Ancora classifiche tra i lavoratori. Anche la giurisprudenza se ne occupa

La fantasia nell’inventare concorsi e classifiche non ha limiti, ma ci sono dei limiti di legge (Garante della Privacy, provvedimento n. 500 del 2018).

Una cooperativa di servizi bandisce un concorso a premi fra i propri soci lavoratori, dal titolo “Mettiamoci la faccia… Soci!”, concorso che frutta un premio in denaro ai primi 3 classificati. La partecipazione è obbligatoria per tutti i soci; non solo, i medesimi devono anche autotassarsi, con una trattenuta egualmente obbligatoria di 30 euro mensili, per finanziare il concorso.

I soci lavoratori vengono costantemente informati dall’andamento del concorso, per mezzo di una tabella affissa nella bacheca aziendale, visibile dai soci, dai dipendenti della cooperativa ed anche dai terzi che accedono agli uffici. La tabella riporta per ciascun socio lavoratore: nome, cognome, fotografia, faccina che esprime il giudizio sintetico – attribuito settimanalmente dall’amministrazione della cooperativa – ed anche le assenze di qualunque genere e le sanzioni disciplinari.

Alcuni lavoratori presentano ricorso al Garante per la protezione dei dati personali, ritenendo che l’intera vicenda sia vessatoria e crei un continuo disagio per il fatto di essere pubblicamente giudicati.

Il Garante si è pronunciato con il provvedimento n. 500 del 21 dicembre 2018. In primo luogo ha rilevato come il consenso al trattamento dei dati personali ottenuto con tali modalità – partecipazione obbligatoria al concorso e trattenuta obbligatoria – non fosse idoneo a legittimare il trattamento di dati personali, vista la sproporzione dei rapporti di forza esistenti fra l’impresa e i singoli lavoratori.

Inoltre, il Garante ha rilevato come l’impresa abbia il diritto di trattare le informazioni riguardanti i rapporti di lavoro, ma non abbia il diritto di diffonderle mediante affissione su una bacheca visibile a tutti gli altri dipendenti e anche a terzi. Tali modalità non sono adeguate né pertinenti rispetto ai presunti scopi dichiarati dalla cooperativa – l’incentivazione dei soci al raggiungimento degli obiettivi di qualità ed efficienza – ma anzi, sono lesivi della dignità personale, della libertà e della riservatezza dei lavoratori e come tali sono pertanto illeciti e vietati.

Di certo si tratta di un caso estremo – i lavoratori erano obbligati a pagare per essere sbeffeggiati sulla bacheca aziendale – e per fortuna fatti del genere non sono mai avvenuti in ambito bancario. Ma il concetto giuridico è chiaro e applicabile in qualunque ambiente di lavoro: è vietato utilizzare dati personali dei lavoratori per realizzare una classifica pubblica di “buoni” e “cattivi” lavoratori.

Nel settore del credito, l’ABI e le Organizzazioni Sindacali hanno firmato l’8 febbraio 2017 l’Accordo nazionale per le politiche commerciali e organizzazione del lavoro.

Tale accordo, fra l’altro, ha stabilito che le comunicazioni aziendali ed altresì il monitoraggio degli andamenti commerciali, siano improntate al rispetto della normativa vigente, senza indebite pressioni e senza messaggi fuorvianti o vessatori nei confronti dei lavoratori o lesivi della loro dignità e professionalità. Inoltre, ha stabilito che il riscontro al personale circa il posizionamento rispetto agli obiettivi assegnati avvenga attraverso appositi strumenti aziendali evitando gli abusi, l’eccessiva frequenza e le inutili ripetizioni.

L’accordo del 2017 fissa quindi una serie di tutele per i lavoratori, allineate alla normativa sulla privacy ed ai principi identificati dal Garante per la protezione dei dati personali. E per rafforzare ulteriormente le tutele, le Organizzazioni Sindacali, nella piattaforma presentata a marzo 2019 per il rinnovo contrattuale, hanno richiesto che le tutele individuali e collettive previste nell’accordo vengano ricondotte all’articolato del contratto nazionale del credito.

 

Alberto Massaia 

Consulta Giuridica Fisac/Cgil




I vertici UBI rispondano sulle esternalizzazioni

In merito all’operazione deliberata dal Gruppo UBI e formalizzata, a norma di legge, con Informativa alle sigle sindacali il 26 luglio 2019, si sono riuniti e confrontati oggi i Segretari Nazionali e i Segretari Coordinatori di Gruppo di tutte le sigle.

Con la finalità di informare correttamente tutti i Lavoratori del Gruppo relativamente ad una procedura la cui responsabilità ricade tutta sulla controparte, riportiamo i punti definiti oggi di comune accordo tra le parti sindacali, che sono:

  • La massima contrarietà alle operazioni deliberate da UBI Banca;
  • La richiesta di un urgente incontro con i vertici del Gruppo perché diano spiegazioni sulla delibera di esternalizzazione;
  • L’organizzazione di iniziative volte a informare e coinvolgere i Lavoratori (presidi, assemblee, manifestazioni) da svolgersi in contemporanea su tutte le piazze coinvolte dall’operazione;
  • La necessità di ulteriori approfondimenti dei profili di legge e di CCNL dell’operazione, sia riguardo al ramo d’azienda che ad attività ricomprese nell’area contrattuale;
  • L’impegno a tutelare le Lavoratrici e i Lavoratori coinvolti attraverso le migliori garanzie occupazionali, economiche e normative.

Ricordiamo che il quadro normativo attuale consente alle organizzazioni sindacali di negoziare con la controparte le ricadute sui colleghi sino alla scadenza dei termini previsti dalla legge, scaduti i quali, anche in assenza di un accordo, la procedura produrrà i suoi effetti giuridici.

Ogni eventuale azione legale può essere esercitata esclusivamente attraverso cause in capo al singolo lavoratore e solo successivamente al passaggio societario.

Riteniamo la decisione unilaterale di UBI un vero e proprio attacco all’area contrattuale che, nella piattaforma di rinnovo del CCNL, le OO.SS. hanno inteso difendere e rafforzare.

Bergamo, 4 settembre 2019

 

Fabi First-Cisl Fisac-Cgil Uilca-Uil Unisin Segreterie Nazionali e Segretari di Coordinamento Gruppo UBI




Pensione anticipata 2019: i requisiti per aderire

La Pensione Anticipata è il trattamento pensionistico erogato nei confronti dei lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) ai fondi sostitutivi, esonerativi ed esclusivi della stessa nonchè agli iscritti presso la gestione separata dell’Inps (cioè verso la generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato o pubblico nonchè dei lavoratori autonomi), che può essere raggiunto al perfezionamento del solo requisito contributivo indipendentemente dall’età anagrafica del beneficiario.

E’ stata introdotta a partire dal 1° gennaio 2012 dalla Legge Fornero (articolo 24 del decreto legge 201/2011) in sostituzione dal medesimo anno della pensione di anzianità con l’abbinamento di un sistema di disincentivazione che si realizza(va) attraverso una riduzione del rateo in relazione al tempo mancante per il raggiungimento di un limite minimo di età fissato in 62 anni dal decreto legge 201/2011. Tale meccanismo di disincentivazione è stato poi soppresso in via definitiva con la legge di bilancio per il 2017 (si veda infra).

 

La Pensione Anticipata nel Sistema Retributivo e Misto

Nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 (cioè nei confronti dei lavoratori che rientrano nel cd. sistema misto) la prestazione può essere conseguita, indipendentemente dall’età anagrafica, al perfezionamento, dal 1° gennaio 2012, di una anzianità contributiva pari a 42 anni ed un mese per gli uomini e a 41 anni ed un mese per le donne. Tali requisiti si applicano indistintamente ai lavoratori dipendenti, agli autonomi nonchè ai lavoratori del pubblico impiego.

I suddetti requisiti sono stati aumentati di un mese nel 2013, di un altro mese nel 2014 ed ulteriormente incrementati a seguito della speranza di vita ai sensi dell’articolo 12, comma 12 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 (3 mesi nel 2013; 4 mesi nel 2016). Pertanto dal 1° gennaio 2016 e sino al 31 dicembre 2018 il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata è risultato pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne (cfr: Circolare Inps 63/2015).

Sospensione degli adeguamenti

Dal 1° gennaio 2019 il requisito contributivo avrebbe dovuto formare oggetto di adeguamento alla speranza di vita in misura pari a cinque mesi (Circ. Inps 62/2018). Il predetto adeguamento è stato, tuttavia, sospeso dall’articolo 15 del DL 4/2019 sino al 31 dicembre 2026. Pertanto il requisito contributivo per il conseguimento della prestazione rimane fermo a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2026 (circolare Inps 11/2019). Come contropartita della sospesione dall’adeguamento Istat il DL 4/2019 ha introdotto – per chi matura i requisiti dal 1° gennaio 2019 – una finestra mobile che comporta lo slittamento nella percezione del primo rateo di pensione in misura pari a tre mesi dalla maturazione dei requisiti.

Misure per i precoci

A decorrere dal 1° maggio 2017 l’articolo 1, co. 199 della legge 232/2016 ha introdotto una riduzione del requisito contributivo a 41 anni (sempre a prescindere dall’età anagrafica del lavoratore) sia per gli uomini che per le donne che abbiano svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età e che si trovino in alcuni specifici profili meritevoli di una particolare tutela (disoccupati a seguito di licenziamento con esaurimento degli ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi, invalidi civili con una invalidità non inferiore al 74%, soggetti che assistono disabili, addetti a lavori usuranti o a lavori gravosi).

Anche il predetto requisito contributivo ridotto avrebbe dovuto formare oggetto di adeguamento alla speranza di vita in misura pari a cinque mesi dal 1° gennaio 2019. L’articolo 17 del DL 4/2019 ha sospeso l’applicazione dell’adeguamento e dei successivi adeguamenti sino al 31 dicembre 2026. Pertanto dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2026 i requisiti contributivi per il conseguimento della pensione anticipata per i lavoratori precoci restano fermi a 41 anni di contributi. A partire da coloro che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2019 il DL 4/2019 ha introdotto una finestra mobile trimestrale. Che comporta lo slittamento nella percezione del primo rateo di pensione.

La tavola sottostante riepiloga, pertanto, la probabile evoluzione nel corso del tempo dei requisiti. Per il conseguimento della pensione anticipata secondo lo scenario demografico Istat 2017, l’ultimo disponibile.

La contribuzione

Ai fini del raggiungimento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata. O accreditata in favore dell’assicurato (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto). Fermo restando, per i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e ai fondi ad essa sostitutivi il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione. Utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa. In altri termini ai fini del conseguimento della prestazione è necessario perfezionare almeno 35 anni di contributi. Senza considerare i periodi di figurativi derivanti dalla disoccupazione indennizzata e malattia (cfr: Circolare Inps 180/2014)

La Penalizzazione

La legge Fornero aveva previsto che chi avesse percepito prima dei 62 anni di età il pensionamento anticipato avrebbe subito una penalizzazione sulle anzianità retributive maturate fino al 2011. Il taglio era pari al 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 60 anni di età e dell’1% per ogni anno prima dei 62. Il suddetto sistema di disincentivazione, già congelato sino al 31.12.2017dall’articolo 1, co. 113 della legge 190/2014 (Cfr: Circolare Inps 74/2015), è stato soppresso in via definitiva, anche dopo il 2017, dall’articolo 1, co. 194 della legge 232/2016.

La Pensione anticipata nel sistema contributivo

I lavoratori il cui primo contributo versato è successivo al 31 dicembre 1995 e che, quindi, hanno diritto alla liquidazione del trattamento pensionistico interamente con il sistema contributivo, possono conseguire il trattamento anticipato, sempre a prescindere dall’età anagrafica. Al perfezionamento delle medesime anzianità contributive previste per i lavoratori nel sistema retributivo o misto appena citate.

A differenza di coloro che sono nel sistema retributivo o misto al 31 Dicembre 2011, nei loro confronti non ha mai trovato applicazione il sistema di disincentivazione previsto qualora accedano alla pensione anticipata prima del raggiungimento del 62° anno di età.

Inoltre ai fini del perfezionamento del requisito contributivo è sempre valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata a favore dell’assicurato, fermo restando che, ai sensi dell’art. 1, comma 7, della legge n. 335 del 1995, ai fini del computo di detta contribuzione non concorre quella derivante dalla prosecuzione volontaria, mentre quella accreditata per periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del 18° anno di età è moltiplicata per 1,5. Per questi soggetti, inoltre, non sussiste l’agevolazione in favore dei lavoratori precoci sopra descritta (pensione con 41 anni di contributi).

La pensione a 63 anni

Oltre alla possibilità di avere riconosciuta la pensione con i requisiti sopra descritti, chi è nel sistema contributivo, può ottenere la pensione anticipata, qualora più favorevole, al compimento di 63 anni, a condizione che risultino versati e accreditati almeno 20 anni di contribuzione “effettiva” e che l’ammontare della prima rata di pensione risulti non inferiore ad un importo soglia mensile pari a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale.

Ai fini del computo dei 20 anni di contribuzione “ effettiva” è utile solo la contribuzione effettivamente versata. (Obbligatoria, volontaria, da riscatto), con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo. Il requisito anagrafico è soggetto agli adeguamenti alla speranza di vita sopra citati e non ha formato oggetto di sospensione ad opera più volte citato DL 4/2019. Pertanto nel biennio 2019-2020 il requisito anagrafico è aumentato a 64 anni e continuerà, ogni biennio, ad essere incrementato secondo la tabella sotto allegata. A tale prestazione, peraltro, continua a non applicarsi alcuna finestra di slittamento nell’erogazione del rateo pensionistico.

 

La Decorrenza

Sino al 31.12.2018 tutte le prestazioni sopra descritte avevano decorrenza immediatamente dopo il perfezionamento del requisito contributivo. Senza cioè più dover attendere quel periodo di slittamento (finestra mobile) che veniva applicato in passato prima della Legge Fornero. A partire dal 1° gennaio 2019 il DL 4/2019 ha reintrodotto una finestra mobile trimestrale al requisito contributivo di 42 anni e 10 mesi. (41 anni e 10 mesi le donne; 41 anni i precoci). Si ricorda che ai fini del conseguimento della prestazione pensionistica è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Non è invece richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore autonomo.

 

Fonte: www.lentepubblica.it




Il riscatto della laurea

Il riscatto del corso di laurea è una misura che permette di valorizzare ai fini pensionistici il periodo del corso di studi, esercitabile a condizione che l’interessato abbia conseguito il titolo relativo.
La legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito, con modifiche, il D.L. n. 4/2019) ha introdotto a partire dal 30 marzo 2019, per coloro che sono in possesso dei requisiti richiesti, una ulteriore facoltà di riscatto con costi mediamente ridotti rispetto a quelli previsti in base alla modalità “tradizionale”.
Con questa nota ci proponiamo di fornire (pur con qualche inevitabile semplificazione) un quadro complessivo della normativa riguardante il riscatto della laurea, utile sia nei casi in cui il/la lavoratore/trice valutasse il riscatto del proprio periodo di studi, sia nei casi in cui questa facoltà venisse presa in considerazione per esempio a beneficio dei famigliari a carico e in particolare dei figli.

 

TITOLI DI STUDIO E PERIODI AMMESSI

Il riscatto della laurea è una facoltà prevista per coloro che abbiano conseguito uno dei seguenti titoli di studio:

  • diplomi universitari, i cui corsi non siano stati di durata inferiore a due e superiore a tre anni;
  • diplomi di laurea i cui corsi non siano stati di durata inferiore a quattro e superiore a sei anni;
  • diplomi di specializzazione conseguiti successivamente alla laurea e al termine di un corso di durata non inferiore a due anni;
  • dottorati di ricerca i cui corsi sono regolati da specifiche disposizioni di legge;
  • titoli accademici introdotti dal decreto n. 509/1999 (laurea al termine di un corso triennale e laurea specialistica al termine di un corso biennale propedeutico alla laurea);
  • diplomi rilasciati dagli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale, relativi ai nuovi corsi attivati a decorrere dall’anno accademico 2005/2006 e al conseguimento dei seguenti titoli di studio: diploma accademico di primo livello; diploma accademico di secondo livello; diploma di specializzazione; diploma accademico di formazione alla ricerca, equiparato al dottorato di ricerca universitario.

Il riscatto può riguardare l’intero periodo del corso di studi o singoli periodi.
È possibile riscattare due o più corsi di laurea.
Specifiche previsioni (per le quali si rimanda al sito dell’INPS) riguardano la possibilità di riscattare periodi di studio universitario compiuti all’estero.

PERIODI ESCLUSI
I periodi che non danno possibilità di riscatto sono quelli:

  • di iscrizione fuori corso;
  • già coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa o da riscatto (quindi per esempio i periodi in cui contemporaneamente si svolgeva una attività lavorativa).

CALCOLO DELL’ONERE

Il calcolo dell’onere di riscatto si determina con criteri differenziati a seconda che i periodi del corso di studi si collochino nel sistema retributivo o contributivo.
Rientrano nel sistema di calcolo retributivo i periodi:

  • precedenti al 1° gennaio 1996;
  • fino al 31 dicembre 2011, se il richiedente aveva maturato 18 anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.

Rientrano, invece, nel sistema di calcolo contributivo i periodi:

  • successivi al 31 dicembre 1995, se a tale data il richiedente non aveva maturato 18 anni di contribuzione;
  • successivi al 31 dicembre 2011, nei casi in cui il richiedente aveva maturato 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995.

PERIODI DA RISCATTARE CHE SI COLLOCANO NEL SISTEMA RETRIBUTIVO
Per il riscatto di periodi nel sistema retributivo il calcolo della somma da versare è complesso e basato su molteplici fattori quali l’età, il periodo da riscattare, il sesso e le retribuzioni percepite negli ultimi anni; tale complessità non consente di proporre degli esempi.
Sull’area riservata del sito dell’INPS accessibile con PIN dispositivo è disponibile un simulatore che consente un calcolo orientativo valido per gli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

PERIODI DA RISCATTARE CHE SI COLLOCANO NEL SISTEMA CONTRIBUTIVO
Per il riscatto di periodi nel sistema contributivo l’onere per ciascun anno si calcola moltiplicando la retribuzione dei 12 mesi più recenti per l’aliquota contributiva del fondo pensioni di appartenenza (che per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti è del 33% fino a € 47.143 annui lordi, e del 34% per la parte di retribuzione che eccedesse questa soglia).

ESEMPIO
Un lavoratore iscritto al Fondo pensioni lavoratori dipendenti con una retribuzione lorda (imponibile previdenziale) di € 40.000, il quale intenda riscattare 4 anni di laurea, dovrà pagare una cifra complessiva (eventualmente rateizzabile) pari a: € 40.000 X 33% =€ 13.200 X 4 anni = € 52.800

Il simulatore sul sito dell’INPS consente anche per questi casi un calcolo orientativo.

LA NUOVA POSSIBILITÀ DI RISCATTO AGEVOLATO
La legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito, con modifiche, il D.L. n. 4/2019) ha introdotto a partire dal 30 marzo 2019 una ulteriore facoltà di riscatto riservata ai periodi dei corsi di studi che si collochino nel sistema contributivo, con costi mediamente ridotti rispetto a quelli previsti in base alla modalità “tradizionale” (illustrata ai paragrafi precedenti).
Come già precisato rientrano nel sistema di calcolo contributivo i periodi:

  • successivi al 31.12.1995, se a tale data il richiedente non aveva maturato 18 anni di contribuzione;
  • successivi al 31.12.2011, nei casi in cui il richiedente aveva maturato 18 anni di contribuzione al 31.12.1995.

Qualora ci si avvalga di questa opzione (che dalla conversione in legge del decreto non è più soggetta ad alcun limite di età del richiedente) l’onere per ogni anno di riscatto è determinato sulla base del minimale degli artigiani e commercianti vigente nell’anno di presentazione della domanda moltiplicato per l’aliquota del 33%.

Per le domande presentate nel 2019, il costo per riscattare ciascun anno di corso è pari a € 5.239,74.

RATEIZZAZIONE
In tutti i casi il versamento può essere effettuato in unica soluzione o in alternativa frazionandolo in massimo 120 rate mensili (quindi per una durata massima di 10 anni) senza l’applicazione di interessi per la rateizzazione.

 

EFFETTI SUL DIRITTO E SULLA MISURA DELLA PENSIONE

Il riscatto della laurea, sia tradizionale che agevolato, produce effetti sia ai fini della data in cui si maturerà il requisito pensionistico (perché aumenta l’anzianità contributiva), sia ai fini della misura della pensione (perché l’onere pagato entrerà nel computo dell’ammontare della pensione). Ovviamente dato che l’incremento della pensione sarà commisurato all’onere pagato, il riscatto agevolato rispetto a quello tradizionale determinerà un vantaggio minore dal punto di vista dell’incremento dell’assegno pensionistico, mentre, a parità di anni riscattati, la data del pensionamento verrà anticipata per un periodo di pari durata.

 

BENEFICI FISCALI

Il contributo è fiscalmente deducibile dall’interessato. Ne deriva che il risparmio, per quanto riguarda l’IRPEF ordinaria, è indicativamente pari all’onere da riscatto versato nell’anno moltiplicato per l’aliquota marginale (o a quella immediatamente inferiore).
Per esempio, un lavoratore con un imponibile IRPEF di € 35.000 che versasse nell’anno rate per il riscatto per complessivi € 3.000, risparmierà € 1.180 di IRPEF ordinaria: inoltre in conseguenza dell’imponibile IRPEF più basso beneficerà di detrazioni (per lavoro dipendente ed eventuali carichi famigliari) maggiori e pagherà addizionali (regionale e comunale) più contenute.
Nel caso in cui il richiedente non avesse un reddito personale (perché ha perso il lavoro o perché non ha mai prestato attività lavorativa: per quest’ultima ipotesi v. anche il paragrafo successivo), il contributo può essere detratto nella misura del 19% dall’imposta dovuta dal/i soggetto/i di cui il laureato fosse fiscalmente a carico (per esempio i genitori).

 

IL RISCATTO DELLA LAUREA RICHIESTO DA SOGGETTI INOCCUPATI

Il riscatto della laurea può essere esercitato anche da soggetti inoccupati non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa in Italia o all’estero.
Questa possibilità può riguardare eventuali famigliari che non abbiano mai lavorato: qualora si tratti di familiari fiscalmente a carico si potrà beneficiare di una detrazione del 19% sull’importo versato per il riscatto.
Nei casi di riscatto della laurea richiesto da soggetti inoccupati, l’onere è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari, per le domande presentate nel 2019, a € 5.239,74.

 

LA DOMANDA

La domanda deve essere presentata in via telematica, mediante uno dei seguenti canali:

  • WEB, tramite il servizio on-line dedicato, accessibile dal sito www.inps.it (il percorso è: “Prestazioni e Servizi” => “Tutti i servizi” => “Riscatto Laurea”) mediante l’uso del proprio PIN dispositivo1 o della Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o del Sistema Pubblico Identità Digitale (SPID); il servizio mette a
    disposizione un simulatore per il calcolo dell’onere di riscatto che ha valenza orientativa;
  • Patronati – tra cui l’INCA CGIL.

 

A cura della Fisac/Cgil c/o BPER Banca

 




Lavorare gratis è incostituzionale

Una panoramica sulle regole, le normative e le sentenze

Il lavoro gratis è incostituzionale. Trovate online annunci di lavoro per servizi e prestazioni lavorative a titolo gratuito o simbolico, soprattutto se per incarichi professionali senza compenso o rimborso?

Bene, la procedura è nella maggior parte dei casi illegale.

Scopriamo quali sono le motivazioni di questa illegittimità tramite una breve carrellata legislativa.

Cresce la tendenza, infatti, nelle aziende pubbliche e private a chiedere servizi e prestazioni lavorative a titolo gratuito o simbolico rivolgendosi a geometri, architetti, sviluppatori informatici, ingegneri.
Incarichi per i quali il professionista non potrà pretendere alcunché a titolo di compenso o rimborso.

Secondo la Costituzione questa procedura non è corretta.

Si deve ricordare, infatti, che l’art. 36 della Costituzione impone l’obbligo di una retribuzione proporzionata per ogni prestazione lavorativa resa.

 

Le decisioni della Cassazione

Su questo scottante argomento, inoltre, si è pronunciata più volte anche la Corte di Cassazione. Nello specifico, con la sentenza 26.01.2009 n° 1833:

“Ogni attività lavorativa è presunta a titolo oneroso salvo che si dimostri la sussistenza di una finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa e fermo restando che la valutazione al riguardo compiuta dal giudice del merito è incensurabile in sede di legittimità se immune da errori di diritto e da vizi logici.” 

Un altro caso è quello evidenziato dalla Sentenza 06 maggio 2016, n. 9195, anche quando si parla di Impresa Familiare:

“Qualora un’attività lavorativa sia stata svolta nell’ambito dell’impresa, il giudice di merito deve valutare le risultanze di causa per distinguere tra lavoro subordinato e compartecipazione all’impresa familiare, escludendo, comunque, la gratuità della prestazione per solidarietà familiare.”

Attenzione però: perchè il coniuge, per il solo essere tale, perde il diritto al riconoscimento – costituzionalmente garantito – della retribuzione. Specie di fronte a una Giurisprudenza che, pur avendo ormai individuato i criteri atti a qualificare il rapporto di lavoro subordinato, adotta un’interpre­tazione restrittiva dei medesimi criteri all’interno dell’impresa familiare.

E infine la fattispecie per cui il lavoro può essere gratuito, in buona sostanza, è la seguente.

Nulla vieta ad un professionista di svolgere la propria attività a titolo volontario, ma la legge sul volontariato del 1991 chiarisce che l’organizzazione per cui si svolge volontariato deve essere senza fini di lucro.

 

Fonte: www.lentepubblica.it

 




Le anticipazioni da Fondo Pensione e TFR

Anticipazioni per spese sanitarie

Questa tipologia di anticipazione può essere richiesta in qualsiasi momento, a fronte di spese sanitarie dovute a gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Il limite massimo richiedibile è pari al 75% del montante maturato fino alla data della richiesta.
complessiva delle anticipazioni richiedibili non potrà pertanto superare il 75% del montante complessivamente maturato durante tutto il periodo di contribuzione al fondo.

Un esempio aiuterà a capire meglio il meccanismo di calcolo.
Passano gli anni, il lavoratore accumula ulteriori € 10.000 di versamenti riportando il montante complessivo ad € 15.000.
Totale dei montanti accumulati: (€ 20.000 + € 10.000) = € 30.000.
Percentuale massima di anticipazione: 75% su € 30.000 = € 22.500.

A questo totale va sottratta la precedente anticipazione, quindi:
Il meccanismo di tassazione delle anticipazioni per spese sanitarie è lo stesso applicato alle prestazioni finali erogate sotto forma di capitale per i “nuovi iscritti”, riepilogato nella seguente tabella. Si tratta di una tassazione da considerare “provvisoria” in quanto soggetta a conguaglio in sede di riscatto o prestazione finale.

Periodo fiscale

Imponibile

Aliquota applicata

Fino al 31/12/2000

Montante al netto delle seguenti voci:

  • contributi del lavoratore non eccedenti il 4% della retribuzione

  • franchigia di € 309,87 per ogni anno di conferimento del TFR

Tassazione separata con “aliquota interna” calcolata con gli stessi criteri utilizzati per il TFR

Dal 2001 al 2006

Montante al netto delle seguenti voci:

  • rendimenti (già tassati alla fonte)

  • eventuali contributi non dedotti (in quanto superiori al limite annuo di deducibilità)

Tassazione separata con “aliquota interna” calcolata con gli stessi criteri utilizzati per il TFR

Montante al netto delle seguenti voci:

  • rendimenti (già tassati alla fonte

  • eventuali contributi non dedotti (in quanto superiori al limite annuo di deducibilità)

  • eventuali contributi versati in sostituzione del premio di risultato tramite welfare aziendale

Anticipazioni per acquisto o ristrutturazione prima casa

la richiesta può essere effettuata solo dopo 8 anni di iscrizione ad una forma di previdenza complementare.

mposta sostitutiva con unica aliquota del 23%.

Anche in questo caso la tassazione è soggetta a successivo conguaglio.

Anticipazioni per ulteriori esigenze

.

La tassazione di questo tipo di anticipazioni segue le stesse regole già viste per la prima casa, quindi meno favorevoli rispetto alle anticipazioni per spese sanitarie.

Differenze con il TFR

anticipazione per motivi di salute anche prima di questo termine).

  • non può superare il 70% del montante accantonato (contro il 75% anticipabile nella previdenza integrativa).

  • Reintegro delle anticipazioni

    Per maggiori approfondimenti sul tema dei fondi pensione è possibile scaricare il manuale “La fiscalità nella previdenza complementare”

     




    BPER, l’MBO è iniquo: lo dicono i numeri

    Nel 2018 è stato introdotto il nuovo sistema premiante di BPER, con incentivi legati ai risultati. In omaggio all’anglofilia che tanto va di moda in azienda il meccanismo è stato chiamato Management By Objectives (MBO).

    Fin dall’inizio la nostra Organizzazione, al pari di tutte le altre, si era espressa in modo molto critico su quest’innovazione, bocciandola senza appello e prendendone totalmente le distanze.

    Nel mese di luglio l’Azienda ci ha fornito i dati relativi ai premi MBO pagati nel 2019 (riferiti quindi ai risultati del 2018). Lo scorso 31 maggio un messaggio su BLink poneva l’accento sugli ottimi risultati raggiunti, con conseguente erogazione di 14 milioni da dividere tra i lavoratori. Dovremmo quindi ammettere che il sistema funziona bene, e che le nostre riserve non erano altro che preconcetti?

    Avendo a disposizione i numeri siamo in grado di fare un’analisi oggettiva a posteriori per poter capire il reale impatto del sistema premiante adottato.

     

    CHI PRENDE L’MBO?

    Il primo dato in nostro possesso riguarda la platea di potenziali fruitori dei premi: parliamo di circa 5.900 colleghi, quindi oltre un quarto dei dipendenti BPER è escluso a monte dalla possibilità di percepire L’MBO.
    Una delle innumerevoli critiche da noi mosse all’azienda era relativa alla scelta di escludere tutti coloro che non fossero direttamente collegati alle attività commerciali, e questo nonostante l’Art. 51 del nostro CCNL preveda che:

    “Nella determinazione dei premi l’impresa deve tener conto del personale che, in relazione alle mansioni svolte, fornisce contributi indiretti al raggiungimento degli obiettivi specifici obiettivi assegnati”.

    I numeri dicono che questo in BPER non avviene; i colleghi degli Uffici ed i Servizi esclusi dall’MBO possono eventualmente beneficiare di premi ad personam, la cui attribuzione avviene tuttavia in base a valutazioni di carattere soggettivo, quindi del tutto estranee alla logica dell’MBO.

    Entriamo nel merito delle cifre. Per ogni tipologia di struttura riportiamo la percentuale dei percettori del premio e l’ammontare medio.

    STRUTTURA

    % PREMIATI

    MEDIA PREMIO EROGATO

    Rete

    73%

    1.337

    Semicentro

    96%

    3.553

    Private e Key Client

    93%

    5.670 (*)

    CLO e CBO

    94%

    5.428

    Credito anomalo

    98%

    2.201

    BCM

    98%

    3.452

    Optima

    11%

    2.805

    (*) importo non comprensivo della quota differita.

     

    PERCHÉ IL SISTEMA È INIQUO

    Esaminando i numeri c’è un dato che salta all’occhio: quasi tutti i colleghi che lavorano in strutture di supporto alla rete (con l’eccezione di Optima che evidentemente fa storia a sé) hanno percepito il premio, a differenza di quanto accade in filiale dove una quota significativa dei lavoratori (27%) è rimasta a bocca asciutta.
    Anche il dato relativo all’importo medio dei premi liquidati evidenzia una media per gli addetti di filiale nettamente inferiore a chi lavora in ufficio di supporto.
    Appare quindi evidente la penalizzazione del personale di rete: in realtà questa penalizzazione è molto più forte di quanto possa sembrare ad una prima analisi.

    Il valore del premio pagato in filiale è infatti frutto di una media tra valori molto disomogenei. Bisogna infatti tener conto delle mansioni previste dal Footprint, in base al quale oltre il 60% degli operatori di filiale riveste il ruolo di Family POE.

    Il valore dell’MBO che un Family POE può arrivare a percepire è di gran lunga il più basso previsto nell’intero processo: difficilmente l’erogazione in busta paga arriverà a superare i 300 € netti.
    Un premio del genere più che incentivare rischia di mortificare la maggioranza di chi lavora in filiale, soprattutto vedendo che il vicino di stanza arriva a percepire somme 8-10 volte superiori.

    Ricapitolando: il sistema MBO appare decisamente gratificante presso alcuni uffici e servizi, dove premia in modo pressoché generalizzato i colleghi con importi significativi, e di questo non possiamo che rallegrarci.
    Il sistema è invece inspiegabilmente penalizzante nelle filiali, dove 7 lavoratori su 10 non percepiscono premi o li percepiscono in misura del tutto irrisoria.
    E questo è totalmente inaccettabile se si considera che sono le filiali quelle che hanno il contatto con il cliente e che danno il maggior contributo alla produzione di ricavi. Doppiamente inaccettabile se si pensa che i colleghi che operano in filiale sono le vittime di crescenti pressioni commerciali, tali da rendere la loro qualità di vita sempre peggiore.

    Per completare la valutazione sull’equità del sistema sarebbe interessante conoscere anche il valore medio dell’MBO riconosciuto ai dirigenti; si tratta però di un dato che l’Azienda non ci ha fornito.

     

    IL SISTEMA DIVENTERÀ ANCOR PIÙ INIQUO

    L’Azienda ci ha preannunciato una novità per l’anno in corso. Per il 2019, qualora il raggiungimento degli obiettivi numerici indicati nella sua scheda di valutazione non dovesse raggiungere il punteggio minimo del 60%, il lavoratore non percepirà l’MBO.

    L’Art. 51 del CCNL prevede, in materia di sistema incentivante, che i premi debbano essere erogati

    “per gruppi omogenei di posizioni lavorative … (ad esempio settori aziendali quali strutture centrali o di rete, determinate unità operative aventi caratteristiche omogenee)”

    Questo significa che il contratto non consente di prevedere premi legati ad obiettivi quantitativi individuali.

    Avevamo già fatto rilevare che il sistema adottato facesse in modo di aggirare questa norma, pur non legando formalmente l’erogazione al raggiungimento di obiettivi individuali, interpretazione che l’Azienda contestava, ritenendo che i premi fossero legati ai risultati dei singoli modelli di servizio.

    Questa novità elimina evidentemente ogni dubbio, aprendo la strada ad una serie di ricorsi, nei quali saremo pronti ad assistere i colleghi, in tutti i modi ed in tutte le sedi nelle quali si rendesse necessario.
    La nuova norma causerà inoltre una maggiore ricattabilità dei lavoratori rendendoli ancor più indifesi di fronte ad eventuali pressioni illegittime.

    Non siamo pregiudizialmente contrari ad un sistema incentivante, ma quello adottato unilateralmente dall’azienda è sbagliato sotto tutti i punti di vista, ingiusto e controproducente, e indubbiamente non risponde all’esigenza di motivare i lavoratori.

    Un’ultima perla: il contratto dice che gli obiettivi assegnati devono essere oggettivi, ma soprattutto trasparenti.

    Esiste un solo collega che riesca a trovare trasparenti i punteggi di Run4 o le modalità di calcolo dell’MBO?




    Banca d’Italia, al via i nuovi controlli per i movimenti in contanti

    La misura, prevista dalla riforma del 2017, prevede l’invio delle comunicazioni su prelievi e versamenti presso Banche, Poste, istituti di pagamento. Non sarà una segnalazione automatica di operazione sospetta ma accenderà un faro da parte delle autorità.

     

    Tetto di 10mila euro

    La comunicazione dovrà essere inviata, ha chiarito la stessa Uif, anche se si supera il tetto dei 10mila euro attraverso più operazioni singolarmente pari o superiori a 1.000 euro. Il primo invio dovrà essere effettuato entro il 15 settembre 2019 e riguarderà i dati riferiti ai mesi di aprile, maggio, giugno e luglio.

    Uso dei contanti

    I contanti in Italia restano ancora molto usati, rispetto agli altri paesi europei, in Italia malgrado l’aumento di questi anni di strumenti di pagamento come carte di credito, bancomat e bonifici. E come rilevava di recente uno studio della stessa Uif, sono usati maggiormente al Sud per una questione di arretratezza finanziaria e tecnologica ma gli usi anomali sono concentrati al Centro Nord, laddove guarda caso l’economia muove risorse maggiori.

     

    Fonte: Sky TG24