Fusioni tra banche e “Fusione” dei bancari: trova le differenze

In questi mesi e nei prossimi assisteremo in Italia ad un tumultuoso succedersi di fusioni e acquisizioni bancarie. Esse hanno tutte lo scopo dichiarato di rafforzare i valori patrimoniali degli istituti, di migliorare il margine operativo lordo, di ottimizzare il rapporto tra utile netto e mezzi propri. Una impresa che incrementa il proprio patrimonio, che produce un risultato operativo in utile, che accresce la propria quota di mercato è il sogno di chiunque in quella impresa ha messo soldi, ed è anche un presupposto necessario (almeno sul medio-lungo periodo) affinché quell’impresa possa essere dichiarata profittevole, visto che le imprese (quelle bancarie in particolare) hanno tra i propri scopi istituzionali la creazione di valore per i soci – nemmeno le banche “etiche” fanno eccezione, sotto questo profilo. Milton Friedman, economista divenuto consigliere di Reagan, affermò nel 1970 che “lo scopo principale di un’impresa è quello di massimizzare i profitti per i suoi azionisti” . Due anni dopo, disse testualmente: “i grandi dirigenti, all’interno della legge, hanno responsabilità nei loro affari al di fuori di fare il più possibile soldi per i loro azionisti? E la mia risposta a questa domanda è: no, non ne hanno”.

Molti economisti venuti dopo Friedman hanno criticato questa visione, affermando che i portatori di interessi di un’azienda sono molti di più, e addirittura alcuni di essi si pongono al di fuori dell’azienda stessa: da queste considerazioni ha preso le mosse l’affermazione del concetto di “responsabilità sociale” dell’impresa. Responsabilità nei confronti dei propri dipendenti, dei propri clienti, ma anche dei cittadini, dei territori, dell’ambiente. L’ Unione Europea definisce la Responsabilità Sociale d’Impresa come la “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. E’ possibile affermare che l’impresa bancaria assolve a questa responsabilità sociale finanziando, ad esempio, qualche iniziativa economica di riconversione energetica, o di sviluppo di energie alternative? Non è forse vero che il primo agglomerato sociale direttamente correlato all’impresa è quello della sua società “interna”, costituita dai suoi dipendenti e dai suoi clienti, siano essi risparmiatori o prenditori di danaro? Non è forse vero che l’etica dei comportamenti si misura anzitutto nel rapporto che si instaura nelle proprie relazioni, con le persone care, gli affetti e gli amici, prima che con le dichiarazioni di solidarietà verso il mondo? Credo sia vero. Altrimenti si cade nell’antico vizio di predicare bene e razzolare male.

Nei fatti, le fusioni bancarie appaiono ispirate molto più alla visione di Milton Friedman che a quella dei suoi critici successori. Una visione anni settanta trasportata senza troppi scrupoli nell’anno 2021. In apparenza, i portatori di interessi “interni” sono tre: i soci, i dipendenti, i clienti. Nei fatti, i dipendenti e i clienti al dettaglio sono portatori di interessi che appaiono strumentali alla massimizzazione del profitto dell’azionista. Non esiste pari dignità tra questi “stakeholders”. Se li mettessimo su un podio, il gradino più alto sarebbe a distanza siderale dagli altri due. I dipendenti, i tanto vituperati bancari, somigliano a dei corrieri incaricati di portare a destinazione il pacco (il budget, l’obiettivo di vendita) lungo una strada disseminata costantemente di lavori in corso, che ne rendono il percorso lastricato di ostacoli e di imprevisti che però non contano e non devono contare  – per qualche capo area degli affari non conta nemmeno il fatto di essere in una pandemia, figuriamoci il resto.
Così aumenta lo stress correlato al lavoro, l’ansia della domenica sera, il vomito del lunedì mattina, la caduta di motivazione e la perdita del senso di appartenenza alla propria azienda. Lavorare per obiettivi, in un’azienda contemporanea, dovrebbe essere un’altra cosa: motivare i collaboratori e consentire loro di ottenere risultati grazie alla conoscenza dei loro clienti, che implica una concessione di autonomie decisionali, un riconoscimento di dignità professionale e umana. Invece la vita di moltissimi bancari, specialmente di rete, è fatta di report incessanti per dimostrare non già di avere raggiunto un obiettivo, ma di avere “fatto qualcosa”: telefonate, appuntamenti, contatti.
Una impostazione che si giustifica solo partendo dall’assunto che il proprio personale sia fatto di potenziali lavativi che hanno bisogno dell’occhiuto superiore per darsi da fare. Una concezione infantile del rapporto tra azienda e dipendenti, circondata da una organizzazione paramilitare all’italiana, dove anche le inefficienze e le sacche di parassitismo ricordano certi uffici dei marescialli dell’esercito, intenti a portarsi i prosciutti della mensa a casa mentre la truppa sgobba e mangia pasta scotta (chi ha fatto la leva sa di cosa parlo).

I clienti non sono tutti uguali. C’è quell’ uno per cento di “classe dirigente” ammanicata col potere politico, per cui un Ennio Flaiano conierebbe anche oggi alcune delle sue fulminanti definizioni, che ha causato l’ottanta per cento dei crediti a sofferenza, spesso concessi da banche-bancomat. Poi c’è il restante novantanove per cento che si vede negare il credito per merito del dissesto provocato dall’uno per cento precedente, oppure che deve sperare nel bancario corretto che cerca di soddisfare le sue esigenze reali di risparmio, anziché incappare nel fenomeno in carriera che cerca di vendere cappotti all’equatore e ghiaccio agli esquimesi, e sapete perché? Perché la struttura lo premia. Premia la quantità di pezzi venduti, non importa come. Il controllo di qualità è una cosa che in banca arriva quando un giudice o un’autorità si occupano delle polizze decorrelate vendute come condizione di concedibilità di un finanziamento, si occupano di un derivato capestro, o di una polizza index linked venduta ad un ottantenne.

Il risiko bancario cui assistiamo ed assisteremo contribuirà a migliorare i rendimenti ed il valore dell’investimento dei soci e degli azionisti? Di sicuro ci proverà. Contribuirà a migliorare le condizioni di lavoro e la qualità del servizio? Non ci proverà nemmeno. Non sono obiettivi, questi ultimi, che rientrano tra gli scopi del risiko. Proprio questo quadro impone una inedita ma necessaria alleanza tra i risparmiatori e i dipendenti, perché solo una saldatura tra gli interessi degli stakeholders più deboli potrà costituire un argine allo strapotere dei padroni delle ferriere.

 

Articolo di Nicola Cavallini su Ferraraitalia.it

 




Età pensionabile donne: tutto quello che c’è da sapere

Età pensionabile donne: i principali requisiti e canali per le lavoratrici assicurate presso la previdenza pubblica obbligatoria che vogliono andare in pensione nel 2021.


L’età pensionabile indica i requisiti anagrafici e contributivi che consentono ad un soggetto di ottenere un trattamento a carico di un ente previdenziale, pubblico o privato.

Vediamo ora nello specifico qual è l’età pensionabile in Italia per le donne e quanti anni di contributi allo stesso tempo sono richiesti per congedarsi.

La normativa di riferimento

La normativa in materia previdenziale è molto ampia e si è strutturata nel corso degli ultimi decenni attraverso continue riforme legislative, che rendono difficile un riassunto in poche righe.

In ordine cronologico, l’ultimo intervento importante sul sistema pensionistico si è avuto con il cd. “Decretone” (D.L. n. 4/2019, convertito con modificazioni in L. n. 26/2019), che ha introdotto il meccanismo “quota 100” ma ha anche modificato la decorrenza di molteplici tipologie di uscite anticipate (come, ad esempio, dei lavoratori precoci), prevedendo la cd. “finestra mobile”.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 322 della L. n. 178/2020, entrata in vigore il 1° gennaio 2021, è possibile ripercorrere tutti i canali che le lavoratrici hanno a disposizione per chiudere la loro vita lavorativa.

Le ultime notizie sul pacchetto pensioni 2021 arrivano con la legge di bilancio 2021, approvata dal Consiglio dei Ministri del 16 novembre 2020. Tra le molteplici novità non mancano certamente anche quest’anno importanti misure in tema previdenziale.

I requisiti previsti dalla legge

Vediamo innanzitutto quali sono le regole per l’età pensionabile delle donne secondo la normativa vigente.

Nella previdenza obbligatoria pubblica (quella gestita dall’Inps) i requisiti per il collocamento a riposo, dopo il 2011, sono determinati prevalentemente da due prestazioni pensionistiche: la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata.

A partire dal 1° gennaio 2019 si può accedere alla pensione di vecchiaia con 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi versati.
Nella pensione anticipata, invece, i contributi versati hanno un peso prevalente rispetto al requisito anagrafico e pertanto risulta possibile accedere alla prestazione indipendentemente dall’età anagrafica al perfezionamento di un determinato requisito contributivo.

Anche per l’anno in corso restano invariati i requisiti anagrafici e contributivi per l’uscita delle lavoratrici iscritte alla previdenza pubblica obbligatoria.

Anche nel 2021 resta, pertanto, la possibilità di ritirarsi con 62 anni e 38 anni di contributi; per il pensionamento di vecchiaia occorrono 67 anni unitamente ad almeno 20 anni di contributi.
Per il conseguimento della pensione anticipata occorrono invece, a prescindere dall’età anagrafica:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini
  • 41 anni e 10 mesi di contributi le donne

 Dal 2019 si è aggiunta, in forma sperimentale, anche una terza prestazione pensionistica, la cd. quota 100, composta dal raggiungimento di un mix di età anagrafica e contributiva (62 anni e 38 anni di contributi); si tratta, nella sostanza, di un ripristino della vecchia pensione di anzianità abrogata nel 2012 con la Riforma Fornero.

Nonostante le critiche, il Governo ha espresso la volontà di mantenere la misura sino alla sua scadenza originaria, prevista per il 31 dicembre 2021, contando anche sul fatto che si stanno registrando meno domande di pensionamento rispetto alle stime iniziali.

età pensionabile donne requisitiEtà pensionabile donne: le opzioni possibili nel 2021

La legge di Bilancio del 2021 lascia sostanzialmente immutato il quadro di riferimento per quanto riguarda le opzioni di pensionamento accessibili a chi è in possesso dei requisiti previsti dal legislatore. Vengono confermati o potenziati alcuni strumenti che ammorbidiscono i requisiti previsti dalla Riforma Fornero.

Il 2021 è l’ultimo anno di validità  per l’opzione Quota 100, che vede anche prorogate l’opzione donna e l’APE sociale con gli sconti contributivi per le donne con figli (APE sociale donna). Rimangono invariati i requisiti per la pensione di vecchiaia e anticipata.

Vediamo quali sono nel dettaglio tutte le opzioni a disposizione di chi intenda fare domanda di pensionamento.

Pensione di vecchiaia

Chi raggiunge il requisito dei 67 anni di età (innalzato rispetto ai precedenti 66 anni e 7 mesi) ed abbia versato almeno 20 anni di contributi maturerà il diritto alla pensione di vecchiaia, che scatta dal primo giorno del mese successivo alla maturazione dei requisiti.

Lo scatto di cinque mesi non si applica ai lavoratori addetti alle mansioni gravose con almeno 30 anni di contribuzione che, pertanto, potranno andare in pensione con 66 anni e 7 mesi.

Pensione anticipata

Nel 2021 si va in pensione anticipata indipendentemente dall’età anagrafica, con:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi gli uomini (contro i 43 anni e tre mesi della Legge Fornero);
  • 41 anni e 10 mesi le donne (contro 42 anni e tre mesi).

Tuttavia è previsto un sistema di finestre di 3 mesi dalla maturazione dei requisiti pensionistici.

Se non si è raggiunta l’età per la pensione anticipata ordinaria, si può esercitare l’opzione per la pensione anticipata contributiva purché non si abbiano contributi antecedenti il primo gennaio 1996. I requisiti: 64 anni, almeno 20 anni di contributi effettivamente versati (obbligatori, volontari o da riscatto) e assegno maturato di almeno 2,8 volte il minimo (comma 11, articolo 24, D.L. 201/2011).

Categorie di lavoratori disagiate

Proseguono anche gli scivoli pensionistici per le categorie lavorative più deboli (disoccupati, invalidi almeno al 74%, caregivers e addetti alle mansioni gravose).

Si tratta, in particolare, dell’Ape sociale, il sussidio di accompagnamento fruibile dai 63 anni unitamente a 36 o 30 anni di contributi a seconda dei casi sino all’età di vecchiaia, e della pensione anticipata con un requisito di contribuzione ridotto a 41 anni per i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età.

Chi matura i requisiti nel corso dell’anno dovrà produrre una doppia domanda all’Inps: la prima volta per la verifica dei requisiti, la seconda volta per accedere alla prestazione vera e propria.

Quota 100

Ancora per il 2021 c’è la possibilità per i dipendenti privati di accedere alla pensione anticipata con quota 100. Tale requisito si perfeziona al raggiungimento di 62 anni di età e 38 anni di contributi. In questo caso è prevista una finestra di tre mesi.

Anche i dipendenti pubblici possono anticipare la pensione con la quota 100. I requisiti richiesti sono gli stessi dei dipendenti privati ma si devono attendere sei mesi dalla maturazione dei requisiti.

Per il settore scolastico e Afam resta ferma la decorrenza della pensione al 1° settembre (1° novembre Afam) dell’anno in cui vengono raggiunti i requisiti pensionistici. A tal fine chi matura i requisiti per la quota entro il 31 dicembre 2021 può presentare domanda di dimissioni entro il 28 febbraio prossimo, per andare in quiescenza dal 1° settembre/novembre dell’anno venturo.

età pensionabile donne opzione donnaL’Opzione donna

L’Opzione Donna dà la possibilità alle lavoratrici del settore pubblico e privato di andare in pensione anticipata, ma con assegno calcolato interamente su sistema contributivo. È stata introdotta dalla Legge Maroni 243/04 e ripresa dalla Riforma Fornero nel 2011.

Si tratta di un’opzione vincolata non all’età anagrafica dunque, ma agli anni contributivi. Il legislatore ha deciso di estendere anche a quest’anno l’Opzione Donna con la possibilità di allargare di un anno la platea delle beneficiarie. Ricordiamo che questa opzione permette alle lavoratrici di ritirarsi con 58 anni di età (59 se autonome) e 35 di contributi.

La finestra mobile, ovvero il differimento della riscossione dell’assegno pensionistico, in questo caso è di 12 mesi (18 mesi per le autonome), dopo i quali si riceve il primo assegno.

Avvalendosi di questa opportunità, secondo quanto riportato nel messaggio Inps 217/2021, le donne potranno andare in pensione a 58 anni (59 se autonome) se hanno raggiunto i 35 anni di contributi al 31/12/2020.

L’intervento della Legge di Bilancio 2021

La Legge di Bilancio 2021 ha esteso, per quanto riguarda l’età pensionabile delle donne, lo scivolo per le lavoratrici di pubblico e privato che vogliano andare in pensione anticipata, con ulteriori 12 mesi rispetto alla disciplina vigente.

Hanno la possibilità di accedere all’Opzione Donna anche le lavoratrici nate fino al 31 dicembre 1962 (1961 le autonome) che abbiano raggiunto 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2020.

Anche in questo caso si applica la cosiddetta finestra mobile secondo la quale l’assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei predetti requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome (Circolare Inps 53/2011). Gli adeguamenti alla speranza di vita in questi casi non si applicano.

Per effetto del passaggio al sistema di calcolo totalmente contributivo le lavoratrici che optano per il regime in questione subiscono mediamente una decurtazione sull’assegno in misura del 20-30% rispetto alle regole del sistema misto.

Il taglio è tuttavia molto variabile in base a:

  • età della lavoratrice e dalle caratteristiche di carriera
  • retribuzione ed anzianità contributiva maturata alla data di accesso al regime.

Limiti alla fruizione del regime anticipato

Per la valutazione della contribuzione per il perfezionamento dei 35 anni sono utili, nel limite di 52 settimane annue, i contributi a qualsiasi titolo accreditati (obbligatori, da riscatto e/o da ricongiunzione, volontari, figurativi). Per le lavoratrici dipendenti del settore privato non concorrono però i contributi accreditati per malattia e disoccupazione.

Sono escluse dal ricorso al regime agevolato le lavoratrici che abbiano perfezionato il diritto al trattamento pensionistico in base ai requisiti previsti vigenti al 31/12/2011 o ai nuovi requisiti introdotti dalla Riforma Fornero. Analogamente non possono essere beneficiare le lavoratrici destinatarie delle disposizioni in materia di “salvaguardia” introdotte dal legislatore dopo il 2011 in favore dei cd. esodati (messaggio Inps 219/2013).

Si ricorda, inoltre, che a seguito dell’introduzione del riscatto della laurea agevolato (art. 20 dl n. 4/2019 convertito con legge n. 26/2019) è possibile ricorrere al riscatto per recuperare (con oneri ridotti) la contribuzione necessaria (35 anni) per accedere alla pensione con opzione donna (Circ. Inps n. 6/2020).

Come presentare la domanda

Trattandosi di una prestazione economica erogata dall’INPS, bisogna presentare un’apposita richiesta all’Istituto nazionale della previdenza sociale.

La domanda si può presentare in una delle seguenti modalità:

  • attraverso il servizio online accessibile dalla pagina dedicata alla prestazione sul (Prestazioni e Servizi > Pensione Opzione donna) cliccando su ‘Accedi al servizio’;
  • rivolgendosi agli enti di patronato e intermediari Inps;
  • telefonando al Contact Center Inps, al numero gratuito da rete fissa 803 164 o al numero 06 164 164 da rete mobile.

 

Fonte: www.lentepubblica.it




Comunicato stampa congiunto OOSS e Federcasse. Covid-19 piano vaccinale nazionale

CREDITO COOPERATIVO

LE BANCHE DI COMUNITÀ PER LE VACCINAZIONI DI COMUNITÀ.

LE BCC INSIEME ALLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DEL CREDITO COOPERATIVO PRONTE A FAVORIRE LA CAMPAGNA VACCINALE NEI TERRITORI. 

INTESA FEDERCASSE SINDACATI

LETTERA CONGIUNTA AL GOVERNO ED AL COMMISSARIO STRAORDINARIO COVID.

Disponibilità di parte datoriale e sindacale a favorire la vaccinazione delle lavoratrici e dei lavoratori, familiari, soci, clienti e cittadini dei territori.

Federcasse e le Segreterie Nazionali delle organizzazioni sindacali Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Ugl Cedito e Uilca, nell’ambito del “Tavolo permanente di monitoraggio della emergenza pandemica” del Credito Cooperativo, nella tarda serata di ieri hanno sottoscritto un verbale di incontro con riferimento alle “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19” diramate dal Ministero della Salute sulla possibilità di eseguire le vaccinazioni all’interno dei luoghi di lavoro.

Le parti hanno rappresentato la disponibilità a favorire – ove ne ricorrano le condizioni logistiche, organizzative e di conformità sanitaria – la somministrazione del vaccino alle lavoratrici ed ai lavoratori del Credito Cooperativo da parte delle diverse aziende del sistema, compatibilmente con la disponibilità delle dosi di vaccino e secondo le linee guida e le indicazioni operative che arriveranno dalle Autorità competenti.

In una logica di mutualità, Federcasse – insieme alle Capogruppo dei Gruppi Bancari Cooperativi Iccrea Banca e Cassa Centrale Banca, alla Federazione Raiffeisen dell’Alto Adige e alle Federazioni  Locali – promuoverà la collaborazione delle Aziende del Credito Cooperativo con le Autorità sanitarie mettendo a disposizione, laddove ciò risulti compatibile a livello organizzativo e gestionale, i luoghi di lavoro, i locali e le strutture aziendali, per contribuire alla realizzazione del Piano vaccinale a favore delle comunità di riferimento, in particolare nelle aree interne dove può risultare più complesso individuare le strutture di supporto al piano vaccinale.

Federcasse e le Organizzazioni sindacali del Credito Cooperativo sottolineano inoltre che le Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali e Casse Raiffeisen  “dall’inizio dell’emergenza pandemica assicurano l’erogazione dei servizi creditizi, essenziali per la vita delle comunità delle quali sono espressione, senza mai far venir meno il supporto ai soci, ai clienti, ai cittadini, alle famiglie, alle imprese”.

Una garanzia di continuità del servizio “possibile grazie soprattutto all’impegno costante delle lavoratrici e dei lavoratori, nonché delle amministratrici e degli amministratori del Credito Cooperativo”.

Le parti, in aggiunta, “esprimono la convinzione che sia prioritario procedere alla copertura vaccinale della popolazione nel modo più ampio possibile e nella maniera più rapida ed efficiente, con uno sforzo corale e sinergico, solidale e sussidiario di tutte le componenti del “Sistema Paese”.

Nella mattinata odierna le Parti hanno inviato una lettera al Governo ed al Commissario Straordinario per l’emergenza Covid nella quale, in attesa di indicazioni operative, si rappresenta tale disponibilità.

Roma, 23 marzo 2021

 




Bper: la legge non si rispetta “prevalentemente”

 

BASTA PRESSIONI COMMERCIALI!

La legge non si rispetta “prevalentemente”

Ricordiamo che il Decreto Legge 13 marzo 2021, n.30, prevede che dal 15 marzo al 2 aprile 2021 e nella giornata del 6 aprile 2021, in tutte le zone gialle, arancioni e rosse, gli spostamenti sono consentiti esclusivamente per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità.

L’Azienda nella giornata di venerdì ci ha comunicato quanto segue:

“Spett.li OO.SS., 

in riferimento alla Vs. richiesta relativa alle attività commerciali in “zona rossa”, Vi comunichiamo che le “Campagne commerciali”, in tali zone, proseguiranno prevalentemente da remoto (es. campagne commerciali telefoniche) e quindi saranno eseguite nel rispetto delle vigenti norme.” 

Come OO.SS. avevamo chiesto la sospensione immediata delle campagne prodotto per tutto il periodo straordinario (che per Bper non è legato solo alla pandemia, ma anche alla messa a terra dell’operazione Gemini).

Dalla comunicazione aziendale si evince che, per BPER, le campagne commerciali vanno avanti senza tener conto del periodo straordinario dovuto all’operazione Gemini e che solo in zona rossa proseguiranno “prevalentemente” da remoto. Non è dato sapere quale sarebbe il criterio che consente di fare una campagna commerciale in presenza, seppur in via non prevalente.

Diffidiamo quindi l’Azienda dal sollecitare i colleghi ad incontrare in presenza i clienti per campagne commerciali, nel rispetto delle norme previste sulle restrizioni alla mobilità. 

 

Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER

FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN




Alleanza: bugie, bugie, bugie.

 


Ciò che avevamo denunciato dallo scorso anno e che i vertici Alleanza avevano smentito, continuando a dichiarare che non avevano ancora deciso nulla, si è rivelato assolutamente ESATTO e FONDATO.

L’azienda ieri ha comunicato alle OO.SS. che verranno chiusi definitivamente oltre il 40% cioè 265 dei 610 Ispettorati Agenziali, quelli distanti meno di 15 chilometri o 20 minuti dalle sedi agenziali.

L’Azienda ha dichiarato che questo programma era già stato preparato prima della pandemia e che è stato accelerato dal diffondersi del Covid e dalla sperimentazione delle nuove modalità di lavoro insieme all’evoluzione tecnologica.

Addirittura, 120 dei 375 I.A. che resteranno aperti, saranno “multipoint”, cioè uniranno più ispettorati insieme, anche di Agenzie Generali diverse!

In compenso, i vertici di Alleanza hanno dichiarato che procederanno alla ristrutturazione entro 3 anni di tutti gli uffici, secondo il nuovo layout, con locali comuni nei quali ognuno potrà eventualmente collegare il proprio tablet, senza stanze singole o postazioni personali e gli IPA diventeranno preposti oltreché addetti al primo soccorso. Per stessa ammissione di Alleanza, in 10 anni l’azienda non ha completato la modernizzazione delle Agenzie ( solo l’80% è stato rifatto).

Si chiudono subito gli Ispettorati, poi si rifaranno le agenzie!

A nulla sono valse le nostre proteste: abbiamo esplicitato che si tratta di un mero taglio dei costi, che gli uffici chiusi negli ultimi anni hanno causato gravi disservizi ai lavoratori ed alla clientela, che queste nuove chiusure aggraveranno i disagi che peggioreranno ulteriormente quando si tornerà alla normalità, che è impensabile “ammassare” 12.000 persone, tra dipendenti e collaboratori in 700 uffici da 100 mq medi, che invece di comprare nuovi tablet, che la legge proibisce di utilizzare come strumento preponderante di lavoro, potevano fornire un portatile ai lavoratori oppure dare loro un ristoro per comprarselo da soli, che aumenteranno i costi per gli spostamenti dei lavoratori e che mentre l’azienda taglia e risparmia i dipendenti avranno un aggravio di costi e di responsabilità. Nel frattempo, Generali approva lo stacco della “supercedola” agli azionisti.

Le uniche risposte ottenute sono state che i lavori di restyling questa volta verranno completati entro 3 anni. Per il resto solo l’arroganza di ripetere che l’azienda decide e fa ciò che vuole, con il placet anche di qualche OO.SS.

Si perde la capillare presenza sul territorio, da sempre un punto di forza della nostra azienda, ci si allontana fisicamente dai clienti che preferiscono sempre il contatto personale, perché il contatto remoto è solo residuale, si lasciano senza una sede fisica, al lavoro per strada come piazzisti, centinaia di professionisti che da sempre sono il fulcro e il motore di Alleanza!

Cari lavoratori ed iscritti, stiamo assistendo al definitivo smantellamento della “GRANDE” Alleanza che abbiamo amato, per un’azienda che finge di voler evolvere mentre in realtà si preoccupa solo di tagliare i costi e di non rispettare i lavoratori e le lavoratrici. Senza dimenticare le continue violazioni del contratto di lavoro, con call che proseguono a qualsiasi orario, oltre a quelle in presenza con decine di persone che già oggi si ammassano negli uffici. Mentre il nostro AD pontifica sui social vantandosi delle donne in azienda, donne che sono il 50% dei lavoratori ma solo ai livelli più bassi e mai a quelli alti della scala gerarchica.

Queste OO.SS. restano in stato di agitazione e vi invitiamo a proseguire con le azioni di protesta (siete stati numerosissimi) e di lotta non collegandoci al webinar del martedì e condividendo su facebook ed instagram l’hastag #nonèunlavorodabar.

Italia, 11 marzo 2021.

 

I Coordinamenti Nazionali delle RSA FISAC/CGIL – UILCA




Non dateci troppi soldi: banche in lotta contro i grandi conti correnti

Fineco minaccia di chiudere il conto a chi ha più di 100mila euro senza investirli, mentre Bper, UniCredit, Bnl e altri “tassano” le imprese con grandi giacenze. Ecco perché i super-conti diventano un problema per le banche


«Non datemi troppi Soldi»
Credevamo di averle viste tutte. Ma nell’era del Covid, dei tassi sotto zero e del record di depositi. alcune banche hanno avviato una battaglia che non avrebbero mai creduto di dover combattere: quella contro l’eccesso di liquidità sui conti correnti. C’è chi minaccia di chiudere il conto a clienti che detengono più di 100mila€ senza fare investimenti, c’è chi impone nuove commissioni sulle  grandi giacenze delle imprese, chi  invece cerca di usare la persuasione  e dl prendere i clienti per le buone.  Con varie sfumature di grigio, a seconda dei modelli di business e della  clientela, varie banche hanno deciso  di dichiarare guerra all’eccesso di  soldi sui conti correnti. Persino quella  che è sempre stata la loro primaria  fonte di raccolta è diventata un costo nell’era dei tassi negativi.

Per loro. E per i risparmiatori. Mi dai tanti soldi? Allora paga

Il caso più eclatante è quello di FINECO  Bank che in questi giorni ha spedito una  lettera ai clienti per informarli di una  novità.
D’ora in avanti   la banca avrà la  facoltà di chiudere un conto corrente,  con un preavviso, se sussistono tre  condizioni: sul conto devono esserci più di 100mila€, il dente non deve  avere alcuna forma di finanziamento  e non deve avere nessun tipo di investimento. Come dire: caro cliente, o investi tuoi soldi oppure noi ti chiudiamo mo il super-conto. Fineco assicura che non sarà brutale e non farà nulla senza avere prima avvisato gli interessati (che comunque sono solo qualche migliaia): l’obiettivo (spiegano dalla banca) – non è di chiudere i conti ma di indurre i risparmiatori a investire. In ogni caso un tabù è stato infranto.

Misure meno drastiche, e solo indirizzate alle imprese, sono state prese da altre bande. Per disincentivare giacenze over-size, BPER Banca dal 5 febbraio 2021 sui conti correnti d nuova apertura superiori ai 100mila€ applicherà una nuovissima «commissione di liquidità rilevante». Novità che riguarda – bene inteso – solo l clienti «non consumatori››: partite Iva e imprese.
UniCredit fa più o meno la stessa cosa per i nuovi conti aperti dopo ll primo marzo 2021 dalle imprese: oltre i 100mila€ applicherà una «commissione di giacenza››. Soglie più alte per Bnl: l’istituto addebita un costo di mille euro al trimestre per i conti delle imprese che hanno una giacenza media superiore al milione.
BancoBpm non si è ancora mossa. ma ci sta pensando: «Per quanto riguarda il mondo delle imprese – spiegano dall’istituto -, la banca sta valutando la possibilità che vengano applicate delle commissioni proporzionate alle giacenze».

Per la clientela retail, invece, l’orientamento comune (escludendo Fineco) è di giocare solo sulla persuasione. Bnl la chiama «gestione attiva della clientela››: proporre soluzioni più remunerative rispetto al conto corrente. UniCredit dice di voler offrire «ai clienti retail e imprese. soluzioni alternative ai depositi come ad esempio investimenti in fondi di mercato monetario senza commissioni e obiettivi di performance in territorio positivo». Idem BancoBpm: «La banca attenta nel proporre ai clienti soluzioni di investimento ed accumulo, in particolare di risparmio gestito».

II paradosso dei depositi

Il punto è che i 1.745 miliardi di euro oggi depositati nelle banche da famiglie e imprese italiane (record storico, con un aumento di quasi 200 miliardi in un anno) sono diventati un problema. Sembra paradossale, ma è così.
Per le banche innanzitutto. Lo spiega bene Fineco nella sua lettera: a causa dei tassi di mercato negativi, un conto di 100mila€ costa alla banca per la gestione della liquidità 24,5 euro al trimestre in più rispetto al 2019.
Dato che in Italia non è possibile applicare tassi negativi sui conti correnti (cosa invece che hanno fatto altri Paesi europei), alcune banche si stanno dunque ingegnando con metodi alternativi per cercare di evitare questo costo.

Del resto anche per il cliente tenere troppi soldi depositati a tasso zero non è un grande affare: è vero che in tempi di Covid l’incertezza è forte e che i mercati finanziari hanno una rischiosità ben maggiore, ma è anche vero che troppi soldi sul conto non fanno altro che essere erosi da un’inflazione che – secondo le previsioni – inizierà ad arrivare. Un ragionamento, anche dal loro punto di vista, è dunque utile farlo.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore

 




CGIL L’Aquila: in Provincia famiglie e giovani sempre più poveri

Nell’economia della Provincia dell’Aquila esiste un problema strutturale, che coincide con l’impoverimento crescente delle famiglie e delle giovani generazioni.

Emerge dal report della Cgil su economia, lavoro e pensioni.

In una realtà in cui la famiglia è ancora un’istituzione centrale, “i dati evidenziano la condizione media di povertà dei pensionati ed il mancato accesso al reddito da lavoro della popolazione attiva“, spiega il sindacato; al netto di chi non cerca lavoro o ha rinunciato a farlo, “gli occupati percepiscono redditi piuttosto bassi e molte persone che sono disoccupate o inoccupate sopravvivono grazie agli strumenti di sostegno al reddito”.

Oggi siamo in un fase di blocco dei licenziamenti, per cui a fronte di una mancata ripresa delle attività produttive è lecito aspettarsi una fase di grande sofferenza economica e sociale.

“Nel 2020 la crisi ha colpito duramente il nostro territorio, ad una già fragile economia provinciale si è aggiunta una situazione di estrema difficoltà generata dalla pandemia” chiarisce la Cgil. “Il nostro territorio, già provato dal susseguirsi di eventi catastrofici e da crisi economiche cicliche, vede un pesante arretramento sul fronte economico con una ulteriore riduzione di reddito per centinaia di famiglie e l’espulsione di migliaia di lavoratori precari dal mondo produttivo. Si assiste ad un continuo scivolamento verso una condizione di povertà per interi nuclei familiari, si accentuano le differenziazioni tra reddito femminile e quello maschile e tra le tre macro aree dell’Aquila, Avezzano e Sulmona”.

Per la nostra provincia l’importo medio mensile della pensione di vecchiaia vigenti al 1 gennaio 2020 è di 855,48 euro, “con una importante differenziazione tra uomini e donne: per i primi il valore medio è pari ad euro 995,88, mentre per le donne è pari ad euro 651,34, cioè il 34,5% in meno rispetto agli uomini. Tale importo medio risulta essere il più basso tra tutte le provincie abruzzesi per un valore percentuale dell’11,5% in meno rispetto alla media Abruzzo”.

E all’interno della nostra provincia si accentuano le differenziazioni tra territori: il tasso di disoccupazione nel 2019 per Sulmona era pari al 13,3%, per Avezzano all’11,8% e per L’Aquila al 9,6%.

Anche il reddito da lavoro dipendente nel 2018, per i principali comuni della provincia, si colloca al di sotto della media nazionale con importanti oscillazioni percentuali. “Per l’Aquila il valore medio del reddito da lavoro dipendente è pari ad euro 21375,9, con un 4,36% in meno rispetto al valore medio nazionale (valore medio calcolato per fasce demografiche), mentre per Avezzano 19855,9, con meno 3,95% e per Sulmona 19580, con un meno 5,2%”.

Per migliaia di lavoratori il reddito a seguito della pandemia ha subito una drastica riduzione “dovuta alla sospensione dei rapporti di lavoro tramite l’utilizzo degli ammortizzatori sociali; il confronto della variazione percentuale sull’andamento delle ore di cassa integrazione ordinaria per gli anni 2019-2020 fa registrare un incremento del 1779%”.

La grave sofferenza sociale riscontrata nella nostra provincia viene evidenziata anche dall’utilizzo di prestazioni di contrasto alla povertà: il reddito di cittadinanza interessa oggi il 5,44% della popolazione. “È necessario, pertanto – ribadisce la Cgil – invertire immediatamente la tendenza che da troppo tempo insiste sui nostri territori, partendo da concrete azioni di sostegno ai redditi delle persone, passando per l’incremento dell’occupazione stabile ed il miglioramento della qualità della vita attraverso un potenziamento quantitativo e qualitativo dei servizi alla collettività, quali: sanità, istruzione, trasporti, costruzione di reti materiali e immateriali”.




Congedi 2021 per i neo papà lavoratori dipendenti

Esecutivo Nazionale donne


Per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenuti nell’anno 2021 ai padri spettano:

  • 10 giorni di congedo obbligatorio – da fruire, anche in via non continuativa, entro i 5 mesi di vita o dall’ingresso in famiglia o in Italia (in caso, rispettivamente, di adozione/affidamento nazionale o internazionale) del minore;
  • 1 giorno di congedo facoltativo – da fruire in alternativa alla madre e con diminuzione di un giorno di congedo di maternità della stessa.

 I congedi possono essere fruiti anche nel caso di:

    1      Figlio nato morto dal primo giorno della 28° settimana di gestazione (il periodo di 5 mesi entro cui fruire dei giorni di congedo decorre dalla nascita del figlio che in queste situazioni coincide anche con la data di decesso).

    2      Decesso del figlio nei 10 giorni di vita dello stesso (compreso il giorno della nascita). Il periodo di 5 mesi entro cui fruire dei giorni di congedo decorre comunque dalla nascita del figlio e non dalla data di decesso.

Per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenuti nell’anno 2020, i padri lavoratori dipendenti hanno diritto a soli sette giorni di congedo obbligatorio, anche se ricadenti nei primi mesi dell’anno 2021.

Per poter usufruire dei giorni di congedo, il padre deve comunicare in forma scritta al datore di lavoro le date in cui intende fruirne, con un preavviso di almeno quindici giorni, e ove richiesti in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto.

Alla domanda di congedo facoltativo, il padre lavoratore allega una dichiarazione della madre di rinuncia alla fruizione di un giorno del congedo di maternità a lei spettante, con conseguente riduzione dello stesso. La predetta dichiarazione di non fruizione deve essere presentata anche al datore di lavoro della madre. La riduzione andrà operata, stante la possibilità di fruizione in contemporanea da entrambi i genitori, nell’ultimo giorno del congedo obbligatorio della madre.

I congedi non possono essere frazionati ad ore.

 

 ESECUTIVO DONNE FISAC CGIL NAZIONALE




Banca Fucino: violazioni divieto di fumo ed obbligo mascherine


Spett.le Banca del Fucino

Alla C.A.

Legale Rappresentante – Presidente Dott. Mauro Masi
Direttore Generale – Dott. Francesco Maiolini
Delegato del Datore di Lavoro – Dott. Andrea Colafranceschi
Responsabile Risorse Umane – Dott. Giorgio Mieli
Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione – Ing. Mauro Del Maestro
Medico Competente – Dott. Matteo Susanna

e p.c.
a tutte le Lavoratrici e a tutti i Lavoratori

Roma, 19 marzo 2021

Oggetto: inosservanza del divieto di fumo e dell’obbligo dell’uso della mascherina nei luoghi di lavoro

Egregi Signori,

in data 18 u.s. sono intervenute le Forze dell’Ordine in seguito alla segnalazione dell’inosservanza degli obblighi indicati in oggetto.

Quanto al divieto di fumo, era già intervenuta la ASL competente su segnalazione dell’RLS cofirmatario della presente, nei primi mesi dell’anno 2020, ma l’inciviltà di alcuni evidentemente non ha limiti.
Quanto poi all’obbligo della mascherina, avevamo dichiarato, in un nostro recente comunicato, che non avremmo esitato a rivolgerci alle Autorità in caso di disapplicazione delle norme di legge anticovid e così è stato.

L’Azienda non ha raccolto le nostre istanze; Vi chiediamo, pertanto, per il futuro, di attivarvi per evitare il ripetersi di tali inosservanze, facendo rispettare le disposizioni di legge in materia, cosa che, fin qui non è avvenuta.

Rinnoviamo ancora una volta l’invito agli organi aziendali a farsi diligenti nel vigilare sul rispetto delle condizioni di salubrità degli ambienti di lavoro e a tutti i lavoratori a pretendere tale rispetto, anche, se del caso, richiedendo l’intervento delle Asl o delle Forze dell’Ordine: la salute è un bene indisponibile ed intangibile, tutelato a livello costituzionale.

Confidiamo di non dover ritornare sull’argomento.

In attesa di riscontro scritto, porgiamo distinti saluti.

 

C.A.C. Fisac Cgil
Banca del Fucino S.p.A.
R.S.A. UILca
Rappr. Lavoratori p. Sicurezza
Banca del Fucino S.p.A



Quando l’arte spiega la politica (e predice le sciagure future)

Un’immagine può dire più di mille parole. E’ questo il motivo per cui, in tutti i periodi storici, i potenti hanno cercato di tenersi buoni gli artisti, cercando di farne i portabandiera della loro propaganda o ostacolandoli in tutti i modi nel caso si ostinassero a voler restare liberi di esprimersi.

Il dipinto riprodotto all’inizio dell’articolo è un esempio di come un’opera d’arte possa rappresentare una critica feroce verso un gruppo di potere, purtroppo dimostrando di aver capito prima degli altri che si stava per aprire una delle pagine più spaventose nella storia dell’umanità.
Il titolo dell’opera è “Eclissi di sole“. L’autore è George Grosz, pittore tedesco che nel 1926 descrisse a modo suo la situazione della Germania alla vigilia del nazismo.

 

Intorno ad un tavolo sono seduti i politici tedeschi. Sono rappresentati privi di testa. Il loro compito è prendere ordini: non vedono quello che accade intorno a loro, non sono capaci di pensare. Sono lì solo per obbedire a qualcun altro, che comanda al posto loro.

 

Chi comanda è il personaggio raffigurato al centro del tavolo. La sua figura domina letteralmente la scena. Si tratta di un generale, e lo capiamo da diversi indizi: l’uniforme, la sciabola insanguinata deposta sul tavolo. Ma sul tavolo c’è un altro oggetto: un crocifisso. Quindi un generale cristiano che all’occorrenza può essere anche violento ed uccidere, ma pur sempre con la benedizione divina.
Non si tratta di un personaggio immaginario: ad essere ritratto è il vero capo del governo, il presidente della Repubblica Tedesca, Paul von Hindemburg. Colui che qualche anno dopo avrebbe consegnato il potere nelle mani di Adolf Hitler, circostanza che fa di questo dipinto una sinistra profezia del futuro.

Ma è davvero il capo del governo a comandare, a dare ordini ai politici? Il dipinto ha un altro protagonista. Un uomo vestito in modo molto elegante, che sussurra nell’orecchio al Presidente, indicandogli le decisioni “giuste” da prendere. Chi è questo suggeritore? Il suo abbigliamento ci dice che è un finanziere, probabilmente un banchiere, e sottobraccio tiene i simboli delle imprese da lui finanziate: armi e treni. Alla fine, chi comanda davvero è lui. Lui sussurra al Capo del governo i suoi desideri, che vengono trasformati in ordini che i politici eseguono senza pensare, com’è normale per chi è privo di una testa.

 

E il popolo? Dov’è il popolo in tutto questo? Nel dipinto è raffigurato come un asino, con i paraocchi per non vedere aldilà del proprio naso, che si nutre dei giornali infarciti delle bugie e della propagande che il presidente e il banchiere gli propinano.

 

 

Ma è possibile che nessuno comprenda ciò che accade? Possibile che non ci siano voci fuori dal coro?
In un angolo vediamo anche i pochi che provano ad opporsi. Sono relegati sotto al tavolo. Per loro c’è la prigione e la prospettiva di una morte vicina, rappresentata da uno scheletro.

 

All’esterno dovrebbe splendere il sole. In effetti il sole c’è, ma è un sole che non fa luce perché oscurato da un’enorme moneta, con il simbolo del dollaro. Ed è questa immagine che dà il titolo al quadro, “Eclissi di sole“.

A rivederlo oggi, a distanza di quasi 100 anni, questo dipinto riesce ad essere davvero inquietante. Ciò che spaventa è che sembra fotografare non la situazione della Repubblica di Weimar alla vigilia del nazismo, ma la realtà politica che viviamo in questi giorni.
Tutti gli elementi trovano riscontro: i politici senza testa che non osano discutere gli ordini del Capo del governo, la sua vicinanza al mondo delle banche e della finanza, i generali ai quali il potere ricorre per darsi una parvenza di maggiore autorevolezza, l’uso spregiudicato dei simboli religiosi per acquisire consenso, il popolo con i paraocchi che si nutre di balle.
Rispetto al dipinto manca solo la galera o – peggio – la morte per chi si permette di dissentire, ma quanti in questo periodo si permettono di criticare il Capo, colui che gode di fama di infallibilità? E che succede se qualcuno si osa mettere in dubbio questo dogma? Viene subito attaccato da tutte le parti, isolato, messo a tacere: il Capo del governo non si può criticare.

Grosz riuscì a scappare in America prima che il nazismo arrivasse al potere; oggi non ce l’abbiamo più un’America in cui scappare, visto che a quel tavolo sono seduti idealmente tutti i governanti delle nazioni considerate più avanzate. Nulla rende l’idea della situazione meglio dell’enorme moneta che copre non soltanto il sole, ma tutti i valori in cui dicevamo di credere.
Basti pensare al rifiuto dei Paesi ricchi a liberalizzare la produzione di vaccini, che consentirebbe la loro diffusione in tutto il terzo mondo. I brevetti non si toccano, le grandi aziende farmaceutiche non possono intaccare i loro guadagni, e pazienza se milioni di persone non potranno vaccinarsi.
Oppure, per restare in casa nostra, pensiamo alle pretese di Confindustria, che da un lato reclama il diritto di licenziare i lavoratori più anziani (a spese dello Stato che dovrebbe farsi carico degli ammortizzatori sociali), dall’altro chiede di assumere più precari con stipendio ridotto (a spese dello Stato che dovrebbe farsi carico degli incentivi).

E mentre succede tutto questo l’asino si abbuffa di chiacchiere, come non ha mai fatto prima.