CGIL Abruzzo Molise: premiati i volontari del fango

Venerdì scorso si è svolta a Francavilla l’Assemblea Generale della Cgil Abruzzo Molise.

Al termine dei lavori le delegazioni della CGIL Forlì e della CGIL Cesena hanno premiato tutti i volontari che sono partiti per portare la solidarietà della CGIL Abruzzo Molise alle popolazioni che hanno sofferto a causa delle disastrose alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel mese di maggio.

Durante la cerimonia, che ha visto momenti di commozione autentica, è stato consegnato un attestato di riconoscimento a tutti i volontari che hanno preso parte alle attività promosse dalla CGIL Abruzzo Molise, dallo SPI CGIL Abruzzo Molise e dalle Camere del Lavoro Territoriali, a sostegno degli uomini e delle donne colpite dall’alluvione.

Tra i premiati segnaliamo il nostro Gabriele D’Andrea, Segretario generale della Fisac Cgil Molise. A lui, e a tutte le compagne e i compagni che hanno prestato la loro opera di volontariato, va il sentito ringraziamento della Fisac Abruzzo Molise




Emergenza mutui, lavoratori in ginocchio

Aumento dei tassi, alta inflazione, prezzi alle stelle, salari in calo: queste le componenti di una situazione che sta mettendo in crisi le famiglie.


 

La corsa al rialzo dei mutui non si ferma. Lo sanno bene le famiglie alle prese con un prestito per l’acquisto della prima casa: se è a tasso variabile si ritrovano a sborsare 212 euro in media in più al mese rispetto all’anno scorso, con un aumento medio del 44 per cento.

Secondo le rilevazioni di Federconsumatori, che ha fatto i calcoli su un mutuo di 115 mila euro per 25 anni, mentre nel 2021 il tasso andava dallo 0,60 allo 0,98 per cento a seconda della banca di cui si è clienti, nel 2022 è passato all’1,45-2,56 per cento, per arrivare a toccare nel 2023 il 4,67 nella migliore delle ipotesi, e il 6,27 nella peggiore. Tradotto: quest’anno rate più care di minimo 2.300, massimo 2.900 euro.

Cifre insostenibili, soprattutto perché si aggiungono alla crescita generalizzata dei prezzi, dalle bollette agli alimentari. E che sono destinate ad aumentare. Per i prossimi mesi, infatti, non si prevede uno stop. Secondo quanto confermato dalla presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, ci saranno ulteriori incrementi entro fine anno, a luglio e a settembre.

Rialzo imponente e veloce

“Si tratta della manovra di rialzo dei tassi più imponente e veloce della storia dell’istituzione di Francoforte – scrive in una nota l’ufficio studi della Fisac Cgil -. La Bce ha portato il tasso di rifinanziamento principale al 4 per cento dallo 0,5 che si era registrato fino a ottobre 2022”. Entro dicembre, quindi, il tasso di riferimento potrebbe attestarsi al 4,5.

L’obiettivo della Bce è domare l’inflazione, che in tutti i Paesi della zona euro ha visto un’impennata straordinaria a fine 2022: in Italia ha toccato quota più 12,3 per cento, la media dell’anno è stata 8,1. Nonostante queste manovre, però, l’inflazione è rimasta molto alta dappertutto (tranne che in Spagna), comunque superiore al target che ha fissato la Bce, che è intorno al 2 per cento.

Politica troppo tradizionale

È la classica politica da banca centrale: in momenti di alta inflazione, si alzano anche i tassi. Questo avviene in assenza di una più profonda comprensione delle cause di fondo che sono alla base del fenomeno, scrive Fisac Cgil, e adottando le raccomandazioni stantie sul contenimento delle rivendicazioni salariali per evitare la cosiddetta spirale salari-inflazione.

Ma la realtà è molto più complessa. Nei primi nove mesi del 2022 l’inflazione si è innalzata a causa della crescita del costo dell’energia, in particolare del gas, dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Tra settembre 2022 e luglio 2023 le quotazioni dell’energia sono crollate, ma l’inflazione è scesa solo in parte (le previsione a fine 2023 parlano di un più 5,5 – 6,5 per cento). Il motivo? L’incremento dei profitti delle grandi aziende (lo conferma il Fondo monetario internazionale), e il fatto che i prezzi crescono, appunto, mentre i salari restano fermi al palo, anzi calano.

“La Bce ha gestito questo cambio di politica monetaria in maniera troppo repentina e troppo tradizionale – afferma Cristian Perniciano, che si occupa di politiche fiscali per la Cgil nazionale -: ha posto restrizioni al credito e quindi alla domanda. Il metodo adottato non va bene per questo tipo di incremento dell’inflazione. Il ragionamento è stato: abbassando la domanda si abbassa anche l’inflazione. Ma questo vale se l’inflazione è da domanda, come negli Usa. La nostra invece è dovuta all’incremento dei beni importati, gli energetici”.

Lavoratori colpiti più volte

Ricapitolando: a causa dell’inflazione crescono i prezzi di tutti i beni, dagli alimentari all’abbigliamento, dai carburanti alle bollette. Come risposta la Bce aumenta i tassi, e così aumentano anche i prestiti e i mutui a tasso variabile. Quindi le tasche dei cittadini-lavoratori vengono colpite due volte.

Ma almeno, verrebbe da dire, se si sono alzati i tassi di prestiti e mutui, si saranno alzate anche le remunerazioni dei depositi, con un vantaggio per chi ha soldi in banca. E invece no: il tasso di interesse applicato a maggio 2022 era 0,31, un anno dopo, 0,68 per cento. Va peggio ai conti correnti: si è passati da valori negativi allo 0,32 per cento. Questo accade anche perché le banche non hanno bisogno di liquidità. A guadagnarci, quindi, sono solo le banche.

Nel frattempo le famiglie e in particolare i lavoratori dipendenti hanno visto ridursi il salario reale: secondo l’Ocse, l’Italia è il Paese dove si è registrato il più forte calo tra le economia industrializzare. Meno 7,3 per cento nel primo trimestre del 2023, contro il meno 3,3 della Germania, meno 1,8 della Francia, meno 0,7 degli Stati Uniti.

Rinnovare i contratti

La ricetta è il rinnovo dei contratti: sono oltre 30 quelli in attesa, relativi a circa 7 milioni di dipendenti, oltre il 55 per cento del totale. “Per contrastare l’inflazione da profitti – afferma la segretaria generale di Fisac Cgil Susy Esposito – serve con urgenza rinnovare i contratti nazionali, con aumenti che siano in grado di compensare i gap inflattivi, oltre alla redistribuzione della maggior produttività settoriale. E serve agire parallelamente sul controllo dei prezzi, con un più stringente ruolo delle authority sulle tariffe e con la tassazione degli extra profitti registrati in questo periodo”.

Famiglie in emergenza

“Quella dei mutui si sta configurando come una vera e propria emergenza – rincara Michele Carrus, presidente di Federconsumatori -, sono sempre di più le famiglie in difficoltà con il pagamento delle rate che si rivolgono ai nostri sportelli per chiedere supporto. In questo senso, è ancora inadeguata l’opzione messa in campo dal governo, che permette di rinegoziare il mutuo a un tasso fisso, ma solo a determinate condizioni: la prima è quella di non risultare morosi. Soluzione che tra l’altro non tutti gli istituti di credito sono disposti ad applicare”.

Le proposte

“Il problema è che oggi le banche non la concedono la surroga, perché non sono obbligate – afferma Perniciano -. Le misure proposte dall’Abi sono soft e vengono lasciate alla discrezionalità degli istituti di credito. Il mutuo è un prodotto finanziario complesso e sofisticato e oggi ancora di più prima di sottoscriverlo servono attenzione e consulenza”.

Secondo l’associazione dei consumatori è necessario prevedere un ampliamento del fondo di solidarietà Gasparrini per i mutui sulla prima casa, concedendo l’accesso anche a chi è in mora da oltre 90 giorni, consentire la rinegoziazione del mutuo con rate sostenibili, per esempio differendo il pagamento di una quota degli interessi aggiuntivi maturati, aggiungendo rate in coda al piano di ammortamento, consentire la rinegoziazione o la surroga a tasso fisso (quella prevista in legge di Bilancio) anche ai morosi e ampliare la soglia Isee e il limite massimo del mutuo per fruire di questa opzione.

 

Fonte: www.collettiva.it




CCNL ABI: proroga al 31 dicembre 2023

3 - Fisac Cgil


Si è svolto oggi a Palazzo Altieri a Roma il secondo incontro negoziale per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito, tra le Organizzazioni Sindacali e la delegazione del Casl Abi, comprensiva dei rappresentanti di Intesa San Paolo.

Le Organizzazioni Sindacali hanno ribadito la necessità che la controparte formalizzi in forma scritta le risposte alle rivendicazioni presentate nella piattaforma approvata dal 99,5% delle lavoratrici e dei lavoratori.

Le Parti hanno convenuto la proroga della sospensione dei termini del CCNL al 31 dicembre 2023. Le Organizzazioni Sindacali hanno espresso la necessità che, come ribadito nel documento sottoscritto, resti comunque ferma ed impregiudicata la decorrenza al 1° gennaio 2023 per gli effetti degli eventuali accordi che saranno sottoscritti al termine della trattativa.

Occorre sottolineare positivamente l’impegno dichiarato dalla Presidente del Casl Abi a nome della delegazione datoriale di cercare di raggiungere un accordo entro la fine dell’anno. Verificheremo concretamente tale disponibilità nei prossimi incontri.

Roma, 26 luglio 2023

 

Le Segreterie Nazionali
FABI – FIRST CISL – FISAC – UILCA – UNISIN

Scarica il verbale di accordo




La RITA. Ovvero, il modo più conveniente per riscattare il fondo pensione

Il continuo ricorso agli esodi da parte delle Banche (al quale spesso fa da contraltare un numero di assunzioni molto meno significativo) fa sì che siano sempre più numerose le lavoratrici e i lavoratori che si interrogano sul da farsi per riscattare il fondo pensione accumulato nel corso di tutta la loro vita lavorativa.

Alla previdenza complementare abbiamo dedicato un manuale dettagliato che invitiamo a consultare da questo link.

Oggi vogliamo soffermarci su una possibilità che la legge offre, che può comportare grossi vantaggi fiscali per i vecchi iscritti ai fondi pensione, e che comunque consente a tutti di riprendere l’intero montante in tempi brevi, senza alcuna penalizzazione. Parliamo della R.I.T.A.

 

Che cos’è la R.I.T.A.?

La sigla RITA sta per Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Formalmente è un’anticipazione – totale o parziale – del montante accumulato sul Fondo Pensione. Vedremo come, nella sostanza, può essere una ottima alternativa al riscatto o alla rendita.
Dal punto di vista pratico la RITA consiste nell’erogazione rateale del capitale accumulato, con periodicità trimestrale o inferiore, a partire dalla data della richiesta fino al raggiungimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia.

 

Chi può richiedere la R.I.T.A.?

In estrema sintesi: per richiedere la RITA bisogna aver smesso di lavorare, non essere troppo lontani dal raggiungimento dell’età in cui si matura la pensione di vecchiaia (devono mancare 5 anni al massimo), ma neanche troppo vicini (è opportuno richiederla almeno un anno prima del raggiungimento di tale età).
Requisito fondamentale: al momento della richiesta bisogna essere inoccupati (ma si può avviare una nuova attività lavorativa una volta che la RITA sia stata accordata, come vedremo in seguito).
Inoltre sono richiesti dei requisiti minimi di anzianità contributiva  e di iscrizione alla previdenza complementare.

Nel dettaglio, questi sono i requisiti per richiederla:

  1. Cessazione dell’attività lavorativa
  2. Raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia (attualmente fissata a 67 anni per uomini e donne) entro i 5 anni successivi
  3. Almeno 20 anni di contribuzione nel regime obbligatorio di appartenenza
  4. Almeno 5 anni di partecipazione a forme pensionistiche complementari

L’accesso al Fondo di Sostegno al Reddito ABI ha come presupposto la cessazione del rapporto di lavoro; pertanto dà diritto a richiedere la RITA, a patto di essere entro i cinque anni dal raggiungimento dell’età della pensione di vecchiaia.

La normativa prevede inoltre che si possa richiedere la RITA, anche se si è più lontani dalla pensione, in caso di inoccupazione prolungata. La logica della norma è consentire ad una persona che non lavora, e quindi non percepisce reddito, di utilizzare dei fondi che ha accumulato in precedenza. In questo caso i requisiti sono:

  1. Cessazione dell’attività lavorativa
  2. Inoccupazione (o anche permanenza nel fondo esuberi) successiva alla cessazione dell’attività lavorativa, per un periodo superiore ai 24 mesi
  3. Raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia (attualmente 67 anni )entro 10 anni
  4. Almeno 5 anni di partecipazione a forme pensionistiche complementari

Abbiamo detto che non si può richiedere la RITA se si è troppo vicini all’ età pensionabile, e il motivo è evidente: una richiesta all’immediata vigilia del raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia rappresenterebbe un modo per aggirare le regole della previdenza complementare, in base alle quali almeno un parte del capitale dev’essere trasformato in rendita, e per i vecchi iscritti rappresenterebbe una forma di elusione fiscale (parleremo della tassazione di seguito).
Quindi entro quanto si deve inoltrare la richiesta? Il dubbio è stato chiarito con la circolare COVIP 4209 del 17/9/2020: la RITA va richiesta almeno 6 mesi prima della maturazione della pensione di vecchiaia, in modo tale che l’erogazione sia frazionata in almeno due rate trimestrali. Il suggerimento è comunque quello di richiederla almeno un anno prima, in modo da porsi al sicuro da eventuali disguidi o ritardi.

 

Esistono incompatibilità con la R.IT.A.?

La citata circolare 4209 è servita a sgomberare il campo da diversi dubbi che esistevano in merito all’interpretazione della norma. Intanto riguardo all’inoccupazione: il requisito della cessazione dell’attività o dell’inoccupazione da almeno 24 mesi deve sussistere al momento della presentazione della domanda. Quindi la domanda non può essere inoltrata se uno di questi requisiti non è presente.
Successivamente si può avviare una nuova attività lavorativa senza perdere il diritto all’erogazione.

Un ulteriore dubbio sussisteva sulla possibile coesistenza tra pensioni percepite prima del raggiungimento dell’età pensionabile (pensione anticipata, quota 100, opzione donna, ecc…) e la riscossione della RITA. In passato alcune persone si erano viste rifiutare la richiesta della RITA in base a questo dubbio, anche questo successivamente chiarito dalla circolare 4209: non esiste incompatibilità con trattamenti pensionistici, neanche al momento della richiesta.

La RITA è ovviamente compatibile con le erogazioni del Fondo di Sostegno al Reddito ABI.

 

Cosa succede al mio montante durante il periodo di erogazione rateale?

Durante il periodo di erogazione della RITA il montante residuo continua ad essere gestito dal Fondo, generando quindi ulteriori rendimenti: per questo motivo le rate da erogare verranno ricalcolate tempo per tempo, tenendo conto degli incrementi o delle diminuzioni conseguenti alla gestione finanziaria. Mentre è in corso l’erogazione il montante viene versato nel comparto più prudente del fondo, salvo diversa indicazione da parte dell’iscritto.

L’iscritto ha facoltà di sospendere l’erogazione della RITA; sulla parte del montante eventualmente non destinata alla RITA conserva la facoltà di richiedere anticipazioni e riscatti.

Durante il periodo di erogazione è possibile continuare ad effettuare versamenti contributivi che, in caso di RITA parziale, andranno ad incrementare il montante residuo, mentre in caso di RITA totale andranno a costituire un montante a sé stante. Le somme saranno investite nel medesimo comparto scelto per l’erogazione della prestazione, salvo diversa indicazione dell’iscritto.

Anche su questo punto è importante fare chiarezza. Gli accordi per l’esodo sottoscritti nel gruppo BPER prevedono la contribuzione aziendale alla previdenza complementare fino alla data di pensionamento. E queste somme andranno, come detto, a costituire un montante separato da quello su cui si è richiesta la RITA. Si può inoltre decidere di effettuare ulteriori conferimenti alla previdenza complementare su base volontaria. In questo caso bisogna ricordare che le prestazioni del Fondo di Sostegno al Reddito non costituiscono reddito imponibile: pertanto, eventuali conferimenti effettuati durante il periodo in cui se ne beneficia non godrebbero di alcun vantaggio fiscale, e quindi ci sentiamo in dovere di sconsigliarli.

Ben diverso è il caso di conferimenti effettuati da pensionati, come vedremo nel prossimo paragrafo.

In caso di decesso durante la fase di erogazione il montante sarà riscattato dagli eredi.

 

La tassazione della R.I.T.A.

La tassazione della RITA è quella prevista per i “nuovi iscritti”, e per questo è particolarmente favorevole. L’intero montante è assoggettato ad imposta sostitutiva con aliquota agevolata: l’aliquota iniziale è del 15%, e a partire dal 15° anno di anzianità contributiva si riduce dello 0,30% annuo, fino ad arrivare ad un’aliquota minima del 9%.
Si tratta di una soluzione estremamente vantaggiosa per i “vecchi iscritti”, cioè tutti coloro che risultavano iscritti ad una forma di previdenza complementare alla data del 27 aprile 1993. Per loro, a differenza di chi si è iscritto successivamente, esiste la possibilità di riscattare l’intero montante accumulato, ma la tassazione applicata è simile a quella del TFR, con un’aliquota che può arrivare a sfiorare il 30%.
A titolo di esempio, per un vecchio iscritto che alla data del 1/1/2007 aveva già maturato 15 anni di anzianità contributiva la tassazione della RITA richiesta nell’anno 2023 ammonterebbe al 10,20%; se scegliesse di riscattare l’intero montante andrebbe a subire una tassazione più che doppia.

Anche per i nuovi iscritti l’adesione alla RITA comporta un notevole vantaggio, potendo riscuotere l’intera somma accantonata in un lasso di tempo contenuto, senza essere costretti a trasformarla almeno in parte in rendita.

Qualora manchino 5 anni al raggiungimento dell’età pensionabile, ed in presenza di un montante particolarmente consistente, può essere una buona scelta ritardare di due o tre anni la richiesta, in modo da ridurre l’aliquota applicata. Questo vale sia per i nuovi che per i vecchi iscritti.

Parlando di tassazione, può essere conveniente non riscattare al 100% il montante, lasciando aperto il fondo. Questa opzione è ottenibile anche beneficiando della contribuzione aziendale durante la permanenza nel Fondo di Sostegno, che come detto genera un montante separato.
Perché diciamo questo? Perché una volta maturato il diritto alla pensione, che è un reddito soggetto a tassazione, si potranno effettuare versamenti volontari ottenendo notevoli benefici fiscali grazie alla deducibilità dei contributi.


Facciamo un esempio pratico: per ogni conferimento al fondo si avrà diritto ad un recupero fiscale pari all’aliquota marginale: un ipotetico pensionato potrà versare fino a 5.164 €. Ipotizzando una pensione lorda superiore ad € 28mila, per ogni 1.000 euro conferiti otterrà a luglio, compilando il modello 730, un rimborso di € 335. Questa somma sarà immediatamente riscattabile, potendo contare su un montante ridotto al minimo e quindi non soggetto all’obbligo di trasformazione in rendita, e l’aliquota applicata sarà calcolata con le modalità sopra riportate. Pertanto, nel caso in esame, nel 2024 la tassazione del riscatto sarà effettuata con un’aliquota del 9,90%.
Tirando le somme, per ogni 1.000 euro conferiti nel fondo otterrà un rimborso di €335 e pagherà €99 di tasse al momento di riprenderli. Un’ operazione del tutto lecita e priva di rischi.


Un’ultima considerazione. La risoluzione Agenzia delle Entrate 9/E del 16/2/2022 ribadisce la possibilità di optare per la tassazione ordinaria della RITA. In questo caso, la scelta va manifestata attraverso l’inserimento dell’apposito codice nella casella relativa ai “casi particolari” nel quadro relativo ai redditi di lavoro dipendente e assimilati.
Questa scelta può rivelarsi conveniente in alcun casi specifici: ad esempio per chi aderisse al fondo di sostegno al reddito (che non costituisce reddito imponibile) ed avesse detrazioni importanti da recuperare.
Si tratta comunque di un’opzione da ponderare attentamente caso per caso, avvalendosi eventualmente del supporto del patronato o di un commercialista. In questa sede ci limitiamo a far presente che esiste anche questa possibilità.

TFR e R.I.T.A.

Laddove siano sottoscritti accordi aziendali che lo prevedono, è possibile conferire il TFR maturato fino al 2006 al Fondo Pensione.

La scelta va effettuata prima di cessare il lavoro; il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di beneficiare della RITA anche per queste somme, con i benefici fiscali evidenziati nel precedente paragrafo.

Per quanto riguarda la possibilità di versare al fondo la quota che mensilmente si accantona al TFR, si suggerisce la lettura di questo articolo nel quale avevamo trattato in modo esaustivo l’argomento.

Conviene versare il TFR sul Fondo Pensione?




Alleanza: ripresa delle relazioni sindacali con due nuovi incontri

3 - Fisac Cgil

Le organizzazioni sindacali hanno incontrato l’azienda per due volte, una lo scorso mese ed un’altra il 6 luglio, dopo quasi 2 anni di interruzione delle relazioni sindacali a seguito del riuscitissimo sciopero del settembre 2021.

Durante il primo appuntamento Alleanza ci ha comunicato l’intenzione di riaprire 30 ispettorati in tutta Italia (10 per INT).

Abbiamo manifestato la nostra convinzione che il numero fosse esiguo in confronto alle 224 chiusure effettuate nel 2021 ed al reale bisogno manifestato dai lavoratori e che le riaperture avverranno presumibilmente a 3 o anche 4 anni di distanza, un tempo indiscutibilmente enorme rispetto alla celerità con cui vennero chiusi.

L’azienda durante l’ultimo incontro ci ha comunicato di avere deciso la riapertura di 45 nuovi uffici, i primi 30 entro ottobre 2024 ed i restanti 15 in un tempo ancora da definire e distribuiti nella misura di 3 per IR e che, quasi sicuramente, si tratterà di multipoint. Non ci è stato comunicato esattamente dove saranno ubicati gli I.A.

Durante l’incontro di giugno i vertici aziendali ci avevano anche informato sul nuovo sistema provvigionale che è appena partito per i prodotti del ramo risparmio. Alleanza ha motivato questi cambiamenti con richieste pervenute da Ivass al fine di tutelare la clientela. Rimangono alcuni aspetti che riteniamo di forte criticità e che avevamo chiesto di trattare rapidamente, come: il parametro qualitativo che verrà inserito dal prossimo anno per fare scattare le garanzie economiche ma che, ad oggi, non è stato ancora comunicato ai lavoratori; le problematiche che potrebbero scaturire dall’applicazione degli storni per 5 anni, soprattutto in caso di trasferimento. L’azienda ha negato che si trattasse di un cambio del sistema provvigionale, sottolineando che comunque le OO.SS. non possono contrattualmente trattare tale tema, ma di fatto comunque le modifiche avranno un impatto notevole su quest’aspetto così rilevante, benché al momento economicamente tutelato.

Le scriventi OO.SS. hanno evidenziato che affinché la ripresa delle relazioni sindacali risulti concreta, come accade per il resto del gruppo, bisogna affrontare tutti gli altri temi, e non ridurli solo a quello della chiusura degli Ispettorati Agenziali. Restano, infatti, sul tavolo molti problemi che necessitano di un confronto rapido come: le pressioni commerciali divenute insostenibili; il continuo aumento dei budget e la costante diminuzione dei silos; la desertificazione delle figure professionali all’interno delle agenzie; la modifica dei sistemi incentivanti con l’inserimento di nuovi parametri come quello della raccolta netta dopo quattro mesi dall’inizio dell’anno e con un nuovo obiettivo che rischia di causare altre decurtazioni economiche; l’aumento spropositato dei carichi di lavoro su tutte le figure dal TSIE fino all’Agente passando per i nostri SQS oberati di mansioni ed incombenze.

Purtroppo, negli ultimi anni abbiamo assistito ad una lenta ed inesorabile diminuzione delle quote di acquisizione pagate alla rete (ultimo esempio la nuova Alleata). Gli obiettivi che prima si realizzavano con 3/4 contratti al mese e qualche adeguamento, oggi possono richiedere anche 20/30 pezzi in un mese. Di conseguenza, aumentano le pressioni e lo stress per i produttori. Le iniziative messe in atto dall’azienda con il sistema dei bonus non sono sufficienti, visto che si tratta di quote aggiuntive che non vengono retribuite economicamente, ma servono esclusivamente a fare scattare rappel e mix. Questo sistema comporta una sensibile diminuzione dei guadagni di tutta la struttura (un TS a parità di risultato, con i bonus perde tra i 150 ed i 250 € mensili in proporzione al risultato). Bisogna trovare soluzioni a lungo termine, che consentano ai produttori di arrivare a fine mese.

Abbiamo, inoltre, chiesto ai vertici aziendali di intervenire economicamente a seguito del mancato pagamento compiutamente del PRV per i produttori, decurtato di 30€ e, soprattutto, privato del vantaggio della tassazione agevolata poiché l’azienda ha sbagliato nella scelta del parametro a cui legare il premio di produttività, nonostante l’accordo con il Gruppo prevedesse la definizione di target in grado di “garantire” la fruizione piena del premio con tassazione agevolata e non ordinaria da parte dei produttori. Il premio è scattato appieno e con la tassazione agevolata per i produttori di Generali, ma non per quelli di Alleanza (al danno si è aggiunta anche la beffa dell’errore nel pagamento avvenuto sullo stipendio di giugno con trattenuta per il mese successivo). A seguito delle nostre proteste, per il prossimo anno il Gruppo ha parzialmente rivisto i parametri per Alleanza.

Abbiamo anche chiesto un deciso intervento di Alleanza a supporto di clienti e lavoratori delle zone duramente colpite dall’ultima alluvione in Emilia Romagna, interventi non solo ad personam ma per tutti coloro che operano nelle agenzie colpite, così come effettuato anche in Generali Italia.

Su tutte queste importanti tematiche attendiamo risposte e, soprattutto, richiediamo con forza tavoli di discussione paritari dove trovare con HR soluzioni condivise ai problemi che affliggono la rete, così come avviene per le altre aziende del Gruppo e per i produttori della casa madre.

Senza dimenticare, infine, il rinnovo del CCNAL scaduto e per il quale avvieremo a breve le assemblee dei lavoratori per approvare la piattaforma preparata dalle OO.SS., in linea con la parificazione economica e normativa al CCNL Ania prevista dal nostro contratto.

Italia, 18 luglio 2023

 

I Coordinamenti Nazionali delle RSA FISAC/CGIL – FNA




CCNL ABI: primo incontro a Roma

3 - Fisac Cgil

 

Oggi alle ore 11:00 nella sede Abi di Palazzo Altieri a Roma, le Organizzazioni Sindacali hanno illustrato la Piattaforma unitaria per il rinnovo del CCNL del Credito, approvata dal 99,5% delle lavoratrici e dei lavoratori nelle assemblee, alla delegazione del Casl ABI, comprensiva dei rappresentanti di Intesa Sanpaolo.

La Presidente del Casl Ilaria Dalla Riva, dopo un breve saluto, lascia la parola alle Organizzazioni Sindacali.

Avendo inviato la piattaforma in precedenza e partendo da un’analisi condivisa del contesto e dai risultati straordinari del settore, le Organizzazioni Sindacali hanno sottolineato alcuni punti: 

  • l’aumento delle retribuzioni a fronte delle dinamiche inflattive, della redditività e produttività; 
  • contrattazione collettiva d’anticipo necessaria per gestire i cambiamenti; 
  • partecipazione dei lavoratori;
  • qualità e quantità dell’occupazione per invertire la rotta della riduzione degli organici, la chiusura delle filiali e l’abbandono di molti territori; 
  • orari, flessibilità e benessere lavorativo; profili professionali e sviluppo di carriera; 
  • welfare e diritti. 

Le Organizzazioni Sindacali hanno anche ribadito la centralità del CCNL.

Inoltre, è stata sottolineata la necessità di chiudere in tempi brevi l’accordo sul CCNL. 

 

Le Segreterie Nazionali
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN


 

“C’è bisogno di un contratto che guardi al futuro, che si cali nelle grandi trasformazioni che attraversano il settore bancario. Un contratto nazionale che sia forte e che, soprattutto, riconosca alle lavoratrici e ai lavoratori il contributo offerto in questi anni segnati da risultati straordinari in termini di redditività e produttività per le banche”. Così la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, sull’avvio della trattativa in Abi per il rinnovo del contratto nazionale del settore del credito e che interessa circa 280 mila lavoratrici e lavoratori.

In questa fase, aggiunge la dirigente sindacale, “che ha registrato per il settore bancario una produttività più alta dell’inflazione e dove la redditività del sistema ha generato, solo per lo scorso anno, utili complessivi superiori ai 14 miliardi, è un dovere per la nostra controparte rispondere ai bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori, a partire dalla richiesta salariale. Abbiamo bisogno di un contratto che sia legato ai tempi che stiamo vivendo, così come abbiamo bisogno di un sistema bancario che abbia un’idea forte su quale ruolo giocare per lo sviluppo del paese”.

Per queste ragioni, prosegue la segretaria generale della Fisac Cgil, “il contratto dovrà agire sul tema della qualità e della quantità dell’occupazione, per sovvertire un processo di continuo restringimento. E sarà necessario confrontarsi sui temi della riduzione dell’orario, sull’introduzione di nuove flessibilità e sul benessere lavorativo, fornendo risposte anche su profili professionali e sviluppi di carriera. Il cambiamento è in atto, il sindacato è pronto alla sfida”, conclude Esposito.

 

 




Istat: salari scarsi, povertà alta. E il governo fischietta

Guadagniamo il 12 % in meno della media Ue, la fascia 18-34 è sempre più esposta agli indici di deprivazione. Pure i dati sul lavoro sono i più bassi


Salari molto più bassi della media europea, giovani adulti più poveri rispetto alle altre fasce di età, una popolazione che invecchia inesorabilmente mentre lo Stato spende molto poco per sostenere le famiglie e la natalità. Il rapporto annuale Istat – ieri è stato presentato quello del 2022 – è il consueto appuntamento con la strutturale emergenza sociale. Un ossimoro apparente: la carrellata di numeri allarmanti non spaventa neanche l’attuale governo, il quale – al contrario – prosegue dritto con misure che, se guardate alla luce dei dati, sembrano destinate a un altro Paese.

La questione salariale è centrale. Le retribuzioni dei lavoratori italiani sono inferiori alla media europea di 3.700 euro all’anno. La forbice – dice il rapporto – diventa di 8mila euro se il confronto è solo con quelli tedeschi. Le paghe lorde ammontano a circa 27mila euro e la differenza con l’Europa è del 12%, quella con la Germania arriva al 23%. La significativa differenza si vede non solo fotografando la situazione attuale, ma osservando la crescita degli ultimi anni: tra il 2013 e il 2022, le nostre buste paga sono salite del 12%, circa la metà della media europea. Questo vuol dire che in quel periodo il potere d’acquisto delle nostre famiglie è sceso del 2%. In questo contesto, dunque, si colloca l’atteggiamento del governo di chiusura netta a ogni ipotesi di salario minimo, a partire da quella presentata in questi giorni da tutti i partiti di opposizione (Italia Viva esclusa).

Gli stipendi bassi, poi, contribuiscono a diffondere la povertà, specialmente nella generazione che più di tutte fa i conti con il precariato. Secondo il rapporto, ben il 47,7% della popolazione tra i 18 e i 34 anni fa i conti con almeno un fattore di deprivazione materiale. Si tratta di un indicatore che misura il benessere e che conta sei aree: istruzione e lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo, territorio. In pratica, quasi la metà dei giovani maggiorenni presenta una carenza in almeno una di queste; 1,6 milioni, invece, presentano deprivazioni in due o più domini. Il rapporto, quindi, segnala quella fascia di età come la più vulnerabile e vale la pena ricordare che proprio quella fascia sarà interessata maggiormente dal taglio del Reddito di cittadinanza; da ora in poi la nuova misura potrà andare solo a chi ha minori, disabili o anziani nel nucleo. I più colpiti saranno i single e le giovani coppie senza figli, che pure sono le categorie penalizzate dal mercato del lavoro. “Per la maggioranza dei giovani – ha detto il presidente facente funzione Istat Francesco Maria Chelli – il raggiungimento di queste tappe è sempre più un percorso a ostacoli e negli ultimi decenni si è assistito a un loro costante posticipo”. Tra l’altro, la povertà si conferma un fenomeno ereditario: da noi la trasmissione intergenerazionale della povertà, la “trappola”, è più intensa che nella maggior parte dell’Ue: quasi un terzo degli adulti tra 25 e 49 anni a rischio povertà viene da famiglie che, quando avevano 14 anni, erano in cattive condizioni finanziarie. Evidenza che stronca la narrazione del disagio economico come colpa.

I posti di lavoro, poi, nel 2022 sono cresciuti ma i nostri dati restano tra i peggiori d’Europa. E il record del tasso di occupazione dipende anche da fattori demografici, cioè dalla popolazione in età lavorativa che diminuisce. Il declino è proseguito anche nell’anno appena passato, quando la popolazione italiana generale è diminuita di 179.416 unità. Per la prima volta le nascite sono andate sotto le 400mila, fermandosi a 393mila, mentre le morti sono state 713mila. A inizio 2020 l’età media era di 45,7 anni, mentre ora siamo a 46,4. Siamo tra l’altro uno dei Paesi che meno investe per la famiglia e i minori: l’Italia spende l’1,2% del Pil, contro il 2,5% della Francia e il 3,7% della Germania.

Anche i dati ambientali sono preoccupanti. La disponibilità idrica nazionale ha raggiunto il suo minimo storico nel 2022, quasi il 50% in meno rispetto al periodo tra il 1991 e il 2020. E c’è il problema della povertà energetica: il 17,6% delle famiglie a rischio povertà non riesce a riscaldare adeguatamente l’abitazione e il 10,1% dichiara arretrati nel pagamento delle bollette.

 

Articolo di Roberto Rotunno su “Il Fatto Quotidiano” dell’8 luglio 2023




BNL: Lavoratori – Azienda 1-0 e palla al centro

3 - Fisac Cgil

Sentenza di primo grado Cessione CFT:
Lavoratori – Azienda: 1-0. Palla al centro

 

La notizia è ormai di dominio pubblico e quindi non la facciamo lunga: il giudice del tribunale di Roma ha accolto il ricorso delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto informatico esternalizzati da BNL, dichiarando illegittima l’operazione messa in piedi dai vertici aziendali ed ordinando l’immediato rintegro di tutti coloro che hanno fatto ricorso.

Bene! Molto bene! Ma la partita non è finita. Non solo perché l’azienda ricorrerà in appello, ma anche perché ha già reso noto di voler distaccare le lavoratrici e i lavoratori il prima possibile presso Capgemini: questo perl’azienda è un adempimento della sentenza, come già fatto nel caso dei lavoratori Hitrac.
Nel frattempo, in attesa che tale distacco possa decorrere, alle colleghe e ai colleghi è stato comunicato con una mail il reintegro in BNL, l’ottemperanza della sentenza ma anche il possibile appello: peccato che nei fatti non consentano loro di rientrare effettivamente in Bnl nemmeno per un giorno, ordinandogli di continuare a prestare servizio in Capgemini (a differenza di quanto comunicato su Echo’net).

Il tavolo sindacale, in maniera ferma e compatta, si è opposto sin da subito alle due esternalizzazioni (aspettiamo con ansia la sentenza per il backoffice) organizzando mesi di mobilitazione con presidi, assemblee, e due scioperi. Durante quella trattativa proponemmo come possibile soluzione alla controversia proprio il distacco, ma rimanemmo inascoltati da un’azienda sorda e da un management che voleva il sindacato ridotto a una mera istituzione notarile. Ma così non è… se ne facessero una ragione!!! A questo punto secondo queste organizzazioni sindacali, un’azienda seria reintegrerebbe i colleghi e non li distaccherebbe per 5 mesi così’ invece come proposto, dando l’impressione dell’ennesima raffazzonata misura tampone….

La partita iniziata nella primavera del 2021 (quando iniziarono ad essere “svelate” le intenzioni dell’azienda sui due “scorpori”) è, come abbiamo sempre detto, una partita importante che NON riguarda solo le lavoratrici ed i lavoratori esternalizzati, ma tutti i dipendenti BNL.

Quanto avvenuto nei mesi passati con l’ultima ristrutturazione ne è una esplicita conferma.

Esprimiamo tutta la nostra contrarietà alla politica che Bnl persevera nel portare avanti in totale spregio all’attenzione alle persone propagandata dalla nostra AD. La verità è che a vincere in questa triste storia sono le società di consulenza che vengono lasciate mungere il latte ai dipendenti BNL, pieni di capacità professionali che nessuno ai vertici hai mai voluto cogliere e che sono riusciti nel grande risultato di far perdere ai colleghi quel senso di appartenenza, cosafondamentale per un’azienda che si voglia definire sana e gestita bene.

È una partita importante che ci riguarda tutti e che dobbiamo giocare collettivamente.

Anche per questo chiamiamo tutto il personale a dare supporto alle iniziative sindacali che sarà eventualmente necessario intraprendere per la tutela di queste/i 156 lavoratrici e lavoratori continuando a suggerire all’azienda modi per sbagliare meno,ricordando che dove non arriva il buon senso, l’ascolto, arriva – almeno in Italia – la magistratura.

Con buona pace di Amministratori Delegati, Manager sprovveduti, Francesi spocchiosi e advisor incompetenti.

Leggi anche:

Bnl: tribunale dichiara illegittima cessione It a Capgemini

 

 




Banca d’Italia: 1,2,3… Livello!

È ben noto a tutti i colleghi che uno dei pilastri della riforma dell’Area manageriale e Alte professionalità del 2016 (che, ricordiamo ai più giovani, la Fisac Cgil è l’unico sindacato che non ha firmato) è il passaggio discrezionale di livello.

A differenza del sistema previgente, fondato sulla progressione economica automatica con l’assegno annuale di grado, oggi è previsto che i colleghi della fu Area direttiva ricevano un livello economico in un tempo che va da uno a tre anni…in base al merito. Generando differenze economiche notevoli e enormi divari tra colleghi.

Ma cosa vuol dire merito? Basta il conseguimento degli obiettivi assegnati? No, in quanto la Banca li ritiene solo uno degli elementi da considerare e parla di “grado di raggiungimento degli obiettivi, tenuto conto della loro complessità”.

Serve l’aver ricevuto diversi incarichi (anche questi assegnati in modo del tutto discrezionale se non arbitrario)? Neanche questo, perché la Banca richiede che si valuti “il livello di competenze quale si desume dallo svolgimento degli incarichi affidati”. Ancora una volta, quindi, si fa riferimento ad elementi sfuggenti.

Ma se comunque – dati gli obiettivi conseguiti, i risultati ottenuti e riconosciuti, i feedback positivi ricevuti e gli incarichi svolti – è possibile affermare che il merito della prestazione individuale è fuori discussione, allora è certo che il livello lo conseguirò? Ancora una volta purtroppo no, perché l’assegnazione del livello al primo o secondo anno di permanenza nel livello precedente, incontra un muro insormontabile nei budget… Quindi se pure lo merito, lo riceverò solo se il budget assegnato alla mia struttura è sufficiente, tenuto conto degli altri colleghi nella mia stessa situazione…

Non c’è quindi “meritocrazia” che regga.

Almeno, i più audaci si chiederanno, ho possibilità di sapere in maniera chiara e formale perché non ho ricevuto il livello e/o perché è stato preferito un altro collega, anche in un’ottica di possibile miglioramento per il futuro? Sapete quale è la risposta?

Anche questa volta è negativa, in quanto non c’è alcun atto formale comunicato agli interessati, che motivi le scelte fatte con riferimento alle posizioni di ciascuno ma solo un rinvio alla lista pubblicata in Launchpad (che per certi versi ha il sapore della caccia al tesoro per scoprire chi ha ricevuto il livello) e per i più fortunati la possibilità di un colloquio con il valutatore, con buona pace di qualunque norma di trasparenza che si addirebbe ad un’Istituzione come la Banca d’Italia.

La Fisac Cgil ritiene che la progressione economica e di carriera siano aspetti imprescindibili della vita lavorativa di ciascuno e non si possa giocare con questi temi, men che mai lasciare che rimangano interamente affidati al totale arbitrio del datore di lavoro. Continuerà perciò a cercare di migliorare l’impianto della riforma del 2016, anche se non ne condividiamo spirito e forma, per tutelare tutti i colleghi dell’Area manageriale e Alte professionalità.

Rimaniamo a disposizione di chiunque necessitasse di un confronto e/o di assistenza in merito al mancato conseguimento del livello.

Potete contattarci alla nostra mail: [email protected]

 

Dal sito Fisac Banca d’Italia




Convenzione con Università Telematica Pegaso per iscritti alla Fisac Cgil

Convenzione fa rima con FORMAZIONE!

 

La Fisac CGIL ha aderito alla convenzione della CGIL stretta con l’Università Telematica Pegaso che consente alle iscritte e agli iscritti al nostro sindacato l’accesso al catalogo formativo con costi davvero ridotti.

Corsi di Laurea

Gli studenti iscritti e iscritte alla Fisac CGIL possono beneficiare di un costo di iscrizione annuale ai Corsi di Laurea ribassato di oltre il 30% rispetto al normale costo al pubblico.
Che significa in alcuni casi, un taglio di 1000 euro.

Dovranno allegare alla domanda di iscrizione un documento che attesti l’iscrizione alla Fisac CGIL, come la tessera o il PDF sostitutivo.

Figli e figlie? La convenzione è valida anche per loro, per il coniuge, il convivente e i figli come previsto dalla L. 76 /2016 sulle unioni civili.

Master e corsi

Per i Master e i Corsi di Alta Formazione la convenzione FISAC Cgil dà diritto a sconti sui costi di iscrizione che in alcuni casi possono arrivare al 40% del normale costo al pubblico.

Per maggiori informazioni sull’offerta formativa e per iscrizioni visita il sito dell’ateneo:
www.unipegaso.it

Fraterni saluti


Il Segretario Organizzativo Fisac Cgil Nazionale

Cristiano Hoffmann

 

Roma, 14 luglio 2023