Se vai in questi Paesi, BPER Banca non la trovi più

In questi giorni sulle reti televisive nazionali, sui giornali e sui siti internet capita frequentemente di imbattersi nella campagna pubblicitaria di BPER Banca. Si tratta di spot molto accattivanti, che puntano a lanciare il messaggio di una banca vicina alle persone e allo loro esigenze.

Questo lo slogan dalla campagna:

 

 

In realtà, BPER Banca non la trovi se vai a Pisticci. O a Pacentro. O a Consandolo. O in una delle decine di località e Comuni che la BPER ha deciso di abbandonare.

Non si tratta, ovviamente, di una scelta che riguarda solo il nostro Istituto. C’è stato un passato in cui le banche facevano a gara per aprire nuove filiali, sforzandosi di coprire capillarmente l’intero territorio nazionale. Oggi la sfida è a chi chiude più sportelli: chiusure concentrate ovviamente nelle zone meno floride economicamente.

Apparentemente la scelta non fa una grinza: una filiale chiusa significa risparmiare molti soldi, tanto chi vuole può utilizzare i servizi online. E se poi non è in grado, pazienza, il problema è suo: è il mercato, baby!

Ma siamo sicuri che sia una scelta vincente?

Chiudere una filiale in un paesino di una zona interna significa escludere dai servizi bancari diverse categorie di persone: anziani, stranieri che non conoscono bene la lingua, soggetti economicamente fragili che non hanno accesso alla rete. Pensiamo solo al disagio di un anziano che vive da solo in una località di montagna ed ha il problema di andare a ritirare la pensione: anche uno spostamento di pochi chilometri diventerebbe un ostacolo insormontabile.
Chiudere una filiale in un paesino di una zona interna significa accelerarne lo spopolamento, contribuendo a trasformarlo in una città fantasma.

Dal punto di vista delle banche è indubbiamente una mossa vantaggiosa nel breve periodo: dal prossimo bilancio le voci di spesa diminuiranno in modo significativo, e anche se questo comporterà una lieve flessione dei ricavi provenienti dalle zone abbandonate il saldo sarà fortemente positivo. Peccato che quella “lieve flessione” arrivi da persone che saranno costrette a trasferirsi, da piccole aziende che dovranno spostare la sede o cessare l’attività, da posti di lavoro che verranno a mancare. Dietro i freddi numeri c’è la desertificazione di aree del paese sempre più ampie, con la perdita irrimediabile di un patrimonio culturale, storico, ed economico.

Quella che può sembrare una buona idea nel breve periodo diventa una scelta suicida se si guarda più in là nel tempo. Perché l’idea di un’Italia con zone ricche sempre più concentrate, e zone disagiate e abbandonate a sé stesse sempre più estese, non appare compatibile con i progetti di aziende che anche in futuro vorranno continuare a produrre utili.
Pensare di ottenere ricchezza diffondendo povertà è a dir poco folle.

Tempo fa, quando a comandare non era la legge del profitto immediato a tutti i costi, si parlava di responsabilità sociale dell’impresa. Il concetto è semplice: un’azienda deve contribuire a creare e diffondere benessere nel contesto in cui opera. E non deve farlo perché è buona e brava, ma perché le conviene: nessuna azienda può prosperare se tutt’intorno aumenta il disagio sociale. Per chiarire il concetto pensiamo ad un lussuosissimo negozio di abbigliamento, pieno di luci e di colori, posto tra le baracche di una favela: quanto potrebbe durare?

In realtà i manager delle banche non sono impazziti. Il punto è che a loro interessa solo il prossimo bilancio: di quello che accadrà da qui a qualche anno non gli importa assolutamente nulla. E questo perché da un lato puntano ad ottenere i ricchi premi che derivano dal raggiungimento degli obiettivi loro assegnati, dall’altro perché sanno che da qui a qualche anno l’assetto del sistema bancario sarà molto diverso viste le continue fusioni e incorporazioni, e quindi in definitiva perché stare a preoccuparsi del futuro di aziende che tra qualche anno potrebbero non esistere più?

Nei giorni scorsi ha creato enorme scalpore l’Assessora alla Sanità della Regione Lombardia quando ha proposto di dare priorità, per le vaccinazioni contro il Covid, alle Regioni che maggiormente contribuiscono a produrre PIL. Come dire che chi non è utile allo sforzo produttivo ha meno diritto di curarsi e vivere rispetto a chi produce. Un concetto aberrante, che ha suscitato reazioni tali da spingere l’improvvida assessora a fare marcia indietro con l’abusata formula di rito: “Sono stata fraintesa”.

Ma questo è esattamente ciò che le banche stanno ponendo in essere da anni: se sei nato in una regione che non produce abbastanza PIL, o sei colpevole di risiedere in un comune isolato, non hai il diritto di accedere ad una serie di servizi che in altre zone si considerano scontati. E questo perché con te la banca non guadagna a sufficienza.

Tra qualche settimana partirà il progetto “Gemini”, l’accorpamento in BPER di oltre 500 filiali ex UBI Banca, sforzo che vedrà tutti noi impegnati in un modo o nell’altro. Diamo ovviamente il benvenuto ai nuovi colleghi, che siamo felici di accogliere nella nostra Azienda, ma qualche preoccupazione per il futuro c’è. L’acquisizione di tante filiali rischia seriamente di produrre un’ accelerazione nelle chiusure degli sportelli, ovviamente concentrandole laddove l’Azienda ritiene di avere minori margini di guadagno.
Col risultato di contribuire a rendere più povere e disagiate zone del Paese sempre più vaste.

Speriamo di sbagliarci. Speriamo che come dice lo spot, BPER voglia davvero aiutare Bianca ad aprire il suo ortofrutta, anche se dovesse ostinarsi a non voler risiedere in una grande città.
Altrimenti dovremmo pensare che questo spot non sia altro che una foglia di fico, un modo per celare la realtà mostrando qualcosa che non esiste.

E’ il mercato, baby!




Popolare di Bari: riapertura dei termini di adesione all’Accordo del 10/6/2020


Ieri, 25 gennaio 2021, dopo una trattativa molto intensa ed impegnativa, svoltasi da remoto per alcuni giorni, si è concluso un ciclo d’incontri con l’Azienda, rappresentata dall’Amministratore Delegato con l’assistenza della Funzione Risorse Umane e la Delegazione Sindacale aziendale e nazionale.

Gli incontri si sono svolti, a partire dal 15 gennaio, per la verifica, prevista dall’accordo del 10.06.2020, dei risultati delle adesioni alle modalità di accompagnamento alla pensione, di esodo incentivato e per le valutazioni circa l’adozione di ulteriori misure volte a conseguire gli obiettivi dell’Accordo.

Le misure individuate, nella piena consapevolezza dei disagi e delle esigenze che avevano determinato i risultati delle adesioni raccolte, hanno incontrato, complessivamente, il reciproco gradimento delle parti trattanti.

Queste Organizzazioni Sindacali auspicano che le condizioni concordate possano favorire la massima adesione possibile all’esodo, contribuendo alla serenità dei lavoratori in uscita e alla prospettiva di un futuro per chi rimane.

Di seguito sintetizziamo le novità che integrano l’accordo del 10 giugno 2020:

  • Per tutti i dipendenti che maturano il requisito pensionistico AGO entro il 31/12/2029 sarà possibile accedere alle prestazioni straordinarie del Fondo di Solidarietà (art. 5 dell’accordo del 10 giugno 2020) per una durata massima di 60 mesi, in luogo del limite di 36 mesi precedentemente fissato. Le adesioni dovranno essere presentate entro il 19 febbraio 2021, con le modalità (semplificate) che verranno indicate dalla Banca. I colleghi che hanno già presentato l’adesione alle prestazioni straordinarie del Fondo di Solidarietà (Fondo) per una permanenza inferiore a 60 mesi potranno, a loro discrezione, presentare una nuova domanda per la maggiore durata, in sostituzione della precedente.
  • Viene sospesa la misura di cui all’art. 5.7 dell’Accordo, pertanto per i colleghi e le colleghe che hanno già aderito e/o aderiranno, non si procederà alla trasformazione del rapporto da full-time a part-time. Per coloro che hanno già presentato la domanda in data antecedente al verbale in parola, è fatta salva la possibilità di richiedere il mantenimento della precedente previsione.
  • Un’importante agevolazione ottenuta riguarda l’estensione dei benefici delle polizze assicurative per i casi di invalidità permanente e morte al personale che ha avuto e avrà accesso alle prestazioni straordinarie del Fondo, con erogazione rateale, agli stessi termini e condizioni dei dipendenti in servizio.
  • È stata inoltre esplicitata la “clausola di salvaguardia” in ipotesi di interventi legislativi che modifichino i requisiti legali per l’accesso al trattamento previdenziale, la previsione di uno specifico impegno dell’azienda a riassumere i dipendenti interessati.

Restano invariate, nei termini (riaperti) e nelle modalità di accesso, le altre misure contemplate dall’accordo agli articoli 3, 4, 6 e 7, vale a dire le uscite riguardanti “Pensione quota 100”, “Opzione donna”, l’accesso alla sezione emergenziale Fondo e le uscite volontarie (esodo incentivato). Per quanto riguarda invece l’accesso alla sezione emergenziale del Fondo, le cessazioni avverranno entro il 31 marzo 2021.

Confermata anche la previsione di accoglimento delle domande di riscatto della laure, tramite Fondo, per coloro che matureranno i requisiti pensionistici negli anni 2030 e 2031, a condizione che il costo complessivo per l’Azienda non ecceda il costo di 60 mesi di prestazioni straordinarie di permanenza nel Fondo.

Con riferimento alla misura di cui al primo alinea dell’art. 10.3 dell’Accordo del 10 giugno 2020 la Banca ha confermato la validità degli accordi aziendali del 29/09/2012 (art. 16) e del 19/07/2016 (art. 3).

La Banca conferma altresì che le forme di accompagnamento alla pensione previste dall’accordo del 10 giugno 2020 trovano applicazione anche per i lavoratori ceduti a Credit Management che ne hanno fatto e/o faranno richiesta, in virtù delle garanzie contenute nell’accordo di cessione di ramo d’azienda del 29/11/2017, sottoscritto con la Società.

Un ulteriore momento di confronto con l’Azienda, per la verifica delle adesioni agli strumenti di esodo individuati e integrati, partirà dal 26/02/2021 per terminare entro il 19/03/2021, con le stesse priorità di eventuali interventi previste nell’Accordo del 10 giugno scorso, cui si rinvia per tutto quanto non espressamente menzionato nel verbale di incontro del 25.01.2021 di cui si è trattato.

Bari, li 26 gennaio 2021

 

Segreterie OdC Gruppo Banca Popolare di Bari
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN

 

scarica il Verbale di Incontro




Extra Cashback di Natale: le tempistiche per i rimborsi

Ecco quali saranno le tempistiche per i rimborsi relativi al cosiddetto Extra Cashback di Natale e al Piano Cashback in generale.


Il Piano Italia Cashless ha previsto un periodo di sperimentazione del cashback avvenuto dall’8 dicembre al 31 dicembre 2020.

In particolare, il cashback natalizio ha introdotto un nuovo servizio di rimborso a favore di quei soggetti che, durante le festività natalizie hanno acquistato, tramite moneta elettronica, beni di qualsiasi genere.

Grazie all’extra cashback di Natale, infatti, i cittadini sono riusciti a ottenere rimborsi fino a 150 euro su una spesa massima di 1.500 euro in un solo mese (dicembre 2020).

Extra Cashback di Natale: le tempistiche per i rimborsi

Per poter accedere ai rimborsi, come avvenuto con il cashback di Natale, i pagamenti dovranno essere effettuati tramite carta di credito, bancomat o app di pagamento nei negozi fisici e non online.

Nei pagamenti conteggiati, sono ricompresi quelli fatti presso i punti vendita fisici o verso artigiani e professionisti (idraulici, elettricisti, medici, avvocati) che siano dotati di un dispositivo di accettazione dei pagamenti elettronici, come il Pos, che consenta la partecipazione al programma.

Ma quali sono le tempistiche per ottenere i rimborsi delle spese natalizie? E per i rimborsi del Piano Cashback iniziati dal 1° Gennaio?

L’organismo deputato all’erogazione dei rimborsi del Piano Cashback è la Consap, la Concessionaria dei Servizi Assicurativi Pubblici.

Il programma dei rimborsi prevede la seguente tabella di marcia:

  • rimborsi per Extra Cashback di Natale: da febbraio 2021
  • rimborsi per 1° semestre Cashback (1° gennaio 2021-30 giugno 2021): entro 60 gg. dal termine del periodo
  • rimborsi per 2° semestre Cashback (1° luglio 2021-31 dicembre 2021): entro 60 gg. dal termine del periodo
  • rimborsi per 3° semestre Cashback (1° gennaio 2022-30 giugno 2022): entro 60 gg. dal termine del periodo.

Ed in caso di errori negli accrediti? A questo link potete capire meglio come inviare i reclami.




UniCredit: Andrea Orcel sarà il nuovo AD

Il Consiglio di amministrazione di UniCredit ha identificato oggi 27 gennaio all’unanimità Andrea Orcel come prossimo Amministratore Delegato, da inserire nella lista dei candidati per il rinnovo del Consiglio, in sostituzione dell’a.d uscente, Jean Pierre Mustier. La lista, si legge in una nota, sarà presentata per l’approvazione alla prossima assemblea degli azionisti del 15 aprile. Ottenuta l’approvazione da parte dell’assemblea, il board confermerà la sua nomina ad Amministratore Delegato.

«Dopo un’intensa ricerca fondata su un accurato processo di valutazione dei possibili candidati, sono lieto di comunicare che il consiglio ha scelto all’unanimità un banchiere di assoluta caratura internazionale con un ragguardevole track record – ha notato da parte sua il presidente uscente Cesare Bisoni -. L’esperienza di Andrea Orcel include un’ampia gamma di ruoli in diverse aree geografiche, con responsabilità sia nel corporate che nell’investment banking, così come nel global banking e nel wealth management. In questa occasione – ha aggiunto – anche a nome del consiglio di amministrazione vorrei ringraziare Jean Pierre Mustier per gli anni di servizio dedicato e l’eccezionale contributo profuso al nostro gruppo».

UniCredit sottolinea inoltre che il comitato nomine, supportato da Spencer Stuart, «ha preso in considerazione candidati con un’ampia esperienza e capacità di guidare in modo inclusivo organizzazioni complesse nel loro percorso di cambiamento». Il comitato ha quindi «evidenziato in particolare le straordinarie competenze di Andrea Orcel, la forte leadership e la profonda conoscenza delle sfide e delle opportunità nei servizi finanziari internazionali». La nomina di tutti i membri del consiglio verrà sottoposta alla verifica per la valutazione di fit&proper da parte della Bce dopo l’assemblea degli azionisti.

Orcel è stato individuato come nuovo capoazienda superando l’altro “finalista” Fabio Gallia, direttore generale di Fincantieri ed ex a.d. di Bnl e Cdp. Romano, 57 anni, Orcel è noto soprattutto come “deal maker” per aver condotto in porto molte operazioni di M&A nel settore bancario, tra cui quella tra Unicredito e Credito Italiano che diede vita proprio a UniCredit. Dopo 20 anni in Merrill Lynch, Orcel è stato a capo dell’investment banking di Ubs fino al 2018.

Era poi stato scelto da Santander ma la sua nomina ai vertici della banca spagnola non è mai andata in porto per un contenzioso contrattuale.

 

Padoan, Orcel leader di respiro internazionale

Andrea Orcel è un solido leader di respiro internazionale, molto rispettato e impegnato a raggiungere risultati insieme alla sua squadra”. Lo sottolinea il presidente designato di Unicredit, Pier Carlo Padoan. Orcel “ha una vasta esperienza e una straordinaria capacità di visione strategica, che sarà essenziale per guidare UniCredit nel futuro. Non vedo l’ora di lavorare con lui”, aggiunge Padoan.




Banche. Schiacciati dagli obiettivi commerciali? Alcune cose che dovremmo sapere.

Quello delle pressioni commerciali è diventato il problema più importante nella vita dei Bancari, il pensiero fisso che non li abbandona durante il giorno e che toglie loro il sonno durante la notte.

In alcuni casi ai lavoratori vengono assegnati degli obiettivi individuali lasciando loro intendere che, in caso di mancato raggiungimento, potrebbero subire pesanti conseguenze.

Tutto questo è legittimo? E’ giusto che le Aziende assegnino budget personalizzati? E cosa si rischia davvero in caso di mancato raggiungimento?

Proviamo a rispondere a queste domande in modo oggettivo, basandoci su ciò che prevedono norme e contratti.

Prima di tutto sgombriamo il campo da una “fake news” che ogni tanto torna a fare capolino nei discorsi di capi e capetti.

 

La nostra retribuzione non è legata al raggiungimento di obiettivi commerciali, né lo sarà in futuro.

Lo stipendio dei bancari è determinato in base alla tabella che riportiamo di seguito. E questo avviene non perché le Banche sono buone e ci regalano dei soldi, ma per effetto dell’art. 36 della Costituzione:

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Inquadramento  Stipendio dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020 Aumento mensile dal 1° gennaio 2021 Stipendio dal 1° gennaio 2021 al 30 novembre 2022
QD 4° 4.427,75 94,06 4.521,81
QD 3° 3.760,58 81,73 3.842,31
QD 2° 3.361,47 77,58 3.439,05
QD 1°lo 3.167,54 73,94 3.241,48
3ª A. 4° L. 2.796,90 70,00 2.866,90
3ª A. 3° L. 2.589,30 60,39 2.649,69
3ª A. 2° L. 2.446,23 57,05 2.503,28
3ª A. 1° L. 2.320,91 54,13 2.375,04
Ex 1ª A.- 2ª A.* 2.098,40 48,94 2.147,34

 

Il mancato raggiungimento degli obiettivi commerciali non comporta, quindi, un taglio dello stipendio che non può in nessun caso essere inferiore a quanto previsto nella tabella. Agli obiettivi commerciali sono invece legati dei premi extra, che quindi rappresentano un qualcosa in più rispetto alla normale retribuzione.
Non raggiungere gli obiettivi comporta, nella peggiore delle ipotesi, perdere un extra (che per la grande maggioranza dei lavoratori consiste in poche centinaia di euro).

Ma CHI deve raggiungerli questi obiettivi? Il singolo lavoratore?

 

Il CCNL ABI non consente l’attribuzione di obiettivi individuali

Il nostro contratto parla di “specifici obiettivi da raggiungere” solo in materia di sistema incentivante (Art. 51). Lo stesso articolo prevede che gli obiettivi vengano assegnati “per gruppi omogenei di posizioni lavorative”: quindi non è consentita l’assegnazione di obiettivi commerciali a singoli lavoratori.

Purtroppo la formulazione della norma è tale da consentire in alcuni casi di aggirarla. Perché per gruppo omogeneo di posizioni lavorative può intendersi una filiale, ed in quel caso non ci sono problemi. Ma si può intendere anche un modello di servizio all’interno della filiale: e questo, in molte filiali piccole dove ad un modello di servizio è adibito un unico addetto, si trasforma effettivamente in un obiettivo individuale. Si tratta di un’obiezione che le OO.SS. hanno più volte posto alle Aziende, che però da un punto di vista puramente formale ritengono di essere in regola.
Vanno invece respinte interpretazioni più estreme, tipo l’attribuzione di budget “per singolo portafoglio” in filiali dove ad un unico modello di servizio sono adibiti più lavoratori, e questo perché, essendo il portafoglio assegnato ad uno specifico collega, viene meno l’esistenza di un “gruppo omogeneo di lavoratori”.

Ovviamente l’invito è segnalare tutte le situazioni anomale ai propri rappresentanti sindacali, in quanto il più delle volte ci si trova di fronte a violazioni contrattuali che possono essere fatte rientrare rapidamente.

In ogni caso ricordiamoci sempre che stiamo parlando di obiettivi legati esclusivamente al sistema incentivante, da perseguire sì con impegno ma senza permettergli di distruggerci la vita.

 

Se non raggiungo gli obiettivi non posso essere penalizzato 

Posso vedermi assegnare una valutazione insoddisfacente perché ho venduto meno polizze di quelle che mi erano state assegnate?
Premesso che l’assegnazione individuale di un certo numero polizze da stipulare è illegittima e quindi da contestare fin dall’inizio, questo è un tema su cui il CCNL non era sufficientemente chiaro. Da parte sindacale si faceva riferimento all’art. 74 che, elencando i criteri sui quali si doveva basare la valutazione (competenze, precedenti professionali, padronanza del ruolo, attitudini e potenzialità, prestazioni) sembrava escludere il raggiungimento degli obiettivi dagli elementi da considerare in tal senso. Tuttavia, la mancanza di un esplicito divieto rendeva la questione estremamente controversa.

A fare chiarezza ha provveduto l’Accordo sulle politiche commerciali sottoscritto in ABI l’8 febbraio 2017 e recepito nel CCNL – del quale quindi fa parte a tutti gli effetti – con l’accordo di rinnovo firmato lo scorso 19 dicembre.
L’articolo 7 prevede:

Le parti si danno atto che il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi commerciali di per sé non determina una valutazione negativa e non costituisce inadempimento del dovere di collaborazione attiva ed intensa.

Quindi non solo è impossibile subire provvedimenti disciplinari per il mancato raggiungimento di obiettivi commerciali, ma la stessa valutazione professionale non può basarsi su dati numerici.

Purtroppo sappiamo bene che nel mondo reale quasi mai la valutazione professionale di chi lavora in filiale prescinde da questi dati. Per questo sarebbe opportuno che contro ogni giudizio assegnato con questi criteri venisse inoltrato un ricorso.
Questo avviene molto di rado, un po’ per quieto vivere, un po’ per scarsa conoscenza delle norme. In molti colleghi si percepisce un timore nell’inoltrare un ricorso, quasi fosse un modo per contestare l’autorità del datore di lavoro. In realtà, Il ricorso contro la valutazione professionale non rappresenta una sfida alla banca; può essere invece un’occasione per farsi conoscere, potendo parlare direttamente con i gestori, opportunità che molti lavoratori potrebbero non avere mai in tutto il loro percorso lavorativo.

Sarebbe molto importante far arrivare centinaia, migliaia di ricorsi alle aziende per costringerle ad ammettere che il processo valutativo avviene, in moltissimi casi, senza rispettare le norme.

 

Minacce, insulti, mortificazioni sono reati punibili penalmente

Veniamo all’aspetto più delicato della questione.

Sappiamo che il raggiungimento degli obiettivi dovrebbe incidere solo sul sistema incentivante. Quindi il mancato raggiungimento, a parte la perdita di bonus economici, non dovrebbe rappresentare un evento drammatico per i lavoratori. In realtà, nel mondo reale le cose vanno diversamente.

Il “budget” finisce per diventare l’incubo della maggior parte dei Lavoratori, perché esiste un’intero sistema gerarchico allestito con il solo scopo di vessarli, di intimorirli, dei rendere la loro vita impossibile. Il timore con cui quotidianamente ci si confronta è quello di subire ritorsioni in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Si ha paura di essere trasferiti, di essere demansionati, persino di poter perdere il posto di lavoro. Paura alimentata da continue minacce, che per fortuna nella quasi totalità dei casi si rivelano poi inconsistenti, visto che il porle in atto esporrebbe le Aziende a possibili cause con il rischio concreto di pesanti richieste di risarcimento.
A rincarare la dose un linguaggio che tende ad umiliare, a mortificare, a far sentire una nullità chi non ha prodotto abbastanza.

Tutti questi comportamenti sono forme di mobbing o straining, che possono sconfinare nel reato di lesioni personali qualora finiscano col produrre conseguenze sulla psiche delle vittime, come ha stabilito la Corte di Cassazione.
Agitare continuamento lo spettro di trasferimenti, di demansionamenti o di licenziamenti può costituire reati come minaccia o estorsione (anche su questo si è pronunciata la corte di Cassazione).
Pubblicare risultati individuali per esaltare chi si trova in cima alle classifiche o umiliare chi ha prodotto meno viola la normativa sulla privacy, e può rappresentare un trattamento illecito di dati personali.

Ma allora, se tutti questi comportamenti sono illegali, perché vengono posti in essere? E perché il più delle volte vengono subiti passivamente?

Le banche hanno creato un meccanismo micidiale, basato proprio sull’enorme squilibrio dei premi tra la “bassa manovalanza” e le funzioni apicali. Perché se è vero che per un addetto di sportello l’ammontare dei premi equivale spesso a poco più di una mancia, è altrettanto vero che per un dirigente i premi arrivano facilmente a somme con 5 zeri. E allora, mettendo insieme la voglia di guadagnare di più, il desiderio di mettersi in mostra con l’azienda, la spregiudicatezza che spesso caratterizza chi ricopre determinati ruoli e la convinzione (il più delle volte fondata) di poter fare qualsiasi cosa senza preoccuparsi delle conseguenze, ecco che l’attuale clima di persistente minaccia diventa inevitabile.

Perché accettiamo tutto questo? Perché abbiamo paura. Paura perché ci sentiamo piccoli e soli di fronte a un meccanismo troppo più grande e forte di noi. Paura che diventa rassegnazione.
Noi dobbiamo riuscire a combattere questo meccanismo.

La Fisac è in grado di fornire qualsiasi tipo di assistenza agli iscritti, compresa la tutela legale. Però ognuno deve capire che nessuno può tutelarlo se non comincia lui a farlo per primo, innanzitutto parlando con il proprio rappresentante sindacale per raccontargli quanto è costretto a subire e valutare insieme le contromisure di adottare.
E poi, di fronte a situazioni più gravi, non disdegnando di difendersi in tutti i modi possibili. Al limite anche registrando colloqui e telefonate.

A tal fine, segnaliamo come la Cassazione abbia chiarito che si può lecitamente registrare una telefonata all’insaputa dell’altro in quanto “chi parla accetta anche il rischio di essere registrato”.
Questo si può fare a due condizioni: chi registra deve partecipare alla conversazione intercettata, e non può diffondere a terzi il contenuto della registrazioni. Analoghe norme riguardano la registrazione di conversazioni effettuate di persona, con il limite che non si può registrare a propria insaputa chi si trova a casa propria o nel proprio ufficio personale.
Di fronte a ripetute minacce di trasferimento in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, una registrazione potrebbe fornire la prova vincente per impugnare poi l’effettivo trasferimento e dimostrare che si tratta di un provvedimento vessatorio: le registrazioni sono infatti ammesse come prova.

 

Siamo obbligati per legge a lavorare con impegno 

Ma allora, se gli obiettivi commerciali sono legati solo all’ottenimento di premi extra, tutti quelli che sono soddisfatti del loro stipendio possono infischiarsene allegramente e tirare i remi in barca? Assolutamente no!
Una delle accuse rivolte spesso ai Sindacati quando si toccano queste tematiche è: “Voi fornite un’alibi ai fannulloni!”.
Anche questa è una bufala da smentire.

In quanto lavoratori dipendenti, abbiamo per legge l’obbligo di lavorare con impegno e diligenza. Questo è espressamente previsto nell’art. 2140 del Codice Civile:

Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.

Questo vuol dire che comportamenti negligenti possono portare all’adozione di sanzioni assolutamente legittime da parte dell’azienda. Dipendenti che – a titolo esemplificativo – ritenessero di non rispettare gli orari di lavoro, che rifiutassero di svolgere campagne commerciali o le svolgessero con evidente superficialità, oppure avessero un atteggiamento irriguardoso verso colleghi e superiori, sarebbero pienamente meritevoli di provvedimenti disciplinari.

Un esempio aiuterà a chiarire come stanno le cose. Se io non svolgo una campagna commerciale, o dico di averlo fatto ma in realtà non ho avuto contatti con i clienti, sono passibile di sanzioni. Se invece ho svolto la campagna con le modalità che richiedeva, impegnandomi per la buona riuscita, ma alla fine i risultati si sono rivelati deludenti, non posso essere sanzionato ed anzi il mio comportamento nella specifica situazione dev’essere valutato in modo favorevole.

In definitiva, ognuno di noi ha l’obbligo di impegnarsi e guadagnare lo stipendio fino in fondo. Ma al tempo stesso, ha il diritto di essere trattato con rispetto, di dormire la notte con tranquillità e di vivere normalmente la propria esistenza, senza essere costretto a ricorrere ad ansiolitici, psicologi o avvocati divorzisti. 

 

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Banche: la copertura assicurativa ‘Long Term Care’ per Dipendenti, Esodati, Pensionati

dal sito Fisac Unicredit


Forse non tutti sanno che i dipendenti bancari, grazie al CCNL ABI del 2007 ed a partire dal 1° gennaio 2008, godono di una importantissima copertura assicurativa denominata “Long Term Care”, che interviene nei casi di perdita di autosufficienza…

1. LA POLIZZA LTC (LONG TERM CARE)

La Polizza LTC (Long Term Care) o “Assistenza Sanitaria di Lungo Termine”, è un tipo di polizza offerta da poche compagnie assicurative, il cui scopo è quello di gestire assicurativamente le condizioni di non autosufficienza, ovvero quelle situazioni che determinano l’impossibilità per un soggetto di prendersi autonomamente cura di sé stesso, a causa di gravi infortuni o di malattie fortemente invalidanti.

Fin dal CCNL ABI del 2007 (art. 64), l’ABI e le Organizzazioni Sindacali hanno introdotto la copertura assicurativa Long Term Care che:

➢ interviene all’insorgere di eventi imprevisti ed invalidanti dell’individuo, tali da comportare uno stato di non autosufficienza;

➢ è garantita per il tramite della CASDIC (Cassa Nazionale di Assistenza Sanitaria per il Personale Dipendente del Settore del Credito) attraverso un contributo pro-capite annuale a carico delle aziende, pari a €100,00, da versare entro il mese di gennaio di ogni anno.

Nessun premio è quindi previsto a carico delle Lavoratrici e dei Lavoratori. La contribuzione (definita contrattualmente) è versata esclusivamente dalle aziende del settore ABI.

2. CHI È ASSICURATO?

Sono assicurati:
➢ tutti i dipendenti in servizio a partire dal 1/1/2008, compresi gli apprendisti ed il personale con contratto a tempo determinato. Questi ultimi hanno diritto alla prestazione qualora la condizione di non autosufficienza si determini in costanza di rapporto di lavoro;

➢ tutti i lavoratori dimessi/cessati successivamente al 1/1/2008 per: • diritto a immediato trattamento pensionistico;

  • esodo incentivato;
  • accesso al Fondo di Solidarietà;
  • superamento periodo di conservazione del posto di lavoro e per invalidità permanente (ex art.71 lett. a CCNL 8.12.2007 ed ex art.26 comma 1 alinea 3 CCNL 10.01.2008);
  • lavoratori ultra 60enni che rinunciano alla prosecuzione del lavoro (ex art.71 lett. b CCNL 8.12.2007 ed ex art.26 comma 1 alinea 4 CCNL 10.01.2008);
  • per giusta causa da parte del lavoratore (ex art.71 lett.f, CCNL 8.12.2007);
  • Dirigenti cessati ai sensi dell’Art.2118 c.c. (ex art.26 comma 1, alinea 1 CCNL 10.1.2008).

IMPORTANTE: Le prestazioni sono a “vita intera”, cioè dal verificarsi dell’evento invalidante fino al decesso dell’assicurato.

3. LE PRESTAZIONI DELLA POLIZZA

Le prestazioni della LTC sono definite ogni tre anni ed attualmente consistono nel rimborso annuale di un importo massimo pari a €16.800,00 a fronte di spese per prestazioni sanitarie e/o socioassistenziali documentate, sostenute in relazione allo stato di “non autosufficienza” nell’anno di riferimento.

Per il periodo tra la presentazione della domanda e la scadenza del medesimo anno di presentazione, il massimale verrà calcolato in dodicesimi di anno (ad es., se la domanda – successivamente accolta – reca quale data di presentazione il 13/7/2020, il massimale riconosciuto, a fronte di valida documentazione giustificativa delle spese sostenute, sarà pari a €8.400,00, calcolato nel seguente modo: 16.800,00:12 x 6 mesi). A partire dall’anno successivo, e per tutta la durata dello stato di “non autosufficienza”, il massimale sarà invece calcolato sulla base dell’anno solare e dunque pari a € 16.800,00.

4. DEFINIZIONE DI NON AUTOSUFFICIENZA

Si definisce persona “non autosufficiente” quella incapace in modo tendenzialmente permanente (e comunque per un periodo superiore a 90 giorni) di svolgere in tutto od in parte le seguenti “attività elementari della vita quotidiana”: lavarsi (farsi il bagno o la doccia), vestirsi o svestirsi, igiene personale, mobilità, continenza, alimentazione (bere e mangiare).

Ad ogni attività sono assegnati tre gradi di autonomia della persona a seconda della sua capacità nel compierla ed assegnati tre punteggi (0,5,10). Per ogni attività la CASDIC, avvalendosi di una commissione medica, accerta il grado di autonomia del beneficiario ed assegna un punteggio secondo lo schema di valutazione funzionale riportato all’art.17 del Regolamento della Cassa CASDIC.

Viene assegnato lo stato di non autosufficienza se la somma del punteggio raggiunge almeno i 40 punti. Invitiamo tutte e tutti a prendere visione dell’art.17 del Regolamento della Cassa CASDIC che trovate al seguente percorso.

5. COME ATTIVARE LE PRESTAZIONI LTC

L’avente diritto che si trovi in uno stato di “non autosufficienza” (ovvero, in caso di impossibilità, i suoi familiari) deve in fotocopia:

  1. compilare il Modulo di denuncia del sinistro, nel quale si rinviene l’informativa al trattamento dei dati personali (Modello 1);
  2. allegare certificato medico attestante lo stato di  “non autosufficienza” (Modello 2); 3. allegare relazione medica sulle cause della perdita di autosufficienza, la documentazione sanitaria (cartelle cliniche, relazioni mediche, accertamenti diagnostici) utile per la valutazione del quadro clinico (Modello 3).

La documentazione (in fotocopia) dovrà essere inviata secondo una tra le seguenti modalità:

  • tramite accesso diretto alla piattaforma Casdic;
  • tramite e-mail, a [email protected] (rimanendo inteso che in tale caso l’invio si  intenderà correttamente perfezionato solamente a seguito dell’invio da parte di CASDIC all’assistito di un’e-mail di conferma di avvenuta ricezione);
  • tramite raccomandata A.R., a: CASDIC Piazza Grazioli n. 16 00186 Roma (in tale caso la documentazione inviata con raccomandata A.R. può essere utilmente anticipata per e-mail a [email protected]).

In tutti i casi di invio informatico, ad ogni documento richiesto dovrà corrispondere un distinto file.

6. COME RICHIEDERE I RIMBORSI LTC

Ai fini dell’erogazione delle prestazioni LTC, i beneficiari dovranno presentare a CASDIC la documentazione comprovante le spese validamente documentate e sostenute per prestazioni sanitarie e/o socio-assistenziali in relazione allo stato di “non autosufficienza” preventivamente accertato.

Tale documentazione (in fotocopia) dovrà essere inviata a scelta dell’assistito:

  • tramite accesso diretto alla piattaforma Casdic;
  • tramite e-mail, a [email protected] (rimanendo inteso che in tale caso l’invio si intenderà correttamente perfezionato solamente a seguito dell’invio da parte di CASDIC all’assistito di un’e-mail di conferma di avvenuta ricezione);
  • tramite raccomandata A.R., a CASDIC, Piazza Grazioli, n. 16 – 00186 Roma (in tale caso la documentazione inviata con raccomandata A.R. può essere utilmente anticipata per e-mail a [email protected]).

In tutti i casi di invio informatico, ad ogni documento di spesa, corredato laddove necessario dei giustificativi che ne dimostrino l’inerenza, dovrà corrispondere un distinto file.

7. VERIFICA ANNUALE STATO DI NON AUTOSUFFICIENZA

Nel caso venga meno lo stato di “non autosufficienza”, è fatto obbligo al beneficiario di darne immediata comunicazione alla CASDIC. In ogni caso lo stato di “non autosufficienza” è soggetto a verifica e revisione da parte della CASDIC, mediante la compilazione annuale di un Modulo, a onere e cura dell’Assistito, pena la perdita del riconoscimento dello stato di “non autosufficienza” (Modello 4), da inviarsi secondo le scadenze previste dalle linee guida, o tramite accesso diretto alla piattaforma CASDIC o tramite email a [email protected]

IMPORTANTISSIMO: La richiesta di erogazione delle prestazioni va inoltrata nel termine massimo di 2 (due) anni dalla manifestazione dello stato di “non autosufficienza”.

 

8. I SERVIZI

Il Network My Assistance mette a disposizione dell’avente diritto i seguenti servizi:

a) l’accesso al proprio Network convenzionato relativo a:

  • Strutture sanitarie e socio sanitarie
  • Residenze Socio Assistenziali (RSA) private e pubbliche
  • Strutture di riabilitazione e lungodegenza
  • Assistenza domiciliare di tipo infermieristico
  • Servizi socio assistenziali (badanti, piccoli aiuti domestici, commissioni,
  • interventi ausiliari personalizzati, ecc.)
  • Psicologi e psicoterapeuti per supporto post-traumatico
  • Altri consulenti
  • Supporto psicologico telefonico: verso l’assistito e verso la famiglia dell’assistito. Tale supporto, una volta aperta la pratica relativa alla “non autosufficienza” dell’avente diritto, consisterà nel contatto periodico telefonico (un contatto telefonico ogni due mesi) da parte di psicologi designati da My Assistance.
  • Video-monitoraggio domestico. In alcuni casi non è possibile, da parte dei familiari o di chi deve prendersi cura degli aventi diritto con problemi di “non autosufficienza”, avere un controllo (“di persona”) costante e continuativo del loro stato di salute. In questi casi è possibile l’utilizzo di un apparecchio video attivabile a distanza tramite connessione dati. I costi dell’apparecchio saranno sostenuti da My Assistance, mentre tutti i costi derivanti dall’utilizzo dello stesso (attivazione SIM e relativo traffico telefonico) saranno a carico dell’assistito.

b) servizi di supporto tramite Customer Care Center e Centrale Operativa Assistenza accessibile attraverso il numero tel.+39 02/303500012 per:

  • Informazioni sulle strutture sanitarie pubbliche e private nell’ambito del Network ▪ Informazioni sulle procedure operative (es: informazioni sulla modulistica necessaria per apertura delle pratiche)
  • Informazioni sulla gestione del paziente non autosufficiente
  • Informazioni sui programmi CASDIC per assistenza sanitaria LTC
  • Informazioni sui centri di volontariato (non convenzionati) a cui potersi rivolgere per ricevere ulteriore supporto
  • Soluzione di problematiche inerenti la LTC (su organizzazione e gestione – con particolare attenzione agli aspetti burocratici – del paziente non autosufficiente nelle diverse regioni italiane)
  • Indicazioni entro 48 ore su casi concreti
  •  Gestione dell’assistenza (supporto nella ricerca del centro medico e, in attesa, organizzazione di interventi infermieristici o socio assistenziali presso il domicilio, trasporto da e per strutture sanitarie, esclusa urgenza)
  • Informazioni su operatori ed aziende specializzati in grado di fornire servizi anche attraverso offerte di beni (tipo: sedie a rotelle, materiali ortopedici-sanitari, deambulatori, ecc.) a condizioni particolari.
  • Informazioni sullo stato della pratica di rimborso delle spese di ospedalizzazione e socio assistenziali.

Help Desk Dipendenti – Centrale Operativa Casdic
Assistenza Long Term Care
dal lunedì al venerdì 8-18 – Sabato 8-12
800.916.045

9. SECONDO PARERE MEDICO (SECOND OPINION)

La tutela della “Second Opinion” permette agli aventi diritto di accedere alla consulenza medica specialistica da parte di alcuni primari Centri di eccellenza internazionali. La tutela è prestata con riferimento alle seguenti condizioni patologiche diagnosticate presso strutture sanitarie autorizzate:

  1. MALATTIECARDIOVASCOLARI
  2. MALATTIE CEREBROVASCOLARI (ICTUS)
  3. CECITÀ
  4. SORDITÀ
  5. TUMORIMALIGNI
  6. INSUFFICIENZARENALE
  7. TRAPIANTO DI ORGANO
  8. SCLEROSIMULTIPLA
  9. PARALISI
  10. MALATTIA DI ALZHEIMER
  11. MALATTIA DI PARKINSON
  12. GRAVI USTIONI
  13. COMA

In ogni caso, la “Second Opinion” può essere attivata anche per tutte quelle patologie che, a giudizio della Commissione medica preposta da My Assistance, possano essere ritenute di rilevante rischio ai fini dello stato di non autosufficienza. Decorrenza garanzia e limitazioni: il servizio di “Second Opinion” viene fornito all’avente diritto, senza alcun costo a suo carico, con le seguenti limitazioni:

  • un secondo parere medico per persona e per anno.

10. INFORMATIVA

Vi invitiamo a leggere con attenzione tutto il materiale presente sul sito: www.casdic.it.

 




Mancano i soldi: 1,6 milioni di famiglie italiane rinunciano a curarsi

Nel 2019 oltre 1,6 milioni di famiglie italiane hanno dichiarato di non avere i soldi, in alcuni periodi dell’anno, per poter affrontare le spese sanitarie necessarie per curarsi, con un aumento del 2,3% rispetto all’anno precedente. Ben 36 mila nuclei familiari in più e soprattutto nel Meridione. È quanto emerge dall’IPS2020, l’Indice di Performance Sanitaria realizzato, per il quarto anno consecutivo, dall’Istituto Demoskopika.

Il disagio è più evidente nel Mezzogiorno con oltre 923.000 famiglie in condizioni di disagio a causa della mancata disponibilità economica per fronteggiare la cura di malattie, pari al 56,9% del valore complessivo italiano.

Sono, infatti, soprattutto le famiglie in Sicilia con una quota del 13,5%, quantificabile in oltre 271.000 nuclei, a denunciare il problema. Seguono la Calabria con il 12,1% pari a 98.000 famiglie, quindi la Puglia (11,3%) e la Campania (11,2%), che vedono coinvolte nel processo di impoverimento rispettivamente 182.000 e 245.000 famiglie. Capovolgendo la classifica, sono Emilia-Romagna (1,9%), Trentino-Alto Adige (2,2%) e Friuli-Venezia Giulia (2,4%) a meritare il ranking migliore in questa graduatoria, con una quota di poco più del 2% di nuclei familiari in condizioni di disagio economico, pari a circa 61 mila nuclei familiari.

Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” del 22/1/2021




Alleanza: grazie per la partecipazione alla protesta


 

GRAZIE GRAZIE GRAZIE

Grazie a tutti coloro che hanno scelto di protestare non collegandosi all‘ultimo webinar di martedì scorso. Sappiamo che in tanti non abbiamo partecipato e la cosa ha dato molto fastidio ai vertici aziendali.

Vi invitiamo a proseguire con le azioni di protesta e di lotta non collegandoci al webinar della convention 2021 il prossimo martedì e condividendo su facebook ( uilcaalleanza e fisaccgilalleanza ) ed instagram ( uilca_alleanza e fisac_alleanza) l’hastag #nonèunlavorodabar.

Ricordiamo a tutti che Alleanza non ha voluto riconoscere ai produttori un ristoro per l’uso dei propri dispositivi personali per operare da casa (l‘Ipad non può essere strumento di lavoro esclusivo, comportando problemi per vista e postura), ristoro riconosciuto ai colleghi produttori di Generali e previsto dall‘accordo sullo smart working di Gruppo.

Ricordiamo che gli obiettivi sono stati aumentati nel 2021, come se la pandemia non esistesse.

Ricordiamo che gli Ispettorati Agenziali restano chiusi e che risulta palese come l‘azienda abbia operato una scelta definitiva sopportando il rischio di non far lavorare le persone nella massima sicurezza pur di fare cassa e tagliare le spese, garantendo così maggiori compensi all’azionista Generali, a cui nel 2019 Alleanza ha dato quasi il doppio dell’utile prodotto (circa 1 miliardo di euro negli ultimi due anni).

Ricordiamo che le incentivazioni mix del 2021 sono state modificate in senso peggiorativo con l’obbligo di raggiungere almeno due piste, contrariamente alla pista unica prevista nello scorso esercizio.

Ricordiamo che è stato mantenuto il solo bonus protection ed eliminati tutti gli altri, eliminato anche l‘incentivo di 2.000 quote per ogni nuovo cliente.

Ricordiamo le difficoltà di lavorare da casa a proprie spese.

Ricordiamo i continui problemi tecnici e rallentamenti di sistema.

Ricordiamo le costanti e pesanti pressioni commerciali che subiscono i produttori, peggiorate dall‘aumento degli obiettivi e da un nuovo INT che pretende altri aggiuntivi report quotidiani che non sono monitoraggi ma pressioni commerciali perché la maggior parte dei dati richiesti sono già consultabili su Mya.

Ricordiamo tutte le problematiche da noi denunciate nell‘ultimo anno.

Contro tutto ciò QUESTE ORGANIZZAZIONI RIMARRANNO IN AGITAZIONE SINDACALE FINO A QUANDO ALLEANZA NON ADOTTERA’ COMPORTAMENTI IN LINEA CON LA NECESSITA’ DI SICUREZZA DEI LAVORATORI E DEI CLIENTI E FINO A QUANDO SI CONTINUERA’ A VARARE PROVVEDIMENTI CHE DANNEGGIANO ECONOMICAMENTE I LAVORATORI.

Italia, 22 gennaio 2021.

I Coordinamenti Nazionali delle RSA FISAC/CGIL – UILCA




La discriminazione lavorativa delle donne durante il fascismo

Nel regime fascista le donne furono discriminate durante il periodo lavorativo: la perdita d’importanza della donna fu accompagnata dall’istituzionalizzazione della sua inferiorità attraverso una serie di provvedimenti che la espellevano dal mercato del lavoro e le negavano qualsiasi diritto politico.

Il processo di allontanamento dal mondo del lavoro iniziò nel 1919, con la legge Sacchi del 17 luglio, con cui si sancì che le donne non potevano occupare posizioni dirigenziali nell’amministrazione pubblica.
Il processo di espulsione continuò per tutti gli anni Venti: in base al regio decreto 2480 del 9 dicembre 1926, le donne persero il diritto all’insegnamento di filosofia, storia e letteratura italiana nelle scuole superiori, fatta eccezione per gli istituti magistrali perché frequentati prevalentemente da donne.
Il 28 novembre 1933 venne poi accolto un provvedimento in cui si stabiliva che nel pubblico impiego gli uomini dovevano essere assunti in posizioni superiori rispetto a quelle delle donne; nel 1934 venne approvata la legge con cui si esclusero le donne dalla posizione di segretario comunale; infine nel 1938, venne emanata quella con la quale si stabilì che l’occupazione femminile nella pubblica amministrazione non poteva essere superiore al 10%.

Mentre il lavoro era indispensabile alla costruzione di una solida identità maschile, l’occupazione femminile, come dichiarò Mussolini «ove non è diretto impedimento distrae dalla generazione, fomenta una indipendenza e conseguenti mode fisiche-morali contrarie al parto»

Le donne non erano dunque rappresentate nella gerarchia lavorativa. Incapaci di difendere il proprio diritto al lavoro sulla base della parità sessuale, le lavoratrici ridimensionarono aspirazioni e rivendicazioni. Le professioniste stesse, che una volta avevano fatto causa comune con le donne della classe operaia e adesso erano organizzate in istituzioni fasciste del tutto separate come l’ANFAL (Associazione Nazionale Fascista Artiste e Laureate) legittimarono questi atteggiamenti.

Tratto da CAMICETTE NERE: LE DONNE NEL VENTENNIO FASCISTA
di Roberta Sassano
Università degli Studi di Foggia


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Con le nuove regole bancarie rischio di effetti irreversibili e irrimediabili

Dichiarazione congiunta di Federcasse  e di Fabi, First/Cisl, Fisac/Cgil, Uilca e Sincra-Ugl Credito.
Pesante il rischio di recessione a causa delle nuove regole bancarie.

“Rischio di effetti irreversibili e irrimediabili”


 

Federcasse – insieme alle Capogruppo dei Gruppi Bancari Cooperativi Iccrea Cassa Centrale Banca ed alla Federazione Raiffeisen –  e le segreterie nazionali delle organizzazioni sindacali di categoria Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Sincra e Ugl Credito hanno definito oggi una dichiarazione congiunta con la quale esprimono “comune preoccupazione” per gli impatti economici e sociali che si determineranno con le nuove regole bancarie europee, circa la nuova definizione “default” in vigore dal 1° gennaio e il calendario degli accantonamenti per i crediti deteriorati (cosiddetto “calendar provisioning”).

“In uno scenario pesantemente condizionato dagli effetti della pandemia – si legge nella dichiarazione – tali normative risultano sproporzionate, inadeguate ed inopportune” poiché “mettono a rischio l’accesso al credito di imprese e famiglie e compromettono le prospettive di recupero dell’economia italiana ed europea”.

Le Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali e Casse Raiffeisen – prosegue la dichiarazione – registrano segnali di sofferenza sempre più acuta da parte di ampie fasce di popolazione e di settori produttivi che invece sono tradizionalmente resilienti in periodi di crisi di minore impatto globale e che per effetto delle modifiche normative ora intervenute a livello europeo, in un contesto generale già gravemente condizionato dalla emergenza pandemica, rischiano di diventare ‘cattivi pagatori’, contro la loro volontà e per effetto di eventi straordinari e imprevedibili”.

Gli impatti sociali dati dall’applicazione “automatica” di tali norme, difatti, possono risultare irreversibili quanto irrimediabili, aggravando la durata e la profondità della crisi.

“È necessario e indispensabile – si legge ancora nella dichiarazione – procedere immediatamente a specifiche modifiche ed adattamenti di tali norme, che consentano all’industria bancaria di offrire il massimo supporto all’economia reale in questa fase di grave emergenza sanitaria ed alle ‘Banche di comunità’ di sostenere i territori di riferimento in piena coerenza con i loro valori fondanti”.

“Il cambio d’epoca imposto dalla pandemia va trasformato in un’opportunità per realizzare anche un’Unione bancaria inclusiva, diversificata e sostenibile, con regole sul credito lungimiranti, proporzionali, adeguate, più prossime alle nuove esigenze dell’economia reale, delle famiglie e delle imprese. Mentre nasce l’Europa della salute e della sostenibilità ambientale, non può non nascere una coerente nuova Europa delle regole bancarie”.

“In questo contesto – conclude la nota congiunta – Federcasse e le Organizzazioni sindacali di Categoria sottolineano il grande apporto dato, da sempre, dalle banche cooperative e mutualistiche alla tenuta del sistema sociale ed economico, ed in particolare, fin dal primo manifestarsi della pandemia, anche attraverso l’impegno e l’abnegazione delle Lavoratrici e dei Lavoratori di tutto il Credito Cooperativo”.


 

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