Cgil, Landini rieletto segretario: distanti dalle posizioni del governo, pronti anche allo sciopero

Maurizio Landini è stato rieletto segretario generale della Cgil. Al termine del XIX congresso nazionale, l’assemblea lo ha confermato alla guida del sindacato per il secondo mandato di quattro anni, con il 94,2% di voti favorevoli. La proclamazione è stata accompagnata da un lungo applauso della platea.
“Vi ringrazio”, le sue prime parole.

“Nessuno credo si impegni nel sindacato perché crede che sia un mestiere, siamo una bella organizzazione perché siamo fatti di uomini e donne vere che credono in quello che fanno”: così il segretario generale della Cgil  Maurizio Landini parla alla platea,  commosso, ed emozionato, nella giornata conclusiva del XIX congresso nazionale. Landini ha chiamato sul palco tutti “i compagni e le compagne” della struttura del sindacato e li ha ringraziati.

Il leader della Cgil ha rivolto un “ulteriore ringraziamento al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che con il suo messaggio ha riconfermato il valore della nostra Costituzione e del lavoro”.

Nel suo intervento Landini è partito dal discorso di ieri di Giorgia Meloni e rivolgendosi alla premier ha detto: “La ricchezza la produce chi lavora, è necessario rimettere al centro il lavoro e la persona come elemento per cambiare il modello sociale ed economico che in questi anni si è affermato”.

In un altro passaggio del discorso ha sottolineato: “Prima vota l’autonomia differenziata e poi viene a raccontarci che lei è per l’unità nazionale, noi siamo per l’unità e lo siamo anche il 18, 19, 20 e contrasteremo con tutte le strade possibili una messa in discussione della nostra Costituzione”.

Con il governo e la premier Gorgia Meloni c’è “una diversità molto profonda, molto consistente. Per tutto il sindacato italiano non c’è possibilità di discussione, bisogna avviare una mobilitazione che non esclude alcuno strumento, compreso se necessario lo sciopero. Lo vogliamo fare insieme a Cisl e Uil, ne discuteremo con loro, abbiamo già un incontro fissato la prossima settimana”, ha poi dichiarato Landini. “C’è un punto fondamentale – ha spiegato il sindacalista – il 94% dell’Irpef la pagano i lavoratori dipendenti e i pensionati: noi non siamo più disponibili ad accettare l’idea di un sistema fiscale che continua a gravare unicamente sui dipendenti e i pensionati, per noi la festa è finita, perché per noi non è mai cominciata”.

Quanto alla legge delega, “noi non siamo d’accordo – ha detto ancora Landini – abbiamo lanciato una piattaforma, per ora non hanno discusso con noi il tavolo della trattativa, a oggi non c’è e va recuperato, vanno cambiati i principi fondamentali sui quali questa riforma si realizza, c’è bisogno di allargare la base imponibile, non solo deve essere progressiva, a parità di reddito bisogna pagare tutti le stesse tasse, cosa che oggi non sta succedendo”. E ha aggiunto: “Con una seria riforma fiscale si determinano le condizioni per un nuovo patto di cittadinanza”.

In mattinata, in collegamento, sono intervenuti al congresso i genitori di Giulio Regeni. “Ringraziamo tutti gli iscritti alla Cgil che ci hanno sostenuto nella battaglia per ottenere verità e giustizia. Vi chiediamo di continuare a starci vicino nel cammino verso la verità e la giustizia” ha detto Claudio Regeni, collegato insieme a sua moglie Paola Deffendi e all’avvocata civilista Alessandra Ballerini. “Sono sette anni che inseguiamo la verità e che pretendiamo una verità processuale per il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio. E’ un morto sul lavoro”, afferma la legale della famiglia, Alessandra Ballerini, aggiungendo che “con i dittatori non possiamo collaborare”.

 

Fonte: Rai News




Rinnovo Ccnl settore Credito: in via di definizione la Piattaforma sindacale


 

Rinnovo Ccnl settore Credito: in via di definizione la Piattaforma sindacale

Lo scorso 28 febbraio abbiamo sottoscritto con Abi un Verbale di sospensione dei termini di scadenza del Contratto Nazionale al prossimo 30 aprile, per favorire un percorso di rinnovo condiviso e utile a raggiungere soluzioni costruttive e di prospettiva per garantire l’unità della categoria dei bancari e valorizzarla sotto il profilo economico, normativo e occupazionale.

In piena sintonia con questa impostazione è proseguito con ulteriore intensità e costanza il lavoro delle Commissioni costituite dalle Segreterie Nazionali, per elaborare le proposte di rinnovo.

La Piattaforma rivendicativa Sindacale è quindi in via di definizione e sarà portata all’approvazione delle lavoratrici e dei lavoratori con il percorso assembleare, che avremmo intenzione di avviare entro aprile.

In quest’ambito abbiamo inoltre chiesto ad Abi di svolgere al più presto un incontro in merito ai Fringe Benefit, per valutare le implicazioni legate a questo tema e alle scelte del Governo in merito, che stanno producendo e potranno ulteriormente creare forti impatti negativi dal punto di vista economico e fiscale alle colleghe e ai colleghi.

Roma, 20 marzo 2023

 

I segretari generali
Fabi –First Cisl –Fisac Cgil –Uilca –Unisin




Teramo perde un’altra banca: chiude la Bper sullo stradone

Continua lo “spopolamento” bancario in città. Chiude un altro sportello periferico, quello della Bper sullo “stradone”, in un’area che ha visto, nel giro di un paio di anni, la chiusura di un’altra banca nella zona di fronte all’Apollo 11 e di una terza sotto i portici di via Pannella.

Non è un buon segnale per l’economia cittadina, anche perché si tratta di una zona di passaggio e che, quindi, dovrebbe risultare appetibile. Invece, le banche chiudono e chiudono anche gli sportelli bancomat, come appunto quello della Bper che dal 24 marzo sarà dismesso.

Per i clienti si trasferisce tutto nella filiale di piazza Cellini.

 

Fonte: www.certa stampa.it




Landini: “La settimana corta andrebbe posta nei contratti nazionali”

Al via i lavori del diciannovesimo congresso della Cgil a Rimini ‘Il lavoro crea il futuro’, da oggi, fino a sabato 18 marzo, a Rimini. Il messaggio di Mattarella: potenziare la dignità del lavoro. Landini: “Precarietà compromette il futuro”


l via i lavori del XIX congresso della Cgil a Rimini ‘Il lavoro crea il futuro’. Da oggi, fino a sabato 18 marzo, si tiene a Rimini, presso il Palacongressi, il diciannovesimo appuntamento congressuale della Confederazione.

“Oggi non stiamo riuscendo a mantenere i diritti conquistati per voi “giovani “abbiamo bisogno che voi entriate anche per cambiarci. Il messaggio forte del congresso è questo. È vero abbiamo un problema di rapporto coi giovani, insieme possiamo affrontarlo”.
Lo ha detto Maurizio Landini, segretario generale Cgil, a Rimini al congresso nazionale dopo gli interventi dal palco di Ornella Casassa, ingegnera, ed Emma Ruzzon, studentessa, nel prologo dei lavori.
Ti ho chiamato
– ha esordito Landini – perché quando ho letto nella tua intervista il tuo no a lavorare a certe condizioni, nel dirlo hai fatto sindacato, hai dato un messaggio forte. Oggi c’è una precarietà senza fine”, riferendosi alla esperienza di una delle due giovani e al loro intervento che chiede al sindacato di essere più vicino alle giovani generazioni.

“Come dice l’appello delle tantissime associazioni che hanno manifestato sabato scorso a Steccato di Cutro, bisogna ‘Fermare la strage, subito!”
Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, aprendo il XIX congresso nazionale propone di osservare un minuto di silenzio e di indossare “in segno di lutto, di fraternità e di lotta per tutti i giorni del nostro congresso la fascetta bianca”. “Quelle morti – ha detto – non sono stati un incidente imprevedibile, ma l’ultima di una lunghissima serie di tragedie che si dovevano e potevano evitare. Le indagini faranno chiarezza sulle responsabilità giudiziarie, ma la responsabilità politiche ci sono tutte”.

 

L’importanza dei giovani per il processo di rinnovamento

“Noi abbiamo l’ambizione, qui ed ora, di parlare al Paese e di offrire un progetto riformatore di cui le persone siano i soggetti protagonisti, con tutte le loro sempre più ricche diversità”, dice il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nella relazione di apertura del XIX congresso, sottolineando che “bisogna ascoltare le persone per cambiare”.
Landini rimarca che “stiamo vivendo una situazione inedita, di una complessità senza precedenti che ha aperto una drammatica crisi di sistema sociale e democratica in Italia, in Europa, nel mondo”. Ora bisogna “mettere al centro la persona, il valore del lavoro e la libertà delle persone nel lavoro”. Cambiamento, sottolinea ancora Landini, “significa che se vogliamo rappresentare e dare voce alle nuove generazioni è necessario che siano loro, i giovani, a rappresentarsi, a prendere parola e noi dobbiamo aprirci e favorire un processo di rinnovamento”.

Landini dal palco “ringrazia pubblicamente anche la dirigente scolastica Annalisa Savino che con la bellissima lettera scritta ai suoi studenti, di fronte all’atto squadristico e fascista avvenuto davanti al Liceo Michelangelo, ha invitato tutti noi a non essere indifferenti. Senza quella lettera non ci sarebbe mai stata quella grande e bellissima partecipazione alla manifestazione a Firenze lo scorso 4 marzo a sostegno della nostra Costituzione antifascista e della scuola pubblica”.

”In tutto il mondo le forze di estrema  destra, nazionaliste e sovraniste stanno promuovendo idee  antidemocratiche, di discriminazione, e intolleranza. Quello che  chiediamo al Governo e al Parlamento è chiaro e netto: sciogliere i partiti neofascisti, come previsto dalla nostra Costituzione, e impedire che queste forze si possano candidare alle elezioni”.

Su salario minimo, è fondamentale una normativa “che chiediamo venga recepita anche nel nostro Paese anche definendo una soglia perché sotto certe soglie è sfruttamento. Basta contratti pirata”.

 

La delega fiscale

“Non siamo d’accordo né sulla riduzione delle aliquote perché va a favorire i redditi più alti, né sulla flat tax che è fuori dalla progressività prevista dalla Costituzione. Non è prevista la riduzione di 5 punti del cuneo per una vera crescita dei salari, né la restituzione del fiscal drag per la tutela dall’inflazione”.

“il governo ritiri la delega fiscale per avviare un confronto di merito, perché non è più accettabile che le entrate fiscali si reggano di fatto sul lavoro dipendente e pensionati“.

Riferendosi all’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il governo e i sindacati, Landini sostiene che i contenuti “illustrati non tengono in alcun conto le proposte contenute nella piattaforma unitaria Cgil, Cisl e Uil a partire dall’ampliamento delle basi imponibili”su circa 41 milioni di contribuenti, sottolinea, “22 milioni sono lavoratori dipendenti e 14,5 milioni sono pensionati, un totale di 36 milioni e mezzo di persone, quasi il 90%. A maggiore ragione sarebbe stato doveroso un confronto preventivo”.  

La legge delega fiscale inoltre affronta il tema dell’evasione “attraverso accordi con i contribuenti e la collaborazione con le grandi imprese. La cosiddetta pace fiscale o fisco amico. Ma amico di chi?“, domanda Landini. “In un Paese dove l’evasione fiscale ammonta a 100 miliardi, di cui solo 15 ascrivibili all’elusione internazionale dei grandi gruppi. Ciò significa che c’è un’evasione assai diffusa che non si contrasta definendo prima quale debba essere l’importo delle imposte da versare. Ciò significa dare per scontata e tollerare l’evasione fiscale. Se la si vuole contrastare davvero ci sono già tutti gli strumenti: l’incrocio delle banche dati, la corrispondenza tra denunce dei redditi e stili di vita, crescita del patrimonio. Il fisco – rimarca – è ‘la madre di tutte le battaglie’, per dare un futuro al nostro Paese perché rappresenta il patto sociale e di cittadinanza che sta alla base di qualunque comunità nazionale”.

 

La settimana corta andrebbe posta ‘nei contratti nazionali’

“La settimana lavorativa di quattro giorni, come sta avvenendo in altri Paesi con esiti positivi per i lavoratori e per le imprese  è diventata emblematica nel dibattito pubblico di questo cambiamento in corso, ma senza una strategia collettiva resta esempio isolato di buona contrattazione o scelta in mano alle aziende, magari con elementi di discriminazione”, aggiunge Landini, precisando che andrebbe fatta per via contrattuale. “La riduzione dell’orario (e della possibile conseguente riduzione delle giornate lavorative settimanali) va posta nei contratti nazionali rivendicandone la progressiva generalizzazione, collegata all’innovazione in corso e con l’obiettivo di indicare secondo le specificità delle diverse categorie le modalità di messa in pratica, dando così anche strumenti alla contrattazione di secondo livello”, ha spiegato il leader della Cgil.

 

Il messaggio di Mattarella e la dignità del lavoro

“Il lavoro è strettamente legato alla causa della democrazia, alla pace, alla libertà delle persone e delle comunità. Potenziarne la dignità e radicarlo nel contesto di trasformazioni così veloci è attestazione di fedeltà alla Costituzione“. Lo scrive il capo dello Stato Sergio Mattarella in un messaggio in occasione del XIX Congresso Nazionale della Cgil. “L’augurio è che abbiate a continuare a contribuirvi”, aggiunge. “Il sindacato, insieme alle altre espressioni dell’autonomia sociale, ha un ruolo autorevole nel concorrere a progettare e ad accompagnare il Paese alle innovazioni necessarie”, scrive ancora.

“Desidero rivolgere – scrive il capo dello Stato – un saluto cordiale alle delegate e ai delegati riuniti a Rimini per celebrare il XIX congresso della Confederazione Generale Italiana del Lavoro. Sul lavoro si fonda la Repubblica. Il rilancio del lavoro, con la crescita dell’occupazione, in termini di opportunità diffuse e di valore sociale riconosciuto, è, giustamente, lo strumento per creare un futuro di equità, di giustizia, di sviluppo sostenibile. Serve una riflessione approfondita. Il confronto congressuale del vostro sindacato, con l’avvenuta larga partecipazione di base e delle categorie, sarà di ausilio per affrontare i mutamenti e i punti di crisi di fronte ai quali si trovano la società italiana ed europea, l’intero contesto globale, con le trasformazioni nelle strutture produttive, nell’equilibrio del welfare, per rendere effettivi i diritti e, dunque, la qualità stessa della vita di ogni persona”.

 

Fonte: Rai News

 

Il video della relazione




Banca Popolare di Bari: verso lo sciopero

3 - Fisac Cgil

 

Circa 20 assemblee, centinaia di colleghi e colleghe da tutte le filiali e direzioni generali della banca, un unico responso: continuare la mobilitazione, arrivare allo sciopero.

La dirigenza BPB non può continuare a far finta che tutto vada nella direzione prevista del rilancio della banca, ignorare il profondo disagio operativo ed economico delle lavoratrici e dei lavoratori, a non ascoltare il grido di allarme e di denuncia lanciato già da tempo dalle OO.SS aziendali in varie circostanze.

La banca non può continuare ad ignorare, sistematicamente, regole che, leggi, contratti e accordi le impongono; nascondere la testa sotto la sabbia dando illusione che tutto vada bene, non serve a nessuno, tantomeno ai dipendenti ed al mercato.
Allora, avviamolo stato di agitazione e le formalità per la proclamazione dello sciopero.

Stato di agitazione vuol dire anche che non si fa più straordinario – tanto non lo pagano! -, vuol dire che alle 16:45 (o alle 16:15) “cade la penna” e si va a casa, non si risponde più al cellulare personale per motivi di lavoro, si esce da tutte le chat aziendali!

I dati di bilancio di recente pubblicazione relativi all’esercizio 2022, rafforzano la consapevolezza che i sacrifici dei dipendenti della BPB non sono stati gestiti nella direzione auspicata, ovvero il rilancio della banca. Vi terremo informati.

Bari, 16 marzo 2023

 

Segreterie di Coordinamento FABI-FIRST CISL-FISAC CGIL-UILCA -UNISIN
Banca Popolare di Bari -Gruppo Mediocredito Centrale




Perché è fallita la Silicon Valley Bank?

Silicon Valley Bank (SVB), una delle più importanti banche statunitensi nel settore delle startup tecnologiche, è fallita rendendo necessario l’intervento da parte del governo degli Stati Uniti. È il più grande fallimento nella storia finanziaria del paese dopo quello di Washington Mutual nel 2008 e segna la fine di una banca che solo un anno e mezzo fa aveva una valutazione di oltre 44 miliardi di dollari. I depositi entro i 250mila dollari saranno garantiti dalla Federal Deposit Insurance Corporation, l’ente che offre garanzie sui conti correnti, ma la quasi totalità degli investitori aveva cifre molto più alte in SVB che ora rischia di non ricevere indietro.

La notizia del fallimento di SVB ha avuto ripercussioni negative sui mercati azionari, ma meno estese di quanto ci si aspettasse. Il sistema bancario statunitense è solido e stabile, come ha chiarito la segretaria al Tesoro Janet Yellen, ma ci sono stati comunque effetti per le società di investimenti di capitale maggiormente attive nel settore tecnologico. Alcune delle più grandi e importanti utilizzavano infatti SVB per gestire le proprie attività finanziarie, erogare i fondi alle startup e indirizzarne le attività di spesa.

SVB era stata fondata nel 1983 a Santa Clara in California e in poco tempo era diventata una delle principali banche della Silicon Valley, dove iniziavano a concentrarsi le aziende informatiche. Nel 2021 la banca gestiva circa la metà di tutti i fondi impiegati per finanziare le startup: era cresciuta velocemente e aveva attirato numerosi investitori, interessati ad avere una banca specializzata negli investimenti nel settore tecnologico.

Per lungo tempo gli affari erano andati molto bene, complici i successi e la veloce crescita delle società tecnologiche. SVB aveva raccolto risorse finanziarie di vario tipo per 200 miliardi di dollari, una cifra importante, ma comunque distante da quelle raccolte dalle banche più grandi e tradizionali statunitensi, solitamente nell’ordine delle migliaia di miliardi di dollari.

Nel complesso, SVB utilizzava il denaro depositato dai propri clienti per investirlo in obbligazioni (bond). Non era una pratica che metteva in atto solo questa banca ma è il meccanismo con cui funzionano tutte le banche del mondo, un meccanismo che in tempi normali non dà problemi. Il che aveva fruttato bene fino allo scorso anno quando era iniziata ad aumentare l’inflazione. La banca centrale degli Stati Uniti (la Federal Reserve) era intervenuta aumentando i tassi d’interesse, facendo ridurre il valore degli investimenti che SVB aveva già effettuato a tassi più bassi.

Come le altre banche, SVB avrebbe potuto attendere la fine naturale degli investimenti già fatti per arginare il problema, ma si era ritrovata a fare i conti con un forte rallentamento dell’economia legata alle aziende tecnologiche della Silicon Valley. Il flusso di nuovi depositi si era ridotto e molti clienti avevano iniziato a essere scettici sulla solidità e l’affidabilità della banca, tanto che alcuni avevano scelto di ritirare i propri fondi anche su sollecitazione di alcuni fondi di investimento.

Lo scorso 8 marzo le cose erano peggiorate ulteriormente quando SVB Financial Group, uno dei rami della banca, aveva annunciato la vendita di titoli per 21 miliardi di dollari, prevedendo una perdita di circa 2 miliardi di dollari. La banca confidava in questo modo di rimettere in sesto i bilanci, ma l’annuncio delle perdite aveva spaventato ulteriormente clienti e investitori, determinando una nuova ondata di prelievi da parte dei correntisti. È successo quello che in economia si chiama una “corsa agli sportelli”, ossia il ritiro massiccio di gran parte dei depositi da parte dei correntisti dettato principalmente dal panico.

Venerdì 10 marzo era infine intervenuto il governo con la decisione di chiudere la banca per tutelare i proprietari dei conti.

Secondo gli analisti, SVB è fallita così rapidamente a causa della forte esposizione su un unico settore, quello delle aziende tecnologiche della Silicon Valley, e della conseguente mancanza di differenziazione con investimenti in altri settori. Fino a quando la crescita di alcune startup e di aziende già consolidate era stata forte, SVB non aveva avuto problemi nemmeno in altre fasi di generale rallentamento dell’economia. La banca era del resto scelta da molti investitori perché offriva facilmente accesso al credito per le startup, con piani dedicati per il finanziamento di società che per definizione perdono soldi nella loro fase di avvio.

Considerata la specificità di SVB, le analisi circolate finora non segnalano particolari rischi per il resto del settore bancario statunitense. Il fallimento avrà ripercussioni limitate, ma è comunque un ulteriore segnale del momento di difficoltà che sta interessando i venture capitalist, i soggetti che investono sulle nuove aziende tecnologiche scommettendo sul loro futuro spesso con finanziamenti ad alto rischio.

 

Fonte: Il Post




Pensione quota 103, ecco come funziona

Il tetto massimo mensile erogabile nel 2023 sarà di 2.840€ lordi. Rivalutato annualmente durerà sino al raggiungimento dell’età anagrafica di vecchiaia, cioè 67 anni. I chiarimenti in un documento dell’Inps.


Nessuna penalità occulta per chi aderisce alla «Quota 103» avendo maturato un assegno superiore a 2.840€ lordi al mese. All’età di 67 anni, infatti, il pensionato riceverà comunque l’importo della pensione piena, perequata sin dalla decorrenza come se il tetto non avesse mai trovato applicazione. E’ quanto, in sintesi, certifica l’INPS nella Circolare n. 27/2023 nella quale illustra la novella introdotta dall’articolo 1, co. 283 e 284 della legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023).

Pensione «Quota 103»

Si tratta sostanzialmente di un nuovo canale di accesso alla pensione riservato a tutti i lavoratori (dipendenti, anche del pubblico impiego, autonomi, parasubordinati) iscritti a forme di previdenza pubbliche obbligatorie (cioè l’Inps) in possesso di:

  • 62 anni e 41 anni di contributi al 31 dicembre 2022;
  • 62 anni e 41 anni di contributi maturati tra il 1° gennaio 2023 ed il 31 dicembre 2023.

E’ escluso solo il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico (per i quali, come noto, si applicano requisiti pensionistici diversi).

Finestra mobile

La prestazione è assistita da un meccanismo di differimento nell’erogazione del primo rateo pensionistico (cd. «finestra mobile»). Per i dipendenti e i lavoratori autonomi del settore privato l’attesa è di 3 mesi dalla maturazione dei requisiti; per gli impiegati delle pubbliche amministrazioni l’attesa è di 6 mesi dal perfezionamento dei predetti requisiti.

Se i requisiti sono raggiunti entro il 31 dicembre 2022 la finestra mobile si apre il 1° aprile 2023 per il settore privato; il 1° agosto 2023 per il settore pubblico.  Nel settore scolastico, invece, la finestra coincide sempre con l’inizio dell’anno scolastico (1° settembre 2023). Ciò vale sia se i requisiti sono raggiunti entro il 31 dicembre 2022 o entro il 31 dicembre 2023 (la domanda di cessazione si doveva presentare entro il 28 febbraio 2023).

Tetto all’importo

Anche se il meccanismo di calcolo dell’assegno non subisce penalizzazioni l’importo della pensione «Quota 103» non può eccedere il valore di cinque volte il trattamento minimo Inps stabilito per ciascun anno sino al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Cioè sino a 67 anni salvo ulteriori adeguamenti che potrebbero scattare nel biennio 2025-2027. E’, quindi, un tetto mobile aggiornato ogni anno con l’inflazione. Nel 2023 siccome il TM è pari a 567,94€ il tetto è di 2.839,70€ lordi mensili.

Il meccanismo opera nel seguente modo:

  • se la pensione a calcolo è inferiore a 5 volte il TM sia nell’anno di decorrenza che negli anni successivi durante i quali, come noto, la rendita viene adeguata all’inflazione il tetto non scatta mai (ed il pensionato non subisce alcuna riduzione);
  • se la pensione a calcolo è inferiore a 5 volte il TM nell’anno di decorrenza ma negli anni successivi, per effetto delle operazioni di rivalutazione, la rendita splafona le 5 volte il TM l’Inps porrà in pagamento, a decorrere dall’anno in cui la pensione supera il predetto valore, l’importo mensile lordo pari al tetto massimo erogabile;
  • se la pensione a calcolo è superiore a 5 volte il TM dall’anno di decorrenza il tetto massimo erogabile verrà applicato sin dalla decorrenza.

A decorrere dal compimento dei 67 anni l’Inps corrisponderà la pensione lorda mensile piena, maturata all’esito delle rivalutazioni applicate nel tempo, come se il tetto non avesse mai operato. Non si tratta, quindi, di una riliquidazione della pensione (con nuovi parametri e coefficienti).

Cumulo

Essendo una evoluzione della già nota «Quota 100» sono richiamate per intero le relative caratteristiche e condizioni. In particolare chi opta per «Quota 103» incorre sino al compimento del 67° anno di età nel divieto di cumulo con i redditi da lavoro dipendente o autonomo (ad eccezione di quelli di lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000€ annui) ed è soggetto ai medesimi obblighi dichiarativi.

Contribuzione utile

Ai fini del raggiungimento dei 41 anni di contributi è valida la contribuzione a qualsiasi titolo accreditata (obbligatoria, volontaria, da riscatto, figurativa), fermo restando, per i dipendenti del settore privato, il possesso di almeno 35 anni di contribuzione ad esclusione dei periodi di disoccupazione e malattia. E’ possibile, inoltre, cumulare gratuitamente tutti i periodi contributivi presenti nelle gestioni INPS (es. settore pubblico, gestione separata) con la sola eccezione delle casse professionali.

Cristallizzazione

Chi raggiunge i requisiti (62+41) entro il 31 dicembre 2023 mantiene il diritto a poter andare in pensione in un qualsiasi momento successivo (ad esempio nel 2024 o nel 2025), il diritto a pensione resta cristallizzato.

Accompagnamento alla pensione

E’ possibile finalizzare gli assegni straordinari di solidarietà alla maturazione della «Quota 103». La facoltà è subordinata alla presenza di accordi collettivi di livello aziendale o territoriale, sottoscritti con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e depositati entro 30 giorni dalla sottoscrizione, nei quali deve essere stabilito, ai fini del ricambio generazionale, il numero di lavoratori da assumere in sostituzione di coloro che accedono alla prestazione (cd. staffetta intergenerazionale).

L’Inps spiega che, in tal caso, l’assegno copre anche il periodo di finestra mobile (3 mesi) per garantire il sostegno economico senza soluzione di continuità; la contribuzione correlata, invece, è versata sino al raggiungimento dei requisiti minimi richiesti. L’assegno straordinario, pertanto, non può essere erogato oltre il 31 marzo 2024.

TFS/TFR

Per i lavoratori del pubblico impiego rimane il meccanismo di differimento dei termini di pagamento TFS/TFR. I termini non decorrono dalla cessazione del rapporto di lavoro (come di regola accade) ma dal raggiungimento del primo dei seguenti requisiti:

  • 12 mesi dal raggiungimento dall’età per la pensione di vecchiaia: 67 anni;
  • 24 mesi dal raggiungimento del diritto (teorico perché in realtà il rapporto di lavoro cessa) alla pensione anticipata: 41 anni e 10 mesi di contributi (42 anni e 10 mesi di contributi gli uomini).

Qualora nel corso dei 24 mesi, si raggiunge l’età di 67 anni, il periodo di attesa ai fini del pagamento del TFS/TFR potrebbe contrarsi a 12 mesi a partire da tale ultimo evento, qualora questo intervallo di tempo sia più favorevole rispetto al tempo di attesa residuo.

Questa dilazione resta parzialmente compensata dalla possibilità di chiedere un prestito bancario a condizioni agevolate per un importo sino a 45 mila euro (qui i dettagli).

DocumentiCircolare Inps n. 27/2023

 

Fonte: pensionioggi.it

 

 




Quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato?

Limite ai prelievi di contanti da conto cointestato e divisione della somma depositata: la guida legale


I conti correnti cointestati sono una soluzione comune per molte coppie e famiglie che vogliono gestire i loro soldi in modo condiviso. Succede, ad esempio, tra marito e moglie o tra genitori anziani e figli. Tuttavia, la questione di quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato può essere fonte di confusione e malintesi.

Per poter avere un quadro chiaro bisogna partire da un dato essenziale: avere un conto cointestato significa essere comproprietari del denaro in esso contenuto. In quale misura? Se non c’è un accordo specifico tra le parti, non oltre la metà. Ed allora ci si chiede: quanti soldi si possono prelevare da un conto cointestato? E cosa succede se si eccede?

Ci sono alcune sentenze che chiariscono come funziona il conto cointestato e quali sono i poteri della banca nell’ipotesi in cui uno dei correntisti dovesse prelevare più della propria quota. 

In questo articolo analizzeremo le diverse situazioni in cui è possibile prelevare denaro da un conto cointestato, i limiti legali e le eventuali conseguenze dell’eccedere questi limiti. Inoltre, forniremo alcuni consigli pratici per gestire al meglio un conto cointestato e evitare malintesi o conflitti con il cointestatario.


Come funziona un conto cointestato?

Il conto deve essere cointestato sin dal suo nascere: è quindi necessario che tutti i futuri intestatari del conto si rechino allo sportello della banca per sottoscrivere le condizioni di contratto. 

L’intestazione del conto può decidere di estinguere il rapporto ed aprirne un altro cointestato, sul quale girare il saldo; in tale ipotesi, secondo la Cassazione, si verifica una donazione della metà del denaro depositato sul conto, sicché il nuovo titolare del conto acquisisce in automatico la proprietà del 50% del deposito. Tuttavia è sempre possibile dimostrare che la cointestazione sia avvenuta per finalità diverse dall’intento di donare, ad esempio per ragioni logistiche (si pensi a un anziano che voglia cointestare il conto al nipote affinché gli gestisca i prelievi e i versamenti). Una prova di questo tipo potrà servire per evitare che, alla morte di uno dei titolari del conto, l’altro rivendichi la proprietà della metà.

Ci sono tre tipi di conto corrente cointestato:

  • a firma congiunta: per fare i prelievi e i pagamenti è necessario il consenso di tutti i correntisti;
  • a firma disgiunta: ciascun correntista può eseguire prelievi e pagamenti;
  • misti: in tal caso, è necessario il consenso di tutti i correntisti solo per prelievi e pagamenti oltre un certo importo.

Quindi, per stabilire quanti soldi si possono prelevare da un conto corrente cointestato bisogna innanzitutto verificare eventuali limitazioni contrattuali che richiedano appunto l’autorizzazione dell’altro cointestatario. 


C’è un limite al prelievo di soldi da un conto cointestato?

Nel momento in cui si ha un conto corrente cointestato, la legge impone di non prelevare mai una somma superiore a quella che è la propria quota. Tale quota deve essere stabilita dalle parti al momento della cointestazione. Spesso però non si chiarisce mai questo aspetto, così la giurisprudenza ha detto che, in assenza di un patto contrario, bisogna presumere che il conto vada diviso in parti uguali. Pertanto, in presenza di un conto cointestato a due persone, ciascuna di queste avrà la metà dei soldi; invece in presenza di un conto cointestato a tre persone, la divisione avverrà nei limiti di un terzo (ossia il 33,3%), e così via.

Come anticipato, se si vogliono stabilire quote diverse (ad esempio il 70% e il 30%) bisognerà prevederlo in un apposito accordo che, per evitare fraintendimenti, dovrà essere scritto.

Attenzione però: come si dirà meglio nel successivo paragrafo, seppure le parti sono tenute a rispettare la divisone del conto secondo la quota a ciascuna di esse spettante, questa circostanza non ha alcun rilievo nei confronti della banca. Poiché infatti il rapporto è caratterizzato dalla cosiddetta “solidarietà”, sia attiva che passiva, ciascun correntista può esigere dalla banca una somma anche superiore rispetto alla propria parte (salvo ovviamente sussista l’obbligo di firma congiunta). Né la banca è tenuta a verificare se il richiedente ha effettuato un prelievo per un importo maggiore rispetto alla parte che gli spetta. 

Cosa succede se una persona preleva più della propria quota?

Come si è appena detto, in caso di conto a firma disgiunta, la banca non è tenuta a verificare il rispetto delle quote di proprietà al momento dei prelievi. L’istituto di credito è infatti debitore nei confronti di ciascun cointestatario per l’intera somma depositata.

Pertanto, in caso in cui uno dei cointestatari prelevi una somma superiore a quella di sua proprietà, l’altro potrà rivalersi sicuramente contro di lui ma non già nei confronti dell’istituto di credito che, per questo, non ha alcuna responsabilità. 

Chi ha prelevato più della propria quota è tenuto, nei confronti dell’altro cointestatario, a restituire la differenza oppure a ripristinare la provvista sul conto.


Che succede se il conto corrente va in rosso?

Come sussiste la solidarietà attiva nei confronti della banca (sicché ciascun correntista può pretendere l’intero importo depositato, anche oltre la propria quota, salvi solo i limiti di firma), la legge prevede anche la cosiddetta solidarietà passiva: in pratica ciascun correntista assume una responsabilità in solido per le obbligazioni nascenti con l’istituto di credito. Ciò significa che se il conto dovesse andare in rosso, la banca potrà chiedere l’intera somma a ciascun cointestatario, indipendentemente da chi, tra questi, ha determinato lo sconfinamento.

 

 

 




Intesa Sanpaolo abolisce gli assegni bancari

Una volta il blocchetto di carta era la prima cosa che veniva consegnata ai clienti che aprivano un nuovo conto corrente. Ma nell’era dei pagamenti digitali, delle app per pagare e dell’home banking, gli assegni bancari stanno diventando degli strumenti del passato. E ora si preparano ad andare in pensione.

Intesa Sanpaolo ha iniziato a rottamarli. In questi giorni a parte dei suoi clienti sta inviando una comunicazione che informa: «Dall’8 maggio non potrai più utilizzare il tuo blocchetto degli assegni». Poi la comunicazione prosegue: «Ti informiamo inoltre, che a partire dalla stessa data, potrai effettuare online bonifici istantanei senza alcuna commissione aggiuntiva, allo stesso costo del bonifico Italia». Per ora i clienti coinvolti sono solo qualche migliaio. Ma via via altri correntisti saranno interessati da questa misura. «Molti clienti non usano praticamente più gli assegni cartacei – dicono da Intesa Sanpaolo –. Abbiamo offerto loro una modalità alternativa di pagamento, digitale, quindi più immediata, ed anche più coerente con le scelte Esg. Ovviamente a parità di condizioni economiche».

La conferma del tramonto degli assegni arriva dai dati di Banca d’Italia: nel settembre 2022, come rivela il report “Sistema dei Pagamenti”, il numero di operazioni con assegni si sono collocate sotto all’1% del totale dei pagamenti con strumenti alternativi al contante. Una quota al lumicino che negli ultimi anni è scivolata sempre più in basso (nel 2013 il livello era intorno al 5%) e che rischia di azzerarsi.

 

Fonte: La Stampa




Addio a Giacomo D’Angelo

È morto il compagno Giacomo D’Angelo.
Sindacalista, un vero e proprio padre e fondatore del sindacalismo Cgil dei Bancari in Abruzzo. Già segretario generale della Fisac Cgil Abruzzo, dal 1983 al 1997.
Pubblicista. Ha collaborato a quotidiani, riviste, RAI regionale, emittenti radiotelevisive private con articoli letterari, scritti polemici e di costume, rubriche di libri. Redattore per venti anni del periodico “Il dibattito”.
 
Ha pubblicato i volumi:
  • “Mi dichiaro estraneo” (Samizdat, Pescara 1998),
  • “Un passeggero in transito” (Samizdat, Pescara 2000),
  • Introduzione a Luciano Bianciardi, “Un volo e una canzone” (ExCogita, Milano 2002),
  • Introduzione a Orio Vergani, “Quando Gabriele s’innamorò di quella comica” (Textus, L’Aquila 2005),
  • Raffaele Mattioli in “L’Abruzzo nel Novecento” (Ediars, Pescara 2004),
  • “L’infinito di un estroso fanciullo, in Arte e Dinastia 1895-2006” (La Cassandra, Pineto 2007),
  • L’editoria in “La cultura in Abruzzo dal secondo dopoguerra ad oggi” (Ediars, Pescara 2006),
  • “Editoria assistita in Tipografia e editoria in Abruzzo e Molise” (Rubbettino, Soveria Mannelli 2007) e
  • Addio a “Cantastorie della Rivoluzione. Nâzim Hikmet – Joyce Lussu – Velso Mucci” (Solfanelli, Chieti 2008).
 
Ci mancherà tanto.
 
Sentite condoglianze alla famiglia.
FISAC CGIL ABRUZZO MOLISE