La visita del Medico competente

Obbligo di visita dopo una malattia prolungata

Il d.lgs 106 del 3 agosto 2009 ha introdotto correttivi al Testo unico sulla sicurezza (d.lgs. 81/08).

Tra questi correttivi sottolineiamo l’obbligo di sottoporre il lavoratore a visita medica di idoneità specifica dopo un periodo di assenza per malattia di durata superiore a 60 giorni continuativi. La visita ha lo scopo di verificare la permanenza dell’idoneità a svolgere le mansioni attribuite al lavoratore, e deve essere effettuata dal medico competente.

La novità merita il massimo di attenzione da parte degli enti per i seguenti motivi:

  1. Essendo la visita “obbligatoria”, l’eventuale ripresa lavorativa senza visita può esporre l’ente ad azione di responsabilità per aggravamento.
  2. Si rende pertanto necessario adottare una procedura di garanzia che inibisca la ripresa del servizio senza il previo controllo medico.
  3. La visita di idoneità non potrà avvenire in costanza di certificato di malattia perché ciò sarebbe proibito dall’art. 5 della Legge 300/70. Tuttavia, alla scadenza del certificato, qualora il medico competente non sia in grado di effettuare, o comunque non effettui, una visita assolutamente tempestiva si pone il problema di come amministrare gli intervalli non lavorati tra fine del certificato e visita di idoneità.

 

Quando il dipendente può richiedere la visita medica?

La visita medica, nell’ambito lavorativo, non è sempre imposta dal datore di lavoro, ma può essere anche richiesta dal dipendente, qualora l’attività svolta comporti dei rischi per la sua salute o sia necessaria la valutazione dei rischi in itinere.
Il D.Lgs 81/08 prevede per la maggior parte delle mansioni che espongono il lavoratore a particolari rischi per la salute, la sorveglianza sanitaria obbligatoria.

 

Dove si fa la visita medica del lavoro?

La visita medica del lavoro solitamente si effettua presso gli ambulatori di un centro di medicina del lavoro o presso un locale sito nella stessa azienda del lavoratore, adibito a sala visite.
La sorveglianza sanitaria invece è un’attività clinica che deve essere effettuata sempre dal medico competente e consiste nell’effettuazione di accertamenti medici periodici, che servono per:

  • identificare immediatamente eventuali danni alla salute dovuti all’attività lavorativa;
  • verificare l’eventuale presenza di problemi di salute che possono aggravarsi nel caso di particolari attività lavorative;
  • verificare nel tempo l’adeguatezza delle misure di prevenzione dei rischi adottate dall’azienda.

La sorveglianza sanitaria non è prevista, come erroneamente si ritiene, soltanto per mansioni particolarmente pericolose o pesanti, ma anche per chi svolge compiti piuttosto comuni, come il lavoro al videoterminale (è sufficiente lavorare con qualsiasi apparecchiatura dotata di monitor, come un pc, per 20 ore alla settimana perché la sorveglianza sanitaria sia obbligatoria).
In tutti questi casi, dunque, non solo devono essere effettuati periodicamente degli accertamenti sanitari obbligatori, ma il dipendente può richiedere, di propria iniziativa, di essere sottoposto a visita medica, se correlata ai rischi professionali o se le condizioni di salute possono peggiorare a causa delle mansioni svolte.
Al termine dell’accertamento sanitario, il medico deve esprimere un giudizio sull’idoneità alla mansione specifica, che può essere di:

  • idoneità alle mansioni;
  • idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
  • inidoneità temporanea;
  • inidoneità permanente.

 

È ammesso il ricorso al giudizio del Medico competente?

Il medico deve comunicare il giudizio al lavoratore e al datore di lavoro. Contro il giudizio del medico competente è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

 

Fisac/Cgil Bper Banca

 

Fonte: www.gms-srl.it

 




BNL: la formazione è lavoro

3 - Fisac Cgil

Venerdì è arrivata la comunicazione sui corsi finanziati da dall’ANPAL nell’ambito del programma Nuove Competenze. Si tratta di un intenso programma di formazione che durerà 90 giorni, nel quale molti(?) colleghi dovranno effettuare 32 ore tra aggiornamenti e riqualificazione.

Si tratta di ore finanziate con fondi pubblici, come per le ore di Solidarietà, e non a caso il meccanismo di erogazione è molto simile:

  • l’individuazione di uno specifico bacino di utenti
  • un periodo di fruizione con scadenza secca
  • un assessment iniziale e un esame finale
  • l’obbligo di eseguire il tutto nell’ordinario orario di lavoro (non a caso c’è anche la possibilità di una rimodulazione dell’orario settimanale di lavoro).

Le regole pubblicate in Echo’net sono abbastanza chiare, ma forse non abbastanza, tanto da generare subito una serie di interpretazioni, alcune delle quali discutibili, e anche qualche “leggenda metropolitana”.

Urge quindi chiarire alcuni concetti semplici:

  • Il sindacato crede nel valore della formazione: in quanto questa permette a tutti di essere ricollocabili in un mercato del lavoro sempre più complicato. Tanto è vero che il Sindacato è parte attiva negli organismi bilaterali che la promuovono, primo tra tutti il fondo FBA
  • La formazione è una parte della prestazione lavorativa e, in quanto tale, si svolge in orario lavorativo.

Pertanto è a carico dell’organizzazione aziendale supplire l’indisponibilità temporanea del dipendente a svolgere le sue abituali mansioni. Tanto è vero che è stata prevista l’assunzione di personale interinale (con particolare attenzione alla rete) per ovviare le eventuali carenze.

Non spetta dunque al dipendente trovare “soluzioni” a questa eventualità.