Fisac Cgil: dall’Ania scarsa attenzione all’impegno dei lavoratori

Apprezziamo, come sottolineato nel corso della relazione, il contributo del settore assicurativo alla crescita economica e al benessere sociale del Paese. Allo stesso tempo però va evidenziato con preoccupazione lo scarso spazio dedicato al ruolo e all’impegno delle lavoratrici e dei lavoratori nel raggiungimento degli importanti risultati evidenziati durante l’intervento”. Così la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, commenta la relazione della presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, oggi in occasione dell’assemblea annuale.

Inoltre, in merito all’intervento del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, Esposito osserva: “ Sono forti le perplessità soprattutto nell’aver sponsorizzato in modo propagandistico l’attività del suo governo, citando tra l’altro un recente provvedimento legislativo che, in luogo di intervenire sulle ragioni strutturali del dissesto idrogeologico che investe il Paese, prevede garanzie e incentivi ad assicurarsi contro gli eventi catastrofici. Si decide così di non lavorare per prevenire ma per indennizzare”.

Infine, continua la segretaria generale della Fisac Cgil, “ribadiamo l’importanza del ruolo e delle potenzialità dell’associazione datoriale di settore, apprezzando anche la sottolineatura rispetto alla necessità di un percorso condiviso relativo all’attuazione del Pnrr, ma è importante che la condivisione includa la partecipazione attiva delle parti sociali rappresentative. Così come va mostrata maggiore attenzione al ruolo dei dipendenti, riconoscendo l’impegno di lavoratrici e lavoratori che con le loro competenze e la loro professionalità rendono possibili i risultati ottenuti dal settore”, conclude Esposito.

 

Giorgio Saccoia
Ufficio Stampa Fisac Cgil Nazionale

ALLEGATO: Relazione del Presidente Farina




Non è un fisco per donne: ecco perché le incentiva a restare a casa

Effetto generato dal gender gap sugli stipendi. “E buste paga più basse degli uomini anche in lavori qualificati”


La chiamano la “child penalty”, cioè la penalizzazione in termini di stipendi, carriere e pensioni delle donne che decidono di mettere al mondo dei figli. E che non dipende soltanto dalle scelte delle donne, dello loro famiglie e delle aziende, ma da un sistema che sembra disegnato apposta per incentivare per le madri la scelta di rimanere a casa. A partire dalla storica “detrazione per il coniuge a carico”, rileva Francesca Carta, ricercatrice di Bankitalia, nel corso del convegno “Le donne, il lavoro e la crescita economica”, organizzato da via Nazionale per presentare i risultati di uno studio avviato su questi temi nel 2020. «La detrazione di fatto è un incentivo per il coniuge secondo percettore di reddito, cioè la donna, a rimanere a carico», afferma Carta.

E fosse solo questo: anche l’Isee, ragiona lo studio di Bankitalia, scoraggia il lavoro delle donne, soprattutto quello regolare, nel momento in cui mette sullo stesso piano gli aumenti del reddito familiare riconducibili all’unico percettore rispetto a quelli dovuti al rientro nel mondo del lavoro della donna. Trasferimenti importanti come i sostegni alle rette degli asili nido, che per i redditi bassi arrivano a 3.000 euro, si dimezzano proprio quando servirebbero di più, e cioè quando le madri scelgono di tornare al lavoro, e quindi l’Isee sale. E inoltre, osserva ancora Bankitalia, gli incentivi al lavoro per le donne che hanno un coniuge percettore di reddito sono più bassi di quelli di cui godono le single.

Ma il meccanismo disegnato per tenere le donne a casa non si ferma qui. Le madri che rientrano dopo aver messo al mondo un figlio, a meno che non avessero già da prima un contratto a tempo indeterminato, che consente loro di rientrare alle stesse condizioni, finiscono per accettare contratti peggiori. Che abbondano tra quelli “incentivati”, sottolinea nel corso dello stesso convegno Maria Cecilia Guerra, deputata e responsabile Lavoro del Pd. «Gli incentivi spingono le donne verso un “brutto lavoro”, – afferma Guerra – con ampie quote di part-time e in settori marginali, che non sarebbero cioè altrimenti profittevoli in assenza degli incentivi, e quindi con basse retribuzioni e bassa produttività».

I risultati si vedono da un’analisi delle carriere: tra le madri occupate, a 15 anni dalla nascita del figlio, la retribuzione annua è circa la metà di quella delle donne senza figli, principalmente a causa del numero inferiore di settimane lavorate, in misura minore a causa della scelta del part-time. La penalizzazione è solo delle madri: d’altra parte, viene sottolineato nel corso del convegno, le donne in Italia hanno cinque mesi di congedo obbligatorio se mettono al mondo un figlio, gli uomini dieci giorni di congedo facoltativo che spesso di “dimenticano” di prendere. La “child penalty” esiste anche negli altri Paesi, ma viene assorbita con gli anni, mentre da noi è eterna.

E se a essere penalizzate sono soprattutto le donne delle famiglie a reddito più basso, il sistema Italia svantaggia notevolmente anche le donne ad alto reddito. Che pagano più delle altre il gender gap, sottolinea la vicedirettrice di Bankitalia Alessandra Perrazzelli: «Verso la fine della carriera lavorativa, le donne che appartengono al decimo superiore della distribuzione salariale guadagnano in media il 30 per cento in meno rispetto agli uomini che si trovano nell’ultimo decimo». Mentre il gender pay gap medio è “solo” del 10%, con un tasso di occupazione femminile che non riesce ancora neanche a raggiungere il 60%.

 

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Azioni ex Tercas, risarcimento per altri 8 risparmiatori

Ribaltato un pronunciamento di primo grado che aveva respinto il ricorso di ex clienti della banca. I giudici dell’Aquila: “Per informare non è sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione”


C’è una nuova sentenza a raccontare la vicenda delle azioni ex Tercas sempre più declinata dalla cronaca giudiziaria.

Dopo gli svariati pronunciamenti di primo grado a favore di decine di risparmiatori, ora c’è una seconda sentenza della Corte d’Appello a stabilire che da parte dell’Istituto bancario non ci sia stata un’adeguata informazione di quei clienti che da un momento all’altro si sono ritrovati con dei titoli senza valore.
Si tratta di un verdetto che, in questo caso, assume una doppia valenza visto che, nell’accogliere in toto le istanze dei ricorrenti, i magistrati hanno ribaltato un giudizio di primo grado che aveva dato torto ai risparmiatori sostenendo l’adeguatezza di tutte le informazioni sui rischi delle operazioni date all’epoca dall’istituto di credito e quindi respingendo le richieste di risarcimento, Richieste che sono state accolte dai giudici di secondo grado e che complessivamente sfiorano i 250mila euro.

La sentenza impugnata in appello è quella emessa dall’allora giudice civile di Teramo Angela Maria Imbesi (ora in servizio al Tribunale dei Minori di Bologna. A presentare il ricorso la Federconsumatori che in questi anni ha assistito più di trecento risparmiatori affidandosi agli avvocati Renzo Di Sabatino e Massimo Cerniglia. Anche in questo caso i fatti contestati risalgono al 2006, prima del commissariamento Tercas del 2012 e prima dell’ingresso della Banca Popolare di Bari.

I giudici di secondo grado (collegio presieduto da Barbara Del Bono, a latere Mariangela Fuina e Ciro Marbella) nel ricostruire in modo certosino la vicenda hanno stabilito che per una corretta e adeguata informazione dei rischi “non è sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione”.
Un pronunciamento che segue l’orientamento della Cassazione che ormai da tempo, anche a Sezioni Unite, ha stabilito questo principio.
Appare chiaro che non possono ritenersi correttamente adempiuti, da parte della banca, gli obblighi informativi”, scrivono, “l’istituto di credito ha dedotto di avere adempiuto a tali obblighi mediante la consegna al cliente di quella documentazione che, in sostanza, la Cassazione ritiene espressamente non sufficiente, da sola, ad integrare l’adempimento degli organi informativi posti a suo carico.”

Va detto che l’anno scorso, dopo svariati pronunciamenti di primo grado a favore dei risparmiatori, c’è stata la prima sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila a confermare i risarcimenti di 260mila euro decisi dal tribunale Teramano per quattro ricorrenti, che anche per i giudici di secondo grado non sarebbero stati adeguatamente informati dalla banca sui rischi delle operazioni, e a stabilire che il termine per la prescrizione è di 10 anni. Aprendo così la strada a nuovi ricorsi.

 

Fonte: Il Centro


 

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Generali – Cattolica: accordo di fusione

 

3 - Fisac Cgil

Il giorno 30 giugno scorso, in videoconferenza, si è svolto l’incontro tra i Coordinamenti Nazionali affiancati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle aziende coinvolte e Gruppo Generali, a conclusione della procedura ex art. 47 legge 428/90 attivata per le fusioni aziendali previste in merito alle società Generali Italia, Generali Business Solutions, Cattolica, Genertel.

In tale sede è stato possibile sottoscrivere l’accordo relativo alla costituzione nella ‘nuova’ Generali Italia.

L’accordo ribadisce l’applicazione dei contratti collettivi, del contratto aziendale e degli accordi di Gruppo tempo per tempo vigenti (a partire da quello siglato il 2 febbraio scorso in occasione della fusione di Cattolica Services in Generali Business Solutions), l’assenza di ricadute occupazionali e/o esuberi di personale e di problemi riguardo le sedi di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti.

Siglato l’accordo, la parte datoriale si è resa disponibile fin dalla settimana prossima a iniziare la trattativa per il rinnovo dell’accordo sulle tutele occupazionali, baluardo delle relazioni industriali nel nostro gruppo, che sarà basato sull’impegno aziendale al mantenimento e alla valorizzazione di tutte le attuali sedi presenti nel territorio italiano, con interventi gestiti nel rispetto delle garanzie sancite dagli accordi di gruppo a tutela dei lavoratori.

Prosegue così, anche formalmente, il percorso di importanti accordi sindacali che fanno parte della tradizione di relazioni nel nostro gruppo, oggi arricchito ancor di più dalla presenza delle colleghe e dei colleghi di provenienza Cattolica Assicurazioni.

Sempre in quest’ottica nella stessa giornata l’azienda ha inoltrato alle organizzazioni sindacali (OO.SS.) una prima bozza di accordo per quanto riguarda il premio di rendimento variabile (PRV) 2024.

In merito alla richiesta sindacale di un incontro politico su Welion, al fine di consentire un confronto tra le parti, è stata comunicata una proroga per le nuove condizioni della polizza sanitaria dipendenti che entreranno in vigore dal 1.9.2023.

Infine, l’azienda ha annunciato che provvederà in settimana a produrre adeguata comunicazione sul prosieguo dello smart working 5/5 per i genitori con figli di età inferiore ai 14 anni oltre a convocare le OO.SS. per un incontro a tema whistleblowing.


FIRST CISL FISAC CGIL FNA SNFIA UILCA

Coordinamenti nazionali  Gruppo Generali

 

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