Pop. Bari, l’idea della First/Cisl: cacciare i Direttori di filiale. Ma la Fisac non ci sta.

Nella vicenda della Banca Popolare la sorpresa è ogni giorno dietro l’angolo. E se fin da subito quasi tutti hanno puntato il dito contro chi aveva in mano l’istituto pugliese, ora sembra che anche i dipendenti rischiano di essere travolti dalla vicenda più di quanto non si pensasse.

In un articolo apparso oggi sul Sole 24 Ore, da quanto dichiara Stella Sanseverino, responsabile della segreteria del coordinamento regionale First-Cisl e del coordinamento Popolare Bari, sembra che tale sigla sindacale ritenga responsabili anche i manager ovvero quelli che comunemente vengono definiti direttori di filiale:
È intollerabile che la rete abbia ancora oggi responsabili di filiale che si sono distinti negativamente”

Ma su questo è scontro tra sigle sindacali, dato che in mattinata Lia Lopez di Fisac Cgil Puglia ha sottolineato:
«Leggiamo con enorme sorpresa e sdegno il titolo apparso su il Sole 24 ore, che recita: “PopBari, i sindacati richiedono la rimozione dei direttori di filiale“. Precisiamo che, nel corso dell’incontro con i commissari straordinari svoltosi ieri, non sono state fatte in alcun modo dichiarazioni in tal senso. La Fisac Cgil marca un’assoluta distanza da esternazioni che affermino tali posizioni. Anzi, è stato ribadito da parte nostra che per assicurare la continuità aziendale della Banca -importante per i lavoratori, il territorio, le imprese, le famiglie- bisognerà riconquistare si la fiducia dei clienti ma anche dei dipendenti, vittime anch’essi della dissennata gestione del top management. Tutti i dipendenti, a cominciare dai direttori di filiale. Chiediamo inoltre di salvaguardare le elevate professionalità presenti all’interno dell’azienda: le responsabilità sono dei banchieri e non dei bancari».

Entro marzo, comunque, i commissari straordinari dovranno presentare il piano relativo a personale, esuberi e assetto delle filiali.

 

Fonte: www.bariviva.it




Donne al lavoro: può essere lecito il ritardo per portare i figli a scuola

Il giudice dichiara illegittime le discriminazioni in danno delle lavoratrici madri, costrette a ritardare l’ingresso per le necessità scolastiche dei figli.

Se qualche volta fai tardi al lavoro perché devi accompagnare i figli a scuola, d’ora in poi non dovrai più preoccuparti troppo dei rimproveri del capo o dei colleghi: adesso la giustizia ti viene in aiuto. Però devi essere donna e mamma, perché il nuovo principio stabilito dai giudici riguarda la parità tra i sessi e dunque il divieto di discriminazione nei confronti di chi versa in questa doppia situazione di svantaggio.

Le donne che lavorano sono svantaggiate, devono conciliare impegni ed orari con le esigenze della maternità, specialmente quando hanno figli piccoli. E tra le incombenze da svolgere c’è anche quella di portarli a scuola o all’asilo, oppure di andarli a riprendere all’uscita (talvolta anticipata, se non stanno bene e dalla scuola avvisano di venire).

Il caso che ha portato alla ribalta la questione è successo in un ufficio pubblico: si tratta della Regione Toscana, che aveva emanato un ordine di servizio che la consigliera alle Pari Opporunità ha impugnato davanti al giudice del lavoro ritenendolo discriminatorio perchè violava la parità tra lavoratori e lavoratrici.

Il giudice le ha dato ragione: il provvedimento era penalizzante per le lavoratrici madri perché non teneva conto del fatto che i loro ritardi sul lavoro potevano essere dovuti proprio alla necessità di dover accudire i loro figli, anche accompagnandoli a scuola. Il Tribunale ha ritenuto «notorio che i genitori (e a maggior ragione le lavoratrici madri) specialmente se con figli in età da scuola dell’infanzia, materna o primaria, si trovino frequentemente a dover far fronte ad impellenti e imprevedibili esigenze connesse all’accudimento della prole, le quali possono anche comportare l’improvvisa necessità di ritardare l’ingresso al lavoro o di anticiparne l’uscita».

Invece, secondo il giudice fiorentino, l’ordine di servizio emanato dalla Regione era troppo rigido e metteva in una posizione di svantaggio queste lavoratrici madri: in particolare non c’era nessuna flessibilità nel punto che imponeva ai dipendenti di giustificare per iscritto tutti i ritardi d’ingresso dalle ore 09,16 alle 09,30 e prevedeva, in caso di motivi riconosciuti non validi, l’instaurazione di un procedimento disciplinare a loro carico per il ritardo registrato.

Questo, oltre alle penalizzazioni sul recupero successivo dei tempi di lavoro non effettuato, o il computo del ritardo – se l’ingresso avveniva oltre le 09,30 – come “permesso breve”, che però in base a quelle stesse disposizioni avrebbe dovuto essere chiesto ed autorizzato in anticipo, cosa evidentemente inconciliabile con una situazione di necessità e urgenza che potrebbe insorgere improvvisamente e all’ultimo momento.

La conclusione è stata l’annullamento dell’ordine di servizio nella parte in questione: il giudice ha ordinato «la cessazione del comportamento pregiudizievole tramite la rimozione dell’efficacia giuridica o, comunque, la non applicazione delle disposizioni accertate come discriminatorie» ed ha ordinato alla Regione interessata di rimuoverne gli effetti, anche provvedendo a definire e ad attuare un apposito «piano di rimozione» entro 6 mesi, interpellando prima dell’adozione i sindacati di categoria e i consiglieri alle pari opportunità.

Il significato che si può trarre da questa pronuncia giurisprudenziale è che non si può prendersela comoda al mattino derogando all’orario di lavoro, ma se ci sono esigenze particolari – deve trattarsi di necessità improvvise e non programmabili prima – che talvolta fanno fare ritardo alla madre lavoratrice che ha dovuto portare i figli a scuola, non si può essere puniti o penalizzati dal proprio datore di lavoro per il solo fatto del ritardato ingresso, senza aver considerato queste particolari giustificazioni; altrimenti si realizzerebbe una discriminazione vietata dalla legge.

La sentenza del Teibunale del Lavoro di Firenze

 

Fonte: www.laleggepertutti.it




BPER: rischio di alta pressione

Nella sessione di trattative a Modena di questa settimana, il Vice Direttore Generale Vicario Stefano Rossetti ci ha illustrato il bilancio del gruppo 2019 che ha visto, fra l’altro,

  • anche grazie a elementi straordinari, il 2° risultato di utile netto di tutti tempi;
  • la decisione di aumentare il dividendo per gli azionisti.

Abbiamo colto l’occasione per richiedere

  • analogo” riconoscimento economico per tutte le colleghe e i colleghi che hanno contributo a determinare tale risultato;
  • importanti investimenti tecnologici e informatici necessari per contribuire a migliorare le condizioni di lavoro dei colleghi e quindi il servizio alla clientela;
  • un’organizzazione del lavoro e politiche commerciali che non “stressino”, ma che siano al servizio delle persone che lavorano;
  • di dare corso alle assunzioni previste dall’accordo del 29/10/19.

Nel rispondere alle nostre “sollecitazioni” il VDGV ha affermato che, considerando il perdurare del periodo dei “tassi 0” e la conseguente necessità di ripensare i ricavi occorrerà:

  • sempre maggiore attenzione alla concessione del credito;
  • aumentare i ricavi da commissioni;
  • puntare sulla bancassicurazione anche valorizzando le sinergie con le compagnie di riferimento dei prodotti collocati.

Ha quindi chiuso l’intervento paragonando il “bancario” a colui che può permettere “la realizzazione dei sogni o la pianificazione del proprio futuro” della clientela, delle persone che ogni giorno incontra: a parer nostro occorrerà che BPER si adoperi di più per consentire tali opportunità anche ai propri collaboratori.

Al riguardo, le sempre più numerose segnalazioni che giungono alla Commissione aziendale sulle politiche commerciali di comportamenti scorretti unitamente alle sollecitazioni che ci vengono praticamente da tutti colleghi, indicano con chiarezza che il “tema del giorno” è come si vive oggi nel nostro Gruppo.
Vogliamo perciò ribadire che pressioni commerciali, per loro definizione, non possono essere buone così come le ha definite il VDGV Rossetti: in questa azienda le politiche commerciali non devono mai sfociare in atteggiamenti che ledono la dignità delle persone.
Da questo punto di vista il 6° Gruppo bancario del Paese ha la necessità di fare un salto di qualità: per “aiutarlo” metteremo in campo tutte le iniziative possibili a nostra disposizione.

Su nostra richiesta, in questa sessione si è anche tenuto l’incontro relativo alla rimodulazione delle filiali cash light. Se l’azienda ha ribadito che si tratta di un modello vincente, noi abbiamo evidenziato i grandi problemi riscontrati sull’operatività e chiesto con forza che vengano attuate tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dei lavoratori e il rispetto dell’orario di lavoro, ivi compresa la pausa pranzo.

Modena, 13 febbraio 2020

 

Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN

 

 




Gli italiani si portano il lavoro a casa (e in ferie): 7 su 10 rispondono a mail e telefonate

Lavoratori sempre connessi, a casa come in vacanza. Gli italiani sono tra i più “stakanovisti” in Europa e rispondono a telefonate, email, call di lavoro anche durante il tempo libero. Dal work-life balance, la ricerca di equilibrio tra l’orario di lavoro e quello del tempo libero, si passa progressivamente a una loro sovrapposizione, il cosiddetto work-life blend. In barba al diritto alla disconnessione.

Lavoratori sempre ”reperibili”
Oggi il 71% dei lavoratori italiani – secondo l’indagine del Randstad Workmonitor condotta in 34 Paesi – risponde a telefonate, email e messaggi di lavoro anche al di fuori dell’orario. Siamo al terzo posto in Europa, +6% rispetto alla media globale, e nel Vecchio Continente solo Portogallo e Romania sono più solleciti di noi.

Al lavoro in vacanza
Il 71% degli italiani si sente libero di staccare la spina almeno durante le ferie e si tratta soprattutto di uomini (76% contro il 66% delle donne). Ma oltre uno su due – il 53%, più di 10 punti sopra la media globale – confessa di restare “connesso” per gestire attività di lavoro anche durante il periodo di ferie.

La pressione dei datori di lavoro
La decisione di restare disponibili al lavoro anche nel tempo libero non è sempre volontaria, ma spesso dettata dalla pressione del datore di lavoro. Oltre metà degli italiani dichiara infatti che le aziende si aspettano che i dipendenti siano disposti a lavorare oltre l’orario d’ufficio (59%, contro il 56% della media globale) e che siano disponibili a rispondere a messaggi di lavoro nel tempo libero (52%, contro il 45% della media degli altri paesi).
Nel primo caso, fra i Paesi europei, soltanto Spagna (60%), Romania (65%) e Portogallo (75%) si sentono più sotto pressione, mentre nel secondo solo Portogallo (56%) e Romania (57%).
Le aspettative aziendali sono più elevate sugli uomini (rispettivamente 63% e 58%, contro il 55% e il 47% delle colleghe) e sui lavoratori al di sotto dei 45 anni (il 65% è disponibile oltre l’orario e il 59% risponde nel tempo libero, contro il 52% e il 43% dei dipendenti senior).

Il work-life blend incompiuto
Se la dilatazione dei tempi di lavoro a danno della vita privata è già una realtà, d’altro canto solo il 54% degli italiani gestisce abitualmente questioni personali durante l’orario lavorativo, all’ultimo posto del ranking globale e ben 13 punti sotto la media.
Sono soprattutto le donne a portare avanti questa tendenza (56%) e gli under 45 (62%), mentre sono più restii a farlo gli uomini (52%) e i lavoratori senior (44 per cento).

«La trasformazione in corso porta con sé delle opportunità – commenta Valentina Sangiorgi, chief hr officer di Randstad Italia – , ma anche il rischio che i lavoratori si sentano stressati e sotto eccessiva pressione. Le imprese devono impegnarsi a promuovere la stessa flessibilità da entrambi i lati, riuscendo a rispettare i tempi di disconnessione e valutando i dipendenti in base ai risultati, per migliorare la produttività, anche grazie a motivazione e coinvolgimento».




Anche il Consiglio d’Europa stronca il Jobs act: “Violati i diritti”

Dopo la Consulta, altra bocciatura degli indennizzi automatici. A breve tocca alla Corte di Giustizia UE.

Le tutele previste dal Jobs act per chi è licenziato ingiustamente sono deboli. Insufficienti a riparare il danno subito dal lavoratore e a scoraggiare gli imprenditori dal cacciare persone senza valida ragione. Un nuovo colpo alla riforma del lavoro varata dal governo Renzi nel 2015: questa volta viene dal Comitato europeo dei Diritti sociali, organo del Consiglio d’Europa, per il quale la legge italiana vìola la Carta sociale europea.

Quando cinque anni fa l’esecutivo a guida Pd ha cancellato l’articolo 18, sperando così di aumentare l’occupazione, ha sostituito il diritto alla reintegrazione con i risarcimenti in denaro. Se l’allontanamento del lavoratore è illegittimo, in pratica, l’obbligo di riassumere è rimasto solo quando c’è discriminazione o il motivo riportato dall’azienda è inesistente. Per gli altri casi, il datore è tenuto a pagare un indennizzo di massimo 36 mensilità di stipendio. Proprio questo dettaglio è alla base della decisione del Ceds: l’esistenza di un tetto – le 36 mensilità, appunto – lega le mani ai giudici anche quando i danni creati al lavoratore richiederebbero somme più alte. Ecco perché il Comitato ha dato ragione al ricorso della Cgil, curato dall’avvocato Carlo De Marchis. A difendere invece il Jobs act in questa causa c’era anche il governo francese.

Il problema, per il Ceds, non è aver cancellato l’articolo 18, ma non averlo rimpiazzato con norme altrettanto efficaci a disincentivare i licenziamenti ingiusti. Non è la prima pronuncia che sancisce la violazione di diritti da parte del Jobs act. La prima versione della legge prevedeva un risarcimento che andava da un minimo di quattro e un massimo di 24 mensilità, ed era agganciato solo all’anzianità del lavoratore. Poi è arrivato il decreto Dignità che ha aumentato a sei il minimo e a 36 il massimo, mantenendo il meccanismo ancorato all’anzianità. Nel 2018, la Corte costituzionale ha travolto entrambe le leggi: il sistema degli indennizzi fissi non è adeguato perché non considera il danno effettivo che ha subito il lavoratore. Ora i giudici hanno discrezionalità nel quantificare i risarcimenti, con il limite minimo e massimo.

Per il Comitato europeo dei Diritti sociali è ancora troppo scarso; la decisione di questo organo, però, non è vincolante. “È un’opinione tecnica autorevole”, ha detto la Corte costituzionale. Quindi da un lato potrebbe orientare future sentenze, dall’altro rafforzerà i partiti che, d’accordo con la Cgil, chiedono di rivedere il Jobs act e far tornare l’articolo 18. A breve, arriverà la sentenza della Corte di Giustizia europea su due ricorsi che chiedono di ripristinare l’obbligo di reintegrazione almeno per i licenziamenti collettivi illegittimi.

 

Articolo di Roberto Rotunno su “Il Fatto Quotidiano” del 12/2/2020




Unicredit: Fisac, Mustier sacrifica lavoro per dividendi, inaccettabile

“Il comportamento e le dichiarazioni” dell’a.d. di UniCredit,  Jean Pierre Mustier “rispetto al piano industriale continuano ad essere inaccettabili ed irricevibili. Non accetteremo di trattare un piano a giochi fatti, con numeri già cristallizzati nella lettera di avvio di procedura sul confronto che ci è arrivata oggi”

Lo ha dichiarato il segretario generale della Fisac-Cgil, Giuliano Calcagni.

Oltre a ritenere il numero di esuberi dichiarato spropositato – ha aggiunto – chiederemo verifica sui livelli occupazionali e sullo stato delle agenzie in chiusura, ci aspettiamo risposte che contemperino oltre a un numero adeguato di assunzioni soluzioni condivise su tutti gli argomenti del piano industriale”.

La territorialità dell’istituto, i livelli occupazionali e salariali non potranno certo essere sacrificati in nome degli utili che  monsieur Mustier pensa di poter redistribuire ai propri azionisti”,
ha concluso Calcagni.

 

fonte: Il Sole 24 Radiocor

 

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https://www.fisaccgilaq.it/banche/unicredit/unicredit-landini-irresponsabile-annunciare-8mila-esuberi.html




Banche: oltre 3.000 filiali chiuse nel 2019

Riportiamo di seguito la tabella relativa al numero di filiali per regione ed ordinata in base al numero di chiusure effettuate nel corso del 2019.

Regione 31/12/2019 Differenza su 2018
Lombardia 4.785 -615
Veneto 2.432 -378
Emilia-Romagna 2.515 -295
Piemonte 1.984 -271
Toscana 1.832 -267
Lazio 2.050 -248
Sicilia 1.248 -188
Puglia 1.091 -126
Campania 1.261 -120
Friuli-Venezia Giulia 676 -102
Marche 825 -91
Liguria 681 -89
Abruzzo 528 -61
Umbria 409 -52
Calabria 393 -36
Trentino-Alto Adige 750 -36
Sardegna 555 -23
Basilicata 206 -22
Molise 101 -19
Val d’Aosta 79 -14
Totale 24.401 -3.053

 

fonte: www.fisac-cgil.it

 




“Bella ciao”. Insegnanti e CGIL AQ contro le ingerenze della politica

Fa fronte comune l’Istituto Mazzini Patini dell’Aquila, finito al centro delle polemiche per la presa di posizione del consigliere comunale Daniele D’Angelo che ha denunciato come una insegnante, nell’ora di musica, abbia fatto cantare ‘Bella ciao’ alla sua classe, un brano tra l’altro inserito, come affermato dallo stesso consigliere, nel libro di testo; d’altra parte, il tema non è certo la canzone popolare piuttosto l’ingerenza in un mondo, quello della scuola, che dovrebbe essere lasciato al riparo da contrapposizioni politiche.

Va tutelata in ogni modo la libertà d’insegnamento dei docenti, sancita dall’articolo 33 della nostra Costituzione, va preservata con forza l’autonomia degli istituti scolastici, il ruolo dei presidi che sono responsabili dell’indirizzo educativo; l’uscita del consigliere comunale ha messo in imbarazzo una intera comunità, quel mondo delicatissimo fatto della relazione tra studenti, insegnanti e genitori che non può essere in alcun modo strumentalizzato. Figurarsi per motivi politici.

Di certo, D’Angelo si è fatto portavoce del malcontento di qualche genitore: tuttavia, è con gli insegnanti e i presidi che ci si dovrebbe confrontare per discutere delle modalità d’insegnamento.

Sono amareggiato dell’entrata a gamba tesa e dell’intromissione della politica nella scuola. La libertà di insegnamento è uno dei cardini della Costituzione italiana, che va difeso con i denti. La canzone in oggetto non è scandalosa, semmai è l’inno che celebra l’atto di nascita della nostra democrazia“, le parole del preside dell’Istituto Marcello Masci.

Solidale con l’insegnante di musica il corpo docente della Mazzini-Patini:Esprimiamo vicinanza, affetto e solidarietà alla nostra collega per l’attacco del tutto fuori luogo da parte di un personaggio politico. Ribadiamo la nostra fedeltà ai valori della Repubblica e alla sua Costituzione, nata grazie al coraggio delle donne e degli uomini che si opposero alla dittatura. Oggi, noi, donne e uomini liberi e democratici, docenti ed educatori al servizio di quei valori, ci opponiamo con fermezza a chiunque tenti di condizionare la libertà di insegnamento, strumentalizzando finanche una canzone come ‘Bella Ciao’, che è di parte e divisiva, sì, perché separa gli antifascisti dai fascisti, i democratici dagli antidemocratici, la libertà dalla dittatura e che, come ribadito dal nostro dirigente scolastico, è l’inno che celebra la nascita della nostra democrazia“.

Sono un genitore della classe finita all’onore delle cronache per questa becera vicenda assolutamente veicolata dal consigliere D’Angelo“, ha aggiunto il papà di uno studente.Vorrei puntualizzare che non esiste nessun gruppo di genitori, essendo mia moglie rappresentante di classe e quindi a conoscenza dei fatti, e che il consigliere è portavoce soltanto della sua persona e di nessun altro. Non si può mettere alla gogna una insegnante ed una professionista che tutti i giorni si prodiga per la sana crescita dei nostri ragazzi. La politica si occupi di altro e soprattutto non parli a nome di persone che non rappresenta. Giu le mani dalla nostra Professoressa“, l’affondo.

Ancor più duro il presidente del Consiglio d’Istituto, Maurizio Mucciarelli:Vogliamo che il consigliere comunale Daniele D’Angelo chieda scusa alla professoressa, al dirigente scolastico, ma anche agli alunni, che sono le vere vittime della sua inaccettabile strumentalizzazione politica“, la presa di posizione del presidente che parla a nome della componente genitori del Consiglio.Con convinzione prendiamo le distanze e ci dissociamo da quanto dichiarato dal consigliere comunale D’Angelo, sottolineando che non esiste alcun gruppo di genitori che condivide le sue accuse. Riteniamo invece doverose le sue scuse alla professoressa ingiustamente coinvolta in questa vicenda, al dirigente scolastico Marcello Masci che ha difeso la libertà d’insegnamento e soprattutto ai nostri figli, utilizzati per fini politici. La politica, a nostro avviso, non deve entrare nelle scuole e non deve prendere di mira gli insegnanti che ogni giorno si prodigano per accompagnare la crescita dei nostri figli”.

Più chiaro di così.

 

CGIL L’Aquila: “Piena solidarietà all’insegnante e al preside”

‘Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi’. Sandro Pertini.

La CGIL dell’Aquila esprime “piena solidarietà all’insegnante ed al preside della scuola secondaria Mazzini Patini che con coraggio e fermezza difendono i valori della nostra carta costituzionale ed il ruolo della scuola nella società italiana. Bella Ciao è entrata a far parte di quel patrimonio di valori del nostro paese nato dalla lotta di resistenza contro il nazi-fascismo. Patrimonio che va difeso e divulgato in ogni luogo. La scuola non deve informare ma formare le nuove generazioni partendo necessariamente dalla difesa della libertà, della democrazia e della giustizia sociale che sono valori antitetici rispetto a quelli che sottendono alle affermazioni dello stesso consigliere comunale che dichiarò qualche mese fa che ‘il fascismo è uno stile di vita’”.

Aggiunge il sindacato: “Consigliamo vivamente al signor Daniele D’Angelo di frequentare quelle tante istituzioni, anche scolastiche, che con dedizione e abnegazione continuano a difendere, divulgare ed affermare il valore dell’antifascismo, affinché possa recuperare un senso di appartenenza ai valori fondanti della nostra Repubblica. E se non ci illudiamo che saprà accogliere il nostro invito, abbiamo invece la certezza che chi canta Bella Ciao sarà sempre dalla parte giusta, sarà nostro fratello, sarà nostra sorella e collaborerà sempre alla difesa della democrazia e della liberta conquistate con la lotta”.

 

FLC CGIL: “Ingerenza del consigliere è un segnale preoccupante”

La FLC CGIL dell’Aquila “deplora la posizione assunta dal consigliere comunale Daniele D’Angelo che entra con arroganza nella libertà di insegnamento, diritto individuale di ogni docente sancito dall’articolo 33 della Costituzione. La libertà di insegnamento rende la scuola pubblica italiana un’alta espressione di esercizio della democrazia e le attribuisce il carattere di officina di sperimentazione didattica al fine dell’acquisizione della conoscenza. La scuola prima ancora di essere luogo di istruzione è luogo di educazione alla cittadinanza ed ogni insegnante è libero/a di scegliere la modalità didattica che, analizzato il contesto e valutatene le vocazioni e le possibilità, permetta il raggiungimento dell’obiettivo formativo”.

La politica non ha competenza in fatto di insegnamento “ed è bene che stia lontana dalle aule e si impegni, invece, nei luoghi deputati per assicurare alla scuola pubblica la dignità che le spetta in termini di risorse, edilizia e servizi. Riteniamo che l’invadenza del consigliere D’Angelo sia un segnale preoccupante del clima che si respira in città e ci uniamo a tutte le voci che in queste ore stanno contestando un gesto che non fatichiamo a definire di propaganda”.

FLP CGIL, per voce della segretaria generale Miriam Del Biondo, esprime “solidarietà all’insegnante” condividendo “pienamente la risposta del Dirigente Scolastico. Infine, ma non per ultimo, riteniamo che insegnare e far cantare Bella Ciao sia il segnale di un forte senso di appartenenza ai valori dell’Italia repubblicana e democratica nata dalla lotta partigiana e dalla Resistenza. La FCL CGIL è fiera di tutelare lavoratori e lavoratrici di una scuola che su quei valori costruisce la sua storia anche attraverso la trasmissione di una memoria che si tende ad offuscare. Inoltre, persino se volessimo spogliare Bella Ciao da ogni connotazione storico politica rimarrebbe comunque un canto diffuso di gioia, di impegno, di lotta e di speranza che è quello di cui, soprattutto in questa città, abbiamo ancora tutti fortemente bisogno. Si occupi la politica cittadina della ricostruzione dell’edilizia scolastica se davvero vuole occuparsi di scuola. Allora sì che sarà stata utile ed avrà fatto ciò che le compete”.

 

Fonte: www.news-town.it




ISP: il miglior risultato economico dal 2007

Le OO.SS. chiedono assunzioni, riconoscimenti economici e un miglior clima aziendale.

La nuova COO Paola Angeletti ha illustrato oggi con competenza e concisione i brillanti risultati 2019 del Gruppo, partendo dall’utile netto che è il più alto degli ultimi 11 anni, evidenziando la crescita dei ricavi, il controllo dei costi, la riduzione del costo del credito, la riduzione degli npl per arrivare ad uno stato patrimoniale rafforzato.

A questo ha aggiunto l’impegno sociale e culturale del Gruppo sottolineando i 50 miliardi di nuovi finanziamenti a supporto della green economy.

Sulle operazioni societarie ha dichiarato che le Banche non possono più rimanere chiuse al loro interno, ma devono stipulare accordi con altre aziende leader di specifici settori.

Infine ha evidenziato l’importanza e la centralità dei dipendenti e ha anticipato che tutte le Divisioni hanno superato gli obiettivi di budget e ciò consentirà l’erogazione piena del PVR contrattato per il 2019.

Come Organizzazioni Sindacali abbiamo rimarcato come tali risultati siano frutto di grande impegno e abnegazione da parte di tutti i colleghi che operano spesso in situazioni difficili, anche a fronte delle continue riorganizzazioni aziendali.

Per questo motivo abbiamo richiesto:

  • Una lungimirante politica occupazionale con assunzioni che assicurino futuro al Gruppo, destinate in particolare alla Rete, al Sud ed alle zone disagiate del Paese
  • La salvaguardia della presenza territoriale della Rete, anche per evitare le ricadute sul tessuto sociale
  • Un riconoscimento economico adeguato ai colleghi che redistribuisca gli utili
  • Sviluppo della professionalità anche attraverso una formazione concretamente fruibile e di qualità
  • Uno stop alle pressioni commerciali anche in relazione agli impegni previsti dal recente contratto nazionale, per migliorare il clima aziendale
  • Una maggiore attenzione gestionale alle nuove attività quali FOL e Pulse

Abbiamo infine ribadito la nostra contrarietà alle esternalizzazioni per le tensioni e le incertezze che generano nei colleghi, richiedendo le massime tutele per i lavoratori ceduti.

Valutiamo positivamente la disponibilità dimostrata dalla nuova COO, che ha ribadito l’importanza delle Relazioni Industriali e la possibilità di proseguire i confronti su tutte le materie in sospeso e sulle ricadute del Piano d’Impresa.

Milano, 5 febbraio 2020

 

Delegazioni Trattanti Gruppo Intesa Sanpaolo
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA -UNISIN

 




BCC: il testo coordinato del CCNL rinnovato nel 2019

In data 19 dicembre 2019 è stato sottoscritto il testo coordinato del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito Cooperativo rinnovato in data 9.1.2019.

In attesa della realizzazione e diffusione della stampa del nuovo CCNL abbiamo ritenuto utile, come FISAC CGIL, predisporre una versione in formato elettronico dell’articolato del testo coordinato del CCNL e degli allegati allo stesso.

Il file PDF predisposto per la lettura del CCNL è dotato di un sommario con collegamento ipertestuale ai vari capitoli, articoli ed allegati.

Un fraterno saluto.

 

FISAC CGIL Coordinamento Nazionale Credito Cooperativo

 

Scarica il CCNL in PDF