La storia del dissesto Carichieti: per non dimenticare

Il 5 settembre del 2014 il Ministero dell’Economia e Finanze decretava lo scioglimento degli organi amministrativi e di controllo della Carichieti Spa ed il conseguente commissariamento della banca. Finiva così, nel modo più inglorioso, una storia iniziata nel 1862 con la costituzione di quella che inizialmente si chiamava Cassa di Risparmio Marrucina.

Le vicende che portarono al dissesto di un’istituto bancario così importante per il territorio presentano aspetti talmente grotteschi da risultare, a posteriori, difficili da credere.

“Può una banca essere guidata da un autista?” Questo si chiede Mario Giordano nel suo libro “Pescecani” , nel quale ricostruisce le vicende che hanno portato al dissesto della banca. Vicende che se non fossero adeguatamente documentate risulterebbero davvero incredibili. Per questo, all’indomani del dissesto, la Fisac Cgil si fece promotrice di un’iniziativa alla quale collaborarono Fabi, First Cisl e Uilca, finalizzata alla creazione di un archivio documentale nel quale raccogliere tutti i documenti e le notizie in modo da non cancellare il ricordo di quanto accaduto.
L’archivio fu raccolto in un sito internet: “La fine dei fatti – Libro bianco Carichieti” raggiungibile dall’URL librocarichieti.it.

Abbiamo deciso di ridare visibilità all’archivio, con una nuova veste grafica e la consultazione facilitata grazie alla divisione per anni, e di accorparlo nel nostro sito, dove sarà stabilmente presente nella home page, mantenendo comunque la possibilità di raggiungerlo anche digitando il vecchio indirizzo.

Sarebbe davvero interessante rileggersi cronologicamente tutti i documenti, per farsi una propria idea dell’accaduto. Tuttavia, se non avete più di un paio di minuti, andatevi a rileggere il verbale del 16 marzo 2010 (cioè 4 anni e mezzo prima del commissariamento).

Riletto col “senno di poi” aiuta a capire molto di ciò che sarebbe successo in seguito, e quanto sia assolutamente necessario, per la sopravvivenza di un’azienda, che esistano sindacati capaci di vigilare sulla corretta gestione e di svolgere la funzione di critica e pungolo quando le cose non vanno per il verso giusto.


 

VAI ALLA PAGINA

La fine dei fatti: il libro bianco Carichieti

 




Salario minimo, la Cassazione sopperisce alla mancanza di una legge

Dopo le 6 sentenze della Cassazione che hanno dato ragione ai lavoratori si sono moltiplicate le cause: “C’è meno paura”


Le sei sentenze (depositate il 3 e il 10 ottobre) con cui la Corte di Cassazione ha ribadito che il salario del lavoratore deve essere dignitoso, rispettoso dell’art. 36 della Costituzione, e quindi alzato dai giudici qualora il contratto collettivo nazionale applicato preveda un minimo troppo basso, possono sembrare tecnicismi ai non addetti ai lavori. Soprattutto se il governo è impegnato ad affossare la legge sul salario minimo proposta dalle opposizioni, con continui rimandi, prima al Cnel, poi con un rinvio alle commissioni in un’eterna pilatesca melina. Ma, come chiariscono al Fatto anche sindacalisti e avvocati giuslavoristi, il quadro che si sta delineando in realtà è ben diverso dal precedente. In estrema sintesi, prima delle multiple sentenze di Cassazione un lavoratore che fosse inquadrato con un contratto collettivo povero, intorno ai 5, 6 o 7 euro lordi orari, ma firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi, poteva rischiare di incontrare sulla sua strada un giudice che respingesse l’idea (già maggioritaria nei tribunali) che il salario dovesse essere alzato dal tribunale, condannando l’azienda a pagare gli arretrati: un caso che s’è presentato nelle corti di appello di Milano e Torino, che hanno spinto alcuni ricorsi fino in Cassazione (con le sentenze ora ribaltate) o in diversi Tar del Sud, che hanno ritenuto la paga del vigilanza privata e servizi fiduciari congrua rispetto al costo della vita locale.

Ma con le ultime sentenze per i giuslavoristi, che ricorsi simili ne fanno, con successo, da anni, le carte in tavola sono cambiate: “È molto difficile che un giudice ignori una sentenza di Cassazione, e anche qualora accadesse, portando il caso in appello e poi in Cassazione con queste sentenze alle spalle è più semplice vedersi riconosciute le differenze retributive”, spiega l’avvocato giuslavorista Lorenzo Venini, che rifiuta di parlare di vittoria certa, data l’autonomia dei giudici, ma ammette che una sconfitta ad oggi diviene piuttosto improbabile. Questa settimana un primo caso al Tar di Bari, su un ricorso della Cgil: il tribunale ha di nuovo ritenuto inadeguata la retribuzione di un lavoratore, condannando il datore di lavoro ad applicare un altro trattamento retributivo (1.218 euro netti al mese). Sentenza che assomiglia a tante altre registrate nel recente passato, ma con una differenza: cita le sentenze di Cassazione, spazzando via ogni dubbio sulla decisione da prendere.

Il cambio di paradigma, o meglio l’accelerazione, sta passando anche tra le fila dei lavoratori, in particolare quelli inquadrati col poverissimo Ccnl Servizi fiduciari, circa 5,5 euro lordi l’ora di minimo e pochi straordinari notturni: sono più di 60 mila. Se ne sono accorti anche i sindacati che già da tempo avevano imboccato la strada dei ricorsi al Tar. Usb vigilanza privata, subodorando un interesse crescente tra i propri iscritti, qualche giorno fa ha pubblicato sui social una chiamata pubblica: “Volete fare ricorso? Contattateci!”. La risposta è stata sorprendente, racconta Vincenzo Lauricella, con diverse decine di mail in pochi minuti: “Già da tre anni facciamo decine di ricorsi simili l’anno, in queste nuove condizioni è probabile che diventino centinaia”. Il processo è lungo: un ricorso collettivo si può fare solo con un datore di lavoro in comune, ma l’idea del sindacato è quella di procedere a diversi ricorsi simili in parallelo: la sensazione di Lauricella è che la vittoria sia pressoché scontata ora, con il rischio di dover arrivare in Cassazione, allungando il procedimento “e i lavoratori lo capiscono, si tratta di più di 300 euro di differenza retributiva al mese, cifre allettanti”.

Usb non sarà l’unico sindacato a muoversi in maniera simile: tutti quelli che già in questi anni hanno proposto ricorsi stanno ricevendo più richieste e con esse gli studi legali di riferimento, dai sindacati di base come Adl Cobas a quelli che hanno pur firmato il contratto servizi fiduciari, ma non ne negano l’inadeguatezza, come la già citata Cgil e Uiltucs, che ha promosso anche i ricorsi arrivati poi in Cassazione. E il ritornello è sempre più spesso lo stesso: sotto una certa cifra non si può andare, per cui, pur rispettando tutti i contratti collettivi, il salario non sarà meno di 1.218 euro mensili. Il grosso dei lavoratori è ancora paralizzato dalla paura di ritorsioni, ma anche poche migliaia di loro potrebbero provocare una valanga che può creare più di un imbarazzo al governo.

 

Articolo di Leonardo Bison su “Il Fatto Quotidiano” del 22/10/2023




Gruppo Bper. Welfare, tassazione mutui, fringe benefits: a che punto siamo?


 

È stata appena pubblicata la circolare numero 279 che prevede la mappatura dei familiari ai fini della determinazione dei benefici complessivi da computare tra i benefits aziendali.

A partire dallo scorso anno diversi colleghi si sono trovate addebitate in busta paga delle trattenute fiscali e previdenziali che in precedenza non gli erano state applicate. Questo a causa di una normativa, quella relativa al trattamento fiscale dei fringe benefits, che esisteva da anni ma , in una situazione in cui per oltre 10 anni il tasso BCE era rimasto vicino allo zero, non aveva prodotto gli effetti dannosi che abbiamo purtroppo toccato con mano.
Avevamo spiegato cosa stava succedendo in questo articolo.

Prima di aggiornarvi sugli sviluppi della questione, riteniamo opportuno ricordare gli aspetti salienti della normativa, ed il motivo per cui avviene questa tassazione.

COSA SONO I FRINGE BENEFITS?

Nella categoria dei fringe benefits rientrano le erogazioni in natura, cioè non monetarie, che il datore di lavoro concede ai dipendenti. Nel nostro caso specifico rientrano in questa categoria:

  • Buoni Cadhoc:  110 annui  (erogazione ancora sospesa ma in procinto di sbloccarsi)
  • Polizza infortuni: € 38,40 annui per il 2023
  • Buoni acquisto o buoni benzina: acquistabili tramite il portale welfare, utilizzando il credito accantonato. Bper aveva  inibito la possibilità di acquistare i buoni. Ci è stato preannunciato l’imminente sblocco della procedura.
  • Mutui e prestiti a tasso agevolato: argomento che approfondiremo tra poco.

Come vengono considerate queste erogazioni dal punto di vista fiscale? Lo Stato non le equipara alle retribuzioni e non le assoggetta a tasse e contributi, a patto che non superino un determinato limite.
Di norma tale limite ammonta ad € 258,23; per il 2023, tramite il D.L. 4 maggio 2023 n. 48, il Governo ha elevato la soglia ad € 3.000 solo per i genitori con figli a carico. Norma che la Fisac ha contestato fin dal primo momento, bollandola come discriminatoria e propagandistica.
Al momento il limite oltre il quale scatta la tassazione resta ad € 258,23 per chi non ha figli a carico.

Attenzione: se si sforano anche di un solo centesimo le soglie di € 3.000 o di € 258,23, verrà tassata e assoggettata a contribuzione non soltanto l’eccedenza ma l’intera somma.
Questo significa che sull’intero ammontare verranno effettuate le trattenute IRPEF (35% o 43% a seconda del reddito complessivo), quelle relative ai contributi previdenziali ed alle addizionali regionali e comunali.

COME FUNZIONA IL MECCANISMO DEI FRINGE BENEFITS PER I MUTUI E PRESTITI?

Se un’azienda che vende scarpe e decide di regalare un paio di scarpe ai dipendenti, quella rappresenta un’erogazione in natura. Un’azienda che vende soldi, quando concede ai suoi dipendenti un prestito a tasso agevolato rispetto alla clientela ordinaria sta effettuando un’erogazione in natura. Per questo i finanziamenti ai dipendenti sono soggetti alla normativa sui fringe benefits.

Come si fa a quantificare l’ammontare del beneficio?

L’importo da considerare come benefit si determina partendo dalla differenza tra il Tasso di Riferimento BCE e il tasso pagato sul mutuo o sul prestito.
Al momento il tasso BCE ammonta al 4,5% dopo una vorticosa risalita che nel giro di 14 mesi lo ha portato da zero al livello attuale

Non tutta la differenza rappresenta un benefit: l’importo preso in considerazione è pari al 50% di tale differenza.

Spieghiamoci con un esempio. Se un mutuo al tasso del personale, con debito residuo pari a 100/mila euro, è regolato ad un tasso fisso dello 0,50%, considerando il tasso BCE del 4,50% l’ammontare del benefit è pari a:

4,5 – 0,50 = 4,00%
4,00 : 2 = 2,00%

Ribaltata sul debito residuo, questa percentuale equivale a:

100.000 x 2 : 1200 = 166,67€

che rappresentano il benefit generato dal prestito in un mese.

Purtroppo la normativa fiscale, in vigore ormai da diversi anni, prevede un meccanismo perverso che stabilisce che si faccia il confronto tra il tasso BCE vigente alla fine dell’anno e quello pagato mese per mese. Questo fa sì che il conteggio della differenza finisca con l’essere retroattivo, ed essere esteso anche ai mesi precedenti all’aumento del tasso. Per anni il problema non si era posto perché il tasso BCE è stato per anni molto basso o in discesa, arrivando ad essere addirittura negativo.

Il rischio di vedersi tassati riguarda in primis i mutui e i prestiti a tasso fisso, che non risentono degli incrementi del tasso BCE. Tuttavia, il meccanismo appena illustrato non consente di escludere che anche i finanziamenti a tasso variabile possano generare tassazioni supplementari, soprattutto in caso di forti aumenti del tasso BCE in corso d’anno.

Torniamo al nostro esempio. L’ammontare del benefit mensile, a causa del modo in cui la norma è scritta, va moltiplicato per i 12 mesi dell’anno. Quindi (ipotizzando per semplicità che l’importo sia uguale per tutti i mesi, anche se in effetti varia al variare del debito residuo):

166,67 x 12 = 2.000,00€ Minori interessi su finanziamento
+ 38,40 € Polizza infortuni (quota annua per il 2023)
TOTALE BENEFITS 2.038,40€

N.B. non abbiamo per ora considerato l’ammontare dei Cadhoc. Ci torneremo in seguito


Sommando tutte le voci, un ipotetico collega senza figli a carico si trova ad aver ampiamente sforato la soglia dei 258,23€. Per questo si vedrà le trattenute fiscali e previdenziali sull’intera somma.
Una lavoratrice o un lavoratore con figli a carico riuscirà invece ad evitare la tassazione per il 2023, (ma non ci riuscirebbe nel 2024 come vedremo in seguito).

A differenza di altri istituti, che hanno scelto di effettuare l’addebito in unica soluzione a fine anno, nel 2022 Bper ha deciso di effettuare il controllo mensilmente, provvedendo ad effettuare gli addebiti non appena la soglia viene superata. Questo ha il vantaggio di rateizzare l’esborso, evitando di effettuare un’unica stangata a fine anno; d’altro conto, tale scelta può comportare la necessità di conguagli qualora si verifichino aumenti del tasso BCE successivi all’effettuazione delle trattenute (come abbiamo visto la variazione del tasso ha effetti retroattivi, dovendo calcolare la differenza tra il tasso al 31/12 e quello applicato nel corso dei mesi precedenti).

Nel 2023, tuttavia, l’Azienda ha congelato gli addebiti al mese di marzo, visti gli annunci e i successivi interventi che hanno modificato le soglie d’imponibilità, in attesa di una chiara definizione della materia.

Ricordiamo che, con l’eccezione dell’acquisto di buoni spesa o carburante (al momento inibito), il welfare aziendale non rientra tra i fringe benefits, quindi si può tranquillamente continuare ad utilizzare per tutte le altre voci come zainetto sanitario, spese scolastiche, ecc…

NOVITA’ 2023

 

Con la risoluzione 44/E del 25/7/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti interpretativi riguardo alle modalità di calcolo dei benefici tassabili. E’ stato così chiarito che tra le agevolazioni da computare nell’imponibile complessivo vadano aggiunti anche gli interessi sui fidi di conto e quelli sui finanziamenti concessi ai familiari elencati nell’art. 12 del TUIR:

– Coniuge (o unito civilmente)
– Figli e loro discendenti
– Coniuge legalmente ed effettivamente separato
– Genitori (anche adottivi)
– Generi e nuore
– Suocero e suocera
– Fratelli e sorelle
– Nonni e nonne

Fra le conseguenze di questa nuova interpretazione c’è il fatto che gli interessi su un mutuo cointestato con il coniuge, che nel 2022 erano stati computati tra i benefits della lavoratrice o del lavoratore per il 50%, quest’anno contribuiranno per il 100% a determinare la base imponibile.

 

COSA SUCCEDE IN BPER?

Nelle scorse settimane ci è stato richiesto di autocertificare la presenza di figli a carico attraverso la procedura “HR Comunicazioni“. Tale adempimento è apparso a molti come una duplicazione, visto che i dati relativi alle detrazioni per figli a carico sono già presenti nelle procedure Bper: in realtà l’autocertificazione si è resa necessaria in quanto espressamente richiesta dal Decreto Legge.
Ai fini dell’applicazione del limite di esenzione a 3.000 € per lavoratrici e lavoratori con figli a carico, raccomandiamo a chi ancora non lo avesse fatto di aggiornare le informazioni in procedura “HR Comunicazioni” entro il prossimo 10 novembre.

La nuova circolare ci richiede adesso di inserire in procedura le informazioni relative ai propri familiari destinatari di prestiti e finanziamenti agevolati. Per le modalità operative si rimanda alla citata circolare.

A partire dal prossimo mese di novembre la voce TOTBEN, presente sulla busta paga, sarà aggiornata con il totale dei benefit calcolati secondo le modalità indicate, e saranno effettuati gli addebiti delle ritenute relative ai primi 11 mesi dell’anno

A gennaio sarà effettuato l’eventuale conguaglio.

 

Per quanto riguarda i buoni Cadhoc, la cui erogazione è rimasta in sospeso fino ad ora, stiamo lavorando ad un accordo che permetterà di optare per la corresponsione dell’importo corrispondente in busta paga, in modo da evitare di andare ad aumentare l’importo soggetto a tassazione. Torneremo sul tema una volta sottoscritto l’accordo per fornire indicazioni che possano aiutare a scegliere la soluzione migliore per ognuno.

Nel mese di novembre sarà sbloccato l’acquisto di buoni spesa o buoni benzina e la possibilità di utilizzare il credito welfare per il rimborso delle bollette, sia pure con limitazioni che terranno conto delle soglie di tassabilità. 

COME SI STA MUOVENDO LA FISAC?

E’ importante fare una premessa: la tassazione dei fringe benefits non dipende da contratti aziendali o di settore, ma è disciplinata da norme di legge. Questo significa che cercare di ottenere delle modifiche significa andare oltre il normale campo d’azione delle Organizzazioni Sindacali.

Nonostante le difficoltà, la Fisac si è fatta parte attiva nel promuovere diverse iniziative volte a rettificare una norma oggettivamente iniqua; ne ricordiamo solo alcune:

  • Interrogazione Parlamentare a firma del Senatore PD Carlo Cottarelli in data 22/03/2023
  • Lettera congiunta dei Segretari Generali ed ABI alla Presidenza del Consiglio
  • Emendamenti al DL Lavoro presentati dalla Cgil in data 21 giugno 2023
  • Nuova lettera congiunta dei Segretari Generali ed ABI alla Presidente del Consiglio ed ai Ministri dell’Economia e del Lavoro.

 

QUALI RISPOSTE HA DATO IL GOVERNO?

Ad oggi non c’è stato nessun provvedimento relativo alla specifica questione delle tassazione dei finanziamenti agevolati accordati ai dipendenti bancari.

Nel corso dell’anno è stata elevata la soglia di non tassabilità a 3.000€ solo per lavoratrici e lavoratori con figli a carico, norma che la Cgil ha contestato come già specificato.

Nell’ultima manovra finanziaria il Governo ha previsto per il 2024 l’innalzamento della soglia di non tassabilità a 1.000€ per tutti, ed a 2.000€ per chi ha figli a carico. Tale provvedimento è stato subito attaccato dalla Fisac: la Segretaria Generale Susy Esposito ha infatti dichiarato che la nuova norma “rischia addirittura di peggiorare la situazione: per la stragrande maggioranza non cambierà nulla, pagheranno tutti“.

In effetti, per chi avesse ottenuto mutui negli anni scorsi con tassi molto inferiori all’attuale tasso BCE, la soglia di 1.000€ molto probabilmente non risolverà il problema (ricordiamo che al superamento della soglia è l’intero ammontare del benefit ad essere tassato e non la quota eccedente); per contro, l’abbassamento da 3.000 a 2.000€ della soglia per chi ha figli a carico porterà presumibilmente diverse persone che nel 2023 non avevano subito tassazioni a vedersi applicate pesanti ritenute in busta paga.

Cosa dobbiamo aspettarci nell’immediato futuro? La risposta sta ancora nelle parole della Segretaria Nazionale Susy Esposito: “Continueremo la nostra azione, aspettandoci al più presto un confronto sul tema che sia veloce e risolutivo, a partire dal 2023 per il quale non è stato previsto un intervento risolutivo per coloro che non hanno carichi familiari e sui quali si abbatterà la scure fiscale” 

 

 

 

 

 

 




AdER: siglato accordo su telelavoro

3 - Fisac Cgil

Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo un lungo e complesso confronto, è stato siglato il Protocollo di Intesa in materia di Telelavoro.

Con la sottoscrizione del suddetto Protocollo abbiamo inteso ampliare l’applicazione dell’istituto incrementando di 140 unità il numero delle postazioni riservate alle categorie più deboli, ad oggi 45, per un totale di 185. L’accesso al Telelavoro avverrà su domanda dell’interessato previa sottoscrizione di un accordo individuale con scadenza al 31 dicembre dello stesso anno.

Il Protocollo sottoscritto verrà attivato dall’ 1 gennaio 2024 con durata triennale e potrà essere prorogato automaticamente.

In caso di richieste superiori al numero delle postazioni, a ciascuna istanza verrà attribuito un punteggio in base ad un ordine di priorità definito.

Il telelavoratore è tenuto ad osservare il medesimo regime orario applicato ai colleghi operanti presso le sedi aziendali.

L’Ente potrà richiedere non più di un rientro ogni 15 giorni.

Al telelavoratore sarà riconosciuto un rimborso forfettario delle spese nella misura di € 15,00 al mese.

La sottoscrizione di questo Protocollo è un importante elemento di salvaguardia dei colleghi che hanno difficoltà a raggiungere il luogo di lavoro a causa delle patologie invalidanti da cui  sono affetti; prevede inoltre la possibilità di entrare in graduatoria per le colleghe/colleghi che hanno figli o coniuge con gravi patologie e valorizza la possibilità di accesso anche per coloro che risiedono a notevoli distanze dal luogo di lavoro.

Il Protocollo sottoscritto, che inviamo in allegato, modifica l’approccio al telelavoro, superando le vecchie previsioni che limitavano la fruizione di tale istituto esclusivamente ai lavoratori con gravissimi problemi di deambulazione .

A margine dell’incontro siamo stati informati circa l’intenzione da parte dell’Ente di procedere ad una riorganizzazione la cui procedura, ai sensi dall’art. 16 del CCNL “ ristrutturazioni e/o riorganizzazioni – trasferimenti di azienda”, verrà avviata con la notifica dell’informativa alle Organizzazioni sindacali.

Inoltre, alla richiesta di conoscere le determinazioni aziendali in merito all’indifferibile necessità di assunzioni, più volte sollecitata dalle Scriventi, il Rappresentante dell’Ente ha affermato che stanno lavorando ad un piano di assunzioni che potrà trovare applicazione il prossimo anno.

Informiamo, infine, che la gara per l’appalto della Polizza sanitaria è stata avviata la scorsa settimana.

Vi terremo prontamente aggiornati sullo sviluppo delle suddette tematiche.

 

Roma, 26 ottobre 2023

 

Le Segreterie

⇒ SCARICA L’ACCORDO




Carlo Messina: Intesa darà aumento stipendio già entro il 2023

Intesa Sanpaolo riconoscerà ai propri dipendenti gli aumenti di stipendio, oggetto di trattative tra Abi e sindacati, gia entro il corrente trimestre. Lo ha affermato l’a.d. Carlo Messina, oggi durante il convegno “Nessuno escluso” in cui la banca ha presentato le proprie iniziative nel sociale.

La gran parte delle persone che lavorano in banca hanno uno stipendio dignitoso che viene toccato dall’inflazione – ha spiegato – io sono totalmente a favore degli aumenti di stipendio delle persone che lavorano in banca. C’e’ una trattativa in corso, spero che venga accelerata, ma per quanto ci riguarda le persone della banca possono essere certe di contare sia sull’aumento di stipendio, sia sul ripristino di calcolo del Tfr, che noi garantiremo alle nostre persone gia’ in questo trimestre”.

Con il massimo rispetto per i processi negoziali in corso e per le altre banche – ha aggiunto – noi siamo il primo datore di lavoro in Italia e penso che sia una nostra responsabilità aver chiaro che nelle fasi di complessità è necessario agire subito con rapidità. In una condizione di forte redditività per l’azienda, io mi vergogno di guardare le mie persone, se non garantisco loro di avere aumenti di stipendio. E questo farò già a partire da questo trimestre. Quando si parla di tematiche sociali, credo che sia una priorità assoluta partire dalla propria comunita‘”.

Fonte: AGI




CCNL ABI: nuovi spiragli per chiusura entro l’anno

Per chiudere serve mandato pieno al Presidente del Casl di Abi, Ilaria Dalla Riva. L’8 novembre il Comitato di Presidenza sceglierà se accelerare il negoziato.


La mobilitazione dei bancari – che nessuna banca vuole – per ora non ci sarà. Per ora, però.

I Sindacati si sono presi del tempo dopo che bell’incontro in ristretta di ieri tra il Presidente del Casl di Abi, Ilaria Maria Dalla Riva, e i Segretari Generali di Fabi Lando Maria Sileoni, First Riccardo Colombani, Fisac Susy Esposito, Uilca Fulvio Furlan e Unisin Emilio Contrasto, è stato fatto il “punto nave” e si sono aperti spiragli sui temi più cari al lavoratori in questa fase di altra inflazione. E cioè quelli economici.

Il contratto è scaduto alla fine del 2022 e nei 270mila bancari si sono create molte aspettative, tant’è che nel fine settimana i Sindacati hanno scelto di alzare i toni, in attesa delle risposte sulle questioni economiche. L’8 novembre ci sarà un comitato di Presidenza di Abi in cui Dalla Riva chiederà un mandato forte per avviare il percorso di convergenza sui singoli punti e costruire la cornice del contratto. Ieri sono stati definiti percorso, metodo e punti da chiarire.

Sicuramente il negoziato parte da richieste impattanti non solo sul fronte economico, con costi diretti e indiretti, ma anche su quello dell’aumento delle procedure sindacali. Con il risultato di aumentare i lacci e lacciuoli del contratto, quando per le Banche serve semplificare. Rimangono centrali fattori come la formazione, un vero e proprio strumento per garantire l’occupabilità delle persone proprio adesso che ci sono migliaia di bancari che devono affrontare percorsi di upskilling e deskilling. Di qui l’ipotesi di valutare nuove sinergie tra il Fondo per l’occupazione e il Fondo di solidarietà.
La fungibilità è un altro tema molto caro alle Banche, come anche la mobilità e le trasferte.

Ieri Abi ha ribadito anche la volontà di arrivare a una soluzione entro quest’anno, emersa chiaramente durante l’ultimo esecutivo. Del resto con i conti che si prevedono per il 2023, la voce aumenti del contratto potrebbe essere spesata proprio entro quest’anno.
Una voce di grande peso. Un calcolo molto rudimentale e al ribasso, considerando solo l’aumento di 435 euro del livello medio di riferimento – quindi senza tenere conto che i bancari hanno mediamente inquadramenti molto alti – per il sistema bancario significherebbe, a regime (quindi alla fine della durata del contratto), un aumento del costo del lavoro di un miliardo e mezzo l’anno. A cui andrebbe aggiunto il ripristino della base completa per il ricalcolo del Tfr.  Alcuni istituti hanno già iniziato a fare alcune proiezioni anche su questo tema, segno che comunque dei ragionamenti si stanno facendo.

A questo punto se il Comitato di Presidenza dovesse dare un mandato pieno al Presidente del Casl Dalla Riva, si potrebbe anche immaginare che il contratto si chiuda con tempistiche più veloci del passato. un’idea che non dispiace a nessuno, soprattutto perché gli istituti hanno l’esigenza di vedere i bancari lavorare con serenità e concentrarsi sui progetti strategici, a partire dalla banca digitale.

 

Sintesi dell’articolo di Cristina Casadei su “Il Sole 24 Ore” del 24/10/2023




Inflazione: a ottobre crollerà, ma il governo non ha alcun merito

Fra poche settimane verrà sbandierato come un successo dell’Italia, che andrebbe meglio dell’Europa. Ma anche prima della notizia ufficiale, si può anticiparlo già ora. È praticamente certo che con i dati di ottobre l’inflazione tendenziale italiana crollerà dal 5,2-5,1% di agosto-settembre giù giù, fino in area 2,5%. Non in virtù della politica del governo, ma solo per i numeri del passato e per le regole applicate.

Tale miglioramento repentino è scontato, salvo disastri travolgenti entro fine mese, per un motivo molto semplice, come vedremo. Ma nessuno ne parla, perché i giornalisti del settore sanno solo parafrasare i comunicati dell’Istat. Basta ragionare sui dati, tutti pubblici, dell’indice Foi del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, calcolati dall’Istat. E conoscere la regoletta con cui viene ricavato il dato più usato come misura del fenomeno, cioè l’inflazione tendenziale annua. Lasciamo correre che il termine tendenziale è infelice, perché essa di per sé non indica nessuna tendenza, ma riporta solo un dato relativo al passato.

Fatto sta che per l’inflazione tendenziale si considera la variazione dei prezzi rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Così ogni mese si tiene conto del nuovo valore dell’indice Foi, relativo al mese concluso, e si scarica quello di 13 mesi prima. Quindi l’inflazione annua dell’ottobre 2023 dipenderà da quella del mese stesso e non conterà più nulla l’ottobre 2022. Vi fu allora un aumento anomalo per la revoca della riduzione delle accise sui carburanti: togliendole, i prezzi salirono di brutto. Ma qui il discorso non verte sulle cause. Il punto è che per l’ottobre 2022 in Italia la variazione fu altissima: +3,3% rispetto al precedente mese di settembre. Proprio qui sta il busillis.

Finora l’inflazione annua tendenziale italiana è stata tenuta alta da quell’impennata. Ma dopo i prezzi sono aumentati in misura contenuta: in tutto solo l’1,8% nell’arco di dieci mesi, da novembre 2022 a settembre 2023, il che spiega pure le ultime cedole basse dei BTp Italia. Essendo semestrali, anche per esse era ormai archiviata l’impennata del 3,3% dell’ottobre dell’anno scorso.

Diverso è il discorso per l’inflazione dell’eurozona, misurata dall’indice CptFemu. In quello stesso mese salì (solo) dell’1,5%; e dopo è stata sopra quella italiana grosso modo di un 1%. Per cui per l’eurozona ci si può attendere un calo, ma non un crollo. Inoltre un risparmiatore deve tenere conto che l’inflazione non si ripercuote sui BIp-i, Oat-ei ecc. come sui BTp Italia. Di semestre in semestre aumenta o al limite diminuisce il valore nominale, ma ciò incide poco sulle cedole di interessi, che il risparmiatore periodicamente incassa. Ma ciò non toglie che i titoli indicizzati all’inflazione restano fra le alternative d’investimento più prudenti.

 

Articolo di Beppe Scienza su “Il Fatto Quotidiano” del 23/10/2023




BCC: Federcasse – Definito il testo coordinato del CCNL BCC 11 giugno 2022

3 - Fisac Cgil

Si è concluso venerdì 20 ottobre il percorso negoziale, tra le Segreterie Nazionali e Federcasse, per la stesura definitiva del testo coordinato del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro BCC dell’11/6/2022 e dei successivi accordi intervenuti in materia in sede nazionale.

Il confronto, iniziato nel mese di settembre, ha segnato la “ripresa” delle trattative, dopo l’accordo sull’aggiornamento dei profili professionali e della classificazione del Personale intervenuto il 2 agosto scorso.

In queste settimane, le Organizzazioni Sindacali, si sono impegnate al fine di far riconoscere la valenza di istituti contrattuali di impatto economico e normativo.

Era importante concludere positivamente questo ciclo di riunioni per dare una stesura e una collocazione definitiva del testo afferente al complesso delle materie e dei profili normativi che presiedono e aggiornano il rapporto di lavoro nel settore del Credito Cooperativo.

Nel corpo del testo coordinato era essenziale ribadire gli istituti contrattuali che meglio determinano i ruoli e gli ambiti lavorativi, oltre a disciplinare correttamente le materie afferenti ai cicli negoziali, quali appunto il CCNL e il secondo livello, costituito anche dai Contratti Integrativi di Gruppo. Questi ultimi inoltre tratteranno temi quali: la mobilità territoriale e professionale delle Lavoratrici e dei Lavoratori, oltre l’ulteriore adeguamento della classificazione del Personale stesso, in riferimento ai nuovi modelli distributivi.

Le Segreterie Nazionali si riuniranno il prossimo 8 novembre per completare il percorso di stesura e chiusura della piattaforma di rinnovo del prossimo CCNL.
Questo consentirà di meglio predisporre e programmare l’imminente tornata assembleare per proseguire la stagione del confronto democratico in categoria al fine di condividere gli obiettivi di un legittimo recupero del potere d’acquisto, di un adeguamento delle retribuzioni e di un ristoro della produttività prodotta nel settore da tutte le Lavoratrici e i Lavoratori del Credito Cooperativo in questi ultimi due anni, oltre ad un compiuto e moderno assetto di norme e regole lavorative più aderenti al mutato contesto legislativo del Paese nonché organizzativo delle Bcc e delle Capogruppo ICCREA e CCB oltre alla Federazione Raiffeisen.

Le Organizzazioni Sindacali metteranno in campo ogni sforzo possibile al fine di arrivare in tempi congrui ad un approdo positivo e complessivo delle prerogative e delle legittime aspettative di tutte le Colleghe e i Colleghi del settore del Credito Cooperativo.

Roma, 20 ottobre 2023

LE SEGRETERIE NAZIONALI
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UGL CREDITO – UILC




Desertificazione bancaria: quali sono le conseguenze in Abruzzo e Molise?

Parlando di desertificazione bancaria, Abruzzo e Molise hanno pagato un prezzo pesante.

Il Molise, in particolare, è la regione italiana che negli ultimi 5 anni ha perso più filiali: più o meno un terzo. Oggi in provincia di Isernia circa il 90% dei Comuni non ha neanche uno sportello bancario. In Abruzzo la maglia nera spetta alla Provincia dell’Aquila, nella quale più o meno tre Comunio su quattro non hanno filiali di banche.

Gl’Istituti di Credito ci raccontano che la presenza fisica non incide sulla qualità dei servizi offerti al territorio, potendo contare sull’operatività online. In realtà c’è un dato, riferito alla Regione Abruzzo, che smentisce questa affermazione. Nel 2022 il credito alle imprese medie e grandi in regione è cresciuto del 4,4%, mentre i finanziamenti alle imprese piccole sono diminuiti del 4,6%.

Imprese medie e grandi non hanno bisogno delle filiali perché possono contare sull’assistenza di strutture accentrate appositamente dedicate a loro mentre l’impresa piccola, se non trova un punto di riferimento sul territorio, non riesce a finanziarsi. Questo comporta due conseguenze.

Prima di tutto in territori nei quali la maggioranza delle imprese è di dimensioni piccole diventa difficile  pensare a uno sviluppo economico. E non è un caso che uno studio del CNA dimostra che nel primo trimestre del 2023 il Molise e l’Abruzzo sono rispettivamente la peggiore e la seconda peggior regione d’Italia per cessazioni di imprese artigiane.

Seconda conseguenza è che le regioni che non riescono a finanziarsi attraverso i canali ufficiali rischiano di cadere vittime degli usurai. E anche qui c’è un dato: c’è la classifica del Sole 24 Ore nella quale 3 delle 4 provincie abruzzesi figurano nelle prime posizioni riguardo all’incidenza dei reati d’usura.

Ferma restando la necessità di garantire un presidio fisico sul territorio, diventa importante creare un servizio di microcredito facilmente accessibile a famiglie e imprese, garantito da fondi pubblici: e questo per evitare che la criminalità venga vista come l’unica in grado di fornire risposte.

 

Intervento del Segretario Regionale Fisac Abruzzo Molise Luca Copersini al convegno “Sud in Credito” svoltosi a Napoli il 27 e 28 settembre 2023


 

Guarda il video




Bancari, su aumento e Tfr sindacati pronti a mobilitarsi

Alcuni sì, ma anche diversi no e qualche silenzio che i sindacati dei Bancari, dopo l’ultimo incontro con Abi per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, non sono ancora riusciti a metabolizzare. Al punto da iniziare a sventolare con forza la parola mobilitazione.

Sulla ripresa della trattativa – domani è previsto un incontro in ristretta tra Abi e i segretari generali – pesano molto la mancata risposta delle banche sul ripristino della base completa per il calcolo del Tfr, così come l’apertura delle banche sul recupero dell’inflazione e del potere d’acquisto dei lavoratori, senza però entrare nel merito delle cifre. L’aumento medio che il Sindacato chiede, 435 euro, e che ha avuto l’avallo del Ceo di Intesa, Carlo Messina, non mette d’accordo tutti. Così come non mette d’accordo i lavoratori l’esigenza delle banche di blindare la parte normativa del contratto e di avere garanzie sulla loro disponibilità a trattare veramente su fungibilità, mobilità e inquadramenti.

 

Da “Il Sole 24 Ore” del 22/10/2023