Unicredit: al via l’adesione volontaria al Piano di Esodo ex-Accordo 19.12.2023

3 - Fisac Cgil

Segreterie di Coordinamento delle OO.SS. di Gruppo Unicredit
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN


 

Incontro del 16-02-2024 in tema di accesso al Fondo di Solidarietà

 

Nell’incontro svoltosi venerdì 16.02.24, l’azienda ci ha informato circa le modalità di applicazione delle previsioni, relative all’accesso ai Piani di Esodo, contenute nell’Accordo del 19.12.2023 e, più in generale in riferimento anche ai Piani di Esodo stabiliti negli Accordi 27.01.2022, 01.12.2022, 09.06.2023, sulle modalità di gestione dell’intervenuto decremento previsionale della c.d. “aspettativa di vita” e del conseguente anticipo della data di maturazione del diritto al trattamento pensionistico (c.d. “finestra”) dei/delle colleghi/e interessati\e dagli esodi sopracitati.

L’azienda ci ha comunicato che, la prossima settimana (presumibilmente già da lunedì), verrà attivato per due settimane l’applicativo a portale per permettere a tutti/e i/le Lavoratori/Lavoratrici che maturano il diritto al trattamento pensionistico (c.d. “finestra”) entro il 01.01.2030 (anche in virtù degli effetti della citata diminuzione della c.d. “aspettativa di vita”) l’adesione volontaria al Piano di Esodo ex-Accordo 19.12.2023.

Verrà anche inviata una mail a tutte/i i/le colleghi/e appartenenti a questa platea; coloro i quali non dovessero ricevere tale mail ma siano in possesso di documentazione attestante la maturazione del diritto al trattamento pensionistico (c.d. “finestra”) entro il 01.01.2030 potranno segnalare la loro situazione inviando una mail (allegando la documentazione) a [email protected]. Le prime uscite dei nuovi aderenti a questo Piano non saranno anteriori al 01.05.2024.

Abbiamo rappresentato all’azienda la nostra preoccupazione che – in considerazione del numero massimo di 200 adesioni previste da detto piano e dell’aumentata platea di riferimento, a seguito degli anticipi pensionistici determinati dalla diminuzione della c.d. “aspettativa di vita” – si potrebbe creare un numero elevato di domande “in sospeso”. Abbiamo inoltre ribadito che qualunque modalità di gestione di eventuali “sospesi”, dovrà essere oggetto di nuovo confronto con le OO.SS. e non potrà prescindere dal rapporto paritetico tra uscite e nuove assunzioni e dal criterio della maggior prossimità alla maturazione del diritto al trattamento pensionistico.

Per quanto riguarda gli anticipi delle date di maturazione del diritto al trattamento pensionistico (c.d. ”finestra”) per effetto della diminuzione della c.d. ”aspettativa di vita”, l’azienda ha dichiarato che procederà ad un generale massivo anticipo delle uscite (si tratta dei/delle colleghi/e che hanno già aderito in precedenza ai Piani Esodo) rispetto a quanto indicato in fase di adesione, ad eccezione dei/delle colleghi/e che hanno già ricevuto nelle scorse settimane comunicazione di posticipo di qualche mese della propria data originaria di cessazione, che manterranno tale data posticipata.

Inoltre, sempre sulla base di una valutazione organizzativa aziendale, alcuni/e colleghi/e manterranno la data di cessazione originariamente indicata in fase di adesione senza anticiparla e verranno contattati in argomento, nelle prossime settimane, dall’azienda. A valle di queste interlocuzioni tutti/e riceveranno una comunicazione aziendale indicante la propria data di cessazione. L’azienda ha comunicato che la prima data utile per queste uscite potrebbe essere il 01.04.2024.

Abbiamo chiesto di prestare la massima attenzione alle istanze rappresentate in argomento da parte dei/delle Lavoratori/Lavoratrici interessati/e.

 

Le Segreterie di Coordinamento delle OO.SS. di Gruppo Unicredit
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN




La Fisac Abruzzo Molise al convegno per i 20 anni della Federconsumatori Abruzzo

Giovedì 22 aprile, presso i locali dell’ex Aurum a Pescara, si svolgerà il convegno organizzato dalla Federconsumatori Abruzzo per celebrare i 20 anni di attività.

Tanti e prestigiosi gli ospiti: tra gli altri Carmine Ranieri, Segretario della Cgil Abruzzo Molise, e Luciano D’Amico, candidato alla Presidenza della Regione Abruzzo.
La Fisac Abruzzo Molise parteciperà al dibattito previsto per il pomeriggio, incentrato sulle vicende che hanno portato al dissesto delle banche locali Tercas e Carichieti. Al dibattito prenderanno parte Luca Copersini, Segretario Regionale Fisac, e Francesco Trivelli, nella doppia veste di Presidente Federconsumatori Abruzzo e Presidente dell’Assemblea Generale Fisac Abruzzo Molise.

Di seguito la locandina dell’evento; la partecipazione è libera.




CCNL Alleanza: piattaforma e contro-piattaforma

3 - Fisac Cgil

Nei giorni scorsi abbiamo incontrato l’Azienda per la terza volta sul tema del rinnovo del CCNAL.

Purtroppo, come vi avevamo anticipato nel nostro precedente comunicato del 17 gennaio Alleanza ha presentato alle OO.SS. la sua “contropiattaforma”, chiedendo di inserire nel contratto parametri di FLESSIBILITA’, QUALITA’ DISTRIBUTIVA E PRODUTTIVITA’.

Troviamo impossibile recepire le richieste aziendali di modifiche normative che potrebbero avere ripercussioni negative e penalizzanti per tutti i lavoratori.

Risulta palese l’intenzione di Alleanza di trasferire il rischio di impresa dall’Azienda ai lavoratori, come già operato con le nuove incentivazioni e le modifiche ai piani provvigionali partite da gennaio 2024, dove questi temi sono stati ampiamente inseriti accompagnati da bonus e malus.

Tra l’altro il tentativo di scaricare le responsabilità d’impresa sui lavoratori risulta in evidente contrasto anche con l’accordo di Gruppo Generali del 2020, che oltre ad introdurre il premio di produttività per i produttori, li tutelava anche sotto il profilo proprio delle responsabilità oggettive.

Inoltre, affrontare tematiche normative richiederebbe tempi lunghissimi visto che, allora, non si potrebbe prescindere dai tanti anacronismi presenti sul nostro CCNAL, come: l’eliminazione della clausola del 25% delle provvigioni considerate come rimborso spese, il riconoscimento dell’aggravio del lavoro amministrativo che non viene retribuito ai produttori, l’eliminazione dei sottoinquadramenti per colmare le differenze con ANIA e con i colleghi del gruppo, l’introduzione dei nuovi ruoli mai ufficialmente riconosciuti e normati come IFS/FOCAL/DGL/SMILER.

Le OO.SS. hanno, al contrario, presentato una piattaforma snella con richieste circoscritte proprio per accelerare i tempi di rinnovo e dare un ristoro economico rapido ai lavoratori in difficoltà.
Alleanza ed il Gruppo Generali si ostinano, invece, a tentare di allungare i tempi con pretese provocatorie a danno dei dipendenti, senza fornire risposte alla piattaforma sindacale.

L’unica disponibilità riscontrata è quella sugli aumenti economici, come previsto dalla nostra parificazione ad Ania e già messi in conto dall’azienda da quando il contratto è scaduto nel 2018 e rinnovato per il resto della categoria nel 2023.

Non possiamo leggere come un avvicinamento la disponibilità offerta da Alleanza ad assumere 300 nuovi dipendenti nei prossimi 4 anni, visto che si tratta di un tema a latere del CCNAL e non certo una partita contrattuale.

In questo momento, le OO.SS. dovrebbero restare unite e ferme per respingere le richieste aziendali e riportare la trattativa nei binari della normalità, pretendendo risposte concrete e celeri dall’azienda e non il contrario.

Ci auguriamo che al prossimo incontro del primo marzo, l’azienda si renda conto dell’impossibilità di seguirla su questa strategia suicida e ritiri la propria contropiattaforma, rispondendo alle richieste contenute nella piattaforma sindacale.

Ricordiamo che i lavoratori sono in difficoltà e non solo per la congiuntura economico-inflattiva, ma anche per le politiche aziendali che hanno peggiorato le condizioni di lavoro con aumento di stress e pressioni favorendo una disaffezione verso Alleanza, confermata dall’emorragia continua di fuoriuscite.

Nel contempo, continua in parallelo la stesura della piattaforma per il rinnovo del CIA.

Roma, 14 febbraio 2024

 

I Coordinamenti Nazionali delle RSA
FISAC/CGIL – FNA




Unicredit: firmato l’accordo per il VAP 2023

3 - Fisac Cgil

Nella giornata odierna, le OO.SS. dopo una complessa trattativa sul premio di produttività relativo all’anno 2023 in erogazione 2024, hanno siglato l’accordo che riconosce un’importante valorizzazione dell’impegno profuso da tutte le lavoratrici ed i lavoratori del perimetro Italia.

Nello specifico, l’accordo prevede:

  • € 1.600,00 quale Premio Una Tantum di Produttività (VAP 2023) [in conto welfare] nel mese di aprile o in alternativa € 1.000,00 lordi a tassazione agevolata 5% [in busta paga], nel mese di giugno.
  • € 511,30 quale erogazione welfare redditività 2023 (solo a Conto Welfare), per tutte/i le/i Lavoratrici/Lavoratori (comprendente, per quanto ovvio, anche chi optasse per l’opzione cash) nel mese di aprile.
  • € 88,70 quale contributo polizza odontoiatrica, per tutte/i le/i Lavoratrici/Lavoratori.

L’importo complessivo a Conto Welfare è di 2.111,30 €, cui si aggiungono 88,70 € per polizza collettiva denti; il totale è pertanto di 2.200,00 €.

L’accredito welfare avverrà nel mese di aprile, mentre chi sceglierà il cash troverà la somma accreditata nello stipendio di giugno.

E’ stata confermata la possibilità di conversione in “welfare days”, che può essere effettuata fino a un massimo di 5 giorni, fermo restando un residuo ferie relativo agli anni precedenti uguale o inferiore a 5 giorni al 31 gennaio dell’anno corrente.

Relativamente all’importo destinato a conto welfare, per tutte le lavoratrici e i lavoratori con reddito non superiore agli 80.000 Euro non saranno applicati oneri aggiuntivi, trattandosi di somme non soggette a tassazione e contribuzione.

Sono state confermate inoltre, anche per il corrente anno, le liberalità aziendali relative a:

  • Il “contributo familiare disabile”, che viene automaticamente liquidato con importo monetario esclusivamente nel cedolino stipendio e che viene riconosciuto, di norma, nel mese successivo alla richiesta;
  • Il “contributo 4-12 anni” e la “strenna natalizia”, per i quali è previsto esclusivamente il conferimento automatico a welfare come negli anni precedenti.

Le OOSS esprimono soddisfazione per l’importante risultato raggiunto.

Milano, 13 febbraio 2024

 

Segreterie di Coordinamento Gruppo Unicredit S.p.A.
Fabi – First Cisl – Fisac Cgil – Uilca – Unisin


 

Il commento della Fisac

Questo accordo è il giusto riconoscimento per il fondamentale contributo degli oltre 33 mila lavoratrici e lavoratori ai risultati straordinari raggiunti dalla Banca, senza di essi non si sarebbero mai raggiunti e superati gli obiettivi del piano industriale Unlocked del Gruppo”, commentano il segretario nazionale della Fisac Cgil, Riccardo Sanna, e il coordinatore Fisac Cgil Gruppo UniCredit, Goffredo Molteni.

L’accordo, proseguono, “è il frutto di un complesso e articolato negoziato che ha portato a un importante risultato, declinato lungo tre direttrici: 1.600 euro quale premio una tantum in conto welfare nel mese di aprile o in alternativa 1.000 euro a tassazione agevolata in busta paga a giugno, un significativo aumento della soglia per l’opzione cash; ulteriori 511,30 euro quale erogazione welfare con riferimento alla crescita della redditività erogato nel mese di aprile; 88,70 euro quale contributo datoriale alla polizza odontoiatrica. In totale un premio di circa il 40% in più rispetto allo scorso anno”.

“Mancavano all’appello le lavoratrici e i lavoratori del gruppo, dopo aver previsto dividendi e buyback per gli azionisti. Ora col raggiungimento di questo ottimo accordo, frutto di un’azione collettiva della Fisac del Gruppo Unicredit, assieme alle altre organizzazioni sindacali, finalmente redistribuiamo al lavoro i guadagni di produttività”, concludono Sanna e Molteni.




Il lavoro diventa una merce

Per l’insegnamento universitario corrente l’economia viene mostrata come la teoria della scelta umana tra beni scarsi, per cui sono possibili usi alternativi, e l’interazione dei beni attraverso lo scambio (la divisione del lavoro ha portato alla massima specializzazione della produzione e, di conseguenza, agli scambi delle merci prodotte tra i vari agenti economici).

Questo modo di affrontare il problema (in termini capitalistici) pone l’accento più sullo scambio che sulla produzione, e tende, quindi, ad escludere lo studio dei rapporti economici tra le classi e il processo di sviluppo dell’economia nel suo complesso. Possiamo affermare che il processo di produzione, ossia il processo lavorativo, è quel processo attraverso cui il lavoro trasforma i materiali forniti dalla natura in ricchezza: esso si presenta come il processo di trasformazione della natura per servire ai bisogni umani.

Fin dall’alba della storia gli uomini hanno prodotto non individualmente, ma insieme ad altri uomini. La società antica, la società feudale e la società borghese, sono caratterizzate da complessi rapporti di produzione ed ognuno di questi complessi caratterizza, nello stesso tempo, un particolare stadio di sviluppo nella storia dell’umanità. L’elemento che causa e determina i profondi mutamenti sociali, attraverso cui passa la storia umana, è il mutamento nelle forze produttive, cioè le variazioni negli strumenti di produzione e nelle capacità e nelle tecniche della gente che li usa. Da notare che le varie forme di società non differiscono solo per i diversi metodi di produzione in vigore, ma anche per il fatto che i rapporti tra gli uomini e tra le classi, cioè i rapporti sociali tra gli uomini, sono diversi.

I rapporti sociali entro i quali gli individui producono (i rapporti sociali di produzione) si modificano; dunque, mutano con la trasformazione e con lo sviluppo dei mezzi materiali di produzione. I rapporti di produzione costituiscono nel loro assieme ciò che riceve il nome di rapporti sociali, di società, e precisamente una società ad un grado di sviluppo storico determinato.

Il capitalismo è un sistema di produzione sociale all’interno del quale ci sono sfruttatori e sfruttati: i capitalisti e i lavoratori.
Per la classe lavoratrice lo sfruttamento è il punto di partenza nello studio dell’economia politica, per i capitalisti il punto di partenza è come mantenere la ricchezza ed il dominio ed è da questo punto di partenza che affrontano i problemi dell’economia. Ora i processi economici sono alla base di tutti gli altri processi sociali; l’insieme dei rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base sulla quale si costruisce una sovrastruttura giuridica e politica ed alla quale si collegano forme determinate della coscienza sociale Secondo la nota concezione materialistica della storia, il fattore che, in ultima istanza, è determinante nella storia è la produzione e la riproduzione della vita reale: ossia noi facciamo noi stessi, la nostra storia, ma decidono in ultima analisi le condizioni economiche, anche se le condizioni politiche esercitano una loro funzione non determinante (lettera di Engels a Bloch Joseph 21/09/1890).

Nella cosiddetta società mercantile semplice esistevano i presupposti della divisione del lavoro; in esso la divisione del lavoro era prevalentemente costituita da una divisione per prodotto, cioè, il falegname faceva il tavolo intero e non un pezzetto di tavolo, così il calzolaio con le scarpe; il mercato si era esteso, ma era ancora basato su una produzione che serviva prevalentemente in modo diretto per il consumo. Un classico esempio di questo rapporto diretto è il lavoro su ordinazione prevalente in questo tipo di società (mercantile). Infine, ed è la caratteristica maggiormente rilevante, il produttore era anche proprietario delle merci che egli portava nel mercato.

La realtà sociale è poi mutata; ad un certo momento, la società mercantile semplice si trasforma, per proprie leggi di sviluppo, in società capitalista di prevalente concorrenza. La storia economica ci ricorda che ad un certo momento si sono riscontrati molti fenomeni, come l’aumento della produzione, il sorgere della produzione di massa per il mercato, un aumento della produttività del lavoro, una maggiore divisione del lavoro e, al sorgere di nuovi strumenti di produzione, tutti questi fenomeni si sono tra di loro dialetticamente collegati; cioè essi sono espressione e causa di un nuovo sistema economico che andava sorgendo.

Tra i vari fenomeni che hanno accompagnato lo svilupparsi della società capitalistica e che sono compresi sotto il nome di rivoluzione industriale, l’introduzione della macchina ha avuto una primaria importanza. Infatti, la rivoluzione industriale fu caratterizzata da grandi scoperte nella tecnica produttiva che, al posto degli strumenti di produzione animati dall’energia motrice dell’uomo, introdussero dell’energia motrice indipendente, come l’acqua prima e il vapore dopo, che resero possibili nuovi processi lavorativi  ed un aumento colossale delle quantità prodotte: cioè, in sostanza, un aumento della produttività del lavoro.

Possiamo dire che la rivoluzione industriale fu un insieme grandioso di fatti economici tra di loro dialetticamente collegati e non un semplice fatto tecnico; vi fu senza dubbio una relazione dialettica tra sviluppo tecnico delle forze produttive e sviluppo dei rapporti economici. Anzi su questa relazione dialettica, cioè non meccanica di causa ed effetto, Carlo Marx basò la sua concezione del progresso economico e sociale. La stessa e sola scoperta della macchina a vapore non ha significato di per sé la rivoluzione industriale; tale scoperta avvenne e la rivoluzione industriale si verificò perché si svolse in un particolare ambiente economico, nacque cioè nell’ambiente che esigeva il modo di produzione capitalistico. Ricordiamo che dal 1600 in poi si sono sviluppati ed hanno prevalso i rapporti capitalistici, dove, ad esempio, vediamo l’imprenditore commerciale che spossessa dalle materie prime e  dagli oggetti di lavoro l’artigiano medievale, il quale viene estromesso dal mercato globale. Si era sviluppato il lavoro a domicilio e in certi rami la fabbrica manifatturiera, che raccoglieva insieme gruppi di lavoratori. In pratica, con la scoperta e la introduzione delle macchine si spossessa definitivamente il lavoratore anche dello strumento di lavoro, ossia del mezzo di produzione, e si rende necessario il raggruppamento dei lavoratori nelle fabbriche originando una grande differenza tra gli stessi produttori capitalistici e tra questi e gli artigiani.

Successivamente il capitalismo, cioè la divisione in classi, si consolida e diviene perfetta: il capitalista industriale diventa il protagonista dello sviluppo economico e il capitale condizione necessaria alla crescita economica. Affinché il capitalista possa impiantare le fabbriche che vuole e dove vuole e che vi sia la libertà di produzione, si rende necessario eliminare  i vincoli corporativi medioevali. Nella società mercantile semplice esisteva una differenza tra i vari produttori, queste differenze erano limitate però, perché si riferivano in prevalenza a differenza nelle qualità umane, che come è noto non sono forti. Ad esempio, se noi ci mettiamo a fare una corsa, noi correremo più o meno con la stessa velocità; al contrario, se uno si mette a correre in bicicletta e noi a piedi, la differenza diventa molto maggiore e questa differenza avrà la sua importanza nel determinare le leggi del mercato e dello sviluppo economico. Ma, il fatto economico più importante diviene la dissociazione nella produzione tra coloro che detengono i mezzi di produzione e quelli che hanno soltanto la forza lavoro. Questo è il fatto fondamentale che determina non soltanto i rapporti diretti del mercato, ma determina la dinamica economica e lo sviluppo del sistema. Esso caratterizza il sistema capitalistico di produzione: il produttore vero, il lavoratore, è stato spossessato storicamente prima dell’oggetto di lavoro, poi anche, dello strumento di lavoro e l’unico produttore diviene il capitalista. Ma se ci chiediamo chi è il produttore nella società capitalista, la risposta per noi è che il vero produttore è chi lavora, ossia chi mette in moto le macchine e questa è una premessa logica e non deve essere mai dimenticata. Produttore in senso sociale e, quindi, sempre il lavoratore, colui che mette in moto gli strumenti di produzione nell’economia capitalistica; però, dato che gli strumenti di produzione sono in mano ad un determinata categoria, che noi chiamiamo capitalisti, si genera la convinzione (e si parte dalla premessa comune in tutta l’economia accademica) che produttore sia il capitalista e gli altri siano fattori della produzione o consumatori. Dal punto di vista della logica capitalistica ciò è vero in un concetto generale, in quanto il processo produttivo si mette in moto se il capitalista, che ha i mezzi di produzione, lo mette in moto; in sostanza, il produttore nel capitalismo è chi ha i mezzi di produzione, che sono posseduti da una categoria di persone distinta dalla categoria di coloro che materialmente li adoperano, e così tanto i mezzi di produzione, che il lavoro, diventano oggetti di scambio, ossia merci; acquistano, in questo modo, carattere di relazione di scambio, non solo le relazioni tra proprietari di merci, ma anche le relazioni tra proprietari di mezzi di produzione e non proprietari dei mezzi di produzione o proletari.

 

Antonello Pesolillo
Presidente Assemblea Generale Fisac Chieti

 

Per approfondire: Il lavoro al di fuori della logica capitalistica




La dichiarazione di guerra è stata consegnata: ai poveri

La dichiarazione di guerra è stata consegnata nelle mani di alcuni milioni di italiani, quelli poveri, che si ostinano a esserlo e a rimanerlo, nonostante i proclami del clan famigliare al governo e le magnifiche sorti del Paese illustrate ogni sera dai cinegiornali Luce, un tempo detti Tg. Una sistematica opera di bonifica ai danni di una parte non esigua della popolazione, quella che fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, quella che – anche lavorando – si ritrova ai confini della soglia di povertà, o addirittura sotto. Tolto il reddito di cittadinanza a un milione di famiglie (a 400.000 via sms), dopo una campagna stampa trasversale durata anni tesa a descrivere ogni meno abbiente del Paese come un bieco truffatore, le famiglie con un sussidio sono oggi 288 mila, ma il sussidio sono due carote e un pomodoro, e per averlo bisogna avere un Isee di tipo sahariano: 6.000 euro all’anno, che in una città come Milano, per dire, non ti bastano nemmeno per andare alla Caritas in tram.

Alcuni – fortunelli – hanno ricevuto da Yo soy Giorgia una carta alimentare, una moderna carta annonaria, da 382,5 euro all’anno (1,04 euro al giorno, non scialate). Insomma, chi non ce la faceva, o ce la faceva a malapena con grande fatica, è stato prima preso a ceffoni dai giornali (i famosi fannulloni sul divano) e poi direttamente affamato dal governo. Chi ha fatto i conti stima più o meno un risparmio di 4 miliardi per i tagli al reddito e un esborso di mezzo miliardo per il caritatevole obolo di un euro al giorno, che fa un risparmio secco di 3 miliardi e mezzo: non volendo prenderli dagli extraprofitti delle banche – sacrilegio! – li si prende dagli extrasfigati, componente sociale in continuo aumento.

Naturalmente finché c’è la salute c’è tutto, e se la salute non c’è, cazzi vostri. Se ti serve un esame urgente o una cura veloce e non puoi aspettare un anno, e non puoi pagarti una sanità privata (tipo quella che possiedono i giornali che sostengono vibratamente Yo soy Giorgia) che ti devo dire, pazienza, verremo al funerale. Alla sanità sono finiti 3 miliardi, che andranno quasi tutti in contratti del personale, e undici italiani su cento rinunciano a curarsi per mancanza di soldi.
Il grande vanto e ostentazione della famiglia (sur)reale di Chigi Palace per la valanga di soldi destinati agli anziani è tragicomico. Un po’ perché si sventolano soldi che già arrivavano, e un po’ perché la platea è composta da ultraottantenni non autosufficienti, gravissimi, con un Isee inferiore a 6.000 euro: meno di trentamila persone nel 2025 e meno di ventimila nel 2026 (la strategia è puntare sulle esequie, insomma).

Però, per fortuna, si aiutano le donne. Oddio, non esageriamo. Forse era una buona idea quella della decontribuzione (fino a 3.000 euro lordi) per le donne che lavorano, poi però ecco la sorpresa: vale solo per le donne che hanno tre figli (tre!) e che siano lavoratrici assunte regolarmente a tempo indeterminato, nell’ecosistema italiano, animali piuttosto rari. Se vuoi lo sconto sui contributi – ma solo per un anno – devi avere almeno due figli, se no, zero. È una variante dei fannulloni sul divano: solo che qui si consiglia di stare sul divano a figliare. Tra l’altro, se hai un bambino solo, ti paghi l’asilo, perché per avere un contributo, di figli devi averne almeno due, se no zero pure qui.

Questo è il contenuto della dichiarazione di guerra. Come andava di moda dire, c’è un aggressore e un aggredito, che nei cinegiornali della sera non si vede mai.

 

Articolo di Alessandro Robecchi sul Fatto Quotidiano del 7/2/2024




Mps tornano le assunzioni: i primi 300 giovani dopo un decennio di crisi e tagli

Dopo un decennio caratterizzato da piani di uscite, pur sempre volontarie e incentivate, realizzate attraverso il fondo di solidarietà, Mps torna ad assumere. I sindacati (Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin) hanno infatti raggiunto l’accordo con la banca per l’assunzione di 300 persone da destinare alla rete commerciale.

La svolta nei negoziati è arrivata dopo la comunicazione del bilancio 2023 con cui il Monte dei Paschi di Siena si è ripreso la scena nel mondo bancario: i 2 miliardi di utili hanno rappresentato un passaggio storico, con cui la banca senese comincia a lasciarsi alle spalle anni di grande difficoltà.

Gli ingressi sulla rete commerciale

I nuovi ingressi avverranno entro quest’anno e verranno realizzati in buona parte prima del prossimo periodo di ferie. L’intesa dà seguito a quanto deciso negli accordi del 4 agosto e del 23 dicembre 2022, in occasione dell’attivazione del piano di 4.125 uscite volontarie. Nella trattativa le parti hanno condiviso anche l’istituzione di un tavolo permanente di confronto sulla gestione degli organici, per seguire meglio gli impatti riorganizzativi.

Fonte: Il Sole 24 Ore


 

Fisac Cgil: accordo nuove assunzioni passo in avanti

Un risultato che ci soddisfa perché questa intesa dà continuità ai recenti accordi raggiunti in tema di riconoscimenti economici e di sviluppo professionale e permette di guardare con ottimismo al definitivo rilancio di Banca Mps, ottenuto prevalentemente grazie alla tenacia e alla professionalità delle sue lavoratrici e dei suoi lavoratori”.

Così ill coordinatore Fisac Cgil di Banca Mps, Federico Di Marcello, e il  coordinatore Fisac Cgil del Gruppo Mps, Stefano Carli, sull’accordo raggiunto con l’azienda Monte Paschi riguardante un primo pacchetto di assunzioni di nuovo personale pari a complessive 300 immissioni.

Riteniamo infatti queste assunzioni – proseguono Di Marcello e Carli – un nuovo passo in avanti verso un percorso che dovrà vedere Banca Monte Paschi e organizzazioni sindacali protagoniste nei prossimi mesi di nuove intese per la creazione di nuovi posti di lavoro e per un ulteriore miglioramento delle previsioni economiche e normative aziendali”.

Su questo ultimo punto, la segretaria nazionale della Fisac Cgil, Chiara Canton, aggiunge: “I positivi dati di bilancio di Rocca Salimbeni, che con un utile di oltre 2 miliardi di euro torna a pagare un dividendo dopo tredici anni e in anticipo di due rispetto ai piani, ci dicono inoltre che è ora possibile riconoscere alle lavoratrici e ai lavoratori di Monte dei Paschi i giusti meriti attraverso la contrattazione di secondo livello”, conclude.




Cassazione: giusto licenziare chi deride un collega per il suo orientamento sessuale

Ma perché sei uscita incinta pure tu? E come non sei lesbica?

La frase in dialetto detta con tono irrisorio ad una collega davanti a terze persone, è costata il posto di lavoro al dipendente di una società pubblica di trasporti. La Cassazione ha accolto il ricorso della Tper Spa, società emiliana, che voleva licenziare in tronco, per “giusta causa” e senza alcun diritto ad indennità, uno degli autisti che, alla fermata dei pullman, ed in divisa, aveva rivolto alla collega, che aveva da poco partorito due gemelli, le frasi “incriminate”.

Il licenziamento in tronco

La donna, autista anche lei, aveva subito presentato un esposto all’azienda datrice di lavoro che, a sua volta, aveva contestato al lavoratore il comportamento «gravemente lesivo dei principi del Codice etico aziendale e delle regole di civile convivenza» licenziandolo in tronco per giusta causa. La massima sanzione era stata però considerata troppo severa dai giudici della Corte d’Appello. Per la Corte territoriale il licenziamento era una sanzione “eccessiva per un comportamento considerato solo “ inurbano”. Per i giudici di secondo grado la decisione dell’azienda andava considerata un recesso unilaterale per cui la Tper era stata condannata a versare all’autista venti mensilità.

Frase discriminatoria

Una decisione dalla quale la Cassazione prende le distanze. Per la Suprema corte bollare semplicemente come inurbano il comportamento del lavoratore «non è conforme ai valori presenti nella realtà sociale ed ai principi dell’ordinamento». L’espressione inurbano «rimanda infatti – si legge nell’ordinanza – ad un comportamento contrario soltanto alle regole della buona educazione e degli aspetti formali del vivere civile, laddove il contenuto delle espressioni usate, e le ulteriori circostanze di fatto nel quale il comportamento del dipendente deve essere contestualizzato, si pongono in contrasto con valori ben più pregnanti, ormai radicati nella coscienza generale ed espressione di principi generali dell’ordinamento».

I giudici di legittimità ricordano che il Codice delle Pari opportunità tra uomo e donna (Dlgs n. 198/2006) considera “discriminazioni” anche le “molestie”, ovvero «quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo». Soprattutto con riguardo alla posizione «di chi si trovi a subire nell’ambito del rapporto di lavoro comportamenti indesiderati per ragioni connesse al sesso». La Cassazione ha dunque annullato con rinvio il verdetto della Corte d’Appello, che è ora chiamata a riesaminare la sua decisione per valutare «la sussistenza della giusta causa di licenziamento alla luce della corretta scala valoriale di riferimento».

L’evoluzione sociale

E la Suprema corte chiude con un invito a tenere nella giusta considerazione i cambiamenti di costume «Costituisce innegabile portato della evoluzione della società negli ultimi decenni – scrivono i giudici – la acquisizione della consapevolezza del rispetto che merita qualunque scelta di orientamento sessuale e del fatto che essa attiene ad una sfera intima e assolutamente riservata della persona». Per questa ragioni l’intrusione in tale sfera «effettuata peraltro con modalità di scherno e senza curarsi della presenza di terze persone non può essere considerata secondo il modesto standard della violazione di regole formali di buona educazione». La condotta va valutata tenendo conto della centralità che nel disegno della Carta costituzionale, assumono i diritti inviolabili dell’uomo, il riconoscimento della pari dignità sociale “senza distinzione di sesso”, il pieno sviluppo della persona umana e il lavoro come ambito di esplicazione della personalità dell’individuo, oggetto di particolare tutela «in tutte le sue forme e applicazioni». E dunque alla luce del divieto di ogni discriminazione.

Fonte: “Il Sole 24 ore”




Bonus mamme: ingannevole e iniquo. Ecco perché

Parte il “bonus mamme” previsto dalla legge di bilancio 2024. La misura, che si applica per tre anni fino al 2026, consiste nell’esonero contributivo fino ad un massimo di 3mila euro annui (250 euro al mese), per le lavoratrici che hanno almeno tre figli a carico e il più piccolo sotto i 18 anni. Per quest’anno, in via sperimentale, l’esonero contributivo è attribuito anche alle lavoratrici con due figli a carico e il più piccolo sotto i 10 anni. Ma per la Cgil Abruzzo Molise «l’agevolazione è solo uno specchietto per le allodole: esclude le lavoratrici precarie e cresce d’importo con l’aumentare del reddito. Un paradosso». A conti fatti, il contributo pieno previsto dal governo andrà solo alle mamme lavoratrici con redditi superiori a euro 2.692 euro mensili. Vediamo perché è così.
Partendo dal presupposto che «più che di bonus una tantum che variano di anno in anno c’è bisogno di misure strutturali di sostegno alla genitorialità», la Cgil fa i conti in tasca alle mamme per capire quanto percepiranno realmente.
«La legge di bilancio 2024 prevede l’esonero della contribuzione previdenziale che generalmente ammonta al 9,19% della retribuzione, fino a un massimo di 3.000 euro annui da riparametrare su base mensile, per le lavoratrici che hanno almeno tre figli», spiegano Carmine Ranieri, segretario generale Cgil Abruzzo Molise e Alessandra Tersigni, segretaria Politiche di genere, «l’agevolazione riguarda tutte le dipendenti del settore pubblico e privato (anche agricolo, in somministrazione e in apprendistato) con contratto a tempo indeterminato. Sono escluse, invece, le lavoratrici domestiche. Dobbiamo, innanzitutto, considerare che dal bonus sono escluse tutte le lavoratrici precarie e quelle autonome: una scelta totalmente insensata se pensiamo che proprio le lavoratrici più fragili dovrebbero ottenere la maggior tutela».
Una seconda considerazione viene espressa sullo strumento utilizzato per il calcolo del bonus «che consiste in un esonero dei contributi previdenziali. Pertanto», dicono Ranieri e Tersigni, «all’aumentare del reddito della lavoratrice aumenta anche l’importo del sostegno. Ma la misura dovrebbe operare esattamente al contrario e aiutare le mamme con redditi più bassi. La vera beffa del Governo Meloni è però rappresentata dal fatto che le mamme che decideranno di richiedere il bonus perderanno l’agevolazione accordata alla generalità dei lavoratori dipendenti relativa all’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, il cosiddetto taglio del cuneo contributivo. Dunque, la scelta del bonus mamma fa perdere l’analogo taglio contributivo già percepito».
In particolare, l’esonero contributivo incide nella misura del 7% fino ad un reddito mensile massimo di 1.923 euro e del 6% fino a 2.692 euro. «Tirando le somme», spiega la Cgil, «ad usufruire in maniera piena del bonus mamme saranno soltanto le lavoratrici che percepiscono un reddito mensile superiore ad euro 2.692 al mese». Come si evince anche dalla tabella le lavoratrici madri con una retribuzione media di 700 euro avranno, a fronte di un bonus teorico di 64,33 euro, un’agevolazione reale di 15,33 euro considerando i 49 euro di esonero contributivo. E così, a salire: con 1.100 euro di retribuzione il bonus spettante è di 101,09 euro, quello reale di 24,09; con 1.600 euro spettano 147,04 euro ma se ne otterranno 35,04. Con 2mila euro di stipendio, a fronte di un bonus di 183 euro, le lavoratrici ne percepiranno 63 fino ad arrivare a 2.692 euro di stipendio: in tal caso il bonus è di 247 euro, ma in busta paga ne arriveranno 85,48. Sopra tale cifra il bonus viene percepito integralmente: 250 euro al mese.
«Per poter accedere al bonus le mamme lavoratrici devono, infatti, comunicare al datore di lavoro la volontà di avvalersi dell’esonero dei contributi previdenziali», spiega la Cgil, «dai calcoli effettuati lo sgravio dovrebbe interessare solo il 6% delle lavoratrici. Una platea volutamente ridotta, che non considera le lavoratrici con un solo figlio persino nei casi in cui questo sia affetto da disabilità. Paradossalmente del bonus mamme beneficeranno nella sua totalità le lavoratrici con stipendi medio alti, le altre solo in misura irrisoria. Più volte abbiamo espresso un giudizio critico sulla misura che, ancora una volta, conferma l’incapacità di mettere in campo un intervento ampio e strutturato nel tempo, che affronti con serietà ed efficacia i problemi del divario retributivo di genere e del calo della natalità», affermano Ranieri e Tersigni che criticano «le scelte compiute dal Governo in tema di lavoro. Scelte», dicono, «che continuano ad essere condizionate negativamente da coperture limitate e insufficienti. Una serie di provvedimenti tutti nel segno dell’attivazione della sola leva economica e tutti con caratteristiche che, lungi dall’essere strutturali, ci riportano invece indietro alla stagione dei bonus che l’assegno unico e universale per i figli aveva tentato di smantellare, nell’intento di offrire alle famiglie strumenti di carattere non temporaneo e tanto più consistenti quanto peggiore fosse la condizione economica del nucleo familiare».
Articolo di Monica Pelliccione su Il Centro del 7 febbraio 2024
Leggi anche

Si sblocca il bonus mamme. A chi spetta e in cosa consiste. E perché ci lascia perplessi.




MPS: risultati di esercizio merito di lavoratrici e lavoratori. Riparta la contrattazione integrativa

3 - Fisac Cgil

 

La pubblicazione dei dati di bilancio del 2023 di Banca MPS ha certificato un utile netto di circa 2 miliardi di euro ed è stato dichiarato il ritorno alla distribuzione di dividendi per gli azionisti già a partire dall’esercizio 2023, in anticipo a quanto previsto dal Piano industriale 2022-2026.

Le scriventi OO.SS. esprimono soddisfazione nel vedere che la grande dedizione, la professionalità dei dipendenti ed i loro sacrifici sostenuti negli anni, hanno contribuito in maniera determinante al raggiungimento di simili risultati ed al rilancio di Banca MPS.

Sono ora maturi i tempi e ci sono tutte le condizioni, economiche e di contesto, per riconoscere alle Lavoratrici e ai Lavoratori del Monte dei Paschi i propri meriti attraverso l’apertura di un tavolo concertativo che metta al centro, in un’ottica realmente redistributiva, previsioni di welfare aziendale e previsioni normative di secondo livello contrattuale.

Siena, 7 febbraio 2024

 

Le Segreterie di Coordinamento
Banca Monte dei Paschi Siena