Antiriciclaggio: i contanti sospetti

L’ Unità di Informazione Finanziaria torna ad interessarsi di contante. È infatti appena iniziato il monitoraggio mensile, da parte delle Banche, sulle movimentazioni in contanti a partire da 10mila euro. Le Banche e gli Intermediari finanziari devono comunicare periodicamente gli sforamenti dei contanti. Entro il 16 settembre Banche, Istituti di moneta elettronica, Istituti di pagamento ed eventuali Succursali italiane devono inviare all’Uif tutti i movimenti in contante di entrata/uscita, pari o superiori a 10mila euro,  per i mesi che vanno da aprile ad agosto.

Si tratta di controlli e non di divieti, non siamo all’interno delle segnalazioni di operazioni sospette, ma (secondo Guardia di Finanza e Dia) in ambito di monitoraggio di incrocio di informazioni su chi usa troppo il denaro contante, strumento anonimo e non tracciabile per definizione.

L’obbligo, già inserito nel Dlgs.90/2017, è stato dettagliato dal Provvedimento Uif 28 marzo 2019. Le Comunicazioni oggettive non sono controlli fiscali o di polizia ma servono per meglio affinare le Sos. Per questo scopo l’Uif ha elaborato una serie di indicatori di anomalia con indicazioni per l’intercettazione di casi sospetti. Nel precedente Provvedimento del 201, tra i fattori di rischio, considerava l’utilizzo ripetuto ed ingiustificato di denaro contante, specie se di importi rilevanti o con utilizzo di banconote di grosso taglio. La difficoltà nell’individuazione di condotte realmente indicatrici di operazioni di riciclaggio, ha indotto la stessa Authority a scegliere segnalazioni standardizzate la cui anomalia verrà valutata dall’Uif. E’ escluso, nell’ambito delle comunicazioni oggettive, l’obbligo di segnalazione di operazione sospette se non presentano legami con altre operazioni di diversa fattispecie oppure quando il movimento di contante non viene effettuato da Clienti ad alto rischio di riciclaggio. Comunque l’invio di una Sos non esenta mai dalla comunicazione oggettiva su quella stessa operazione.

Ricordiamo che il tema del denaro contante è uno snodo essenziale per risolvere annose questioni, come l’evasione fiscale ed il riciclaggio di denaro sporco (vedasi anche le Valutazioni sovranazionali della Commissione europea del 2017 e 2019, ritenente il denaro contante lo strumento principe ai fini del riciclaggio. Ndr). Per questo motivo l’adozione di criteri oggettivi di segnalazione è stata adottata da atri Paesi: in Francia accanto alle comunicazioni per importi superiori a 10mila euro, devono essere segnalate anche le operazioni in contanti, o con moneta elettronica, per importi superiori rispettivamente a mille o 2mila euro per cliente al mese; Stati Uniti, Canada ed Australia hanno scelto come parametro i trasferimenti superiori a 10mila dollari in divisa locale.

L’Uif ha disposto l’invio di una comunicazione mensile con i dati dei movimenti entrata/uscita per importi pari/superiori a 10mila euro (anche se frazionati) ai soli Intermediari finanziari. Le informazioni devono contenere le operazioni, i soggetti, i rapporti (anche per operazioni compiute da soggetti diversi dei titolari dei conti) e da trasmettere entro il 15 del secondo mese successivo a quello di riferimento. Non è applicabile la compensazione tra le operazioni da comunicare (il deposito ed il parziale prelievo danno vita a due comunicazioni distinte).

L’invio delle comunicazioni è di competenza del Responsabile della funzione antiriciclaggio dell’Intermediario. In mancanza di operazioni da comunicare, verrà inviata una negativa. Resta invariato, comunque, il divieto di trasferimento del contante oltre i  2.999,99 euro.

 

Fonte: www.fisac-cgil.it

 




BPER: una riunione non si nega a nessuno

All’inizio del mese di luglio c’è stata l’iniziativa di una delle aree del nostro territorio di convocare tutti i dipendenti di alcune filiali per volta arrivando poi a coinvolgere tutta l’area, subito dopo l’orario di sportello, presso alcune sedi (l’area, filiali). La comunicazione mandata all’indirizzo di direzione di filiale prevedeva un calendario di riunioni dove partecipavano le filiali convocate e i colleghi dell’area; l’argomento era l’andamento commerciale dell’area.

Successivamente è giunta la comunicazione del rinvio a data a destinarsi dell’iniziativa.
La scelta del momento (mese di luglio), il convocare l’intera filiale, l’orario di convocazione alle 16,30, ecc…, ponevano una serie di problemi gestionali ed operativi. Inoltre la motivazione appariva quantomeno discutibile.
E grazie alla segnalazione di alcuni di voi è stato possibile per il sindacato poter ragionare con l’azienda su questo argomento.

Lo diciamo subito: in azienda le riunioni sono un momento molto frequente.
Rimaniamo perplessi sulla loro utilità in rapporto a tale frequenza e agli argomenti affrontati, ma tant’è…
E’ continua la risposta dall’altra parte del telefono, sia che si chiami in uffici interni sia che si chiami in filiale, sentirsi rispondere che il collega è in riunione. Ritornando alla nostra questione di area, è indubbio che sempre più parte della nostra attività nelle filiali è occupata da quella commerciale, o meglio l’attività commerciale è cambiata; una volta un mutuo era attività commerciale, ora no, non proprio, lo è se si è anche “venduta” una polizza assicurativa insieme al mutuo , per esempio.
Ora avrebbe più senso che, se la struttura di area ha la necessità di relazionarsi con le filiali, fosse essa, i colleghi ivi assegnati, a recarsi nelle rispettive filiali, attività peraltro che già svolgono.

Il secondo aspetto da evidenziare è la motivazione della convocazione: se le filiali con tutte le comunicazioni, solleciti, mail, telefonate, ecc , che quotidianamente ricevono non hanno ancora compreso com’è l’andamento dell’area anche la riunione potrebbe servire a poco.
A meno che non serva a ribadire, ripetere, concetti già espressi, a voler sottolineare l’insufficienza dell’impegno finora espresso. Ecco anche su questo aspetto noi non siamo d’accordo: intanto l’impegno è rilevante, in qualche caso eccessivo.

Forse ad essere valutati insufficienti sono i risultati.
Rispetto a quest’ultimi, essi sono stati stabiliti in base al risultato economico che si voleva ricavare, senza tenere in considerazione quelle che potevano considerarsi le potenzialità rispetto alla clientela, la piazza, le esigenze che da tale territorio emergono. Aggiungiamo che i risultati di tale attività attengono, per i dipendenti, a remunerazioni incentivate, considerato che è un’attività che si aggiunge al resto del lavoro quotidiano, affatto cessato o ridotto, solo molto meno remunerativo appunto. Per poter essere commercialmente competitivi occorre che gli incentivi non siano solo economici ma anche di crescita professionale: viceversa un atteggiamento sanzionatorio, denigratorio, difficilmente può rivelarsi motivante.

All’interno di tale cornice, pensare di ottenere un ulteriore risultato intervenendo a sollecitare, e in sostanza a sminuire l’impegno e il lavoro profuso, a noi sembra contraddittorio se non addirittura controproducente. Il meccanismo del sollecitare costante, senza intervenire realmente sulle priorità, funziona solo nel breve periodo. Quando il periodo si protrae gli effetti sono contrari in quanto emergono tutte quelle necessità che erano state accantonate.

Occorrerebbe tendere verso un reale efficientamento aziendale che inizi dalle funzioni centrali, da mettere al servizio, a supporto della rete, quest’ultima intesa come cuore per la creazione di ricchezza aziendale. Occorre ripartire dalle attività tipiche del nostro settore, la raccolta e gli impieghi.

Per tutto ciò occorre avere iniziativa d’impresa, sperimentare e investire, per intercettare l’esigenza del cliente, nel dare le soluzioni più adatte e funzionali sempre alle necessità del cliente.
Il cliente  va inteso come portatore di esigenze a cui la nostra attività, il nostro lavoro, può dare delle risposte, delle soluzioni. In questo modo si valorizza anche la professionalità e si riesce a svolgere una funzione sociale.
Diversamente si rincorrono risultati sempre più in salita, di breve periodo, sempre più occasionali, che considerano la base di partenza, di misurazione e di valutazione, il risultato parziale del giorno prima e non l’attività nel suo complesso ottenendo – a tendere – la desertificazione del panorama economico che ci circonda.

E noi, e siamo convinti nemmeno l’azienda, questo non lo vogliamo

 

 

Anna Trovato
Segretaria Organizzativa Fisac/Cgil BPER Banca

 




Unicredit: firmati accordi di confluenza nel Fondo Pensione di Gruppo

In data 12 settembre 2019 sono stati firmati l’accordo sulla riorganizzazione del welfare aziendale e gli accordi conclusivi del percorso di confluenza di tutti i FP a prestazione garantita ancora autonomi rispetto al FP di Gruppo.

Questo percorso ha radici lontane: infatti il primo accordo che prevedeva la confluenza di tutti i Fondi Pensione nel Fondo di Gruppo fu l’accordo di S3 del 2002. Dopodiché ogni accordo di fusione (Capitalia) o di Piani Industriali successivi hanno ribadito e confermato questo impegno.

Ricordiamo negli anni passati la firma per la confluenza prima dei Fondi “interni” a bilancio, e poi delle sezioni a Capitalizzazione individuale (sez. II).
La conclusione di questo percorso con la firma relativa alla confluenza delle sez. 1 dei FP ex Banca di Roma, ex CRTrieste, Caccianiga (TV) ed ex Banca CRTorino nel FP di Gruppo, ha visto un lungo lavoro di approfondimento effettuato dalle commissioni tecniche previdenziali, per mantenere le attuali condizioni e contemporaneamente creare nuove opportunità a chi fa parte delle platee citate. Ad esempio gli statuti dei FP di Trieste e di Torino sono stati sensibilmente migliorati grazie ad avanzi di bilancio redistribuiti nell’interesse di tutti.

Sarà possibile, in modo totalmente volontario:

  • mantenere le attuali prestazioni dei FP di provenienza, dunque le rendite di integrazione della pensione Inps;
  • trasformarle in un capitale individuale da riscuotere se già pensionati o da trasferire nella sez. II del FP come zainetto individuale se ancora attivi, cioè in servizio.

In questo ultimo caso, la contribuzione aziendale, finora collettiva, si trasformerà in individuale e rimarrà immutata fino al raggiungimento del diritto alla pensione. Come è facilmente intuibile, questo passaggio è stato tutt’altro che una passeggiata, essendo il punto in cui erano possibili i maggiori risparmi per l’Azienda.

Abbiamo inoltre ottenuto il principio dell’esaurimento del Patrimonio di ogni singolo Fondo: ricordiamo che tutti questi Fondi Pensione a Prestazione Definita sono Fondi chiusi a nuove iscrizioni dalla riforma Amato del 1992.

Sono state apportate modifiche nello statuto e alla governance del FP di Gruppo, proprio al fine di creare sezioni separate per ogni FP di provenienza, alle cui eventuali future modifiche saranno votate solo dai componenti di ogni singola popolazione interessata.

Sarà inoltre istituito l’Osservatorio sulla Previdenza Complementare, un ente paritetico che avrà il compito di valutare aspetti organizzativi e operativi del FP di Gruppo, tra cui il rapporto costi/benefici del sistema di gestione in essere presso il Fondo, definire principi guida per la scelta dei fornitori, adottare principi di pariteticità in tutti gli organismi correlati al Consiglio di Amministrazione.
A questo si aggiunge la previsione di appositi incontri in sede di Commissione Tecnica Centrale Previdenza per le valutazioni nel tempo del percorso.

L’accordo, inoltre, prevede una importante modifica statutaria che, se approvata, renderebbe automatica, attraverso il silenzio assenso, l’iscrizione dei nuovi assunti alla Previdenza Complementare, rafforzando il secondo pilastro della Previdenza, necessario soprattutto per le giovani generazioni, andando così incontro a un’esigenza di cui non tutti i giovani sembrano essere consapevoli.

Ora il percorso prevede le approvazioni dei rispettivi CdA dei Fondi Pensione e subito dopo i Referendum tra gli iscritti a tutti i Fondi che vanno a confluire nel FP di Gruppo, e precisamente:

  • FP ex CR Trieste;
  • FP ex Banca di Roma;
  • FP Gino Caccianiga di Treviso;
  • FP ex Banca CRT;
  • FP di Gruppo, che in qualità di ricevente deve approvare il percorso e le modifiche statutarie previste.

E’ un importante momento di espressione democratica che auspichiamo veda la partecipazione più ampia possibile dei lavoratori.

Anche Unica, la Cassa Assistenza, vedrà una discussione paritetica per inserire maggiori regole di pariteticità e democrazia delegata.

Per quanto riguarda i CRAL, è prevista una riforma che, pur mantenendo sostanzialmente i Cral con una diffusione locale, prevede un forte coordinamento a livello centrale delle attività dei circoli con l’introduzione di una Commissione bilaterale che avrà anche il compito di monitorare l’attuazione dei principi di democrazia e trasparenza nel funzionamento dei Cral operanti nel Gruppo.

Riteniamo l’accordo, che conclude questo lungo percorso, molto positivo, perché allarga gli spazi di bilateralità e pariteticità negli istituti di welfare e, nello specifico, razionalizza e semplifica il sistema di Previdenza Complementare, salvaguardando gli attuali diritti di ognuno in un quadro di maggiore stabilità per il futuro e nuove opportunità e qualità nei servizi offerti.

Milano, 16 settembre 2019

 

Segreterie di Gruppo UniCredit
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – Unisin


scarica il Verbale di Unificazione Fondi Pensione di Gruppo




La Cgil aderisce al terzo Global Climate Strike

Dal 20 al 27 settembre milioni di persone in tutto il pianeta si mobiliteranno per il clima nel terzo Global Climate Strike. Una ‘Settimana per il futuro’, con iniziative volte a fare pressione sul vertice delle Nazioni Unite in programma per il 23 settembre a New York per fare il punto sulla situazione climatica del pianeta e sull’attuazione dell’Accordo di Parigi.

La Cgil aderisce alla mobilitazione, sostenuta anche dalla CSI, con una serie di iniziative, fra queste una già in programma che si terrà il 21 settembre nell’ambito delle Giornate del lavoro 2019 a Lecce.

Il 27 settembre si terranno assemblee sui posti di lavoro sull’emergenza climatica e la lotta per la giustizia climatica. Sarà un’occasione per informare e creare consapevolezza fra i lavoratori e le lavoratrici sul tema del cambiamento climatico, sulle drammatiche conseguenze che comporta per il nostro pianeta, sulla necessità di agire rapidamente e in modo radicale per garantire diritti umani, giustizia sociale e piena occupazione e sulle opportunità con cui si può contribuire al cambiamento con la contrattazione, sia confederale che di categoria, a tutti i livelli.

Il clima non è una priorità per i soli ambientalisti. La lotta per la giustizia climatica è innanzitutto una battaglia politica perché il riscaldamento globale ha gravi contraccolpi sui diritti umani, sulla giustizia sociale, sull’equità all’interno dei paesi, fra paesi e fra diverse generazioni e sul lavoro. È una lotta per la partecipazione, la democrazia e la piena occupazione”, è quanto afferma il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, ricordando che “la Cgil è sempre stata impegnata nel movimento per la giustizia climatica e continua ad esserlo nell’azione sindacale, nella mobilitazione e nelle alleanze con tutte le realtà, associazioni e movimenti impegnati nella nostra stessa battaglia”.

Appare chiaro – prosegue il leader della Cgilche dobbiamo ridurre l’uso delle risorse e allo stesso tempo garantire diritti umani e adeguate condizioni di vita e di reddito, superando le disuguaglianze. La soluzione passa solo attraverso un radicale e rapido cambiamento del modello di sviluppo che attraverserà i modelli di consumo, l’abbandono progressivo delle fonti fossili e dell’agricoltura intensiva, una ripartizione equa delle risorse limitate del pianeta, la riforestazione, la riconversione ecologica delle produzioni”.

Per Landini si tratta di “una sfida che investe ed investirà necessariamente il lavoro e che si dovrà accompagnare ad un percorso di tutele per garantire una giusta transizione che non scarichi sui lavoratori i costi sociali di queste scelte e nel contempo determini la nascita di nuove opportunità occupazionali. È una sfida che ci riguarda e che vogliamo affrontare da protagonisti” conclude.

Intanto lo scorso 25 luglio il segretario generale Maurizio Landini, con una delegazione della Cgil, ha incontrato un gruppo di rappresentanti del movimento #FridaysForFuture, con i ragazzi è stato condiviso l’impegno in un percorso comune di lotta per la giustizia climatica e di mobilitazione nella settimana del Global Climate Strike.




Banche, chiavette e sicurezza: la rivoluzione del 14 settembre

Servizi bancari sempre più fluidi

Partiamo dalla novità che entrerà subito in vigore. Dal 14 settembre le banche saranno obbligate a condividere con terze parti tutte le informazioni che hanno sui propri correntisti. A patto, naturalmente, che il cliente autorizzi il proprio istituto di credito a farlo: sarà una sua libera scelta.

Queste “terze parti” hanno dei nomi da filastrocca: Pisp, Aisp e Cisp ma a ogni sigla corrisponde qualcosa di preciso e, potenzialmente, di grande utilità per il consumatore. Vediamo cosa sono:

  • I Pisp (Payment Initiation Service Providers) sono società intermediarie tra il pagatore (consumatori o aziende) e la propria banca che hanno lo scopo di versare denaro a un terzo soggetto. Grazie ai Pisp sarà possibile effettuare un pagamento su un sito di ecommerce (impossibile non pensare ad Amazon) senza inserire i dati della propria carta di credito o bancomat, perché sarà il venditore ad accedere direttamente al nostro conto (previa una nostra prima autorizzazione, che in seguito verrà ricordata) e prelevare. Altri giganti del panorama digitale, come Google e Facebook, potranno beneficiare di questa nuova opportunità addebitando i clienti senza passare per il tramite di alcuna carta. Per accedere al conto del cliente i Pisp devono comunque usare procedure di autenticazione e devono mettere a disposizione del cliente tutte le informazioni relative a quell’operazione;
  • Gli Aisp (Account Information Service Provider) sono servizi che “spiano” (sempre dietro consenso)i nostri conti correnti e le nostre carte, analizzano e aggregano questi dati per fornirci un quadro complessivo delle nostre finanze in un’unica schermata. Ad esempio un report sul nostro patrimonio complessivo, le entrate e le uscite del mese. E in base a questi dati possono fornire consigli su come investire i nostri soldi o proporre strumenti “salvadanaio”. Cosa non possono fare: operare sul conto corrente o detenere i soldi del cliente;
  • I Cisp (Card Issuer Service Providers) sono invece soggetti che emettono carte di pagamento. Solo che, a differenza delle prepagate (che il cliente può ricaricare di volta in volta prelevando denaro dal proprio conto corrente), queste sono direttamente collegate al conto corrente, anche se è stato aperto in una banca differente. I Cisp forniscono la carta ma non detengono il denaro del cliente, hanno però un canale privilegiato per accedervi.

Pagamenti più sicuri (con qualche disservizio)

E poi c’è il grande tema degli strumenti di sicurezza per pagare online. La direttiva rafforza le misure a tutela dei risparmiatori, per prevenire frodi e furti di identità. La sicurezza dei clienti, secondo il testo, si basa su tre principi:

  • Conoscenza: cioè una password o un codice pin che conosce solo l’utente;
  • Possesso: uno strumento che possiede solo l’utente (uno smartphone o un token);
  • Inerenza: cioè qualcosa che l’utente è, ad esempio un’impronta digitale o il riconoscimento facciale.

Le procedure di autenticazione delle banche devono prevedere almeno due di questi principi. Ad esempio: una password generata su smartphone, un pin generato da un token o un’impronta digitale impressa sul telefonino. Questi nuovi standard hanno portato diverse banche italiane a mettere in soffitta il caro vecchio token, provocando in alcuni casi qualche malumore tra i clienti (sulle nostre pagine abbiamo parlato del caso di Banca Intesa).

Queste nuove procedure sarebbero dovute entrare in vigore il 14 settembre ma Banca d’Italia ha fatto sapere lo scorso primo agosto che “in considerazione della complessità degli adeguamenti” e per “ridurre fortemente i rischi di disservizi nei pagamenti online con carta”, ha deciso di concedere una proroga per un periodo limitato agli operatori che ne facciano richiesta e a patto che spieghino, nel dettaglio, in che modo intendono procedere. Quanto tempo durerà la proroga? Banca d’Italia spiega che questo verrà definito dall’Eba (l’autorità bancaria europea) che nello scorso giugno aveva autorizzato le banche centrali nazionali a concedere più tempo in casi limitati.

Addio al token? Non è detto

Il problema dei token attuali è che generano un codice (l’Otp, one time password) che pura pochi secondi ma non esclude la possibilità che un truffatore informatico possa utilizzarlo per compiere una seconda operazione-lampo, drenando soldi dal conto del cliente. Con le nuove regole, invece, il codice “restituito” al cliente è valido solo e soltanto per quella operazione.

Attenzione, però: anche se le banche dovranno togliere di mezzo gli attuali token, non è detto che questi strumenti scompariranno del tutto: alcuni istituti di credito semplicemente li sostituiranno con alcuni di nuova generazione (ad esempio Deutsche Bank consentirà ai propri clienti di scegliere tra uno virtuale, gratis, e uno fisico col tastierino, a pagamento). Il problema che diversi consumatori lamentano è che le banche, costrette dalla nuova direttiva, punteranno tutto sulle app per smartphone (come in effetti sta accadendo) discriminando chi possiede un telefono di vecchia generazione. In realtà diverse banche – tra le quasi Intesa Sanpaolo – prevedono, proprio per casi simili, l’invio del codice via sms, spesso a pagamento.

Non mancano, comunque, le critiche a questo aspetto della direttiva: “Per la mia esperienza, non ho mai avuto notizia di utenti che siano stati truffati o abbiano subito furti di identità usando gli attuali token. Le nuove misure di sicurezza servono piuttosto ad armonizzare le procedure di pagamento a livello europeo, ma non è vero che fino ad ora pagavamo in modo poco sicuro” dice Giuseppe Mermati, referente del settore bancario per l’Unione Nazionale Consumatori.

Mentre Carlo Piarulli, responsabile del settore credito per Adiconsum, si sofferma soprattutto sulla parte della direttiva dedicata alle “terze parti”: “Dal 14 settembre sarà ancora più importante prestare la massima attenzione ai consensi che forniamo alla nostra banca. Perché è vero che i nuovi servizi potrebbero essere utili a molti consumatori, ma è anche vero che si tratta di condividere informazioni preziose, e questo non può essere fatto a cuor leggero”.

Piarulli, come diversi altri osservatori, vede in questa direttiva un possibile “cavallo di Troia” per le banche tradizionali. “Giganti come Google, Facebook e Amazon avranno la possibilità di instaurare un rapporto sempre più diretto con i propri clienti e, con il tempo, potranno intercettare la clientela delle banche per portarli a sé. Non è un caso che queste società abbiano chiesto la licenza da operatori bancari in alcuni Paesi Ue.

 

www.repubblica,it




Agenzia delle Entrate-Riscossione: piano incentivante 2019

In data odierna la delegazione aziendale ha presentato alle Segreterie Sindacali il sistema incentivante per il corrente anno. Gli obiettivi generali, come sempre scelti unilateralmente dall’ente, sono così suddivisi:

  • area strategica della riscossione, che vale il 40% del premio.

Viene riconosciuto il 100% del valore premio al raggiungimento pieno dell’obiettivo (riscossione ordinaria + quota derivante dalle definizioni agevolate); in difetto viene riconosciuto il 70% al raggiungimento del 90% dell’obiettivo della riscossione ordinaria.

  • area strategica dell’efficienza, che vale il 20% del valore premio.

L’obiettivo si raggiunge se il costo di ogni 100,00€ di riscossione risulta inferiore a 12,00€.

  • area strategica dei servizi, che si compone di due voci, ciascuna incidente per il 20% del valore premio (sviluppo di canali diversi della riscossione e delle prenotazioni attraverso applicativi).

Gli importi saranno determinati ed erogati tenendo conto anche degli obiettivi assegnati alle diverse strutture (centrali e regionali). Gli elementi che saranno valutati sono:

  • volume di riscossione ordinaria;
  • contenzioso della riscossione;
  • soddisfazione dei contribuenti rispetto a: servizi web agli intermediari e servizi web ai cittadini.

Restano invariate le fasce di valore, i criteri per l’erogazione ed i tempi di erogazione dei premi.

Al termine dell’incontro, è stato chiesto e concordato di realizzare a breve una riunione della Commissione Tecnica Welfare per definire gli importi degli assegni da erogarsi con la mensilità di ottobre.

A fronte di diverse segnalazioni è stata inoltre chiesta la definizione a breve di una data per la riunione dell’Osservatorio paritetico sulla polizza sanitaria. A breve l’indicazione della compagnia che si è aggiudicata la gara di appalto per la gestione del servizio.

 

Roma, 12 settembre 2019

 

Le Segreterie Nazionali

Allegati




Pausa pranzo, attenti all’orologio

Quando s’interrompe il lavoro per la cosidetta pausa pranzo attenti a controllare l’orologio e lo scorrere del tempo. Se per mangiare un panino o un pasto al self-service ci mettete più del necessario, e in tal modo non potete completare il lavoro assegnato, rischiate di essere licenziati.

È proprio quello è capitato ad un dipendente di Poste Italiane SpA, che è stato accusato dalla società di essersi “intrattenuto in due occasioni assieme ad altri ben oltre l’orario di pranzo previsto, lasciando al contempo incustodita la posta assegnatagli ed il mezzo in dotazione. Il tutto senza aver completato il suo lavoro, per non aver consegnato due plichi.”

Il Tribunale di Cassino e la Corte d’Appello di Roma hanno ritenuto giusto il licenziamento, anche se il lavoratore ha fatto presente che, in base al contratto collettivo nazionale di lavoro, la condotta dovesse essere sanzionata con la sola sospensione dal servizio fino a dieci giorni, trattandosi di condotta rientrante tra le mere violazioni commesse per abituale negligenza o per inosservanza degli degli obblighi di servizio.Nonostante questo muro contro le proprie pretese innalzato dai giudici di merito, l’interessato si è spinto a salire il terzo grado di giudizio, ma anche la sezione lavoro della Cassazione (sentenza n. 21628/2019) gli ha dato torto.

Con una decisione che ha valore in situazioni di questo genere e non solo nel caso considerato, i giudici hanno stabilito che chi non si reca al lavoro, con comportamento immediatamente percepibile dal datore di lavoro, crea scientemente una situazione in cui, pur risultando in servizio, non adempie alla prestazione, confidando in un’apparenza di regolarità lavorativa, che si svolge al di fuori del controllo diretto dell’azienda.

 

Articolo di Bruno Benelli su “Il Messaggero” del 7/9/2019




Riscatto del servizio militare ai fini pensionistici

I periodi di servizio militare – sia obbligatorio che volontario – prestato presso le Forze Armate italiane possono essere coperti da contribuzione figurativa utile per l’accesso alla pensione.

I contributi figurativi per il servizio militare vengono accreditati gratuitamente dall’Inps, ma solo quando è il beneficiario a farne richiesta; potrebbe accadere, infatti, che il riscatto del servizio militare non convenga all’interessato e che quindi questo rinunci a priori a questa possibilità.

Grazie al riscatto il servizio militare è utile per determinare il diritto e la misura di tutte le pensioni, ad esclusione di quelle a carattere assistenziale. Non si può beneficiare dei contributi figurativi, però, per il servizio militare qualora il periodo di riferimento è già stato considerato ai fini del riconoscimento della pensione statale o di qualsiasi altro trattamento pensionistico sostitutivo, esclusivo o esonerativo della gestione obbligatoria.

A questo punto vediamo quali sono i passi da seguire per richiedere il riscatto del servizio militare ai fini pensionistici, soffermandoci sui requisiti necessari per inviare la domanda all’INPS.

 

 

Riscatto del servizio militare: perché è importante

Riscattare il periodo del servizio militare obbligatorio è possibile per coloro che essendo nati entro il 1985 hanno dovuto adempiere agli obblighi di leva.

In questo modo si possono ottenere gratuitamente i contributi figurativi utili per andare prima in pensione e per aumentare la misura del trattamento futuro. Ai fini della maturazione del diritto alla pensione, infatti, non valgono solamente i contributi versati durante l’attività lavorativa, dal momento che ci sono dei periodi in cui una persona si trova a svolgere delle attività diverse, come ad esempio gli studi universitari o il servizio militare obbligatorio.

In molti non sanno che ai fini pensionistici si possono riscattare sia la laurea che il servizio militare; di seguito ci concentreremo su quest’ultimo aspetto analizzando tutte le informazioni su come riscattare il servizio militare ai fini pensionistici. Stiamo parlando del servizio militare svolto in una delle Forze Armate Italiane, e di tutti i servizi ad esso equiparati.

Nel dettaglio, il riscatto del servizio militare di leva è gratuito e per farlo basta presentare la domanda all’INPS. Per richiedere il riscatto, però, bisogna soddisfare alcuni requisiti che approfondiremo successivamente.

Prima però bisogna sottolineare che il riscatto del servizio militare è gratuito solamente ai fini pensionistici, mentre per la buonuscita o TFS è a titolo oneroso.

Il riscatto però non è automatico ma è necessaria la domanda di accredito. Si tratta infatti di contributi accreditabili gratuitamente solo nel caso in cui l’interessato presenti la domanda all’INPS.

Cosa sono i contributi figurativi dell’INPS?

Con il termine contributi figurativi si intendono tutti quei contributi che vengono accreditati dall’INPS in maniera del tutto gratuita.

Sono contributi figurativi, ad esempio, quelli versati dall’Istituto nei periodi in cui il lavoratore si ammala. In tal caso infatti il datore di lavoro non è dovuto al pagamento dei contributi, poiché sarà l’INPS per evitare che ci siano dei vuoti nella posizione assicurativa del dipendente a farlo.

Sono contributi figurativi, quindi, anche quelli versati dall’INPS per il riscatto del servizio militare, per il periodo in cui una persona non ha potuto lavorare per adempiere all’obbligo di leva.

Chi può farlo?

La condizione fondamentale per richiedere l’accredito figurativo è che il periodo sia scoperto di contribuzione obbligatoria. Quindi, l’accredito dei contributi figurativi non è valido se per il periodo del servizio militare è già stato conteggiato ai fini della concessione della pensione.

Nel dettaglio, il riscatto gratuito del servizio militare può essere richiesto dagli iscritti:

  • all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti;
  • nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
  • nei fondi speciali di previdenza gestiti dall’Inps dove previsto dalle relative norme regolamentari.

Inoltre, la normativa prevede che i contributi del servizio militare possono essere accreditati anche dopo l’avvenuta richiesta dell’assicurato o del pensionato deceduto (non ci sono limitazioni per i decessi avvenuti prima del 30 aprile 1969).

Tuttavia, per ottenere l’accredito è obbligatorio che almeno un contributo sia stato effettivamente versato. Il versamento può essere anche successivo al periodo di servizio militare e può riferirsi ad un rapporto di lavoro svolto all’estero (ma solo in uno di quei Paesi legati all’Italia da convenzioni in materia previdenziale).

È bene precisare che non è possibile chiedere il riscatto della pensione per alcuni periodi, come ad esempio:

  • nel caso di detenzione in attesa di giudizio, se seguita da una sentenza di condanna e reclusione;
  • nel periodo di quiescenza;
  • diserzione;
  • assenza arbitraria;
  • servizio militare prestato – dopo l’8 settembre del 1943 – nelle formazioni della ex Repubblica Sociale Italiana;
  • periodi del servizio militare già riscattato per altre forme di previdenza, esclusive o sostitutive dell’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria).

Come inviare la domanda?

Da qualche anno ormai come specificato dalla circolare 138/2016 emanata dall’INPS, è diventata effettiva la procedura online per la presentazione delle domande per l’accredito del servizio militare.

Va sottolineato che non ci sono scadenze per inviare la richiesta di riscatto. Infatti, l’INPS ha ribadito che la domanda può essere presentata in qualsiasi momento della vita assicurativa, senza alcun termine di prescrizione.

Quindi, questa può essere inviata:

  • per richiedere l’aggiornamento del conto assicurativo, indipendentemente, quindi dalla richiesta di una prestazione;
  • in occasione della presentazione della domanda di prestazione;
  • contestualmente alla domanda di pensione.

Ma come e dove inviare la richiesta per il riscatto gratuito del servizio militare ai fini pensionistici? La domanda va inviata esclusivamente per via telematica, attraverso uno dei seguenti canali:

  • via web: entrando con il proprio PIN al sito dell’Inps;
  • via telefono: chiamando al numero 803416 da rete fissa, oppure allo 06164164 da cellulare;
  • utilizzando i servizi telematici offerti dai patronati e da tutti gli enti intermediari dell’Istituto (Tra cui l’INCA).

 

Nel presentare la domanda, il richiedente deve allegare un’autocertificazione dove attesta l’avvenuto adempimento degli obblighi di cui vi abbiamo parlato. Inoltre, bisogna indicare il periodo del servizio militare che si intende riscattare, e l’ufficio militare di appartenenza.

Sarà poi l’INPS a richiedere la documentazione probatoria al distretto o all’ufficio militare indicato nella domanda.

Come si compila la domanda online per il riconoscimento del servizio militare? Per farlo è necessario inserire una serie di dati che devono quindi essere a disposizione di chi inoltra la richiesta. I dati da inserire sono:

  • codice fiscale del richiedente (dati anagrafici e indirizzo di residenza saranno prelevati dagli archivi dell’Istituto);
  • recapiti telefonici e e-mail;
  • tipo di servizio svolto (militare, civile, richiamo alle armi);
  • arma di appartenenza e ruolo svolto;
  • date di inizio e fine servizio;
  • distretto militare di appartenenza (centro documentale o direzione marittima di appartenenza);
  • residenza al 18° anno di età;
  • fondo pensionistico nel quale si chiede l’accredito.

Una volta inseriti i dati, selezionando la voce “Salva”, la domanda potrà dirsi regolarmente trasmessa all’Istituto. Il richiedente può richiedere la stampa della ricevuta che attesti la regolare trasmissione della domanda.

Nel caso in cui il richiedente non riuscisse a procedere in autonomia alla trasmissione della richiesta di accredito del servizio militare, si ricorda che è possibile rivolgersi a un Patronato o al servizio Contact Center.

Servizio militare volontario e servizio civile: come funziona l’accredito?

Può essere accreditato anche il servizio militare volontario per gli ex militari di esercito, aeronautica, carabinieri e marina militare solamente nel caso in cui la normativa ad essi applicata non preveda la costituzione di una posizione assicurativa nell’Assicurazione Generale Obbligatoria.

Se non dovessero esserci dei motivi di preclusione, quindi, si può riscattare la contribuzione figurativa ma solo se il periodo del servizio volontario non supera la durata della ferma di leva.

Anche per il servizio civile (nel caso in cui ci fosse il riconoscimento dell’obiezione di coscienza) è previsto l’accredito dei contributi figurativi, poiché questo è equiparato al servizio militare. L’accredito però non è previsto per:

  • il servizio di volontariato civile prestato nei paesi in via di sviluppo in quanto per tali periodi, non equiparati al servizio militare, è prevista solo la possibilità di richiedere il rinvio del servizio militare di leva e, successivamente, la dispensa dal servizio militare stesso;
  • servizio civile prestato nei Comuni terremotati della Valle del Belice e in quelli di Tuscania e Arlenia di Castro in quanto tali periodi comportano il pagamento di retribuzione e il versamento dei previsti contributi previdenziali;
  • servizio civile per i volontari successivi al 1° gennaio 2006.

Prima di concludere è bene fare chiarezza su come l’Inps calcola la retribuzione figurativa da prendere come riferimento per il calcolo dei contributi da riconoscere per il servizio militare svolto.

La regola generale è quella per cui si prende la retribuzione percepita dall’interessato nell’anno in cui si è verificato l’evento che ha dato luogo alla contribuzione figurativa o – quando non sia possibile – quella dell’anno precedente.

Potrebbe accadere però che l’evento si sia verificato ancora prima dell’iscrizione all’assicurazione obbligatoria, come spesso accade per coloro che riscattano il servizio militare. In questi casi quindi si prende come riferimento la retribuzione media percepita nel primo anno di iscrizione.

 

Fonte: www.money,it




Esternalizzazioni, scioperano i dipendenti UBI

Non accadeva dal 2007. In cento saranno trasferiti, la protesta venerdì 13 settembre.

Era lo scorso aprile quando, nel corso dell’assemblea degli azionisti, l’ad di Ubi, Victor Massiah si prodigava in complimenti nei confronti delle organizzazioni sindacali. «È stato un esempio di come si collabora in maniera civile, senza polemiche, senza veleni, ma in maniera sempre costruttiva per individuare le soluzioni migliori in un contesto di così grande difficoltà. Io — aveva concluso il banchiere — sono testimone della civiltà e costruttività con cui le organizzazione sindacali si sono comportate in questi anni e le ringrazio veramente di cuore».

Tempo cinque mesi ed ecco spuntare ieri il volantino con cui tutte le sigle annunciano la protesta. Il 13 settembre si scende in piazza. Evento non certo epocale, ma sicuramente inusuale per la banca, dal momento che andando a ritroso nel tempo se ne ricorda solo un altro, quando nel 2007, 1.200 dipendenti della neonata Ubi, finirono per migrare in Ubiss, la società di servizi (portata in dote dalla componente bresciana di Lombarda Sistemi e Servizi).

Dunque, la seconda discesa in piazza della storia. E nemmeno è inusuale il motivo per cui i sindacati chiamano a raccolta i dipendenti di tutte le società del gruppo (sono escluse le filiali). A Bergamo, prima per l’assemblea presso il Centro Congressi e poi per il presidio in piazza Vittorio Veneto (ma sono chiamate ad aderire anche altre 7 piazze, Brescia, Milano, Cuneo, Pesaro, Jesi, Bari e Chieti colpite dalle cessioni). Sul tavolo c’è il trasferimento dei rami di azienda ad Accenture Service e BCube con lo spostamento di un centinaio di unità. Nessuna dismissione, né perdita del posto di lavoro. In questo caso specifico, la tutela occupazionale è assicurata, fermo restando, peraltro, che nella recente storia di Ubi si contano già tre esternalizzazioni. La prima nel 2009, quando 50 dipendenti di Banca Depositaria finirono in Rbc Dexia, nel 2013 con 30 dipendenti di Ubi Fiduciaria trasmigrati in Unione Fiduciaria e, infine, a marzo di quest’anno con l’esternalizzazione dell’ufficio stamperia che contava 5 addetti. 

Non sul contingente, piuttosto è sul futuro che puntano i fari i sindacati: oggi 100 persone, ma domani? Si chiedono con un punto di domanda che campeggia sul volantino. Il domani, che vede di prossima emanazione il nuovo piano industriale con gli inevitabili controlli sulle spese come uno degli elementi portanti (lo è sempre, anche nelle semplici trimestrali) è figlio del passato anche recente che ha visto Ubi Banca ampliare, con l’acquisizione delle tre good bank, il proprio organico fino a 22.500 addetti. Scesi, con l’incentivazione all’esodo ai 20.300 di fine aprile ma, come rivelano fonti sindacali «con l’obbligo di un’ulteriore diminuzione dell’organico, per ottemperare gli obblighi della Bce, entro fine anno a 19.950. Che dovranno diventare 19.505 entro la fine del 2020». Nessun catastrofismo alla Unicredit, per intenderci, ma solo l’accensione dei riflettori da parte dei sindacati nell’alveo, comunque, della propositiva costruttività ricordata da Massiah. Interpellata in merito, Ubi non ha rilasciato dichiarazioni.

 

fonte: Il Corriere della Sera

 

Sullo stesso argomento

https://www.fisaccgilaq.it/banche/ubi-banca/i-vertici-ubi-rispondano-sulle-esternalizzazioni.html




Alleanza-Generali: nuove chiusure e tagli indiscriminati

La scorsa settimana l’azienda, durante una conference call, ha comunicato alle OO.SS. la propria intenzione di chiudere dal primo di ottobre ben 4 Agenzie Generali, in aggiunta alle 2 già chiuse prima dell’estate (1 delocalizzata in un comune limitrofo) ed alle altre 2 dello scorso anno, nonostante negli ultimi anni Alleanza avesse sempre dichiarato che ciò non sarebbe accaduto.

Come Fisac/Cgil abbiamo protestato fermamente per questa ennesima operazione aziendale dalle palesi caratteristiche di “mascherata” ristrutturazione.

Dal 2016, quando Alleanza aveva proceduto alla chiusura delle Aree ed al demansionamento/allontanamento di 8 AM, è stato un susseguirsi di ridimensionamenti e tagli dei costi.

Le 29 Aree del 2016 si sono ridotte gradualmente agli attuali 15 Ispettorati Regionali. Solo nell’ultimo anno sono state chiuse 8 Agenzie Generali e le due aperte non invertono certo quella che possiamo definire come una tendenza preoccupante e da noi preannunciata già numerose volte coi nostri comunicati fin dal 2016.

TEMPO e RISORSE economiche ed umane per farli crescere e l’azienda non ha fatto nulla per trattenerli. Anzi, ha sottoscritto con le altre 4 sigle sindacali un rinnovo contrattuale grazie al quale i TSIE nuovi che assume li inserisce spendendo circa la metà rispetto ai vecchi dipendenti.

Le quattro agenzie chiuse creeranno, gioco forza, un forte disagio a tutti i TS ed IA che vi operano. Inoltre, Alleanza sostiene che la chiusura è motivata da parametri di non sostenibilità, chiaramente si tratta di parametri non oggettivi ed a discrezione dell’azienda che, ricordiamo, stabilisce e definisce tutte le strategie lavorative/economiche/industriali. I parametri vengono modificati o implementati a seconda delle situazioni, del momento e delle esigenze aziendali.

Inoltre, non sappiamo ancora dove verranno ricollocati i 4 Agenti Generali. A seguito delle nostre insistenze, l’unica risposta che abbiamo ricevuto è quella che Alleanza non ha nessuna intenzione di mettere in discussione i posti di lavoro. Ma niente ci è stato detto in merito al ricollocamento degli agenti. Ci è stato solo riferito che i territori verranno redistribuiti tra le agenzie limitrofe, insieme ai TS ed agli impiegati, nemmeno si trattasse di pacchi postali.

. Non firmate nulla, rivolgetevi ai vostri Rappresentanti Sindacali o ad un legale.

Non dimentichiamo cosa sta accadendo per i TS che, prima delle vacanze estive, hanno ricevuto lettere di contestazione per improduttività: NON LASCIATEVI INTIMIDIRE.

I LAVORATORI HANNO DEI DOVERI DA RISPETTARE, MA HANNO ANCHE DEI DIRITTI CHE L’AZIENDA DEVE ONORARE.

Purtroppo Alleanza e Generali continuano a dimostrare nei fatti la loro arroganza e, soprattutto, una politica suicida del management insediatosi qualche hanno fa che sta producendo solo TAGLIO DEI COSTI, demotivazione, malcontento, fuoriuscite. Come possiamo continuare a motivare l’organizzazione di vendita se la crescita professionale è bloccata e le agenzie vengono chiuse?

E le altre OO.SS. dove sono? Invece di denunciare tutti insieme le politiche sbagliate dell’azienda, si chiudono in un silenzio assordante o scrivono comunicati, come l’ultimo della Uilca, dove vengono mosse critiche ed attacchi alla Fisac/Cgil per due intere pagine condite da una marea di informazioni false e fuorvianti sulla nostra sigla, alle quali non intendiamo rispondere per evitare ulteriori polemiche e concentrarci sui problemi che riguardano i lavoratori. I FATTI ed i nostri comportamenti e, soprattutto, la nostra coerenza hanno dimostrato negli anni che la nostra organizzazione non si piega alla volontà aziendale, non si lascia intimidire o adulare.
Il numero sempre crescente dei nostri iscritti lo dimostra.

TS, IA, AG, IR, Impiegati Direzionali: nessuno è più al sicuro con questo management.
Mobilitiamoci oppure della nostra azienda non resterà più nulla.

Roma, 06 settembre 2019

Coord. Naz. Fisac/Cgil di Alleanza

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