Unicredit: nuovi orari di apertura delle filiali

L’azienda ci ha informato che, indicativamente da metà luglio, verranno uniformati gli orari delle filiali in tutta Italia per semplificare la comunicazione con la clientela e la gestione di alcuni servizi. Con l’occasione potrebbero comunicare la variazione di chiusura contabile (da pomeridiana a mattutina o viceversa). in alcune filiali. L’orario prescelto è quello già in uso presso la maggior parte delle filiali e hanno deciso di modificarlo in estate per permettere di riorganizzarsi prima dell’inizio delle attività scolastiche.

Il futuro orario sarà il seguente:

CHIUSURA CONTABILE POMERIDIANA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 13.20

8.15 – 13.30

14.30 – 16.00

14.30 – 16.45

CHIUSURA CONTABILE FINE MATTINA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 12.45

8.15 – 13.30

14.35 – 16.35

14.30 – 16.45

Unica eccezione la piazza di Roma dove, per le sue peculiarità, è stata mantenuta la pausa pranzo di 45 minuti.

Questo il futuro orario:

CHIUSURA CONTABILE POMERIDIANA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 13.30

8.15 – 13.40

14.25 – 15.45

14.25 – 16.30

CHIUSURA CONTABILE FINE MATTINA

Orario al pubblico

Orario lavorativo

8.20 – 12.45

8.15 – 13.35

14.20 – 16.20

14.20-16.30

Milano, 14.06.21

 

dal sito www.fisacunicredit.eu

 




Riforma della riscossione: il parere della Corte Costituzionale

La Consulta interviene in merito all’urgenza di un intervento del Legislatore in merito all’aggio sulla riscossione delle entrate pubbliche.

Pertanto, con la sentenza 10 giugno 2021, n. 120, sollecita il Governo, seppur indirettamente, ad una complessiva riforma della riscossione.

Riforma della Riscossione: il parere della Corte Costituzionale

Il tema ruota attorno all’enorme problema delle entrate pubbliche non riscosse e del conseguente costo delle esecuzioni infruttuose.

In sintesi, la Consulta ha dichiarato che il legislatore è tenuto a valutare se l’istituto dell’aggio mantenga ancora:

«una sua ragion d’essere, posto che rischia di far ricadere su alcuni contribuenti, in modo non proporzionato, i costi complessivi di un’attività ormai svolta quasi interamente dalla stessa amministrazione finanziaria e non più da concessionari privati, o non sia piuttosto divenuto anacronistico e costituisca una delle cause di inefficienza del sistema». 

Dunque l’istituto dell’aggio attualmente in vigore è una delle cause di inefficienza del sistema che ha portato, in poco più di un ventennio, ad accumulare entrate pubbliche non riscosse pari a circa mille miliardi.

L’inadeguatezza dei meccanismi legislativi della riscossione coattiva nel nostro Paese concorre quindi a impedire «di fatto» alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di cui all’articolo 3, secondo comma, della Costituzione, perché un’adeguata riscossione:

«è essenziale non solo per la tutela dei diritti sociali, ma anche di gran parte di quelli civili, data l’ingente quantità di risorse necessaria al funzionamento degli apparati sia della tutela giurisdizionale sia della pubblica sicurezza, entrambi indispensabili per la garanzia di tali diritti».

In conclusione, la Consulta suggerisce che la riforma deve essere diretta:

  • da un lato, a superare i profili di irragionevolezza della censurata disciplina dell’aggio (sostanzialmente riprodotta, nella sua essenziale struttura, anche nella disciplinavigente)
  • e, dall’altro, a garantire adeguate risorse e soluzioni per l’efficiente funzionamento della riscossione coattiva sono però rimesse, in prima battuta, alla discrezionalità del legislatore.

Il tutto secondo uno spettro di possibilità che varia, tra l’altro:

  • dalla fiscalizzazione degli oneri della riscossione come avvenuto nei principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna)
  • a soluzioni anche miste, che prevedano criteri e limiti adeguati per la determinazione di un “aggio” proporzionato.

Il testo della Sentenza

A questo link il testo completo della Sentenza.

Fonte: www.lentepubblica.it

 




Turni di 20 ore e zero riposi: le testimonianze dei ‘fannulloni’

Camerieri, cuochi , & c. Si continua a parlare dei lavoratori introvabili perché troppo sussidiati, ma centinai di episodi di ordinario sfruttamento raccontano tutt’altro.


“Sono un cuoco e, ancora oggi stento a crederci, ma l’anno scorso ho fatto un turno da venti ore. Venti ore senza pausa e senza mangiare, in un hotel di lusso in una delle località più rinomate e visitate della Campania”.

Questa storia l’ha raccolta un’associazione che riunisce i lavoratori stagionali del turismo e si chiama “Oltre la Piazza”. Stona un po’con l’allarme lanciato in questi giorni da albergatori e ristoratori che dicono di non trovare lavoratori. L’associazione ha fatto una cosa semplice: ha chiesto ai suoi iscritti di raccontare le loro esperienze.
La mail è esplosa: in poco tempo sono arrivate centinaia di testimonianze, tra commenti sui social e lettere che riguardano un metodo di lavoro strutturale, attivo 365 giorni all’anno, che con la pandemia è peggiorato.

Sono sconcertato per queste diffamazioni diffuse dai media e dai proprietari di alberghi e ristoranti”, dice il cuoco, che sottolinea come spesso finanche l’orario di lavoro sia una categoria dello spirito. “Se un gruppo di clienti vuole sedersi a Mezzanotte – sostiene un cameriere con dieci anni di esperienza – sono pochi i titolari che rifiutano di riaprire la cucina. E noi siamo costretti a rimetterci all’opera. Piccolo dettaglio: senza straordinari.”


Part time è come si scrive ma si legge “più che tempo pieno”

In base ai racconti, il metodo consolidato per aggirare le regole è una sorta di lavoro grigio: “sul contratto è scritto ‘part time’ ma le ore effettive sono ben oltre quelle di un tempo pieno – spiega un lavoratore . I più fortunati prendono un’integrazione della paga fuori busta, in contanti”. Altri invece devono addirittura accontentarsi di lavorare il triplo per mezzo stipendio. Vale sia nei periodi di bassa stagione, quando il grosso del lavoro si concentra nel weekend, sia – amplificato – durante il picco estivo, quando sparisce il giorno di riposo.
Ho lavorato in un ristorante, facevo sia il pranzo sia la cena con un’ora e mezza di stacco tra i due turni”, dice una cameriera che svolge questo mestiere da 13 anni. Quattordici ore al giorno in servizio, “con un contratto part-time firmato un mese dopo aver iniziato”. Solo mezza giornata libera ogni settimana per 950 euro al mese, nessun trattamento di fine rapporto e sistemazione in un seminterrato con altre nove persone.
Un’altra ragazza ha inviato la sua candidatura per una rosticceria. Proposta, otto ore al giorno per 500 euro al mese: “Ecco perché ho rifiutato, pur non ricevendo alcun sussidio”. E ancora, a un’aspirante receptionist è stato prospettato un contratto da tre giorni settimanali per farne in realtà sei e con turni da otto ore per 800 euro.

 

Il nero. Il ricatto fuori busta e le spese a carico

Al cuoco di un albergo siciliano è stato chiesto di lavorare su tre turni: colazione, pranzo e cena con un’oretta scarsa di pausa tra uno e l’altro. In pratica è stato costretto a passare le intere giornate al lavoro.
Sempre nell’Isola, per una 50enne addetta alla lavanderia di un hotel è stato previsto il turno serale che finiva alle 2 e quello della mattina successiva che iniziava alle 5, dopo sole tre ore di ‘sonno’.
Talvolta, poi, il “fuori-busta” è un ricatto: lo sa un manutentore che dice di aver preso 800 euro come parte “regolare”, mentre 200 euro aggiuntivi arrivavano solo se accettava turni extra. Quando poi si parla di zone turistiche, spesso ci si riferisce a luoghi non facilmente raggiungibili. Le spese per gli spostamenti, però, non sempre vengono rimborsate. È l’esempio di un tuttofare di una struttura alberghiera che è all’opera per nove ore al giorno, il suo contratto ne riporta solo quattro e lo stipendio si aggira sui 900 euro. Ma ne spende 100 per prendere l’aliscafo. Non forniscono neanche i pasti: per alberghi e ristoranti non dovrebbe essere difficile garantire un pranzo o una cena decente a fine turno. E invece…
Lavoravo in un lido – racconta un soccorritoree in pausa pranzo concedevano solo un’agevolazione sui prezzi del ristorante gestito dalla moglie del titolare. Con 6 euro ci davano un piatto, una bevanda e un caffè”. Ancora. “Mia figlia ha lavorato per 4 euro l’ora come barista a Chivasso – ricorda una mamma – e per cena le davano le brioches avanzate dalla colazione, da mangiare in piedi nei buchi di servizio.”

 

Sostegni? I furbetti spesso sono proprio i titolari

Tra le segnalazioni abbiamo anche furbetti degli ammortizzatori sociali che mettono i dipendenti in cassa integrazione ma poi li fanno lavorare regolarmente, scaricando sul pubblico i costi dei loro stipendi.
Sono impiegato in un hotel al centro di Roma – spiega un cameriere di cateringe oggi sono totalmente in cassa integrazione, ma vado a lavorare ogni giorno dalle 5 del mattino per 7 ore, senza giorno di riposo. Ho provato a chiedere anche qualcosa in più al titolare, ma me lo ha negato”. Ci sono poi iniziative padronali che spiccano per originalità, come quella di un titolare che riservava le mance a sua figlia e sua nuora, escludendo gli altri. O che a fine mese regalava un pacco di sigarette ai dipendenti più apprezzati dai clienti.

 

La narrazione: “Tutti pigri” Ignoranza o malafede?

Sebbene finora abbia avuto un decimo della risonanza ottenuta dalle imprese, adesso un “esercito” di camerieri, chef, bagnini, addetti alle pulizie di bar, pub, pizzerie e stabilimenti balneari sta cercando di far capire che cosa significhi lavorare nelle strutture turistiche: orari improponibili, paghe misere, irregolarità che diventano norma, abusi da parte dei titolari, diritti scambiati per favori, sistemazioni fatiscenti. Ancora di più negli ultimi due anni, con i datori che provano a recuperare le perdite generate dalla pandemia con condizioni ancora più mortificanti.
Eppure, la narrazione resta la stessa: il problema sono i giovani fannulloni e i troppi sussidi, dal Reddito di cittadinanza ai bonus elargiti per l’emergenza Covid. Ricostruzione che ora piace pure a “sinistra“: è stato il segretario del Partito democratico Enrico Letta a dire, giovedì a Porta a Porta, che “in questo momento ci sono stati molti sostegni e ristori” che ha “l’impressione che ci sia una tendenza a non rendersi conto che bisogna uscire dalla logica del ristoro e mettersi in azione”, per poi aggiungere che “si preferisce prendere il Reddito di cittadinanza e lavorare a nero, è una cosa insopportabile”. Nemmeno il dubbio che i contratti irregolari possano essere imposti dagli imprenditori – da secoli i contraenti forti del mercato del lavoro – per risparmiare su stipendi, assicurazioni e contributi. Né sembra sospettare che l’alta incidenza della povertà – quindi le numerose richieste di sussidi – possano essere conseguenza di un’economia basata su impieghi sotto-pagati.

 

I dati parlano chiaro: se le paghe fossero regolari…

Le paghe indecenti proposte si avvicinano infatti spesso ai 450 euro al mese, l’importo medio percepito da un single con il Reddito di cittadinanza. Applicando le regole, un cameriere inquadrato nel livello più basso, senza straordinari, dovrebbe invece guadagnare quasi il triplo di quella cifra, più il trattamento di fine rapporto alla scadenza del contratto, con un assegno di disoccupazione (la Naspi) pari al 75% dello stipendio e di durata pari alla metà del periodo lavorativo. Basterebbero quindi pochi mesi all’opera (o poche ore settimanali per tutto l’anno) per portare a casa introiti di gran lunga superiori ai sussidi. Questo, però, richiederebbe che i datori facessero ogni cosa in regola. E invece è una circostanza presa in considerazione solo dal 26% delle aziende di alloggio e ristorazione visitate dall’Ispettorato del Lavoro nel 2020.

 

Articolo di Roberto Rotunno sul Fatto Quotidiano del 5/6/2021




BNL: sui progetti futuri l’azienda risponda

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No a cessioni, scorpori, esternalizzazioni lavoratori BNL

Ogni sforzo sarà profuso! Ogni soluzione negoziale sarà scandagliata! Ogni tipo di pressione sarà esercitata! Ogni strumento di lotta sarà messo in campo!


In merito alla recente diffusione di notizie relative al prossimo piano industriale e riguardanti progetti aziendali tesi a realizzare ipotesi di cessioni, di scorporo e di esternalizzazione collegati alla prossima riorganizzazione le Segreterie degli Organi di Coordinamento delle scriventi Organizzazioni Sindacali precisano che nessuna indicazione in tal senso è emersa nel corso dei confronti, anche ai più alti livelli aziendali, a tutt’oggi intercorsi.

Tuttavia l’inquietante livello di dettaglio presente nella divulgazione delle presunte “voci” aziendali dicui si è data diffusione, nonché il merito degli interventi descritti, gravemente estraneo al modello di relazioni sindacali e alle politiche del lavoro consolidatesi in BNL nel corso di decenni, impongono a queste Segreterie una richiesta urgente di chiarimento ai vertici aziendali.

Nel contempo le scriventi Organizzazioni Sindacali, lontane dal voler alimentare strumentali allarmismi, assicurano sin d’ora alle lavoratrici ed ai lavoratori del Gruppo BNL che, come in passato, così anche in questa occasione e nel futuro, ogni sforzo sarà profuso, ogni soluzione negoziale sarà scandagliata, ogni tipo di pressione sarà esercitata, ogni strumento di lotta sarà messo in campo, per difendere l’integrità della comunità aziendale di BNL.

 

Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST CISL – FISAC CGIL – UILCA – UNISIN




Alleanza: troppi i problemi da risolvere

2 - First Cisl 3 - Fisac Cgil 8 - Fna 6 - Uilca

 

Le problematiche in Alleanza continuano a sommarsi creando una forte sensazione di malessere e disagio nella rete:
  1. La chiusura del 41% degli Ispettorati Principali. Vediamo le disdette dei contratti per gl’immobili dismessi inviate con massima celerità, mentre i lavori di adeguamento e ricerca nuove Sedi ancora in alto mare. L’Azienda ha di fatto privato di una sede fisica molti lavoratori che saranno costretti a proseguire la loro attività (anche post pandemia) operando dalle proprie abitazioni senza il rispetto delle basilari norme di sicurezza con conseguenze sulla loro salute, costringendoli all’utilizzo di pc e stampanti a proprie spese, oltre alla mancanza di linee telefoniche aziendali per produttori ed amministrativi o a lavorare in Agenzie con assembramenti, senza considerare lo svilimento dell’elevatissima professionalità della Nostra Rete costretta ad incontrare i clienti in bar o posti di fortuna.
  2. L’inserimento di una seconda pista per vedersi pagati i mix, che si tramuta in una penalizzazione certa per tante persone che, anche a causa degli obiettivi costantemente in crescita, non riescono a raggiungerli.
  3. Le incessanti e asfissianti pressioni commerciali di ogni tipo ( anche per quanto riguarda semplici info dei clienti o fermi nei pagamenti dovuti alla forte crisi economica), unitamente ai continui problemi informatici, (siamo ancora in attesa dell’OFF LINE), rendono sempre più faticosa la nostra attività creando stress da lavoro correlato .
  4. Il carico di lavoro sempre crescente e ormai insostenibile per gli amministrativi, il cui enorme impegno non è gratificato da un adeguato sistema premiante, riconosciuto al momento solo ai colleghi direzionali come “gratifica straordinaria”, e privati della possibilità di sottoscrivere contratti, utili all’azienda e alle agenzie oltre che a loro stessi.
  5. Il calcolo delle decadenze sui rappel secondo i parametri pre-covid, che ha fortemente penalizzato gli agenti, che durante la fase pandemica hanno garantito la continuità del servizio e dei risultati, mantenuti a livelli di un anno normale.
  6. L’allontanamento dei collaboratori non digitalizzati e dei PLE, che privano l’azienda e le agenzie di personale fidelizzato e dei loro risultati, con rischio che la concorrenza li accolga a braccia aperte.
  7. La mancanza di interventi per i lavoratori fragili (Alleanza è l’unica azienda del Gruppo a non aver effettuato alcun intervento economico).
  8. A fronte dell’incremento disordinato della remotizzazione l’azienda aumenta il canone per l’utilizzo dei tablet in modalità aperta mentre questa dovrebbe essere gratuita in quanto l’uso personale è limitato (dati i tempi di lavoro ) e per non pagare i collaboratori dovrebbero portarsi un proprio device intralciando la già frenetica attività lavorativa . Eventuali danni o malfunzionamenti non segnalati dovrebbero poi essere addebitati ad un costo che tenga conto dell’obsolescenza e dell’usura. In sostanza l’utilizzo dei tablet dovrebbe essere improntato più ad un rapporto di lavoro dipendente.
  9. Il mancato rinnovo dei silos costi agenziali e dislocazioni, che privano le agenzie delle disponibilità per il normale funzionamento dell’attività.
  10. La chiusura al dialogo ed al confronto con le OO.SS. è da considerarsi un grave atto di ostilità verso la RETE che in modo massivo, in Alleanza, affida alle OO.SS. la propria rappresentanza. Non ascoltare la voce e le proposte dei rappresentanti dei lavoratori è un atto di arroganza che non può essere accettato.

Questi sono solo alcuni dei problemi della Rete che l’azienda non vuole affrontare, rendendo critica una situazione che viene mistificata sulla base dei numeri che la rete continua eroicamente ad esprimere. Produrre numeri nettamente superiori al Mercato “NON VUOL DIRE CHE VA TUTTO BENE!!!” Tra le conseguenze più immediate e visibili di questa gestione non possiamo ignorare la fuga di tanti colleghi da Alleanza per passare alla concorrenza con danni gravissimi non solo alle singole Agenzie, ma soprattutto ai tanti clienti per la cui “TUTELA” tanto si fa scudo!
Le scriventi OO.SS. ritengono unitariamente indispensabile che l’azienda riprenda urgentemente il confronto affinché le problematiche vengano affrontate con la volontà di risolverle nell’interesse dei lavoratori e dell’azienda.

Roma, 11 giugno 2021

 

I Coordinamenti Nazionali Aziendali di
First/Cisl – Fisac/Cgil – Fna – Snfia – Uilca/Uil 




Cgil lancia la ‘Carovana dei Diritti’ in provincia dell’Aquila

“Abbiamo scelto la Carovana dei Diritti’ per praticare un nuovo modello di azione sindacale che si richiama alla formula di ‘Sindacato di Strada’ e che vuole dare il senso della vicinanza della nostra organizzazione alle cittadine e i cittadini, attraverso un percorso in movimento”.

A dirlo è il Segretario Generale della Camera del Lavoro CGIL dell’Aquila, Francesco Marrelli, che presenta così l’iniziativa messa in campo dal sindacato; la ‘Carovana dei Diritti’ vuole essere un momento di ascolto e di condivisione con le comunità, un momento di confronto anche con le istituzioni locali per capire quale modello di sviluppo costruire insieme. “Un modello – sottolinea Marrelli – che parta dai diritti e dal senso di appartenenza ad un territorio, dalla salvaguardia e conservazione ambientale, dal senso di giustizia sociale e di equità. Un modello utile a ricostruire un legame solidaristico tra le persone”.

“La pandemia ci ha fatto incontrare uomini e donne con bisogni diversi e, in taluni casi, anche nuovi”, aggiunge il Segretario Generale. “La crisi sociale ed economica generata dalla crisi sanitaria pandemica ha ampliato l’emergenza sociale con l’aumento della povertà anche in ampie fasce di soggetti che, comunque, hanno mantenuto il lavoro. La precarizzazione del lavoro, che possiamo definire come conseguenza di un processo storico di svalorizzazione della forza lavoro, assume attraverso forme e tipologie contrattuali improprie, al pari delle condizioni dei lavoratori degli appalti e subappalti, connotazioni di sfruttamento che arrecano un serio pregiudizio alla dignità della persona”.

Tale condizione di precarietà ha generato una frantumazione della classe lavoratrice, “rendendola debole e fragile e relegandola ad un insieme di soggetti che subiscono un cambiamento di cui non sono artefici e che rischia di essere a loro detrimento. Il cambiamento deve essere indirizzato al superamento delle disuguaglianze mai superate e che oggi rischiano di essere più marcate rispetto al passato”.

In questi anni abbiamo assistito a disastri ambientali ed alla consapevole distruzione di parti di territori marginalizzati che necessitano risposte attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interessati, anche con momenti di rinnovata conflittualità ideale e vertenzialità. “Vogliamo partire dal lavoro, ribadendo la sua centralità nella vita delle persone come elemento di emancipazione e di dignità. La nostra intenzione è quella di dare volto ed espressione alle diverse condizioni di lavoro, rimettendo al centro del dibattito pubblico l’interesse generale delle lavoratrici e dei lavoratori. Un lavoro in sicurezza che sia stabile e di qualità, necessità di cure, di connessione, di mobilità, di istruzione, di cultura, di legalità, del riconoscimento dei diritti dei migranti e della conservazione e tutela ambientale”.

Sono questi i temi da affrontare nell’immediato, attraverso la costruzione di una comunità di intenti che coinvolga le parti sociali, le associazioni, i partiti e le istituzioni. “Il sindacato deve essere un soggetto attivo vicino ai lavoratori, ai pensionati, ai migranti, deve rappresentare un luogo aperto di discussione e di incontro, propositivo e di prospettiva”, ribadisce Marrelli. “Il cambiamento passa anche dalla capacità di rappresentare i bisogni, di farli emergere da un oblio costruito sulla retorica, di rappresentarli e soddisfarli”.

La Carovana dei Diritti avrà come luogo di intervento l’intera provincia dell’Aquila, partendo dai centri maggiori per poi raggiungere le zone più interne, attraversando i diversi luoghi del lavoro e del non lavoro, delle cure e dell’istruzione, della detenzione e dell’aggregazione, della cultura e della ricostruzione. “Ascolteremo tutte le voci e condivideremo con loro le nostre idee – promette Marrelli – raccogliendo le varie necessità che vengono espresse dalle diverse comunità. Saremo a fianco di tutte e tutti, nessuno escluso: casa per casa, azienda per azienda, strada per strada. La Carovana dei Diritti si muoverà a partire dall’ultima decade di giugno e vedrà il coinvolgimento di tutte le categorie sindacali”.

 

Fonte: www.newstown.it




Avvisi di pagamento: bloccata l’iscrizione a ruolo, avanti con il confronto

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Si è svolto lo scorso mercoledì l’incontro con Agenzia delle Entrate relativamente all’invio degli avvisi bonari agli esodati di Banche e BCC.

Agenzia delle Entrate ha convenuto sul fatto che non è cambiato il regime fiscale e che gli accordi istitutivi del Fondo di Solidarietà e i susseguenti Decreti Legge si riferiscono all’importo netto dell’assegno straordinario.

Da parte di tutte le sigle sindacali si è con fermezza ribadita la sostanza dell’Accordo istitutivo e dei Decreti susseguenti, confermando l’assoluta convinzione che gli avvisi bonari inviati sono immotivati e sbagliati.

Le Organizzazioni Sindacali hanno inoltre sottolineato l’importanza dell’azione del Fondo che, senza pesare mai sulla fiscalità generale, ha consentito di gestire in questi anni circa sessantamila esodi volontari e che potrà e dovrà essere strumento essenziale per governare gli esodi già convenuti da qui ai prossimi anni, che si stimano in circa sedicimila.

Si è convenuto sull’opportunità di acquisire un parere interpretativo da parte del Ministero dell’Economia e Finanze.

In tal senso, Agenzia delle Entrate si attiverà rapidamente. La medesima cosa faranno le Organizzazioni Sindacali e le stesse Associazioni datoriali.

Abbiamo infine convenuto con Agenzia delle Entrate sull’utilità di un nuovo incontro in tempi congrui, auspicabilmente con tutti i soggetti interessati, una volta acquisito il parere del MEF.

Sino ad allora, Agenzia delle Entrate ha dichiarato che non intende procedere ad alcuna iscrizione a ruolo.

Roma, 11 giugno 2021

 

I Segretari Generali

Fabi – First/Cisl – Fisac/Cgil – Uilca – Unisin

Lando Maria Sileoni – Riccardo Colombani – Nino Baseotto –
Fulvio Furlan – Emilio Contrasto




AdER: erogazione di produttività e sistema incentivante 2020.

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Nella giornata odierna si è svolto un incontro con l’Ente in modalità video conferenza durante il quale è stato presentato alle Scriventi Organizzazioni Sindacali il consuntivo relativo al sistema incentivante di competenza per l’anno 2020.

Con riferimento agli obiettivi assegnati è stato comunicato il completo raggiungimento degli stessi ad eccezione di quello relativo all’area strategica della riscossione che è stato parzialmente raggiunto all’85,65%.

Il pagamento del sistema incentivante avverrà nel mese di giugno nella misura del 94,26% degli importi prefissati; con le stesse competenze verrà inoltre corrisposto il premio di produttività 2020.

L’erogazione del premio di produttività relativo all’anno 2020 è un risultato importantissimo e per nulla scontato, ottenuto dalle scriventi OOSS nonostante l’attività di riscossione sia stata sospesa da reiterati interventi governativi per tutto l’anno, già a partire dal mese di marzo.

L’accordo VAP, sottoscritto a gennaio 2020 è stato integrato, causa pandemia e conseguente blocco dell’attività, nel mese di novembre dello scorso anno, modificando gli obiettivi precedentemente pattuiti; in assenza di tale accordo integrativo non vi sarebbe stata alcuna erogazione del premio di produttività.

Il Rappresentante dell’Ente ha confermato che tale circostanza non consente di usufruire della detassazione agevolata in quanto varie risoluzioni sul tema emanate dall’Agenzia delle Entrate hanno più volte specificato che, per averne diritto “i criteri di misurazione degli obiettivi incrementali, devono essere determinati con ragionevole anticipo rispetto ad una eventuale produttività futura non ancora realizzatasi”.

A seguire sono stati presentati il consuntivo del piano di formazione 2020 ed il piano di formazione 2021. Uno degli aspetti principali della formazione 2020 è stata la trasformazione digitale che, a fronte dell’eccezionalità dell’anno ha subito un’accelerazione rilevante; tale innovazione ha reso possibile l’incremento dell’offerta formativa con un’erogazione complessiva di oltre 103.300 ore, soprattutto attraverso la modalità di smart training.

L’impegno formativo assunto dall’Ente per il 2021 riguarda la gestione del rapporto con l’utenza da remoto, l’utilizzo di un sistema interattivo c.d. webinair, una formazione specifica per lo “sportello remoto”, l’attivazione di corsi in e-learning attraverso il canale della SNA (Scuola Nazionale dell’Amministrazione) ed il recupero dei fabbisogni formativi con particolare riguardo alle competenze individuali da sviluppare.

Le Scriventi Organizzazioni Sindacali hanno ritenuto di particolare importanza l’intervento formativo relativo alle discriminazioni di genere, già richiesto nel corso del precedente incontro in materia ed hanno invitato l’Ente a continuare a somministrare corsi su questo rilevante tema. Hanno inoltre evidenziato l’esigenza che la formazione si ponga anche l’obiettivo di sostenere le lavoratrici ed i lavoratori nella delicata fase post emergenziale.

A margine della riunione, è stato chiesto un incontro specifico da programmare nelle prossime settimane con riferimento allo sportello da remoto, nonché la verifica della consegna ed operatività delle nuove Card elettroniche per i buoni pasto con il caricamento dei ticket spettanti per il mese di giugno.

Roma, 9 giugno 2021

 

Le Segreterie




Unipol: siglata l’ipotesi di rinnovo del CIA

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Nella tarda serata di ieri si è conclusa la negoziazione riguardante il rinnovo del nostro contratto aziendale di Gruppo (seguirà il testo): l’intesa raggiunta si è resa necessaria per scongiurare il rischio che l’intero triennio contrattuale (2019/2021) non vedesse realizzato alcun adeguamento normativo ed economico.

Ricordiamo che la proposta aziendale prevedeva esclusivamente una cifra una tantum di 900 euro a totale compensazione del mancato rinnovo del CIA.Nel 2019 avevamo predisposto una piattaforma ambiziosa, costruita e condivisa con la maggioranza dei lavoratori del Gruppo, le cui richieste non si sono potute tradurre in concreti miglioramenti a fronte della drastica interruzione della trattativa causata dall’emergenza sanitaria da Covid-19.

Nel corso dei mesi abbiamo esperito ogni tentativo di riprendere il negoziato, scontrandoci con la posizione aziendale che, ancora nel luglio scorso, richiedeva ad esempio la regolamentazione del “venerdì pomeriggio”.

Esprimiamo la massima consapevolezza rispetto al fatto che l’Accordo, faticosamente raggiunto, non rappresenti di certo il pieno riconoscimento del fondamentale contributo delle tante lavoratrici e dei tanti lavoratori assicurativi, che, facendo fronte alle tante difficoltà, anche con mezzi propri, hanno contribuito alla compiuta realizzazione del Piano industriale Mission Evolve.

Tuttavia, tenuto conto dell’eccezionalità della fase emergenziale tuttora in corso, abbiamo ritenuto necessario agire il massimo senso di responsabilità per garantire il mantenimento in via conservativa di tutti gli istituti contrattuali, intervenendo prioritariamente su alcune parti di salario diretto ed indiretto.

Riteniamo, difatti, che quanto acquisito costituisca una base sulla quale riprendere, presumibilmente a partire dai primi mesi del prossimo anno, la discussione rimasta in sospeso su tutti gli altri istituti, con l’obiettivo di consolidare ulteriormente il nostro trattamento contrattuale.

In tale ambito, non possiamo che esprimere una positiva valutazione sulla disponibilità dimostrata dall’Impresa per quanto riguarda i Contact Center, quale atto “dovuto”, sebbene affatto scontato, di affrancamento sociale e dignità professionale.Riportiamo di seguito i contenuti dell’intesa:

  • UT: 950 € (lordi, base 4 livello full time), con erogazione nel mese di agosto (in alternativa la cifra potrà essere destinata al Fondo Pensione)
  • Pap: aumento di 70 € annui dal 1° gennaio 2021 (lordi, base 4 livello full time)
  • Fondo Pensione: aumento a 5,25% dell’importo a carico dell’Azienda dal 1° gennaio 2021
  • Coperture Sanitarie: aggiornamento massimali dal 1° gennaio 2022 (dettaglio nel testo)
  • Buono Pasto: aumento ad 8,50 € per il ticket in formato elettronico dal 1° luglio 2021; mantenimento del ticket cartaceo, restando fermo l’attuale importo di 8,20 €
  • Ultrattività: estesa a 4 anni la durata
  • Evoluzione professionale Contact Center: dal 1° gennaio 2022 equiparazione al complessivo trattamento economico del terzo livello amministrativo per gli addetti e al quinto livello amministrativo per i coordinatori di team, con il contestuale superamento del meccanismo provvigionale per i lavoratori Front Office di Linear garantendo gli attuali livelli stipendiali. Successivamente, avverrà il riconoscimento dell’inquadramento amministrativo anche qualora nel futuro rinnovo della contrattazione nazionale non vi dovessero essere modifiche in materia di inquadramenti (auspicando possa avvenire in tale sede). Inoltre, come già previsto dal Ccnl Ania, non sono contemplate forme di fungibilità da altre aree professionali verso i Contact Center.

PAV: nell’ambito della trattativa è stato inoltre firmato l’Accordo sul Pav, grazie al quale potrà essere garantita l’applicazione della tassazione agevolata (10%) sul premio del valore di 1500 € (lordi, base 4 livello full time) riferito all’esercizio 2021 da erogarsi nel mese di luglio 2022.Ferie 2021: 18 giorni entro il 31\12\21 e le restanti giornate entro il 30\06\22L’Accordo siglato sarà ritenuto valido qualora ottenga il consenso della maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori del Gruppo Unipol chiamati ad esprimere democraticamente il proprio voto nel Referendum che si terrà nelle prossime giornate (seguiranno dettagli).

 

Rappresentanza Sindacale Gruppo Unipol
First CISL Fisac CGIL Uilca UIL




“L’ITALIA NON E’ UN PAESE RAZZISTA!!!” Siamo proprio sicuri?

Questa è la risposta che immancabilmente ci viene data ogni qualvolta si prova a porre la questione razzismo. E di solito, i più sdegnati e pronti a rispondere sono quelli che dicono “Non sono razzista. Ma…” e lì partono tutti i più triti e ritriti stereotipi su stranieri, persone con la pelle di un altro colore o che professano un’altra religione.
In passato molti Italiani non sapevano di essere razzisti fino a quando non sono entrati in contatto con popoli e culture diverse dalla loro. Da quando la nostra società è diventata multietnica, il mito degli “Italiani brava gente” ha cominciato a vacillare.

Cosa sta succedendo in Italia in questi giorni?

 

SEID, 20 ANNI

“Sono stato adottato da piccolo. Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto tutto. Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone”.

Queste parole provengono da una lettera scritta tre anni fa da Seid Visin ad un amico. Seid Visin era nato in Etiopia vent’anni fa. Amava il calcio: aveva giocato nelle giovanili del Milan e del Benevento. Poi aveva deciso di tornare a Nocera Inferiore per conseguire il diploma al liceo scientifico, abbandonando così il sogno del calcio professionistico.
Crescendo ha scoperto qualcosa che non inizialmente non aveva immaginato: lui era diverso. Il colore della sua pelle lo portava a non essere trattato come gli altri, in un paese in cui essere troppo scuri è una colpa. Tanto da aver dovuto lasciare il lavoro di barista: troppa gente rifiutava di farsi servire da lui. Eppure Seid si sentiva italiano, uguale ai ragazzi della sua età.
Ma nonostante tutto, non si atteggiava a vittima. Leggiamo dalla stessa lettera:

“Non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente “Vita”.

Seid è stato trovato senza vita nella sua camera da letto: non ce l’ha fatta ad andare avanti.
Il padre adottivo invita a non strumentalizzare le parole scritte diverso tempo fa, a non collegare il suo suicidio al razzismo, e noi dobbiamo rispettare il suo volere, senza però dimenticare la sofferenza di un ragazzo al quale stupidità, ignoranza e cattiveria hanno impedito di sentirsi uguale ai suoi coetanei.

MOUSSA, 23 ANNI
Moussa Balde veniva dalla Guinea, un paese vittima della violenza incontrollata in cui una vita umana vale pochissimo. Era fuggito come qualsiasi essere umano avrebbe voluto fare al suo posto.
Uno degli stereotipi più radicati tra noi “fortunati” è che essere nati in un Paese nel quale è impossibile vivere costituisca una colpa che rende indegni di aspirare ad una vita “normale” e magari desiderare di essere felici.
Una logica aberrante, che ci porta a bollare come criminali tutti coloro che fuggono dalla povertà e dalla disperazione, ma contemporaneamente ci fa considerare normale che i nostri figli vadano a lavorare all’estero perché “In Italia gli stipendi sono troppo bassi”:
Un atteggiamento che, ci piaccia o no, rappresenta già una forma di razzismo.
Moussa arriva in Italia 4 anni fa come richiedente asilo: sarebbe un suo diritto, viste le condizioni inumane del Paese da cui proviene. Non cerca di andarsene in Francia come molti suoi compagni di viaggio: decide di fidarsi dell’Italia, paese nel quale frequenta le scuole medie ed impara la lingua. Moussa vuole impegnarsi: partecipa attivamente ad iniziative sociali e culturali, ma non riesce ad avere una vita normale. Sì, perché l’asilo non arriva e lui diventa un clandestino.
Tutti noi abbiamo imparato a dare a questa parola un significato tremendo: il clandestino è un criminale, un mostro, un subumano. In realtà, clandestino è semplicemente un essere umano a cui manca un documento, ma resta una persona con tutti i suoi sentimenti, i suoi sogni e le sue paure.
E la persona Moussa è terribilmente tormentata: il Paese nel quale avrebbe voluto costruirsi una vita normale non lo vuole. Da qui la decisione di andarsene in Francia. Ma anche la Francia non lo vuole: Moussa viene prontamente riportato in Italia.
Provate ad immaginare come può essersi sentito: una vita senza speranza, senza una via d’uscita, in cui sembra che tutto il mondo vi respinga.
Lo scorso 9 maggio, mentre sta chiedendo l’elemosina davanti ad un supermercato di Ventimiglia, Moussa viene circondato da fascisti e massacrato con delle spranghe di ferro, senza alcun motivo a parte il vigliacco piacere di infierire su una persona più debole.

Si ritrova in ospedale, dove finalmente spera che qualcun si prenda cura di lui, della sua tragica esistenza. E invece arriva l’ultima amarezza: per la Polizia i criminali non sono quelli che lo hanno aggredito. Moussa è un clandestino, quindi è lui il delinquente, quello che va punito.

Uscito dall’ospedale si ritrova recluso nel Centro di Permanenza Rimpatri (una specie di carcere per persone che non hanno commesso reati) in attesa di essere espulso. E lì, lo scorso 23 maggio Moussa decide di liberarsi dal peso di un’esistenza insopportabile.

Non si dava pace per aver ricevuto un trattamento che non capiva e non meritava. E alla fine ha trovato il modo per uscire dall’inferno nel quale era vissuto.

NELSON, 30 ANNI
Questa storia parte in modo diverso dalle altre. Nelson Yontu è nato in Camerun, ma nel nostro Paese è riuscito a farsi strada. Si è laureato in medicina a Padova, è stato assunto dall’INPS e fa il medico fiscale, cioè la persona che si occupa di verificare la veridicità dei certificati di coloro che si assentano dal lavoro.
In Italia non è un lavoro facile. Siamo un paese che è sempre pronto a schierarsi con i furbi. Il falso malato suscita in fondo simpatia, e se qualcuno prova a smascherarlo è lui l’infame, non chi aveva cercato di frodare lo Stato ed il suo datore di lavoro. Immaginiamo cosa può succedere nel Paese che “Non è razzista ma…” se a svolgere il ruolo dell’infame è una persona di colore.
E in effetti, è quello che è accaduto lo scorso 2 giugno, durante una visita fiscale a Chioggia. Nelson suona alla porta del presunto malato ma non lo trova. Passano pochi minuti e il finto malato, probabilmente avvertito dai familiari, torna di corsa in bicicletta, in costume da bagno ed infradito. Cosa succede a quel punto? Lo racconta la moglie in un post pubblicato su Facebook:
Succede che in orario di visita un uomo che non era in casa, avvisato telefonicamente dai vicini, arriva in bicicletta indossando il costume e invece di giustificare con vergogna la propria assenza, ti sequestra chiudendo il cancello della palazzina e ti minaccia ripetutamente di morte.
Succede che avvicina la mano a un bastone mentre ti urla “Negro di merda, da qui non esci vivo“, “Non puoi venire in Italia a fare il cazzo che ti pare“, “Tu mi firmi che ero in casa o ti spacco la testa”, poi ti strappa il tablet dalle mani e lo scaraventa su un muretto rompendolo in mille pezzi.
Succede che tutto avviene davanti ai vicini affacciati alle finestre e ai cancelli e, mentre tu chiedi “Per favore chiamate la polizia”, “Per favore aprite il cancello”, loro ti guardano sghignazzando, si piazzano sulla sedia che lui ci ha messo davanti per bloccarti la strada e si prendono gioco di te “No, adesso te la vedi con lui”.
Succede che nonostante le tue richieste di aiuto di fronte a un uomo violento, nessuno viene in tuo soccorso o prova a calmarlo. Anzi, mentre tu tenti di chiamare il 112 in un momento di distrazione dell’uomo, le vicine lo informano che hai chiamato la polizia, che hai il cellulare nascosto tra i fogli e lui te lo strappa privandoti della tua unica possibilità di salvezza.
Succede che per salvarti la vita vieni obbligato a sottoscrivere il falso e quando finalmente riesci ad allontanarti e ad entrare nella tua auto, l’uomo ti raggiunge per dirti “Sei morto, ti vengo a prendere” e con violenza inaudita divelle la maniglia della portiera dell’auto di cui stai pagando le rate, per scagliarla contro il tuo finestrino. E mentre tu tenti di andartene, un altro vicino gli offre un passaggio in moto per inseguirti mentre scappi.
Perché sei nero.
La coppia ha annunciato che probabilmente se ne andrà. Perché hanno una bambina di due anni, che non vogliono vogliono far vivere in questo modo. Non vogliono che provi quello che ha provato il povero Seid.

 


La CGIL, come dice l’Art.1  dello Statuto, è un’organizzazione plurietnica che ripudia fascismo e razzismo.
Perché il razzismo, anche quello che ormai siamo abituati a considerare normale, quello delle chiacchiere da bar e delle stupidaggini scritte sui social, uccide e distrugge vite umane.
E non serve sempre usare la violenza fisica: bastano le parole ad uccidere.
Seid e Moussa non ci sono più, Nelson avrà la propria vita stravolta, e come loro ci sono tantissimi esseri umani le cui storie non arrivano agli onori della cronaca.
Le loro tragedie non sono colpa del destino: hanno milioni di mandanti che, con gesti e parole apparentemente innocue, hanno contribuito attivamente a distruggere degli esseri umani.