Le morti sul lavoro non sono incidenti. Sono una scelta

Immaginate di guidare ubriachi, di notte, in una strada piena di curve e con i fari spenti. Potreste anche essere fortunati e riuscire a tornare a casa: ma se doveste uscire di strada e finire all’ospedale, potreste davvero dire di essere stati vittime di una tragica fatalità?
Quando parliamo di morti o di infortuni sul lavoro, dobbiamo sapere che ci troviamo in una situazione non troppo diversa da quella – paradossale – da noi immaginata.

L’80% delle morti sul lavoro avviene in aziende in sub-appalto. Fermiamoci un attimo a riflettere su cosa sia il sub-appalto. Un’azienda ottiene l’incarico di effettuare un lavoro, ma decide di non realizzare ciò che si sarebbe impegnata a fare. Trova un’altra azienda, disposta a fare tutto o parte del lavoro ad un prezzo inferiore; quindi glielo cede, intascando la differenza. L’Azienda che ha ottenuto il sub-appalto, può a sua volta decidere di non fare il lavoro, ma trovare qualcuno disposto a farlo ad un prezzo ancora più basso, e così via, fino ad arrivare a raschiare il fondo del barile. E come si fa a realizzare un lavoro al prezzo più basso di tutti? Risparmiando in ogni modo possibile: quindi operai in nero, privi di formazione, privi di attrezzature adeguate o di quei dispositivi di protezione individuale che potrebbero quantomeno ridurre i rischi.

Quando si parla di morti sul lavoro si fa spesso il paragone con una guerra: una similitudine per molti esagerata e non realistica. Eppure c’è un parallelo che appare decisamente calzante. Nel giugno del 1940 l’Italia, che fino ad allora era stata neutrale, decise di entrare in guerra affianco ai Tedeschi. Hitler aveva appena conquistato la Francia, la vittoria del Terzo Reich sembrava imminente: da qui la decisione di Mussolini, che la giustificò ai suoi più stretti collaboratori dicendo: “Ho bisogno soltanto di qualche migliaio di morti per potermi sedere da ex-belligerante al tavolo delle trattative”.

Solo qualche migliaio di morti. Cosa volete che siano? E allo stesso modo, cosa volete che sia qualche migliaio di lavoratori morti di fronte alle supreme esigenze del PIL? E se credete ancora che non sia una scelta deliberata, esiste un’altra prova.

Nel 2015, con il Jobs Act, il Governo Renzi decretò lo svuotamento degli Ispettorati del Lavoro, fino ad allora gestiti dall’Inail, sostituendoli con un Ispettorato Nazionale del Lavoro dotato di risorse ed organici enormemente inferiori. La motivazione ufficiale, il taglio dei costi. In realtà lo scopo principale era un altro: dare tranquillità alle imprese, che sanno di poter operare senza il timore di controlli, con la consapevolezza che le tante irregolarità non emergeranno se non in caso di incidenti gravi.
In fondo di cosa hanno bisogno le aziende? Soltanto qualche migliaio di morti…

Ma davvero questi morti sono utili per far crescere il Paese? Proviamo a rispondere guardando a settori dove l’abuso del subappalto produce conseguenze evidenti ma meno tragiche.
Chiunque abbia mai provato a ricorrere all’assistenza telefonica di gestori di telefonia, luce e gas, Tv satellitari avrà avuto modo di sperimentare un costante peggioramento del servizio: procedure che fanno di tutto per dirottarci su chat gestite da intelligenza artificiale (quasi sempre inutili), percorsi ad ostacoli per trovare il modo per parlare con un operatore, attese interminabili dovute al numero sempre più esiguo di addetti, che sempre più spesso rispondono da paesi dove vengono sottopagati e quindi hanno anche problemi a capirci.
Il tutto serve per risparmiare. Ma a chi va questo risparmio? Non agli utenti, che vedono aumentare le tariffe mentre la qualità del servizio scende esponenzialmente. Il risparmio serve solo ad aumentare i dividendi che vanno in tasca agli azionisti, senza nessun beneficio per nessun altro. Un meccanismo governato solo dall’avidità, che è la vera causa delle morti sul lavoro.
La stessa avidità che vede, nel nostro settore, l’abbandono di territori ed esternalizzazioni sempre più consistenti in nome di utili che devono crescere all’infinito.

Davvero vogliamo rassegnarci a pensare che questo modello economico sia quello giusto?

Noi pensiamo di no, e intendiamo per cambiarlo. Se l’unico criterio al quale ispirarsi è massimizzare il profitto, è normale che le aziende che subappaltano abbiano come unico criterio di scelta l’azienda che chiede di meno. Ma se fossero chiamate a rispondere delle conseguenze degli incidenti sul lavoro, anche se avvenuti presso altre aziende alle quali hanno subappaltato, ecco che la priorità diventerebbe controllare se chi subentra nel contratto offre garanzie adeguate.

Questa richiesta è uno dei quattro quesiti referendari per i quali la Cgil sta raccogliendo le firme. Per scoprire anche gli altri, e sostenerli firmandoli online, vi invitiamo a cliccare su questo link .

Non è facile cambiare il mondo, ma possiamo provarci se ognuno di noi si sforza di fare la sua parte. E in questo caso, il cambiamento può partire da una firma.

 

 




Rinnovo Contratto Collettivo Nazionale BCC. Il punto sul confronto

3 - Fisac Cgil

È proseguito in data di ieri, 7 maggio 2024, il confronto sul rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del Credito Cooperativo tra la Delegazione di Federcasse e le Segreterie Nazionali delle Organizzazioni Sindacali del settore.

Nella mattinata la riunione ha avuto avvio in modalità “ristretta” ed è servita a palesare le intenzioni e le motivazioni volte ad una positiva conclusione in tempi congrui di questo rinnovo contrattuale che di fatto si è concretizzata con un’intensificazione del calendario di incontri.

Le prossime date fissate sono: 24 e 30 maggio e 6/25/28 giugno con una coda eventuale al 4/5 luglio.

Il confronto è poi proseguito “in plenaria” alla presenza delle Delegazioni Sindacali e Datoriali al completo (anche attraverso collegamento da remoto), durante il quale sono stati rimarcati in maniera chiara e inequivocabile i pilastri imprescindibili di questo rinnovo:

  • Parte economica: dev’essere affrontata nel suo complesso, partendo dall’allineamento delle tabelle retributive al recente rinnovo del credito ordinario, quantificando la voce arretrati e definendo un’ulteriore destinazione di risorse a Cassa Mutua e al Fondo Pensione; senza dimenticare il secondo scatto di anzianità (che succede il primo dopo 7 anni di servizio).
  • Riduzione dell’orario settimanale di lavoro.
  • Caratterizzazione di principi di partecipazione alla vita aziendale e di bilateralità per consentire al rinnovo del CCNL di rafforzare i principi di inclusione e universalità quali elementi distintivi del settore.
  • Incentivazione della buona e stabile occupazione.

Definita la base sulla quale affrontare i prossimi 6 incontri ora sarà necessario entrare subito nel vivo per sviluppare i profili e le tematiche necessarie al raggiungimento di una sintesi per un rinnovo contrattuale come elemento di continuità e che guardi, con lungimiranza, al futuro nel solco dei valori identitari del Credito Cooperativo.

È importante aver definito un percorso che permetterà alle Parti un reale confronto, costruttivo e trasparente nell’interesse comune, sapendo bene che nulla è definito, ancor meno scontato. Questo contratto è tutto da costruire e il suo esito finale dipende dalle volontà politiche delle Parti. Oggi un importante passo è stato fatto, soprattutto per la condivisione di un metodo di lavoro comune.

Roma, 8 maggio 2024

 

LE SEGRETERIE NAZIONALI
FABI FIRST/CISL FISAC/CGIL UGL CREDITO UILCA




Banche: Report Fisac Cgil, in 5 anni -20% filiali e -6% dipendenti

Oltre 5 mila sportelli bancari definitivamente chiusi in 5 anni, pari a più del 20% del totale, passati da 25 mila a 20 mila, e con essi una riduzione di dipendenti di quasi il 6%, pari a poco più di 16 mila unità, da 278 mila a 262 mila. È il bilancio del cosiddetto processo di desertificazione bancaria nel quinquennio passato come emerge da un report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil, contrazione che si è confermata anche per il 2023, con sportelli diminuiti sul 2022 del -3,9% per una perdita di 825 unità e dipendenti calati del -0,8% per 2.156 unità.

Benché in maniera meno marcata rispetto agli anni passati, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “anche nel corso del 2023 abbiamo registrato una diminuzione dell’occupazione e delle filiali bancarie, specie nelle aree più fragili del paese. Questo processo deve avere una fine, il sistema bancario deve ritrovare e perseguire la sua funzione a sostegno dell’economia”. Per farlo, aggiunge, “e per accompagnare e gestire i processi di trasformazione tecnologica, che investono il sistema del credito come l’utenza, pronta a rivolgersi a canali di finanziamento non bancari, l’insediamento fisico e le competenze concrete, non ‘algoritmiche’, delle lavoratrici e dei lavoratori diventano ogni giorno più cruciali”.

Sportelli

A fine 2023 le banche italiane e le filiali in Italia di banche estere, si legge nel report Fisac condotto su dati Bankitalia, disponevano di 20.161 sportelli operativi. Sotto il profilo dimensionale, il 54% (10.787) appartenevano a banche di maggiori dimensioni. Considerando, invece, il gruppo istituzionale, le banche Spa possedevano il 76% (15.294) degli sportelli rilevati al 31 dicembre dello scorso anno. Le quote riconducibili alle banche di credito cooperativo e alle banche popolari erano pari, rispettivamente, al 20% (4.091) e al 3% (653). La distribuzione sul territorio degli sportelli bancari operativi alla fine dello scorso anno evidenzia una maggiore presenza nelle regioni del Nord, che rappresentano il 57% del totale nazionale (40% in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto). Il numero di sportelli nelle regioni del Sud e nelle Isole ammonta al 22% del totale nazionale.

Lo scorso anno gli sportelli bancari, sottolinea la Fisac Cgil, sono diminuiti di 825 unità rispetto ai 20.986 rilevati a fine 2022 (-3,9%). La riduzione è stata generalizzata in tutte le regioni. Considerando gli ultimi cinque anni il numero di sportelli in Italia è diminuito di 5.248 unità, quasi il 21% delle 25.409 unità rilevate a fine 2018: in sintesi, negli anni 2019-2023 il numero di sportelli bancari in Italia si è contratto di quasi 1/5 rispetto al dato di partenza. In questo periodo tutte le regioni italiane hanno visto diminuire il numero di agenzie con tassi di contrazione più accentuati in Abruzzo, Molise, Marche e in Basilicata, con tassi di contrazione pari o superiori al 25%, e e più attenuati per Trentino-Alto Adige e Sardegna.

Occupazione

Alla contrazione del numero di sportelli in Italia è corrisposta, si rileva nello studio della Fisac Cgil, la contrazione degli organici bancari in tutto il periodo osservato. A fine 2023 i dipendenti bancari italiani erano 261.976 in flessione rispetto ai 264.132 rilevati a fine 2022 (-0,8%) per -2.156 unità. Le regioni con i maggiori decrementi nell’ultimo anno sono state Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Puglia e Sardegna, tutte con tassi di contrazione pari o superiori al 3%. All’opposto Piemonte e Trentino-Alto Adige hanno registrato aumenti. Circa il Piemonte il dato permane ‘inquinato’ dalle politiche di attribuzione delle risorse dei gruppi con sede in regione.

Si accentua ulteriormente la tendenza alla concentrazione dei dipendenti nei territori dove insistono le direzioni generali dei gruppi più grandi. Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, luoghi dove hanno sede principale cinque dei sei maggiori gruppi bancari, sono le prime tre regioni per numero di addetti: nei loro territori lavora il 52% di tutti i dipendenti bancari a fronte di una popolazione residente di poco superiore al 30%. La Liguria è la regione che ha perso più dipendenti negli ultimi 5 anni: -36% circa tra il 2018 ed il 2023. In generale, le regioni che hanno perso più dipendenti in percentuale appartengono al Mezzogiorno, al Centro Italia Appenninico (Umbria e Marche) e alle aree più vicine ai confini nazionali (Liguria, Val D’Aosta e Friuli Venezia Giulia).

Tendenze

Gli sportelli continuano a diminuire (-3,9% nel 2023), anche se in misura lievemente minore rispetto alla media 2018/2021 (-4,2% annuo). Tuttavia, stima la Fisac Cgil, ciò non implica ancora il raggiungimento di un nuovo equilibrio: possiamo al contrario prevedere che, nonostante la diminuzione probabile dei tassi di chiusura degli sportelli, al 2027 possa esserci una ulteriore riduzione di filiali in futuro quantificata in una forbice di 600/1.000 sportelli circa. Per quanto riguarda i dipendenti, la diminuzione anno su anno (-0,8%) è lievemente minore rispetto alla riduzione media del quinquennio precedente (-1,16% annuo). Anche in questo caso, è prevedibile una ulteriore riduzione del numero dei dipendenti in una forbice compresa tra le 2,5/3,5 mila unità al 2027.

Considerazioni

“Leggiamo delle interessanti linee di tendenza in questi dati – osserva Susy Esposito -, che confermano quanto da tempo sosteniamo: L’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, devono fondarsi sul lavoro. Presenza sul territorio, prossimità alla clientela, competenze specifiche e non standardizzate, sono punti insostituibili. Lo dimostrano anche le strategie di alcuni colossi bancari americani, che si reinsediano nei territori per sostenere l’economia. Il contratto nazionale ci dà uno strumento unico per accompagnare il settore bancario nel futuro, nella consapevolezza che la sua forza è nel lavoro e nel presidio fisico del territorio. È ora di agire perché il futuro sia fondato nel lavoro”, conclude Esposito.

Scarica lo studio

 

La situazione in Abruzzo e Molise

Banche: continua la fuga dall’Abruzzo e dal Molise. Ed è sempre più veloce




Prestiti e depositi bancari in Abruzzo e Molise negli ultimi 5 anni

Evoluzione dei prestiti bancari in Abruzzo e Molise nel 2023 e nel periodo 2018-2023

I prestiti bancari nel 2023 hanno segnato dinamiche recessive in tutte le province dell’Abruzzo e del Molise, più intense nella provincia di Chieti in Abruzzo e di Isernia nel Molise (cfr. grafico 1): la riduzione è stata del -2,9% in Abruzzo e -2,3% in Molise.

Nell’ultimo quinquennio l’andamento è stato differenziato tra le due regioni. Il Molise ha registrato una crescita dei prestiti bancari di quasi il 12%, crescita su cui ovviamente hanno influito anche le misure eccezionali governative varate per fronteggiare la fase ciclica avversa conseguente alla pandemia COVID 19.

In particolare, nel periodo 2018-2023 la crescita è stata molto intensa nella provincia di Isernia e più ridotta in quella di Campobasso. In Abruzzo invece lo stock dei prestiti non è sostanzialmente variato nell’ultimo quinquennio come effetto netto dei sensibili incrementi nella provincia di Teramo e di L’Aquila e Teramo e delle contrazioni registrate nelle altre due province ed, in particolare, nella provincia di Pescara.



L’andamento dei prestiti bancari indicizzato con base 100 nel 2017 (grafico 2) evidenzia con chiarezza che la crescita dei prestiti bancari nelle due regioni è concentrato nel periodo 2020-2022, fase inizialmente sostenuta dalle misure governative eccezionali di sostegno al credito e conclusa con i rialzi dei tassi di riferimento della BCE da luglio 2022. Da fine 2022 ad oggi la contrazione dei prestiti è comune ad entrambe le regioni.

Esaminando tuttavia i settori della clientela che ha utilizzato i prestiti bancari emerge la forte contrazione dei prestiti al settore delle piccole imprese con meno di 20 addetti. A parte il periodo di interruzione del trend decrescente 2020-2021 sostenuta, come detto, dalle misure eccezionali di sostegno al credito alle imprese e famiglie, i prestiti bancari sono diminuiti di quasi il -13% in Abruzzo e del -20% in Molise nell’ultimo quinquennio.
In sostanza nel Molise quasi 1/5 dei prestiti bancari si è perso nel periodo in esame mentre in Abruzzo la decurtazione si limita a poco più di 1/10 dello stock rilevato a dicembre 2017.




Osservando l’andamento dei prestiti erogati ai singoli settori della clientela ed indicizzati con base 100 nel 2017 (cfr. tabella 1) si rileva che ad eccezione dei prestiti alle famiglie consumatrici (sostanzialmente mutui) aumentati nel periodo 2017-2022 salvo poi ridursi nell’ultimo anno per effetto dei rialzi dei tassi, tutte le categorie mostrano una dinamica recessiva dal 2017 ad eccezione dei prestiti bancari alle imprese medio-grandi nel Molise che sono aumentati di oltre il 28% nell’ultimo quinquennio.



Andamento dei depositi bancari in Abruzzo e Molise nel 2023 e nel periodo 2018-2023

I depositi bancari hanno segnato, all’opposto, una dinamica espansiva negli ultimi cinque anni (cfr. tabella 2), sebbene in Abruzzo si registri una lieve riduzione nell’ultimo anno, con una crescita complessiva di quasi il 19% in Abruzzo e del 23% in Molise.

Per effetto delle tendenze opposte dei prestiti e dei depositi, la quota di prestiti bancari in relazione ai depositi bancari raccolti nelle due regioni (cfr. grafico 4) è decrescente nel periodo 2018-2023 con una contrazione di -0,12 per l’Abruzzo (da 0,75 a 0,63) e di -0,05 per il Molise (da 0,47 a 0,42).




Ad eccezione della fase di crescita del biennio 2020-2021 l’incidenza dei prestiti bancari rispetto al valore aggiunto ai prezzi di mercato prodotto nelle due regioni è andata riducendosi. Nel 2022 (ultimo anno disponibile per le statistiche sul valore aggiunto) il rapporto prestiti/valore aggiunto ai prezzi di mercato è pari rispettivamente a 0,66 in Abruzzo e 0,51 nel Molise.

Ufficio Studi e Ricerche Fisac Cgil




Referendum popolari 2025: firma anche tu contro morti sul lavoro e precariato

Il lavoro in Italia è troppo precario e i salari sono troppo bassi. Tre persone al giorno muoiono lavorando. Per realizzare il massimo profitto possibile appalti, subappalti, finte cooperative, esternalizzazioni di attività sono diventati normali modelli organizzativi di ogni azienda privata e pubblica.

Il frutto di vent’anni di leggi sbagliate è un netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle persone che per vivere devono lavorare.

È il momento di ribellarci e di cambiare.

Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale. Deve essere sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire. Deve essere dignitoso e perciò ben retribuito. Deve essere stabile perché la precarietà è una perdita di libertà. Per questo ti chiediamo di firmare per poter poi cancellare attraverso il referendum alcune di queste leggi sbagliate.


Quesito 1

Per dare a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo.

Cosa vogliamo cancellare?

Le norme sui licenziamenti del Jobs Act che consentono alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore licenziata/o in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015.


Quesito 2

Per innalzare le tutele contro i licenziamenti illegittimi per le lavoratrici e i lavoratori che operano nelle imprese con meno di quindici dipendenti

Cosa vogliamo cancellare?

Il tetto massimo all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato nelle piccole aziende, affinché sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite


Quesito 3

Per superare la precarietà dei contratti di lavoro

Cosa vogliamo cancellare?

La liberalizzazione dei contratti a termine per limitare l’utilizzo a causali specifiche e temporanee


Quesito 4

Per rendere il lavoro più sicuro nel sistema degli appalti

Cosa vogliamo cancellare?

La norma che esclude la responsabilità solidale delle aziende committenti nell’appalto e nel subappalto, in caso di infortunio e malattia professionale della lavoratrice o del lavoratore

 


 

COME FACCIO A FIRMARE?

 

Puoi recarti presso la Sede Cgil più vicina a te. Oppure puoi farlo online, accedendo con la tua identità Spid o tramite CIE (Carta d’Identità Elettronica) cliccando su questo link:

www.cgil.it/referendum




Banca Intesa fa il regalone ai deputati: interessi del 5,6 per cento

Avere liquidità sul conto della filiale di Montecitorio diventa molto più redditizio di qualsiasi investimento


Ci sono regali che non si possono descrivere. Quello fatto da Banca Intesa ai deputati della Repubblica non lo si riceve nemmeno a Natale. Un tasso di interesse del 5,625% sulla liquidità detenuta sul conto corrente aperto presso la filiale della banca interna alla Camera dei deputati. Non sappiamo se tale vantaggio esista anche al Senato, ma immaginiamo che i senatori, in caso contrario, reclameranno i propri diritti.

Un tasso di interesse così remunerativo spazza via qualsiasi investimento alternativo in titoli di Stato, obbligazioni, certificati di credito e, visto che il mercato sta iniziando a girare al contrario, anche in azioni. Secondo un recente rapporto della Fabi, la media dei tassi attivi per un conto corrente in Italia è dello 0,20%. Quello che offre la filiale di Banca Intesa della Camera dei deputati è 28 volte superiore.

Il privilegio, tipico da vecchia “casta” è il frutto di “Condizioni economiche agevolate” prevista nella “Convenzione Camera dei deputati”. La convenzione prevede che ai correntisti venga corrisposto un “tasso creditore annuo nominale” pari al tasso Euribor a un mese, fissato come valore di riferimento al 3,8550, maggiorato dell’1,77%. Questo determina la cifra astronomica del 5,60% (lordo).

Oggi un Buono del tesoro poliennale a dieci anni, quindi sul lungo periodo, rende intorno al 3,80%. Qui si realizza molto di più senza dover far nulla e senza rischiare alcunché. La convenzione della filiale di Banca Intesa data da anni. Prima, però, a gestire il conto di deputati, ex parlamentari, ma anche giornalisti parlamentari, assistenti e dipendenti, era il Banco di Napoli che nel 2018 si è fuso per incorporazione in Banca Intesa che oggi è a tutti gli effetti titolare della filiale.

La banca diretta da Carlo Messina si è aggiudicata la gestione dei servizi bancari interni alla Camera, che già gestiva, da pochi giorni. Il bando è stato chiuso il 5 aprile 2024 e recava la seguente descrizione: “Il concessionario ha il diritto di gestire, presso le sedi della Camera dei deputati, i servizi bancari destinati all’Amministrazione della Camera e alle altre categorie di utenti indicate nel capitolato d’oneri. Non formano oggetto della concessione i servizi di tesoreria”. Il valore dell’appalto è di 800 milioni di euro e i servizi bancari oggetto del bando di gara, sono suddivisi in: “a) condizioni di conto corrente; b) servizio titoli a custodia e amministrazione; c) mutui ipotecari e prestiti personali; d) virtual banking; e) cassette di sicurezza; f) gestione di portafogli”.

Si specifica poi che “le prestazioni principali sono quelle da rendere presso la succursale di cui al punto II.2.3 e cioè i “locali messi a disposizione dalla Camera dei deputati – Roma, centro storico”. I locali dentro Montecitorio dove in effetti è collocata la filiale bancaria a disposizione di deputati, ex parlamentari e loro congiunti.

Le condizioni della convenzione sono tutte estremamente vantaggiose. Dei conti correnti abbiamo detto: anche il tasso debitore “sulle somme utilizzate in assenza di fido” è abbastanza favorevole, fissato al 10,3550 sempre con il riferimento all’Euribor maggiorato del 6,5%. Simile il tasso di “sconfinamenti in assenza di fido”. C’è poi un sfilza di “zero costi” che è impossibile da riportare per intero e che riguardano le “spese fisse”, “la tenuta del conto”, i “bonifici”, anche quelli urgenti, la “domiciliazione delle utenze”, le “operazioni allo sportello”, “commissione di pagamento dei bollettini”, “ricarica della carta prepagata” e molto altro ancora.

A quanto risulta al Fatto la convenzione con i clienti risale al 2 aprile scorso, qualche giorno prima che chiudesse il bando. Un modo per ingraziarsi gli uffici della Camera. Sia il collegio dei Questori sia l’Ufficio di Presidenza rinviano ogni responsabilità agli uffici amministrativi. Ma non appena la convenzione è stata firmata, già dal 3 aprile frotte di deputati si sono recati presso gli sportelli a firmare le nuove condizioni contrattuali. Hanno saputo tutto subito.

Fonte: Il Fatto Quotidiano




Banche: Report Fisac Cgil, utili e dividendi record, calano occupazione e sportelli

Banche con utili record a 22,2 miliardi per effetto della crescita del margine di interesse e dividendi riconosciuti agli azionisti ai massimi storici per 10,5 miliardi. Eppure continua inesorabile la riduzione di dipendenti (-4.300) e sportelli (-1.000), come leva per la gestione di costi operativi in leggero aumento, mentre continuano a calare i finanziamenti alla clientela (-3,8%).


È un bilancio a luci e ombre quello che fornisce un report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil relativo ai risultati dei primi 7 gruppi bancari tra il 2022 e il 2023 dal titolo ‘Bilanci bancari: il biennio d’oro’. Luci per pochi, ovvero banche e azionisti che registrano risultati e incassi in forte aumento, ombre per tanti, tra dipendenti e filiali che “spariscono”, lasciando cittadini e imprese sprovvisti di presidi fisici del credito

Gli straordinari risultati raggiunti dai gruppi bancari, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, “non hanno avuto un pari riflesso sul fronte dell’occupazione, dell’insediamento sui territori e sui finanziamenti, che continuano a calare generando una forte preoccupazione. È un grave limite, specie per il bisogno, nonché la funzione stessa delle banche, di sostenere un’economia che fatica e arranca. C’è bisogno di una visione per il sistema bancario che da una parte valorizzi e incrementi la forza lavoro, sulla quale impatterà il processo di digitalizzazione, e dall’altra sostenga la transizione ecologica del sistema industriale”.

Utili record – Il 2023 è un anno di risultati record per i grandi gruppi bancari. I primi sette gruppi bancari (Intesa, Unicredit, Bpm, Bper, Mps, Credem e Popolare di Sondrio) con sede legale nel nostro paese hanno chiuso lo scorso anno con un utile netto di 22,2 miliardi di euro, in aumento del 77,4% rispetto al 2022. Il dato, si osserva nel report della Fisac Cgil, è spinto in alto dalla crescita del margine d’interesse, che ritorna dopo un decennio a rappresentare quasi il 60% del totale dei ricavi a quota 39,5 miliardi. Tengono le commissioni e i ricavi da attività assicurativa, mentre il risultato netto delle attività finanziarie proprie si riduce di circa un terzo. L’utile per addetto medio sfiora i 92 mila euro/addetto, in aumento dell’83,5% rispetto ai 50 mila euro/addetto del 2022.

Costi operativi in lieve aumento – I costi operativi sono in leggero aumento a quota 29,6 miliardi di euro (+1,4% sul 2022). L’impatto della prima tranche del rinnovo del contratto nazionale di settore, fa sapere il rapporto della Fisac Cgil, ha determinato un aumento medio del costo del personale impiegato in Italia pari al 5,2%, per un costo medio per dipendente che si attesta a quota 83 mila euro. Tuttavia, i grandi gruppi sono stati in grado di contenere l’aumento del costo del personale complessivo intorno all’1,5%.

Dipendenti in calo – Per la Fisac Cgil la principale leva utilizzata in questa strategia di gestione dei costi continua a essere la riduzione del personale. A livello globale, il calo dei dipendenti nel 2023 è pari a 7.327 unità (-3% annuo); di questi, 4.292 unità (-2,4% annuo) riguardano il nostro paese. Alla fine dello scorso anno i dipendenti dei primi sette gruppi bancari in Italia ammontano a 171 mila unità; tuttavia, stima la Fisac, a fine 2026 si prevede un dato inferiore alle 170 mila unità, attorno a quota 168 mila dipendenti.

Sportelli che diminuiscono – Anche le filiali continuano a diminuire. Lo scorso anno, sottolinea la Fisac Cgil, i primi sette gruppi bancari hanno chiuso quasi 1.000 filiali, una riduzione pari all’8,3%. In due anni sono ‘scomparsi’ 1.385 sportelli, pari a una banca delle dimensioni di Mps o Banco Bpm. Va inoltre segnalato che la quota percentuale degli sportelli di proprietà dei primi sette gruppi bancari italiani sul totale delle rete bancaria in Italia continua a diminuire: in due anni è scesa dal 55,2% al 52,4%. La strategia ‘digital first’ operata dai grandi gruppi negli ultimi anni sta determinando una riconfigurazione spaziale della presenza delle banche sui territori. Vuoto che viene colmato, anche se in modo parziale, dai gruppi emergenti di medie dimensioni (Credem e Bp Sondrio nel nostro campione) e dalle banche di Credito Cooperativo.

Dividendi in aumento – Il 2023 sorride agli azionisti, si legge nel report Fisac. I primi sette gruppi bancari distribuiranno a breve 10,5 miliardi di dividendi, un aumento dell’83,6% rispetto ai 5,7 del 2022. Inoltre, i due gruppi più importanti del nostro paese, Intesa e Unicredit, offriranno una ulteriore remunerazione agli azionisti sotto forma di buyback, portando la remunerazione complessiva degli azionisti dei primi 7 gruppi bancari a quota 18 miliardi di euro, in aumento di 7,5 miliardi (+71,5%) rispetto al 2022.

Stato patrimoniale, sempre meno credito – L’ottimo stato di salute dei grandi gruppi bancari si conferma anche osservando le metriche relative allo stato patrimoniale. L’attivo, fa sapere la Fisac Cgil, si riduce del 9% in un anno per effetto soprattutto della riduzione degli accantonamenti legati alle normative sugli RWA (Risk Weighted Assets). In sostanza migliora la qualità del credito, come confermato anche dal dato sulle rettifiche, in riduzione del 45,1% rispetto al 2022 a quota 3,8 miliardi di euro.

I grandi gruppi bancari continuano l’opera di riduzione lenta dello stock creditizio, con i finanziamenti alla clientela che scendono sotto quota 1.200 miliardi di euro, pari ad un -3,8% anno su anno. Aumenta il peso della raccolta diretta, che supera quota 1.485 miliardi di euro, determinando un Loan to Deposit Ratio pari all,80,8%. Ciò significa che per ogni euro depositato presso i grandi gruppi bancari italiani, solo 0,8 euro vengono effettivamente impiegati sotto forma di credito a famiglie e imprese.

Produttività ai massimi livelli –  Il 2023 è anche l’anno dell’incremento record della produttività per i grandi gruppi bancari. Tra il 2021 e il 2023, sottolinea il rapporto della Fisac Cgil, la produttività per addetto è raddoppiata: il Valore aggiunto rettificato per addetto (Var/d) nel 2023 è pari a 147.600 euro, un dato superiore a quelli medi di tutti gli altri settori e che addirittura supera il dato da record del settore farmaceutico italiano nel biennio del Covid (145.000 euro per addetto). Al momento, non c’è settore in Italia che raggiunga livelli di produttività così alti come quello bancario.

Il commento di Susy Esposito (segretaria generale Fisac Cgil) – “I dati del nostro report – commenta la segretaria generale della Fisac Cgil – ci indicano una strada da perseguire: nella contrattazione di secondo livello i risultati straordinari messi a segno dal sistema bancario dovranno essere redistribuiti anche alle lavoratrici e ai lavoratori. Non solo, in linea con quanto previsto dal contratto nazionale, dovremmo sempre al secondo livello procedere nei gruppi e nelle aziende anche sul fronte della riduzione dell’orario di lavoro. Così come per quanto riguarda il tasso di sostituzione ci dovrà essere una correlazione alla pari tra entrate ed uscite”, conclude Esposito.

⇒ Scarica il report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil

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La desertificazione bancaria in Abruzzo su Rai3

Di seguito pubblichiamo il link al servizio andato in onda su Rai3 lo scorso 22 aprile,  basato sullo studio redatto dalla Fisac Abruzzo Molise in collaborazione con l’Ufficio Studi e Ricerche Fisac.




Emanuela Marini è la nuova Segretaria Provinciale Fisac Cgil L’Aquila

Il 24 aprile si è svolta, presso la CdLT dell’Aquila, l’Assemblea Generale della Fisac Cgil della Provincia dell’Aquila, avente tra i punti all’OdG l’elezione del nuovo Segretario Territoriale.

Su proposta del Segretario Regionale, Luca Copersini, è stata eletta quale Segretaria Provinciale della Fisac Cgil L’Aquila Emanuela Marini. Emanuela è dipendente della Banca d’Italia ed è attualmente componente della Segreteria di coordinamento Fisac Bankitalia.

Successivamente, su proposta della neo Segretaria, si è provveduto all’elezione della nuova Segreteria Provinciale che comprenderà, oltre alla Segretaria, Antonella Barbone e Pierfrancesco Tatozzi.

Alla nuova Segretaria ed ai componenti la Segreteria Provinciale i migliori auguri di buon lavoro dalla Fisac Abruzzo Molise.




Rinnovo CCNL BCC: avvio al rallentatore

Si è concluso nel pomeriggio di lunedì 22 aprile il programmato incontro, tenutosi a Roma in presenza, tra le Organizzazioni Sindacali e la Delegazione di Federcasse al fine di dare concreto avvio alla trattativa di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito Cooperativo.

Dopo il precedente incontro del 21 marzo durante il quale le Organizzazioni Sindacali hanno illustrato a Federcasse la piattaforma approvata da oltre il 99% delle Lavoratrici e dei Lavoratori del Credito Cooperativo, il Presidente Matteo Spanò, coadiuvato dal Presidente Luca Occhialini e da Domenico Ruggeri, ha riportato una prima complessiva e “timida” posizione della parte datoriale sulle rivendicazioni avanzate.

La consultazione che Federcasse ha avviato sui territori non è ancora ultimata, pur tuttavia, ha permesso di delineare un primo perimetro esplorativo sui vari istituti ritenuto, dalle Organizzazioni Sindacali presenti al tavolo, del tutto inadeguato e insoddisfacente sia nel merito che nel metodo.

Seppur sollecitata più volte Federcasse non ha esplicitato chiaramente la propria posizione in primis sulla partita economica nella sua complessità ritenendo prematura qualsiasi presa di posizione politica sul tema.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro è, a nostro avviso, la cartina di tornasole di un intero sistema in piena evoluzione e innovazione che deve dare certezze ai principali attori del Credito Cooperativo: le Lavoratrici e i Lavoratori.

Tutti i temi presenti nella piattaforma devono trovare adeguata e dignitosa collocazione normativa indipendentemente dal tavolo negoziale.

È necessario metterci più cuore e anima “cooperativa” da parte di Federcasse per un rinnovo del CCNL all’altezza dei tempi e con una visione sul futuro della Categoria.

Il prossimo incontro si terrà il 7 maggio auspicando maggior coraggio e determinazione per proseguire un confronto che non deve scontare tempi lunghi e di poco costrutto.

Roma, 23 aprile 2024

 

LE SEGRETERIE NAZIONALI
FABI FIRST/CISL FISAC/CGIL UGL CREDITO UILCA