Sindaco Biondi: Bper velocizzerà i pagamenti per la ricostruzione

Bper velocizzerà i pagamenti per le imprese impegnate nella ricostruzione“.

A dare l’annuncio è il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi.

Nelle scorse settimane ho raccolto le preoccupazioni che Ance L’Aquila mi ha manifestato ufficialmente, legate ai disagi di numerosissime aziende costrette a fare i conti con il rallentamento nell’erogazione delle somme e le difficoltà seguite al trasferimento dell’ufficio sisma nella sede centrale di Modena dell’istituto bancario. – spiega il sindaco – Per questo ho inviato una nota rivolta ai vertici Bper in cui sono state rappresentate le difficoltà di chi quotidianamente opera per la ricostruzione dell’Aquila e dei territori colpiti dal terremoto”.

Alla missiva ha risposto il responsabile della Direzione territoriale adriatica della Banca popolare dell’Emilia Romagna, Guido Serafini, con il quale mi sono anche incontrato nei giorni scorsi, comunicandomi dell’avvenuta modifica delle modalità operative in attuazione dell’accordo Abi-Comune dell’Aquila. Un passaggio fondamentale che consentirà di ridurre i tempi di esecuzione nella disposizione dei pagamenti ai beneficiari di contributo pubblico”.
Fonte: www.news-town.it

Sullo stesso argomento:

https://www.fisaccgilaq.it/fisac/si-lamentano-i-clienti-bper-accrediti-in-ritardo-da-quando-ufficio-sisma-e-a-modena.html




Gruppo Unipol: verifica accordo fondo di accompagnamento alla pensione

Come previsto dallo specifico Accordo del 18 luglio u.s., giovedì scorso abbiamo incontrato l’Azienda per la verifica sull’esito dei Bandi di accompagnamento alla pensione.

Ricordiamo i numeri previsti:

  • 600 uscite fino ad un massimo di 660 previsti per l’incentivazione all’esodo (maturazione trattamento pensionistico entro il 1 settembre 2020) e per il fondo (maturazione trattamento pensionistico entro il 1 gennaio 2024)
  • 100 uscite tramite opzione quota 100

Al bando hanno aderito 840 colleghi:

  • 109 al bando relativo all’incentivazione all’esodo
  • 648 al fondo di solidarietà
  • 83 al bando quota 100

In allegato il dettaglio per sede ed area aziendale.

In considerazione del superamento del costo complessivo previsto (90 ML €), l’Azienda – anche tenuto conto di quanto, come Sindacato, avevamo già richiesto in fase di negoziazione – ha comunicato la disponibilità a stanziare ulteriori risorse economiche, accogliendo quindi tutte le adesioni pervenute per incentivazione e anticipazione dell’uscita per pensione.

Inoltre, confermando il comune obbiettivo di non escludere una parte della popolazione interessata, verrà estesa la possibilità di accedere al Fondo (incentivazioni e anticipazione) alle 15 adesioni provenienti dai lavoratori che operano nelle altre società del Gruppo.

A partire da oggi, i diretti interessati riceveranno, tramite mail, i diversi prospetti che dovranno essere restituiti controfirmati (coloro che cesseranno il rapporto di lavoro nel 2021 saranno coinvolti a partire da marzo 2020).

Come Organizzazioni Sindacali abbiamo recepito positivamente l’ulteriore disponibilità economica messa a disposizione dall’Impresa, che consentirà di accontentare la richiesta dei tanti colleghi che hanno inteso cogliere l’opportunità, a testimonianza della validità dell’Accordo raggiunto tra le Parti.

 

Rappresentanza Sindacale Gruppo Unipol
First CISL – Fisac CGIL – Fna – Snfia – Uilca UIL


ALLEGATO: Rendiconto bando accompagnamento alla pensione




Il controllo a distanza dei lavoratori

Le tutele derivanti dalla normativa sulla privacy, richiamata nel d.lgs. 151/2015

L’unica tutela per i lavoratori è rappresentata dall’onere per il datore di lavoro di dare avviso delle modalità d’impiego degli strumenti e delle modalità di controllo, con un richiamo, generico, alla normativa sul trattamento dei dati sensibili di cui al d.lgs. 196/2003. Per individuare delle indicazioni più puntuali in merito, possono essere utili le linee guida del Garante della Privacy del 2007, che hanno stabilito alcuni principi generali in tema riutilizzo della posta elettronica e di internet sul posto di lavoro.

In estrema sintesi, i controlli devono rispondere ai criteri di:

  • Liceità e correttezza, in particolare occorre avvisare i lavoratori dei controlli stessi;
  • Pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità per le quali sono effettuati (devono avvenire nel modo meno invasivo possibile; devono essere graduati, ad esempio bloccando in via preventiva l’accesso a siti internet specifici; non devono essere mai costanti prolungati e discriminanti);
  • Conservazione per un periodo di tempo non superiore a quello necessario.

Inoltre le linee guida indicano alcuni comportamenti vietati al datore di lavoro:

  • La lettura e la registrazione sistematica dei messaggi di posta elettronica, al di là di quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento di servizio email.
  • La riproduzione ed eventuale memorizzazione sistematica delle pagine web visualizzate dal lavoratore;
  • La lettura e registrazione dei caratteri inseriti tramite tastiera;
  • L’analisi occulta di computer portatili affidati in uso.

 

Qualche suggerimento

Il d.lgs.151/2015 prevede esplicitamente che i dati raccolti dal controllo sugli strumenti di lavoro possano essere utilizzati a tutti ii fini connessi al rapporto di lavoro: in altre parole anche in ordine alle sanzioni disciplinari, che potrebbero arrivare al licenziamento.

Per evitare rischi di natura disciplinare è necessario seguire alcune cautele:

  • Prendere visione delle normative aziendali e degli accordi in materia di utilizzo di computer, smartphone, tablet, ed ogni apparecchiatura elettronica fornita dal datore di lavoro;
  • Tenere sempre presente che si tratta di apparecchiature finalizzate alla prestazione a tale finalità, il datore di lavoro può tollerarlo, ma dispone di margini giuridici molto ampi per procedere ad eventuali sanzioni.
  • Non utilizzare mai espressioni offensive di qualunque genere nei confronti dell’impresa, di superiori gerarchici o di colleghi nelle email di lavoro ed in generale su Facebook o qualunque social network;
  • Evitare di inserire su qualunque social network notizie o riferimenti all’azienda, per evitare violazioni dei doveri di fedeltà, correttezza e riservatezza
  • Evitare di collegarsi a social network in orario di lavoro.

 

Il controllo, in generale

Il d.lgs. 151/2015, all’art 23, contiene la nuova disciplina del controllo a distanza dei lavoratori, introdotta con una radicale riscrittura dell’art. 4 della legge 300/1970.
In prima battuta, la nuova normativa riprende il principio generale espresso dalla l.300/1970, con poche modifiche.
Così, riguardo agli strumenti dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, stabilisce che possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
Inoltre, per tali installazioni resta necessario l’accordo sindacale oppure l’autorizzazione della direzione territoriale del lavoro. Tale norma riguarda soprattutto i sistemi di videosorveglianza.

 

Il controllo degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa

Pur confermando il richiamato principio generale, il decreto introduce una deroga amplissima: gli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze non sono più soggetti a limitazioni.

Di fatto, la nuova legge attribuisce al datore di lavoro un potere incisivo di controllo su computer (e, di conseguenza, possono essere controllate le connessioni internet e le email), telefoni fissi e portatili, tablet, tutti strumenti diffusamente utilizzati in qualunque realtà di lavoro impiegatizio e non solo.

 

A cura di Alberto Massaia – Consulta Giuridica Fisac/Cgil

 

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Sullo stesso argomento

https://www.fisaccgilaq.it/banche/occhio-al-web-social-network-e-sanzioni-disciplinari.html

 




L’insostenibile leggerezza del Decreto Sicurezza

Il decreto legge chiamato Sicurezza e immigrazione (d.l. 4 ottobre 2018 n. 113, approvato dal Senato il 7 novembre 2018 e convertito in legge 20 giorni dopo) è legge dello Stato da più di 12 mesi.
Fu fortemente voluto dall’allora Ministro degli Interni, che, bontà sua, definì il provvedimento un regalo al Paese fatto di «un po’ di regole e un po’ di ordine».

E malgrado il bon ton imponga che «a caval donato non si guardi in bocca», il «regalo» è stato dettagliatamente esaminato, e sono di questi giorni i dati, resi disponibili dallo stesso Viminale, che ne descrivono la ricaduta i termini di efficacia e risultati. Li hanno raccolti in un rapporto reso pubblico qualche giorno fa Openpolis e ActionAid. Il quadro che ne emerge è a dir poco desolante.

I dubbi, da subito, sull’effettività del decreto

Ci stupiamo? Ma da subito dalla nuova disciplina emergeva una serie di interrogativi e dubbi sull’applicabilità in concreto delle misure adottate.

In particolare, a decreto convertito, su queste pagine Stela Xhunga poneva 4 domande che a suo avviso avrebbe dovuto farsi chi ne era sostenitore. Partiamo da quelle, e vediamo se, a un anno di distanza, quei dubbi erano legittimi.

 

Con quali soldi il Governo intende rimpatriare gli irregolari?

Non vi è dubbio, la politica dei rimpatri è stata fallimentare; in campagna elettorale Matteo Salvini aveva promesso 600mila rimpatri ma i dati del Viminale danno cifre diverse: 3.299 rimpatri portati a termine a luglio 2019, a oggi ne sono stati disposti 27mila ed eseguiti 5.600. Si tratta di cifre più basse rispetto (non solo alle promesse ma anche) a quanto eseguito nei due anni di governo precedenti (7.383 nell’anno 2017 e 7.981 nel 2018).

Come sottolinea Openpolis, di questo passo, «anche nell’ipotesi impossibile di zero arrivi nei prossimi decenni, occorrerà oltre un secolo e oltre 3,5 miliardi di euro (5.800 euro a rimpatrio) per rimpatriarli tutti».

Tre miliardi e mezzo di euro! Per rimpatriarli tutti… Già, tutti. Ma quanti sono?

Immigrati irregolari: la «sicurezza» è il loro numero in aumento

Come emerge dallo studio sopra citato – che, sia detto tra parentesi, risulta una fonte straordinaria di dati – le nuove norme, nate per l’espressa volontà di contrastare la cosiddetta “emergenza migranti”, concorreranno «paradossalmente a crearne un’altra, quella degli irregolari presenti sul nostro territorio».  Si stima infatti che il numero degli irregolari potrà arrivare a 680mila entro il 2019 e superare i 750mila a gennaio del 2021.

È questa la conseguenza più immediata ed evidente dell’abolizione della protezione umanitaria, che diventa così una vera e propria emergenza di cui occorrerà farsi carico da subito. L’abrogazione dell’istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari (art. 1 del decreto) si è tradotta infatti nell’aumento immediato della percentuale dei “diniegati” (coloro ai quali viene negato il riconoscimento di una forma di protezione internazionale), che passano dal 67% nel 2018 all’80% nel 2019: in numeri assoluti 80mila persone che rischieranno di essere estromesse dal sistema e destinate ad aggiungersi alla popolazione degli irregolari.

Il permesso per motivi umanitari, che durava fino a 2 anni, portava con sé importanti effetti: consentiva l’accesso al lavoro, al servizio sanitario nazionale, all’assistenza sociale e all’edilizia residenziale. Che ora vengono meno. E si arriva così a rispondere a un’altra delle domande da noi poste un anno fa.


Che fine faranno gli operatori che lavorano regolarmente nell’accoglienza?

Verranno licenziati.

Il 31 dicembre scadranno infatti i finanziamenti destinati ai progetti di accoglienza del Sistema “diffuso” di protezione per richiedenti asilo e rifugiati in Italia (gli Sprar, gestiti con i Comuni). Questi sono stati fortemente ridimensionati, e oggi i richiedenti asilo sono affidati ai nuovi Cas (gestiti dalle prefetture) che garantiscono di fatto solo vitto e alloggio, senza alcuna previsione di servizi per l’inserimento economico e sociale (a cominciare, per esempio, dall’insegnamento della lingua italiana).

Cancellati i centri di accoglienza, viene meno anche una lunga lista di figure professionali: si stima che resteranno senza lavoro circa 18 mila persone tra infermieri, assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali e insegnanti, quasi tutti giovani e laureati.

Come è stato scritto: «Una bomba sociale, che supererebbe anche il buco occupazionale che potrebbe crearsi con la chiusura dell’ex Ilva» di cui tanto si parla in questi giorni.

 

Fonte: Peopleforplanet.it




I pagamenti in contanti in Italia

Ricordiamo che da poco tempo è entrata in vigore la Normativa che prevede la comunicazione, all’Unità di Informazione Finanziaria di Bankitalia, di tutte le movimentazioni mensili di contante che superino la soglia di 10mila euro (precedentemente era di 15mila euro), allo scopo di incentivare l’utilizzo di forme di pagamento alternative al contante – con il vantaggio di minori costi e rischi ed una maggior tracciabilità delle transazioni, leggasi antiriciclaggio -.

Questa propensione all’uso del contante è presente anche in altri Paesi europei, come la Germania e l’Austria mentre in Francia sono più diffusi i pagamenti elettronici. Quasi inesistente il denaro contante in Finlandia, Olanda e Svezia (Paese non Euro). I dati chiariscono che l’uso del denaro contante come mezzo di pagamento delle transazioni è cresciuto molto a partire dal 2018, anno del fallimento della Lehman e durante le crisi del Debito sovrano degli 2010-2013. 

La Banca Centrale Europea stima che circa il 30% della circolazione complessiva (circa 350mld di Euro su un totale di poco più di 1.188mld di Euro fisici a giugno scorso) sia detenuta a scopo di pagamento. Una  ricerca della stessa Bce di tre anni fa, ma ancora attuale, calcola che il valore medio delle transazioni in contanti sia di 14 euro rilevati nei punti vendita, dimostrando come il denaro contante primeggi nei pagamenti di tutti i giorni per importi ridotti e rimanga, invece, unità di riserva in chiave precauzionale o di portafoglio.

Intanto si affacciano sulla scena, seppur lentamente, strumenti di pagamento diversi: le emissioni in euro nette da parte della Banca d’Italia (pari al 18% dell’intera area Euro fino al 2008) hanno evidenziato notevoli flessioni a partire dal 2011 per il limite a 999,99 per i pagamenti in contante, poi rimosso nel 2016.

 

Fonte: Fisac

 




Intesa Sanpaolo: la banca del tempo

Banca del tempo significa permessi retribuiti aggiuntivi.

Pubblichiamo l’aggiornatissima infografica preparata dalla Fisac/Cgil Gruppo Intesa Sanpaolo

 

 




Banche e AdER: attenzione alla scadenza delle festività soppresse

Il vigente CCNL del credito ed il CCNL dell’AdER prevedono che il periodo utile per fruire dei giorni di permesso spettanti a titolo di recupero delle ex festività soppresse vada dal 16 gennaio al 14 dicembre di ogni anno. Nel 2019 il giorno 14 dicembre coincide con un sabato, quindi l’ultima data utile per beneficiare dei permessi è il 13 dicembre.

Visto l’approssimarsi della scadenza scadenza invitiamo tutti i lavoratori operanti nei comparti ABI e riscossione a verificare l’eventuale rimanenza di permessi e, nel caso, pianificare subito la fruizione degli stessi, evitando così di perdere il diritto.

Sullo stesso argomento

https://www.fisaccgilaq.it/banche/festivita-soppresse-anno-2019.html

 

 




Banca Fucino: prossima fusione con Banca Igea?

Care Colleghe, cari Colleghi di Igea Banca,

verosimilmente a marzo del nuovo anno si realizzerà la fusione tra Igea Banca e Banca del Fucino, con la nascita di un nuovo gruppo bancario.
Come a voi noto, la Banca del Fucino era giunta sull’orlo del fallimento a seguito di una politica creditizia dissennata da parte della proprietà e del management. Si è inopinatamente continuato a concedere credito nell’ambito dei settori merceologici immobiliare e delle costruzioni, estremamente rischiosi, conducendo in tal modo la Banca al dissesto. Mentre tutti ignoravano la polveriera sulla quale eravamo seduti, la Fisac Cgil ha denunciato la gravità di tale comportamento, ed ha richiesto ufficialmente alla proprietà e al Cda che venisse sufficientemente patrimonializzata la banca, prima ancora che lo imponesse l’Organo di Vigilanza.
L’azienda ha dapprima reagito negando qualsiasi problema. Invece, successivamente all’ispezione della Banca d’Italia che confermava l’analisi effettuata dalla Cgil, la proprietà ha tentato di illudere i Lavoratori, promettendo aumenti di capitale mai realizzati.

Tale situazione ha messo a serio rischio l’occupazione. Alla luce di ciò la Fisac Cgil ha intrapreso la strada che appariva più difficile e complessa da perseguire, ma in realtà l’unica realistica, che avrebbe potuto portare alla risoluzione dei problemi e alla salvaguardia dell’occupazione per tutti lavoratori della Banca del Fucino.

In primo luogo ha instaurato un rapporto dialettico con la Banca d’Italia, scrivendo più volte al governatore Ignazio Visco; ha incontrato ed intrattenuto relazioni dirette con il Responsabile della Supervisione Bancaria 2, con un monitoraggio continuo della liquidità e delle prospettive di breve e medio periodo, pungolando continuamente l’Organo di Vigilanza ad interventi immediati che non mettessero in difficoltà la Banca e, di conseguenza, i dipendenti.

La Fisac Cgil ha inoltre compreso che un ruolo determinante poteva e doveva essere giocato dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi; per tale ragione ha chiesto ed ottenuto numerosi incontri con il dr. Boccuzzi, Direttore Generale di tale struttura, spingendo per un intervento della stessa, cosa puntualmente verificatasi.

La Fisac Cgil ha inoltre individuato il fattore decisivo che poteva sbloccare la crisi: lo Stato.

Senza un intervento del Ministero dell’Economia non si sarebbe mai potuti giungere ad una risoluzione dei problemi per i lavoratori; per tale ragione ha chiesto ed ottenuto un incontro da parte dei Rappresentanti Sindacali Aziendali della Fisac Cgil, Luigi Giannini e Daniele Canti, con il Direttore Generale del Tesoro, il dottor Rivera, insistendo affinché lo Stato fosse parte attiva nella risoluzione del problema dei crediti deteriorati. Anche questo risultato è stato conseguito attraverso l’intervento della SGA, società detenuta al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La SGA ha acquistato tutti i crediti deteriorati, permettendo così che finalmente l’operazione di salvataggio della Banca del Fucino divenisse appetibile per Igea Banca.

La Fisac Cgil, valutando solida la compagine sociale sottostante ad Igea Banca, ha iniziato immediatamente una fattiva e proficua interlocuzione con i suoi rappresentanti , Il dottor Maiolini ed il dottor Masi.

In estrema sintesi questo è quanto accaduto in questi due anni difficili, che finalmente ci siamo messi alle spalle.

È importante sottolineare che questi straordinari risultati si sono potuti raggiungere grazie al fatto che la Fisac Cgil della Banca del Fucino è la struttura sindacale più solida e forte d’Italia.

I lavoratori iscritti alla Cgil sono oltre 200 su un totale di dipendenti inferiore a 300: all’incirca il 70%. Questo ha consentito al nostro Sindacato di esercitare un ruolo determinante per l’aggregazione con Igea Banca e la tutela del posto di lavoro.

La Rappresentanza Sindacale Aziendale della Fisac Cgil della Banca del Fucino è composta da Luigi Giannini, facente parte dell’Assemblea Generale della Confederazione Cgil di Roma e Lazio, che rappresenta 320.000 lavoratori e da Daniele Canti facente parte del Direttivo Nazionale e Segretario Generale della Fisac Cgil di Roma Centro, il territorio più importante del Lazio, che conta oltre 4000 iscritti, aziende di credito ed assicurative, Esattoria, Cassa Depositi e Prestiti, nonché le Authority, Banca d’Italia, Ivass, etc.

Stiamo entrando in una fase importante del nuovo gruppo: il rinnovo del Contratto Integrativo Aziendale, che interesserà sia i dipendenti della Banca del Fucino, sia i dipendenti di Igea Banca. Le condizioni di partenza sono molto differenti, in quanto i dipendenti di Igea banca non hanno alcun contratto integrativo. Il Contratto Integrativo Aziendale della Banca del Fucino rappresenta relazioni sindacali mature, che dovranno essere esportate a tutti i dipendenti del futuro gruppo.

A titolo di esempio, la previdenza integrativa per i dipendenti Igea prevede un contributo aziendale pari all’1,6% della sola paga base, mentre la previdenza integrativa per i dipendenti della Banca del Fucino prevede un contributo aziendale pari al 4,25% dell’imponibile previdenziale (un riferimento di calcolo ben più ampio della paga base)

Per Vostra conoscenza Vi alleghiamo copia del nostro attuale Contratto Integrativo Aziendale ed uno specchietto riepilogativo delle attuali differenze delle condizioni per il personale Igea e per il personale Fucino. In merito al rinnovo del CIA abbiamo già avuto un incontro con il Dottor Maiolini, il quale ha evidenziato le differenze di trattamento fra i due istituti, chiedendoci di non adottare nell’immediato per i dipendenti Igea il trattamento attualmente riservato ai dipendenti Fucino, motivando ciò in ragione delle migliori condizioni che sarebbero state pattuite al momento dell’assunzione con i dipendenti di Igea, proprio per l’assenza del Contratto Integrativo Aziendale.

In tale occasione abbiamo manifestato la nostra intenzione di estendere tutte le garanzie contenute nel CIA Fucino anche ai lavoratori di Igea Banca, con i quali presto lavoreremo assieme, componendo un’unica realtà aziendale in cui saremo tutti colleghi alla pari.

Per raggiungere tale risultato abbiamo bisogno che Voi lavoratori di Igea Banca ci diate immediatamente mandato a rappresentarVi nella trattativa sul CIA, iscrivendoVi alla Fisac Cgil.

Si tratta di fare un salto di qualità e di lavorare insieme nel Sindacato che ha preso in mano le redini della Banca del Fucino, traghettandola fuori dalla crisi.

Siamo sicuri che se saremo coesi potremo ottenere gli stessi straordinari risultati già ottenuti in questi anni.

Un caro saluto.

C.A.C. Fisac Cgil
Banca del Fucino S.p.A.


ALLEGATI:

 

 




Sciopero agenti Gruppo Generali: i dipendenti hanno diritto a svolgere la prestazione lavorativa.

Siamo venuti a conoscenza, in questi giorni, che gli Agenti aderenti al “Gruppo Agenti Generali Italia” (GA–GI) hanno proclamato un’azione di protesta nei confronti di Generali Italia indicendo uno “sciopero”, CON CHIUSURA DELLE AGENZIE, perl’intera giornata di lunedì 18 novembre 2019.

Secondo quanto riportato nei comunicati stampa del GA-GI, l’obiettivo dell’iniziativa di mobilitazione degli Agenti è quello di far arrivare, in modo unisono, ai vertici aziendali la richiesta di “poter lavorare meglio con efficienza e con il rispetto di tutti: clienti, agenti, dipendenti amministrativi e organizzazione produttiva” … che nasce non solo a causa di croniche “disfunzioni informatiche” ma anche da tutta una serie di “problematiche, assuntive e liquidative”, che negli ultimi anni “hanno attanagliato sempre di più l’attività quotidiana degli Agenti”.

Pur comprendendo le questioni evidenziate, desideriamo chiarire che l’azione di sciopero degli Agenti dovrà essere gestita, dagli stessi, in modo tale da non avere alcun riflesso negativo sull’esatto adempimento delle obbligazioni retributive e normative convenute nel contratto di lavoro con i dipendenti e, quindi, non dovrà ricadere negativamente sulle lavoratrici e sui lavoratori né, tantomeno, procurare loro un danno.

Conseguentemente, anche considerato che si prevede, da parte dei datori di lavoro, che il giorno 18 novembre p.v. sarà inibito qualsiasi collegamento con i sistemi informatici della Compagnia, fermi restando la chiusura dell’Agenzia, qualora definita, ed il “non utilizzo” degli strumenti di lavoro “informatici”, qualora lo stesso venga impedito, i dipendenti avranno in ogni caso il diritto, attenendosi alle prescrizioni operative indicate dal datore di lavoro, di svolgere la propria prestazione lavorativa e non potrà essere loro imposta la fruizione di una giornata di ferie, il cui utilizzo non potrà che essere, eventualmente, frutto di libera scelta da parte del dipendente che lo porti ad effettuare, nel caso, specifica richiesta in tal senso.

 

Roma, 12 novembre 2019

 

Le Segreterie Nazionali
First/Cisl          Fisac/Cgil         FNA          UILCA

 




Popolare di Bari: slittamento delle assemblee

A seguito del ns. Comunicato del 24 Ottobre 2019 avente come oggetto”CALENDARIO ASSEMBLEE”, Vi informiamo che l’azienda in data 31 Ottobre u.s., ha inviato alle Segreterie di Coordinamento del GruppoBanca Popolare di Bari e alle Segreterie Nazionali, la convocazione per il giorno 15 corrente mese inerente il “Piano Industriale – Informativa ai sensi del CCNL”.

Pertanto, le Assemblee organizzate secondo il programma stabilito, subiranno uno slittamento al fine di aggiornarsi dopo l’esito del citato incontro.

Alla luce del contenuto degli articoli di stampa del 6 Novembre 2019 auspichiamo che l’Azienda sia in grado di presentarci nella data fissata il reale Piano Industriale approvato.

Sull’evolversi della situazione, Vi terremo costantemente informati comunicandovi le nuove date delle Assemblee.


Segreterie di Coordinamento

FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA/UIL – UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari