquidità.

Buone notizie per l’occupazione che è ulteriormente aumentata ( + 1.6% ) sebbene si sia registrata una flessione nella seconda parte del 2018. L’incremento ha riguardato eslusivamente i lavori alle dipendenze. Tra i dipendenti, sono tornare a crescere le assunzioni a tempo indeterminato e le stabilizzazioni di contratti a termine. E’ proseguita la lenta ripresa dell’occupazione giovanile, che rimane tuttavia ancora inferiore ai livelli pre-crisi mentre il tasso di occupazione complessivo è tornato ai tassi del 2007.

Un dato va tenuto in considerazione: se l’occupazione è ai livelli precedenti alla grande crisi, in Abruzzo il prodotto interno lordo è ancora 3 o 4 punti sotto i livelli del 2007.

Scende la disoccupazione – dall’11.7% al 10.8% in media d’anno – anche tra i lavoratori più giovani e diminuiscono i così detti ‘neet’.

Nel 2018, il reddito e i consumi delle famiglie abruzzesi sono stimati in contenuto aumento.  Alla crescita del reddito hanno contribuito soprattutto i redditi da lavoro e, in particolare, quelli da lavoro dipendente. In Abruzzo, l’incidenza del numero di famiglie in condizioni di povertà relativa, però, resta più alta della media nazionale, sebbene tenga l’indice di fiducia dei nuclei familiari. D’altra parte, la ricchezza netta delle famiglie si colloca al di sopra dei livelli del 2008.

Nell’ultimo decennio è aumentato il peso delle attività finanziarie, sebbene la componente reale della ricchezza continui a rappresentarne la parte più rilevante. Nel 2018, a fronte dei bassi livelli dei tassi d’interesse, le famiglie hanno continuato a favorire l’investimento in strumenti finanziari prontamente liquidabili. I prestiti erogati alle famiglie residenti in Abruzzo da banche e società finanziarie sono aumentati del 3.5%, riflettendo la ripresa della erogazione di mutui e la crescita del credito al consumo.

Stando al mercato del credito, è proseguito il processo di razionalizzazione della rete territoriale delle banche, in particolare da parte degli intermediari di maggiore dimensione: anche nel 2018 è diminuito il numero degli sportelli bancari presenti in regione, mentre è ulteriormente aumentata la fornitura di servizi bancari per il tramite dei canali telematici. La qualità del credito è migliorata. L’incidenza dei nuovi crediti deteriorati è diminuita, sia per le imperse che per le famiglie. La quota di prestiti in sofferenza sul totale dei prestiti si è ugualmente ridotta, anche per effetto delle operazioni di cessione e di cancellazione dal bilancio realizzate dagli intermediari.

 

Fonte: www.newstown.it




Emauela Marini eletta nella Segreteria Nazionale Fisac Banca d’Italia

Il giorno 18 maggio è stata eletta la nuova Segreteria Nazionale della FIsac Banca d’Italia.

Fra gli eletti figura la nostra Emanuela Marini, già componente della Segreteria Provinciale Fisac L’Aquila. Il suo nuovo ed importante ruolo rappresenta per il nostro territorio un motivo di orgoglio e soddisfazione.

Questi i nomi degli altri eletti:

  • Alessandro Agostino (Segretario Coord. – Trieste)
  • Cinzia Ottavi (Roma Succ.)
  • Angela Di Martino (Cagliari)
  • Andrea Cacchiani (Roma A. C.)
  • Aldo Carletti (Pensionati Roma)

A Emanuela facciamo i complimenti e gli auguri più sinceri.




Fisac Banca d’Italia: L’ Aquila, 6 aprile

Ore 3:32

Il Tempo è un fiume lento, di acqua sempre nuova, che a guardarla scorrere sembra invece tutta uguale. Così si fa abitudine al suo incessante flusso e non ci si accorge quasi che passano dieci anni, anche lì dove una notte, alle ore 3:32, il tempo si è fermato.

La Paura è una bambina, timida e silenziosa. Il suo tocco è leggero, non senti la sua presenza. Ma poi basta un tremolio, un rumore, una finestra che scricchiola, e lei ti stringe forte la mano, facendoti sussultare. Ti accorgi allora che non ti lascia mai, la Paura.

Il Dolore invece è ombra che nasce dal ricordo di una notte buia. Ti sta intorno, ti segue e ti precede. È tutt’uno con te. E quando arriva aprile e il sole di primavera illumina ogni cosa, la vedi bene, l’ombra del dolore, che si stende lunga all’alba.

Il Coraggio è l’orizzonte, è il lungo Corso che conduce dalla Villa alla Fontana, custodito dalla mole dei palazzi feriti, che sai di dover percorrere. È il profilo aspro delle montagne che ti sovrastano ancora innevate e ti costringe ad alzare la testa e guardare in alto.

La Speranza è il messaggio che fece eco in tutto il mondo: per la città da ricostruire, per chi rimaneva, per i 309 che se ne erano andati. Allora, quando ancora lo sconcerto riempiva l’aria insieme alla polvere delle macerie, in condizioni proibitive, alcune persone hanno stretto forte la mano alla bambina, circondate dall’ombra, e hanno guardato l’orizzonte. Lo hanno fatto per noi tutti, per portare il messaggio di Speranza. Di loro molti sono andati via, pochissimi sono arrivati, sempre e solo di passaggio. Nessuno vuole restare a lungo dove la terra trema spesso.

Il Territorio è sangue, che circola dal cuore alla punta delle dita, a portare ossigeno, per dare spazio a tutti i sensi. È la ricchezza della diversità, il collante della cultura, la radice che si espande, capillare, per dare nutrimento al Paese. Si toglie ossigeno al Territorio, se non se ne ha cura con politiche accorte.

La Rinascita è una pianta che non nasce spontanea, ma va coltivata. È la richiesta di coerenza rispetto al messaggio seminato allora, perché non si dimentichi, perché non si rinunci. Solo la perseveranza di politiche concrete potranno trasformare un giorno di mesta commemorazione nel giorno che guarda alla Rinascita.

Per questa Città, per tutto il Territorio del nostro Paese.

L’Aquila, 6 aprile 2009 – 6 aprile 2019

 

La Segreteria Nazionale
Fisac/Cgil Banca d’Italia

 

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La livella del femminicidio

Qualche tempo fa la scrittrice canadese Margaret Atwood riassunse così i rapporti tra i sessi: “Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano”. Non si conoscono statistiche sul primo punto, ma circa il secondo è ragionevole dire che si tratti di una paura più che fondata.

Al femminicidio va riconosciuto il macabro effetto di realizzare una tragica uguaglianza tra le donne, quella stessa che in millenni non si è riusciti ad avere con l’altro sesso. Non c’è ricca o povera, istruita o ignorante che possa stare tranquilla: le donne vengono comunque ammazzate.

Vengono uccise le italiane e le straniere, sia da italiani che da stranieri, e questo è uno dei pochi casi di integrazione riuscita che si registri nel Paese.

I femminicidi si consumano al Nord, al Centro, al Sud e pure nelle Isole, perché l’Italia è una e indivisibile.

Si ammazzano le conoscenti, le compagne, le mogli, le amanti, ma anche le madri e talvolta perfino le figlie, perché – checché se ne dica – la malvagità esiste. Ma soprattutto si ammazzano le ex: le ex mogli, le ex amanti, le ex fidanzate.

Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro, e le ex sono quelle che ridono più forte di tutte, anche quando in realtà non ridono affatto.

Si uccidono le donne che stanno zitte – per proteggere i figli, per non far preoccupare mamma e papà, o perché pensano di essere abbastanza forti – e quelle che denunciano.

Le vittime sono casalinghe, studentesse e pensionate, possono lavorare oppure no, ma se lavorano è peggio, perché una donna che lavora ha (o tenta di avere) un’indipendenza economica, e questo non piace proprio agli aspiranti femminicidi.

E poi una donna la puoi ammazzare in tanti modi, la strangoli, la batti, la sgozzi, la butti dal cavalcavia, le dai fuoco.

Si può chiamare indifferentemente Sara, Francesca, Concetta o Madalina: poco importa, tanto poi arriva “‘ ‘a livella ” dell’omicidio che rende tutte uguali, e quella sarà solo una donna ammazzata, una vittima di femminicidio, un numero per nutrire le statistiche e un pezzo di carne per sfamare la cronaca.

Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano, diceva la Atwood.

E fanno bene, perché i governi, tutti, passati e presenti, finora hanno solo assicurato biasimo e promesso punizioni esemplari per i colpevoli.

Ma non è la vendetta dopo la morte, che le donne vogliono; è la prevenzione, è l’educazione degli uomini all’amore, all’affetto e sì, anche al rifiuto, che o si inizia da bambini, oppure è troppo tardi.

È restare vive, quello che vogliono. E non dover avere più paura di essere ammazzate.

Roma, 14 febbraio 2019 – San Valentino

La Segreteria Nazionale Fisac Banca d’Italia

 

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Il Governo e la Banca d’Italia: quella piazza parla anche a noi

Il 9 febbraio CGIL CISL e UIL hanno riempito le vie e le piazze di Roma con una grande manifestazione nazionale. Si è trattato della prima iniziale risposta alle misure e, soprattutto, alle chiacchiere del Governo.

A questo continuo comunicare a vuoto attraverso i media si collega la necessità di trovare un nemico a cui dare la colpa per i problemi del Paese: gli immigrati, i sindacati, i giudici, le ONG, la Francia… e adesso è la volta del Direttorio della Banca d’Italia.

In una situazione in cui l’economia italiana galleggia a mala pena, le turbolenze internazionali (dazi, scontro Stati Uniti-Europa) arrivano a peggiorare tutto. Gli ultimi dati economici confermano che l’Italia è tornata in recessione. Una nuova crisi rischierebbe di risultare catastrofica per il Paese, compreso il suo sistema bancario. Pur sapendo che le chiacchiere nulla possono per fermare questa dinamica, il Governo continua invece ad ammassare presunti colpevoli da additare alla rabbia di una popolazione sofferente e impoverita da decenni di politiche economiche sbagliate.

Come OO.SS. abbiamo fortemente criticato queste politiche da qualunque governo venissero proposte. Abbiamo più volte spiegato che l’austerity non avrebbe risolto nulla e avrebbe disgregato il tessuto sociale e politico dell’Unione Europea. Eventi quali la Brexit e la nascita di alcuni governi ideologicamente sovranisti sono anche l’effetto di queste politiche sbagliate.

La sconclusionata aggressione del Governo odierno alla Banca d’Italia e ai suoi vertici ricorda sia la mozione di sfiducia nei confronti del Governatore voluta dal PD nell’ottobre del 2017, sia le più dolorose vicende del marzo 1979, quando la loggia massonica segreta P2 diede l’ordine al giudice Alibrandi di punire il vertice della Banca per l’autonomia dimostrata in alcuni casi di frodi bancarie (banche di Sindona, Italcasse, ecc.).

All’epoca il meglio del Paese, dall’accademia ai sindacati, accorse a difesa della Banca perché era chiaro che l’attacco mirava a distruggere non solo uomini retti ma un ostacolo al dilagare della corruzione e del malaffare. I più prestigiosi economisti, guidati da Federico Caffè, firmarono un appello in difesa di Baffi e Sarcinelli. È difficile che la reazione all’attacco dell’Istituzione Banca d’Italia da parte del Governo sia paragonabile a quella dell’epoca.

La Banca attuale, dobbiamo dircelo, non gode dello stesso prestigio.

In parte, ciò è dovuto ad aspetti che vanno molto oltre l’Istituto, basti pensare alla nascita dell’euro, all’Unione Bancaria, ecc., ma in parte dipende anche dalle scelte del nostro vertice, che non abbiamo mancato più volte di rimarcare. Peraltro c’è da dire che sinora non hanno incriminato nessuno, ma non si sa mai, se restassero a corto di nemici…

È comunque ovvio l’intento che muove il Governo: zittire le critiche, demolire l’autonomia delle Istituzioni (dalla scuola alla magistratura alla Banca d’Italia). Quando i membri dell’esecutivo parlano di vicende bancarie e finanziarie esprimono un’approssimazione sconcertante. Del resto, si tratta di una approssimazione da un lato di lungo corso, basti pensare alla per fortuna rapida avventura dei leghisti come gestori di una banca (Credieuronord, fallita praticamente subito), dall’altro fondata su idee balzane e complottiste tutte da dimostrare.

In questa situazione complessa, dove le scelte gestionali del vertice hanno portato a un allontanamento e a una profonda disillusione di molti colleghi verso l’Istituto, la CGIL, la CISL e la UIL si pongono a difesa a tutto campo del bene primario dell’indipendenza della Banca, consapevoli che, al di là degli uomini che oggi la guidano, questo attacco mira a una riduzione della competenza e delle capacità d’azione dell’Istituto, con ricadute anche sui lavoratori che vi operano con professionalità e dedizione.

Il Governo usa le vicende dei risparmiatori veneti per far dimenticare la propria estrema difficoltà a gestire la crisi economica e a far mutare direzione alle politiche dell’Unione Europea. La nostra risposta dovrà essere articolata, protratta e complessiva. Non si tratta solo del destino del vertice di Via Nazionale ma del futuro del Paese.

Emerge una considerazione che è nel DNA della Fisac, della First e della Uilca ma, a volte, è dimenticata nella gestione quotidiana in Banca: il destino dei lavoratori della Banca d’Italia non è molto distante da quello di tutti gli altri. Non siamo una torre d’avorio, ma al massimo il primo vagone di un treno che va nella stessa direzione.

Occorre una risposta di ampio respiro che, anche sindacalmente, vada ben oltre le mura della Banca.

La battaglia è appena cominciata.

Roma, 11 febbraio 2019

 

LE SEGRETERIE NAZIONALI

FIRST/CISL          FISAC/CGIL          UILCA

 

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Le scarpette di Aliya

Si racconta che un giorno sia stato Ernest Hemingway a lanciare, per provocazione, una sfida: scrivere un romanzo in sole 6 parole. Scommetteva, Hemingway, che la brevità del testo non avrebbe sottratto nulla al pathos della narrazione, se le parole fossero state suggestive. Così scrisse un meraviglioso romanzo:

Baby shoes, for sale, never worn.
Scarpette da bambino, in vendita, mai indossate.

Un romanzo che si legge in pochi secondi ma che può evocare ore di narrazione, da percorrere con la mente. Dopo di lui tanti scrittori hanno voluto cimentarsi nell’impresa, anche con successo, chi per sfida, chi per diletto, chi per passione. Ci sono in rete moltissimi siti dedicati alle “six word stories”.

Può essere forte, in effetti, la tentazione di provare. Non solo per i motivi sopra citati, né perché tutti possano illudersi di essere scrittori all’altezza di Hemingway o di altri capaci narratori. Ma perché esistono storie che tutti conoscono benissimo e non necessitano di essere raccontate con minuzia. È sufficiente richiamarle. E per questo 6 parole bastano.

La piccola Aliya sta bene. Faitha, la sua mamma ventenne, l’ha messa al mondo appena scesa dal treno che l’ha portata via giovedì da Castelnuovo di Porto. Sola, senza compagno, né famiglia, né documenti sanitari. Sola con solo la sua bimba in grembo, figlia di un probabile episodio di violenza. Sola, vittima di un decreto che titola “sicurezza” mettendo a rischio la vita di una mamma e della sua bambina.

Accadde qui. Non si ripeta ancora.

A chi legge, il compito di sfogliare mentalmente il racconto della memoria.

Roma, 4 febbraio 2019

La Segreteria Nazionale
FISAC/CGIL Banca d’Italia

 

Fonte: Fisac Banca d’Italia




Banche: in Abruzzo persi 736 posti in 3 anni, male la Provincia dell’Aquila.

L’andamento dell’occupazione nel settore bancario nella Regione Abruzzo presenta un trend discendente ormai da oltre un decennio; negli ultimi anni tale tendenza si è accentuata in modo drammatico. Infatti, nel triennio 2015-2017 il numero complessivo dei bancari si è ridotto di 736 unità, pari al 17% degli occupati.

Per quanto concerne la nostra Provincia è doveroso specificare che subito dopo il sisma l’occupazione nel settore bancario aveva fatto registrare un forte incremento in provincia dell’Aquila, quantificabile all’incirca nel 34% degli impiegati totali, soprattutto a seguito della scelta del Gruppo Intesa Sanpaolo di aprire un centro di Back Office nel Capoluogo. I livelli occupazionali sono rimasti praticamente stabili per tre anni toccando un massimo di 1.071 addetti, salvo poi subire un brusco calo tra il 2011 ed il 2013: una perdita di 190 posti di lavoro, pari al 17% in soli due anni.
Due le cause di questo calo: il progressivo disimpegno degli istituti da un territorio che i danni del sisma avevano reso meno allettante dal punto di vista economico, ma soprattutto l’incorporazione della storica banca locale, la Carispaq, all’interno della BPER.
Lo stesso Gruppo Intesa Sanpaolo ha progressivamente ridimensionato la sua presenza sul territorio.
Se guardiamo quindi l’andamento degli impiegati nel settore a partire dal 2010 al 2017, rileviamo una perdita complessiva di 294 posti di lavoro, pari al 27% del totale, con una media annua del 3,4% degli addetti, più che doppia di quella rilevata a livello nazionale (1,5% nel medesimo periodo).

Avendo chiarito che i dati nella nostra Provincia sono tutt’altro che confortanti, non possiamo fare a meno di esprimere forte preoccupazione per ciò che succederà in futuro.
Tutti i grandi gruppi bancari stanno programmando chiusure di sportelli ed ulteriori tagli di personale: in un territorio come il nostro, dove esistono numerosi comuni siti in zone montane o comunque logisticamente svantaggiate, il rischio che molte delle chiusure vadano a penalizzare le aree interne è estremamente concreto.
Dobbiamo rilevare come anche nel Capoluogo la riduzione di sportelli si sia fatta sensibile: se la chiusura delle sedi danneggiate dal sisma aveva dato modo di ridurre sensibilmente il numero di filiali (e spicca la scelta di Intesa Sanpaolo, che concentrò in una sola sede i 5 sportelli preesistenti), altrettanto sta avvenendo con il lento ritorno nel centro cittadino degli Istituti bancari: un esempio è rappresentato dal Monte Paschi di Siena, che è appena tornato nella storica sede chiudendo però le due filiali che avevano operato fino al giorno prima.

Ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dalla riforma delle BCC e dai processi di aggregazione che inizieranno dal prossimo anno. Ad oggi la BCC di Roma rappresenta una delle più importanti realtà occupazionali del settore bancario nella nostra Provincia: abbiamo avuto modo di verificare nel recente passato quanto pesante sia stato il costo da pagare in termini di occupati totali in occasione dell’incorporazione della Carispaq.

La riforma delle BCC potrebbe avere un’ulteriore conseguenza negativa. La Regione Abruzzo, a differenza di quanto avvenuto nelle altre regioni dove la Banca d’Italia ha conservato un’unica filiale posta nella città capoluogo, vanta ad oggi due sedi dell’Istituto di Vigilanza: quella dell’Aquila e quella di Pescara. Il venir meno di tante piccole BCC ridurrà notevolmente gli adempimenti svolti dalla filali della Banca d’Italia, con il rischio più che concreto di chiudere almeno una delle due sedi presenti in Regione.

Il progressivo smantellamento della rete fisica di sportelli ha come unico scopo la massimizzazione dei profitti delle banche; contrariamente a quanto affermato dal top management degli istituti di credito non è una scelta che va incontro alle esigenze della clientela
Chiudere le filiali significa isolare i piccoli comuni, i cui abitanti rischiano di dover percorrere decine di chilometri anche per un piccolo prelievo.
Significa emarginare un’intera fascia di popolazione, che per varie ragioni ha difficoltà nell’accesso e nell’utilizzo della rete internet, privandola di molti servizi bancari.
Significa disumanizzare alcuni processi, come ad esempio la concessione di prestiti, trasformandoli in freddi algoritmi senza nessuna possibilità di colloquio tra cliente ed impiegato.

In una Provincia che non riesce ancora a superare i traumi dovuti agli eventi sismici che l’hanno colpita negli ultimi anni, significa creare ulteriori ostacoli ad una rinascita che appare sempre più problematica.

Un’ultima considerazione: con i suoi 20.946 euro procapite, L’Aquila è la prima provincia d’Abruzzo per ammontare dei depositi bancari e postali, leggermente al di sotto della media nazionale (€ 21.460) ma al terzo posto in tutto il centro-sud dopo Roma e Avellino. Questo renderebbe la nostra provincia meritevole di altre attenzioni e di un miglior presidio del territorio da parte delle le grandi banche nazionali, che spesso si limitano invece a vederla come una zona in cui venire a raccogliere soldi destinati ad essere impiegati in altre Regioni