Fisac Reggio Calabria: comunicato stampa sul “Caso Polizze”

L’articolo del Fatto Quotidiano sul caso delle polizze assicurative, che sarebbero state fatte sottoscrivere  forzatamente a clienti, solleva il tema delle pressioni commerciali che da anni è oggetto di discussioni e pesanti polemiche tra Organizzazioni Sindacali e Aziende di Credito.

Ci corre intanto obbligo di esprimere la solidarietà ai colleghi sbattuti in prima pagina senza che ancora ci sia stato alcun grado di giudizio che ne attesti la colpevolezza. Rileviamo soltanto che nei casi di pedofilia o di violenza sulle donne vengono pubblicate le sole iniziali degli imputati mentre per i bancari si pubblicano nomi e cognomi.

Siamo fiduciosi che la giustizia seguirà il suo corso e che verranno valutati i diversi gradi di responsabilità nella vicenda: sono anni che come Organizzazioni Sindacali denunciamo il clima di terrore che si viene a creare in alcuni Istituti di Credito.

La cosa che sfugge infatti, e in questo senso ci auguriamo che la Giustizia possa fare luce, è il sistema creato dalle banche dove a cascata dai Direttori Regionali, ai capi Area, ai Direttori di Filiali si riversano pressioni alla vendita sui gestori che sono a contatto con la clientela che spesso sono minacciati di trasferimento o di altre ripercussioni qualora non raggiungano gli obiettivi di budget fissati dalle aziende.

In questo senso stupisce che Unicredit venga definita “parte offesa”: basta prendere i numerosi comunicati sindacali che restano interni alle aziende e che denunciano il clima che si respira nelle banche.

Sparare nel mucchio, mette in cattiva luce un’intera categoria di lavoratori che nella stragrande maggioranza dei casi rispetta e le regole. A differenza dei manager che vengono sostituiti ogni quattro cinque anni e che mirano al guadagno immediato, i lavoratori bancari sanno che i clienti sono il vero patrimonio delle aziende di credito, e questo patrimonio intendono tutelarlo.

 

Reggio Calabria 6.11.2019


FEDERAZIONE ITALIANA SINDACALE ASSICURAZIONI CREDITO

FISAC CGIL REGGIO CALABRIA

 

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FISAC Banca d’Italia: dalla parte di Liliana

Alla notizia della scorta assegnata a Liliana Segre dopo le minacce subite negli ultimi tempi, la domanda stupita che si è sentita più spesso è “Cosa stiamo diventando? Cosa siamo diventati?”.

Quale che sia la risposta, forse sarebbe saggio chiedersi anche “quando” lo siamo diventati. Forse è stato quando abbiamo dichiarato gli stadi di calcio “zone franche” in cui chiunque può ululare insulti a ebrei, zingari, neri: tanto nessun provvedimento efficace viene preso.

O forse è stato quando Gad Lerner è stato gravemente insultato e minacciato, chiamato con disprezzo “ebreo” mentre faceva il suo lavoro di giornalista al raduno leghista di Pontida. Oppure è stato quando abbiamo lasciato che i social network diventassero il terreno perfetto per aggressioni sessiste, auguri di stupro e di morte alle donne che si “espongono” con posizioni politiche scomode.

Abbiamo lasciato che i portatori di odio spostassero l’asticella sempre più in alto, fino all’impensabile: prendersela con una signora coi capelli bianchi sopravvissuta al campo di concentramento più famoso della Storia. Una donna che, probabilmente, pensava di aver già pagato alla vita un prezzo molto alto, ma che, condividendo i propri ricordi personali, ha contribuito a tenere in vita una memoria collettiva altrimenti destinata ad affievolirsi.

Ma è con la proposta di istituire una Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza che la senatrice Segre incarna sì la vittima, ma che reagisce e questo, per alcuni, non va affatto bene.

I gruppi parlamentari di destra si astengono dal voto sulla proposta di Commissione, lamentando – con involontario tragicomico senso dell’umorismo – tentativi di censura.

Il resto – gli insulti, le minacce – è cronaca di questi giorni; e la necessità di mettere sotto scorta una signora di novant’anni sopravvissuta ad Auschwitz non fa che certificare il mesto fallimento culturale della nostra società.

Roma, 8 novembre 2019

 

La Segreteria Nazionale Fisac-Cgil Banca d’Italia




Stangata su MPS: condannati Mussari e altri 12

Gli ex vertici erano a giudizio per le operazioni in derivati che occultarono le perdite del disastro Antonveneta. Condannate pure Deutsche Bank, Nomura e i loro dirigenti.

La stagione dei disastri bancari aperta nel 2012 dal terremoto del monte dei Paschi di Siena vede i primi banchieri condannati. E si parte proprio da Mps, dopo una sfilza di assoluzioni. Ieri i giudici di Milano hanno condannato gli ex vertici della banca senese per le irregolarità sulle operazioni finanziare messe in piedi dal dicembre 2008 al settembre 2012 per occultare le perdite causate dallo sciagurato acquisto di Antonveneta.

Nel 2008 Mussari decise di strapagare la malconcia banca padovana scucendo 9 miliardi di euro (più 8 di debiti) contro un valore reale di circa 3, sotto l’occhio vigile di Bankitalia, consapevole che Antonveneta se la passava male e che Mussari stava scassando il più antico istituto di credito del Paese. Per coprire le perdite dell’operazione, a Siena vennero messe in piedi operazioni in derivati, i cui effetti negativi si cercarono in seguito di occultare a bilancio.

In primo grado, ieri, sono stati condannati Mussari (7 anni e 6 mesi), l’ex dg Antonio Vigni (7 anni e 3 mesi) l’ex responsabile area finanza Gianluca Baldassarri (4 anni e 8 mesi) e 5 anni e 3 mesi sono stati dati a Daniele Pirondini (ex direttore finanziario). I reati vanno dal falso in bilancio all’aggiotaggio all’ostacolo alla vigilanza. Tra gli imputati – tutti condannati – c’erano anche sei ex dirigenti di Deutsche Bank e due ex manager di Nomura: entrambe le banche sono state condannate e per loro è stata ordinata la confisca di oltre 150 milioni di euro. Condannati gli ex manager di Deutsche Bank: Michele Faissola e Michele Foresti, per entrambi la pena è di 4 anni e 8 mesi, stessa pena per Ivor Scott Dunbar per il quale la Procura aveva chiesto l’assoluzione. Di 3 anni e sei mesi la pena inflitta a Dario Schiraldi, Matteo Angelo Vaghi (anche per lui la procura aveva chiesto l’assoluzione) e Marco Veroni. Condannati anche gli ex manager di Nomura Sadeq Sayeed (4 anni e 8 mesi), in qualità di ceo di Nomura international plc London, e Raffaele Ricci (3 anni e 5 mesi), all’epoca responsabile delle vendite per l’Europa e il Medio Oriente. La banca senese è uscita dal processo con un patteggiamento nel 2016. Gli istituti coinvolti e gli imputati hanno contestato la sentenza e annunciato il ricorso. Al centro del procedimento c’erano soprattutto le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, che secondo l’accusa sarebbero servite a nascondere perdite per oltre 2 miliardi.

La storia è nota. Dopo l’acquisto di Antonveneta, Mps deve chiudere in utile ed è a quel punto che arrivano Santorini (con Deutsche Bank) e Alexandria (Nomura) per rinviare in futuro perdite su operazioni pregresse. Due derivati, mascherati però a bilancio come operazioni scomposte, contabilizzate come un acquisto di titoli di Stato finanziato da “pronti contro termine” (in gergo Repo) e non come un Credit default swap (Cds), un derivato assicurativo sul rischio Italia venduto da Mps. Solo nel bilancio 2012, dopo l’esplosione dello scandalo e l’uscita dei vertici, emergeranno perdite per 700 milioni. E solo tre anni dopo i derivati sono stati contabilizzati come tali, un ritardo avallato dalle authority di vigilanza (per il quale sono a processo a Milano i successori di Mussari, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola). Dal 2008 Mps ha varato sei aumenti di capitale, l’ultimo dei quali, nel 2017, ha visto l’ingresso dello Stato. In 11 anni sono stati bruciati 36 miliardi di valore.

La condanna di ieri apre un fronte imbarazzante per la Banca d’Italia. La vicenda deflagrò a fine 2011, quando il neo governatore Ignazio Visco allontanò i vertici di Mps, sostituiti da Profumo e Viola. A fine 2012 i due scoprirono in una cassaforte in uso a Vigni il famigerato mandate agreement, che dimostrava la natura di “derivato” di Alexandria. Per Mussari, Vigni e Baldassarri scattò la denuncia per ostacolo alla vigilanza.
Gli ispettori di Bankitalia hanno giurato di non aver mai potuto classificare Alexandria come derivato in mancanza del mandato.

Gli ex vertici di Mps sono però stati assolti in via definitiva a maggio scorso. Secondo la sentenza d’appello (confermata in Cassazione) gli ispettori avevano gli elementi per capire la natura delle due operazioni e non ci fu volontà di ostacolare la vigilanza. Insomma, secondo i giudici le operazioni per occultare le perdite, Mussari e compagnia le hanno commesse. E Bankitalia, almeno nel 2011, ne era a conoscenza.

 

Articolo di Carlo Di Foggia sul Fatto Quotidiano del 10/11/2019

 




BPER: chiarimenti per i “pensionandi”

Prendendo spunto dagli approfondimenti fatti in questi giorni in risposta alle numerose domande che ci sono state rivolte, condividiamo alcune informazioni che riteniamo possano interessare a molti dei colleghi che stanno pensando di abbandonare il lavoro.

 

  1. Il primo è l’età: non si può aderire se si è nati dopo il 31.12.1960.
    Il secondo sono i contributi:
    .
  1. Chi esce nel Fondo può lavorare?
    Sì, ma a determinate condizioni.
    Chi inizia una nuova attività lavorativa mentre percepisci l’assegno del Fondo di Sostegno al Reddito deve obbligatoriamente darne tempestiva comunicazione all’Azienda.
    Non si possono fare lavori in concorrenza con la Banca. Per altri lavori da dipendente
    .
    Anche svolgendo attività imprenditoriale o autonoma, purché non in concorrenza con la Banca, il reddito si cumulerà fino ad azzerare l’assegno del fondo.
  1. Nei precedenti accordi si è verificata una differenza in meno rispetto al riferimento della pensione. Tale differenza scaturiva dalle posizione contributive dei colleghi che rientravano nella seguente previsione: avere una posizione contributiva da almeno 18 anni nell’anno 1995. Con il passare degli anni tale platea si è sempre più ridotta.
    Tra i colleghi che usciranno dal 2020 probabilmente ci sarà solo qualcuno che si vedrà applicata ancora una decurtazione dell’importo dell’assegno del fondo.
    Se non si hanno almeno 18 anni di versamento contributivi alla data del 31/12/1995 non viene applicata alcuna decurtazione.

 

 

Segreteria di Coordinamento FISAC BPER




Prime aperture da ABI sul rinnovo del CCNL

E’ ripresa dopo una fase di stallo la trattativa in Abi per il rinnovo del contratto nazionale del credito.

”Abi ha ritirato i documenti presentati alle organizzazioni sindacali nell’incontro del 25 ottobre scorso e ha manifestato prime aperture rispetto all’abolizione del salario d’ingresso per i neoassunti, su diritti e tutele e anche rispetto ai tempi di cura e al diritto alla disconnessione.”

Lo ha dichiarato il segretario generale della Fisac – Cgil, Giuliano Calcagni. ”E’ ancora presto per dire se siamo sulla buona strada per arrivare alla definizione del negoziato, certo e’ che il clima e’ cambiato – ha aggiunto – Lavoreremo fino all ultimo per verificare sussistono le condizioni per la chiusura di un buon contratto nazionale di settore’”

 

Fonte : Il Sole 24 Ore Radiocor

 

 




Banche poco trasparenti: bocciate su tutta la linea

Una ricerca del Politecnico di Milano ha esaminato la qualità dell’informativa fornita a consuntivo da 18 grandi operatori finanziari ai clienti con risultati a dir poco imbarazzanti.

Altro che Mifid 2!
Arriva una sonora bocciatura dei rendiconti annuali dei costi inviati a consuntivo dalle banche ai clienti. A decretarla è una ricerca condotta dalla School of management del Politecnico di Milano, commissionata da Moneyfarm, che ha esaminato la qualità dell’informativa fornita da 18 grandi intermediari finanziari italiani focalizzati sulla clientela retail. Se l’obiettivo della direttiva Mifid2 era quello di rendere consapevoli i risparmiatori degli oneri che gravano sul rendimento del loro investimento, le banche hanno fatto di tutto – ma proprio di tutto – per non raggiungerlo.

Oltre a non essere stati tempestivi nell’invio, gli intermediari hanno alla fine inviato documenti poco chiari e in alcuni casi illeggibili, non focalizzando la comunicazione esclusivamente sui costi, che spesso sono stati inseriti in copiose pagine per nasconderli, con l’uso di termini di non immediata comprensione (come “inducements” o “incentivi”) per comunicare i pagamenti che la banca riceve da terze parti per la vendita di determinati prodotti.
Per non destare troppo l’attenzione del cliente – con l’intento di indurlo a cestinare la posta – più della metà del campione di banche analizzato non ha neanche inserito la parola “costi” o “oneri” nell’intestazione del documento.

Il focus dell’indagine
L’analisi è stata condotta sulla base di tre distinti livelli di valutazione su adempimenti relativi a :
a requisiti obbligatori minimi imposti dalla normativa primaria, (Direttiva Mifid2) e dai regolamenti attuativi di secondo livello;
indicazioni pubblicate dall’Esma tra ottobre 2016 e maggio 2019 e dalle Associazioni di categoria a titolo di best practice, con la formula delle Q&A (domande e risposte);
altri parametri qualitativi che, al di là delle raccomandazioni e degli obblighi di legge, possono massimizzare la trasparenza e la chiarezza delle informazioni fornite auspicate dal legislatore.

Risultati imbarazzanti
Solo cinque banche su 18 hanno rispettato integralmente tutti i requisiti minimi imposti dalla normativa. Sono poche, quindi, anche quelle cje hanno fatto lo sforzo minimo per poter essere ritenute adempienti rispetto agli obblighi di trasparenza imposti dalla direttiva Mifid2.
Tutti gli intermediari hanno correttamente riportato i costi totali applicati all’investitore (in valore assoluto e in percentuale) e la ripartizione in forma aggregata dei costi in strumenti finanziari, servizi d’investimento e pagamenti retrocessi alla banca da terzi. Solo il 50% degli intermediari, però, ha per esempio indicato l’effetto cumulativo dei costi sulla redditività dell’investimento. E solo il67% ha riportato correttamente l’onere fiscale dell’imposta di bollo e Iva

Nessun intermediario (0%) è riuscito a seguire tutte le raccomandazioni indicate dalle associazioni di categoria e nelle Q&A dell’ESMA, orientamenti che, seppur non obbligatori, indicano le prassi di mercato più virtuose che gli operatori dovrebbero adottare per perseguire al meglio l’obiettivo della normativa: agire nell’interesse del cliente mettendo a disposizione informazioni chiare, corrette e non fuorvianti per indirizzarlo in un investimento consapevole.

Per esempio l’indicazione dell’Esma di inviare “prima possibile” i rendiconti 2018 ai clienti non è stata seguita alla lettera: nel campione di 18 intermediari analizzato dal Politecnico solo 2 hanno inviato il report a maggio 2019, 2 a giugno, 11 a luglio, 2 in agosto e 1 addirittura a settembre.

Il risultato più negativo riguarda la poca trasparenza nella comunicazione dei “pagamenti riconosciuti da terze parti”: il 94% degli intermediari utilizza termini di non immediata comprensione (come “inducements” o “incentivi”) per questa voce relativa alle retrocessioni percepite per strumenti finanziari raccomandati o offerti ai propri clienti. Solo una banca del campione li ha definiti come tali, conformemente alle indicazioni dell’Esma.

Come giocare a nascondino
Per nascondere le informazioni salienti dei costi pagati dai singoli clienti , le banche hanno seguito in primis la via di “affogarli” in copiose pagine. I dati minimi richiesti potrebbero essere schematizzabili in un massimo di quattro tabelle, ma il 39% degli intermediari hanno deciso di inserirli in documenti di 10-30 pagine e nel 17% dei casi i rendiconti inviati superano le 30 pagine.
Infine il 56% delle banche ha scelto di non chiamare il rendiconto con il “proprio nome”: solo nel 44% dei casi è compresa la parola “costi” o “oneri” nell’intestazione.

La pagella finale
Per riassumere in un unico indicatore di valutazione le diverse variabili esaminate lungo le tre categorie di analisi è stata infine elaborata una griglia di sintesi evidenziando i punti più deboli nella rendicontazione.
La griglia (facendo la media dei singoli punteggi delle 3 direttrici) assegna un ‘voto’ finale in trentesimi, fra zero e “30 con lode”, a ciascuno dei 18 documenti analizzati:
•Complessivamente, il voto medio è pari a 21,4;
quattro rendiconti non raggiungono la sufficienza, a causa di lacune rilevate nella sezione delle informazioni obbligatorie;
•solo tre rendiconti totalizzano un punteggio superiore a 26/30.

Gli auspici
«L’industria del risparmio, in questo suo primo test imposto dal legislatore – afferma Giancarlo Giudici, professore associato della School of Management del Politecnico di Milano e referente scientifico della Ricerca -. non è sempre riuscita a cogliere a pieno le potenzialità derivanti dalla Mifid2 a beneficio di tutti. Scopo principale della direttiva è quello di definire uno standard virtuoso nella comunicazione dei costi per aiutare l’investitore a prendere decisioni di investimento consapevoli. I risultati mostrano che alcuni intermediari sono riusciti meglio di altri nell’obiettivo e sarà interessante osservare se nei prossimi anni il mercato farà tesoro di queste informazioni».

Per Paolo Galvani, presidente e Co-fondatore di Moneyfarm l’augurio è «che le novità introdotte dalla Mifid2 nei prossimi anni possano impattare realmente su tutto il sistema, così da realizzare quella auspicata “rivoluzione copernicana” in ottica di maggiore trasparenza generale, riconoscibilità del valore di indipendenza associato alla consulenza finanziaria e consapevolezza del risparmiatore sugli effettivi costi dei propri investimenti. La trasparenza fa parte del nostro modo di operare da sempre, ed è per questo che abbiamo deciso di supportare questo importante lavoro del Politecnico».

«In assenza di un intervento correttivo da parte delle autorità – conclude Massimo Scolari, presidente Ascofind (Associazione per la Consulenza Finanziaria Indipendente) – gli intermediari che scelgono modalità di comunicazione più opache, anziché subire penalizzazioni, potrebbero addirittura ottenere vantaggi competitivi nei confronti degli operatori più trasparenti. Il livello di qualità delle comunicazioni potrebbe quindi essere attirato verso il basso, mettendo a repentaglio di obiettivi ultimi perseguiti dalla direttiva. Ci auspichiamo quindi che già dal prossimo anno gli intermediari riescano a comunicare in tempi più ravvicinati e che soprattutto si avvii un’iniziativa volta ad una maggiore standardizzazione dei contenuti e delle modalità di comunicazione».

Elenco del campione di 18 intermediari considerati nello studio del Politecnico di Milano:

Allianz Bank Financial Advisors
Azimut Capital Management SpA
Banca Generali Private
Banco BPM Banco BPM SpA
BNP Paribas BNL 
BPER Banca
CREDEM Credito Emiliano SpA
Deutsche Bank SpA
Fineco Bank SpA
ING Bank
Fideuram
Intesa San Paolo Private Banking SpA
CheBanca! (Gr. Mediobanca)
Banca Mediolanum
Banca Widiba SpA (Gr. Mps)
IW Bank (Gr. Ubi)
Unicredit
Unipol Banca SpA

 

Fonte: Il Sole 24 Ore

 




Credito, la Fisac-Cgil: “In Abruzzo e Molise è emergenza”

La questione del credito continua a rappresentare un’emergenza per l’Abruzzo e per il Molise, regioni in cui il 90% del tessuto produttivo è composto da piccole e micro imprese che producono prevalentemente per un mercato interno asfittico e che, di conseguenza, vivono enormi difficoltà.

I temi in questione sono stati al centro del convegno “Il sistema del credito in Abruzzo e Molise” promosso dalla Cgil, dalla Fisac-Cgil Abruzzo e Molise e dalla Fisac nazionale. L’iniziativa si è svolta oggi all’Aurum di Pescara.

Ai lavori, introdotti dal coordinatore Fisac-Cgil Abruzzo Molise, Francesco Trivelli, e da Francesca Carnoso della Fisac nazionale e conclusi dal segretario generale della Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri, hanno preso parte il segretario generale della Fisac nazionale, Giuliano Calcagni, l’amministratore delegato della Banca Popolare di Bari, Vincenzo De Bustis, il direttore del dipartimento Sviluppo economico della Regione Abruzzo, Nicola Commito, Claudio De Vincenti, già ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, il direttore della Cna Abruzzo, Graziano Di Costanzo, il presidente della Fira, Alessandro Felizzi, e il presidente nazionale di Federconsumatori, Emilio Viafora.

In valori percentuali, il credito, nel settore delle piccole e micro imprese, in Abruzzo e Molise – sottolineano Cgil e Fisac – decresce molto di più di quanto accada a livello nazionale: negli ultimi 12 mesi la flessione è proseguita per oltre 90 milioni di euro. Tale situazione sta diventando una vera e propria emergenza a tutti i livelli. La politica regionale, che dovrebbe adottare misure adeguate alle necessità del momento, di fatto è inesistente“.

Persistono, inoltre – proseguono i promotori del convegno – forti disomogeneità nella ripresa delle due regioni: il Prodotto interno lordo, nel periodo 2008-2018, è pari al -5,2% in Abruzzo e al -20,3% in Molise. Come se non bastasse, l’Abruzzo viene indicato come una delle zone d’Italia più colpita dal fenomeno dell’usura. L’intero settore bancario, in particolare in Abruzzo e Molise, è in profondo mutamento. La complessità del cambiamento coinvolge tutti gli attori economici, politici e sociali poiché tutto ciò ha un impatto sullo sviluppo, sulle imprese, sul mondo del lavoro, sui risparmiatori, sulle famiglie e sui pensionati”.

Occorre far convergere il sistema del credito e il comparto infrastrutturale a beneficio del territorio; le banche possono fungere da volano per la realizzazione di investimenti e per concludere opere di interesse pubblico” ha dichiarato il segretario generale della Fisac Cgil Nazionale, Giuliano Calcagni.

Il convegno ha riguardato prevalentemente l’importanza del credito alle micro e piccole imprese, vera emergenza regionale; occorre ripensare l’organizzazione dei Confidi  in Abruzzo, per metterli in condizioni di allargare il sostegno alle imprese; occorre procedere alla riorganizzazione della FIRA SPA (finanziaria regionale), lavorare meglio sui bandi comunitari; per fare tutto ciò, occorre attivare con immediatezza un osservatorio sul credito. La politica deve interessarsi ai mutamenti che intervengono il sistema bancario, per tutelare le lavoratrici e i lavoratori e per le conseguenze che possono avere sullo sviluppo e sulle imprese” ha affermato il segretario generale della Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri.

Fonte: news-town.it




“Associazione a delinquere”: bancari denunciati per aver costretto i clienti a sottoscrivere polizze.

La notizia è riportata sul ”Fatto Quotidiano“ del 3 novembre.

A Reggio Calabria la Finanza indaga il Direttore dell’Ufficio Small Business della locale Filiale di un importante Gruppo bancario, oltre a 6 suoi colleghi. Secondo le accuse avrebbero imposto ad imprese clienti della banca la stipula di polizze assicurative come condizione tassativa per la concessione di mutui chirografari garantiti da Confidi. Nonostante fossero facoltative, le polizze venivano presentate come “obbligatorie” dietro minaccia di non erogare il denaro o di venire segnalati alla centrali rischi della Banca d’Italia. “Se non riusciamo a chiudere questa operazione, vi esce la segnalazione in centrale di rischi”
Il costo delle polizze faceva così impennare il costo del mutuo i cui interessi superavano la soglia dell’usura. Ad alcuni clienti sono state presentate conseguenze catastrofiche: “Il Direttore  – racconta una delle vittime – ci rappresentava scenari di possibili fallimenti e di sequestro della nostra casa”. Tutto questo serviva a raggiungere gli obiettivi commerciali assegnati alla Filiale ed ai singoli gestori.

I sette indagati sono accusati di reati gravissimi: associazione a delinquere, truffa, estorsione, tentata estorsione e usura bancaria, senza contare la possibilità per i clienti di costituirsi parte civile contro quella che gli investigatori definiscono “una cellula di impiegati di Unicredit”.

E la Banca? Non commenta. Secondo la Guardia di Finanza è parte lesa; ovviamente nessun dirigente ammetterà mai che quanto è accaduto è frutto di continue ed insopportabili pressioni, scaricando tutta la colpa sugli impiegati. Tutto già visto, più e più volte.

Colpiscono le intercettazioni dei colloqui tra gli impiegati, perché quella che la Finanza definisce “febbrile e incessante ricerca di clienti da ‘assicurare’” si volge con toni che purtroppo molti di noi conoscono fin troppo bene.
Ne dobbiamo fare altre 37mila euro che sono 5mila euro a gestore” dichiara il Direttore dell’Ufficio.
Vedrai che passeremo un brutto quarto d’ora. Il cliente firma e non sa nemmeno cosa sta firmando” commentano tra di loro alcuni degli indagati.

Ad alcuni clienti sono state fatte sottoscrivere più polizze a copertura dello stesso rischio, sapendo che in caso di sinistro la compagnia avrebbe pagato una sola volta. A chi glielo fa notare, il Direttore risponde “Si attaccano al tram”.

Non possiamo nascondere l’evidenza: quello che la Guardia di Finanza ha scoperto a Reggio Calabria succede probabilmente nelle filiali di molte banche.
Lo abbiamo già scritto e lo ripetiamo: non dobbiamo fidarci di capi senza scrupoli che ci spingono a violare le leggi pur di vendere più prodotti. Lo fanno perché sanno che loro prenderanno premi molto consistenti, e noi prenderemo tutti i rischi. Rinnoviamo ancora una volta l’invito a rivolgersi ai vostri rappresentanti sindacali e pretendere che facciano emergere queste pressioni: è possibile farlo in modo totalmente anonimo.
Ancora una volta, ricordiamo che chi cerca di spingerci ad agire in questo modo commette un reato, ed è giusto che il suo operato venga segnalato.

Nel lavoro bisogna impegnarsi, gli obiettivi commerciali vanno perseguiti, ma bisogna sempre farlo senza violare le leggi e senza scendere a compromessi con la propria coscienza.

Non ne vale la pena. Mai.

 

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MPS: Pegaso 2 è sostenibile?

Si è svolto nei giorni scorsi il terzo incontro sulla revisione dei modelli di servizio e riportafogliazione della clientela “Pegaso 2”, all’indomani della procedura di spin off che ha riguardato la chiusura di 100 sportelli sul territorio nazionale.

L’obiettivo prospettico dichiarato dall’azienda è la redistribuzione sostenibile dei carichi di lavoro. Una prospettiva che, tra le altre, è caratterizzata da oltre duemila “esuberi” che il Piano di Ristrutturazione impone di regolare entro il 2021.

Un obiettivo difficile da raggiungere a parità di organici complessivi – da noi ritenuti insufficienti in relazione alla richiesta di produttività sempre crescente – attraverso quella che si prospetta, stime alla mano, come una poderosa mobilità professionale.

La scomposizione dei dati per singola Area Territoriale evidenzia impatti differenziati e non del tutto chiariti. Elemento comune a tutte le A.T. ridimensionamento da operare nei centri PMI quanto a clienti, impieghi e, proporzionalmente, addetti al comparto PMI. La “liberazione” di risorse, per altro per piccoli numeri, si presenta, al di là dei centri in chiusura o ridotti a distaccamenti, alquanto frammentata sul territorio nazionale.

Specularmente, ma per effetto di ingressi dal modello di servizio Valore oltre che da quello PMI, aumenta la base clienti Small Business e, proporzionalmente, gli addetti al comparto SB. Anche il comparto Key Clients (già Corporate Top) viene incrementato in relazione all’aumento della base clienti provenienti dalle PMI.

Sulle linee Valore, Premium e Modulo Commerciale le stime aziendali non sono univoche e non aiuta l’ulteriore trasformazione di “rango” da Paschi Valore a Modulo Commerciale (25 filiali), da Modulo Commerciale a Paschi Valore (26 filiali di cui 16 filiali incorporanti spin off) e, infine, da Modulo Commerciale a Sportello Avanzato (16 filiali).

Inoltre, ci preoccupa la stima degli impatti, non omogenei in tutte le A.T. ma tendenzialmente decrescenti sugli Operatori di Sportello – già ridotti ai minimi termini – ed ai Supporti Operativi, il cui parziale accentramento delle attività non ha certamente azzerato il carico di lavoro sulle filiali.

Come OO.SS. abbiamo posto l’attenzione sui temi della formazione, affiancamento e riqualificazione professionale delle risorse. Particolare importanza dovrà avere il confronto periferico con le RSA, decisivo per analizzare nel dettaglio le ricadute. Abbiamo, inoltre, sottolineato la rilevanza dei colloqui, da parte dei GRU con i colleghi coinvolti, che dovranno essere in primis di orientamento e solo successivamente di destinazione.

Questo ennesimo progetto aziendale rischia, infatti, di depauperare competenze anziché valorizzarle, di operare una massiccia riconversione professionale in assenza di reale coinvolgimento e condivisione dei Lavoratori oltre ad una mobilità territoriale, anche se minimizzata dall’azienda, senza contemperare le esigenze aziendali con i bisogni degli interessati.

Allo stato attuale, le informazioni in nostro possesso, per quanto corpose e analitiche, non ci consentono di valutarne del tutto l’equilibrio complessivo, e tantomeno la sostenibilità attuale e prospettica dei carichi di lavoro. Inoltre, la tempistica determinata dall’azienda per il coinvolgimento delle Aree Territoriali sulle attività commerciale, gestionale e organizzativa per arrivare alla redistribuzione dei portafogli a ridosso delle feste natalizie e cominciare il 2020 con il nuovo assetto definitivo, richiederà ai colleghi della Rete uno sforzo straordinario incompatibile con la buona gestione dell’ordinaria amministrazione, i progetti di sviluppo improvvidamente avviati limitando contestualmente l’offerta fuori sede e in sovrapposizione con il riassetto e la “propulsione” commerciale che, a dispetto delle affermazioni aziendali, non si è mai attenuata né tantomeno ci aspettiamo che lo sarà da qui alla fine dell’anno.

 Siena, 31 ottobre 2019                                            

LE SEGRETERIE




Banca Popolare di Bari: il calendario delle assemblee

LA MISURA È COLMA

Ai Lavoratori ed alle Lavoratrici del Gruppo BPB
CALENDARIO ASSEMBLEE

La definizione del calendario è legata alla necessità di incontrare, nel più breve tempo possibile, tutti i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo.

Ci saranno perciò assemblee in contemporanea tra due o più “sedi territoriali”, località o comuni, come specificato nella tabella allegata.
La convocazione riguarderà filiali, agenzie ed uffici presenti nel comune o località indicata.

Ci rendiamo conto che per qualcuno dei partecipanti potrà essere disagevole raggiungere la sede assembleare, ma i tempi sono ristretti e perciò non è possibile suddividere ulteriormente i territori di competenza.

La gravità della situazione del Gruppo, è ragione sufficiente ad una mobilitazione generale.
Il calendario potrà subire delle variazioni, pertanto ogni singola assemblea sarà convocata a tempo debito.

Bari, 24.10.19

Segreterie di Coordinamento
FABI FIRST/CISL FISAC/CGIL UILCA/UIL UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari

 

Comunicato originale con il calendario delle assemblee