Prima i Diritti uguali per tutti

Parte la campagna di mobilitazione volta a contrastare il progetto di autonomia differenziata portato avanti dal Governo, rilanciando la prioritaria comune battaglia per il superamento delle disuguaglianze esistenti e per l’esigibilità dei diritti fondamentali in tutti i territori.

BASTA CITTADINI DI SERIE A E DI SERIE B

  1. Il governo vuole riconoscere maggiore autonomia ad alcune regioni
  2. Noi vogliamo che siano ridotte le disuguaglianze e garantiti i diritti a tutti
  3. Asili nido, scuole, diritto allo studio, e ancora, lavoro, salute, casa, trasporti pubblici… Non sono privilegi, sono diritti, non possono variare a seconda di dove si vive.
  4. Il sistema di istruzione, i contratti e la sicurezza sul lavoro, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, il sistema di prevenzione, la cultura… Non possono essere variabili territoriali, devono rispondere a principi comuni ovunque.
  5. Da ciascun territorio secondo le sue capacità, a ciascun territorio secondo i suoi bisogni. Non è un furto, è equità. Essere comunità significa condividere le risorse e garantire a tutti le stesse opportunità.

PER UNA REPUBBLICA DEI DIRITTI UNA E INDIVISIBILE

È necessario che siano definiti i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) perché sanciscono i diritti fondamentali (alla salute, al lavoro, all’istruzione, alla mobilità…) che devono essere garantiti ovunque a prescindere dal territorio di residenza. “Essenziale” non vuol dire “minimo”, ma necessario a vedersi garantito quel diritto. È inaccettabile che i diritti fondamentali siano esigibili a geografia variabile. I LEP sono necessari a creare un sistema di redistribuzione delle risorse equo e funzionale a poter esigere una prestazione appropriata in ogni comune.

È necessario avviare un piano straordinario di investimenti per coprire il gap infrastrutturale dei servizi pubblici e ridurre i divari esistenti. Occorre un piano straordinario di assunzioni nel pubblico impiego che consenta anche di recuperare l’occupazione che si è persa in questi anni. Non è più accettabile dover emigrare per ricevere cure adeguate o non ottenere assistenza: non sono privilegi, sono diritti. Così come è un diritto fondamentale un sistema di istruzione uniforme con possibilità di accesso universali. E non è più tollerabile non poter fruire di un sistema di trasporto pubblico efficiente.

È necessario che siano approvate le leggi di principio che sanciscano l’indisponibilità delle norme di tutela, a cominciare da quelle in materia ambientale e di governo del territorio, perché un rifiuto non può cessare di essere tale a seconda del territorio in cui è lavorato, un cava non può essere scavata o meno in una determinata area a seconda della Regione in cui si trova, la manutenzione e la sicurezza dei territori e delle infrastrutture non possono essere più o meno accurate ed efficaci a seconda dell’area in cui si opera, ma devono rispondere a norme nazionali comuni di riferimento.

Non è contrarietà al decentramento, a valorizzare la prossimità territoriale, a responsabilizzare gli amministratori locali. È contrarietà a un Paese con cittadini di serie A e cittadini di serie B. L’autonomia delle Regioni promossa dal Governo romperà il vincolo di solidarietà di una comunità, sarà uno strumento per accrescere le già insostenibili disuguaglianze esistenti, consentirà di ignorare norme di principio e di tutela nazionali.

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BPER: il Capitale Umano

BPER ha pubblicato il “bilancio di sostenibilità”.

Non intendiamo commentarlo tutto (in esso ci sono voci positive ed iniziative finanziate di lodevole valore sociale), ma riteniamo necessario soffermarci sul capitolo relativo al personale, che inizia con l’enfatica affermazione “le persone sono le risorse più preziose della banca“.

Purtroppo, vi sono molte ombre che oscurano la luce abbacinante diffusa dallo storytelling aziendale, declinato per voci, sulle “risorse più preziose della banca“.

Vediamo alcune di queste voci.

Congruità degli organici: si valorizza il ricorso ai contratti di somministrazione come esempio di “agilità e flessibilità nelle risposte“.

Flessibilità però significa far fronte a necessità occasionali o a picchi di produzione, e questo appare in contraddizione con la prassi di utilizzare dei lavoratori in somministrazione fino a tre anni, per poi lasciarli a casa perchè “è cambiata la legge“.

Queste persone devono essere considerate parte dell’organico stabile, perchè l’azienda le ha utilizzate come tali.

Salute dei lavoratori: Lo stress lavoro-correlato è in vertiginoso aumento, e l’aumento è collegato all’aumento delle pressioni commerciali.

Altro che “sportello di ascolto“: l’azienda ha firmato un accordo che la impegna a denunciare e far cessare gli abusi.

Ad oggi, nonostante una prima Commissione paritetica si sia tenuta e numerosi casi siano stati riportati, l’azienda non ha ancora denunciato sul portale, né ancora agito con la dovuta energia per far cessare le condotte inappropriate non ostante ne abbia assunto l’impegno firmando l’Accordo.

Politiche di remunerazione: il Gruppo parla di “allineamento tra i compensi erogati e la creazione di valore per gli azionisti“.

Non è proprio così: a fronte del miglior utile della sua storia, il dividendo erogato agli azionisti è sensibilmente aumentato, il VAP Premio Aziendale destinato al Personale (di BPER) è stato ritoccato leggermente, e l’MBO (il “sistema incentivante” interno non concordato coi sindacati) continua ad essere un oggetto misterioso, per la scarsa trasparenza dei meccanismi di erogazione.

Formazione: si parla di 54 ore medie erogate a dipendente.

Non si dice che la maggior parte sono on line, coi colleghi spesso costretti a farle tra un cliente e l’altro, senza potervi dedicare la concentrazione e l’attenzione necessaria, senza avere a disposizione luoghi e postazioni dedicate e correndo il rischio di non apprendere.

Formalmente, formazione erogata.
Di fatto, contenuto formativo assai modesto.

Inoltre, con l’ennesima fusione alle porte, vorremmo risparmiare a dipendenti e clienti quegli enormi disagi che già in passato abbiamo vissuto nelle precedenti fusioni e migrazioni di procedure, con persone allo sbaraglio senza nessuna formazione preventiva.

Crediamo che questa importante Azienda bancaria italiana, sotto questi profili, debba ancora fare molta strada per far coincidere la rappresentazione esteriore del suo volto “sociale” con la realtà delle cose.

FISAC CGIL BPER




Popolare di Bari: caos calmo

C’è una grande confusione.

La banca è lacerata da lotte intestine e, nel caos che ne consegue, chiunque abbia anche un briciolo di potere si sente legittimato a condotte arbitrarie ed ad essere sprezzante di norme e regolamenti.

La Banca non ha ancora individuato un percorso: celebri consiglieri e famigerati dirigenti vanno via a breve distanza dall’incarico, si vive alla giornata con pesantissime pressioni commerciali e violazione dei diritti individuali e chi ne paga le conseguenze più pesanti sono i dipendenti e finanche i clienti.

C’è un gran bisogno di chiarezza.

Assistiamo, invece, a riorganizzazioni di pezzi d’azienda frutto di iniziative soggettive e prive del dovuto confronto sindacale, delle quali non si capisce se siano improvvisate o anticipatorie di un futuro che verrà.

Si continua a traslocare attività di direzione centrale tra le varie sedi di Bari, Potenza, Teramo, senza il preventivo e necessario confronto con le OO.SS., eludendo così i termini dell’ Accordo di Fusione.

La gestione del Personale è di fatto scippata dalle strutture commerciali, con un Servizio Personale completamente svuotato delle sue funzioni e relegato ad un ruolo di facciata, ora trincerato dietro presunte posizioni ABI, ora erto a interprete autentico delle norme.

In questo scenario resta ancora irrisolta la questione principale e vitale: qual è il futuro prossimo di questo Gruppo bancario?

Sarà in grado di risolvere i problemi lo stesso livello che li ha generati?

Dopo anni di bilanci negativi, di vendite di pezzi di attivo e di sacrifici economici richiesti al Personale nel tentativo, purtroppo vano, di risollevare il conto economico della banca, in un singolare gioco di alternanze, la governance è di fatto sempre la stessa.

Ci chiediamo quale sia la posizione degli Organi di Vigilanza rispetto ad un’ Azienda e ad un Gruppo molto importante nel panorama bancario italiano e del Mezzogiorno

Non accetteremo che vittime sacrificali di questi giochi di finanza e di potere siano ancora una volta i lavoratori e le lavoratrici che, dopo aver già fatto sacrifici importanti per tentare di salvare la Banca e con essa il proprio posto di lavoro, saranno con molta probabilità coinvolti nell’ennesimo processo di riorganizzazione, questa volta camuffato dalle diciture “riposizionamento strutture di direzione” e “reingegnerizzazione del business”.

Non ci stiamo più a questo gioco al massacro, abbiamo già dato e lotteremo con tutta la nostra forza per la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e per il mantenimento dei livelli occupazionali nelle banche del Gruppo BPB.

Bari, li 6 maggio 2019

 

Segreterie OdC
FABI   FIRST/CISL   FISAC/CGIL   UILCA   UNISIN
Gruppo Banca Popolare di Bari

 

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Lavoratrici CGIL aggredite a Modena da seguaci di Salvini

L’Italia del 2019 è il Paese in cui “la difesa è sempre legittima”, non ci sono più sbarchi di clandestini, e da qualche mese è entrato in vigore il Decreto Sicurezza.
Stando a tutto ciò che ci aveva raccontato il Ministro dell’Interno dovrebbe essere un Paese felice, nel quale non esiste più nessun motivo di incertezza o preoccupazione.

La realtà è molto diversa: in Italia, nel 2019, può succedere ad esempio che una bambina di 4 anni venga colpita da un proiettile mentre passeggia tranquilla con la nonna.
Può succedere questo insieme a tantissimi altri fatti orribili, perché il Ministro non ha fatto nulla per migliorare la sicurezza degli Italiani.
Eppure Salvini ha fatto tanto, pure troppo: ha stuzzicato per mesi i peggiori istinti della parte più becera della popolazione, creando un diffuso clima di odio che adesso comincia a dae i suoi frutti.

Quello che riportiamo è il racconto di un fatto gravissimo, avvenuto lo scorso 3 maggio dopo il comizio di Matteo Salvini a Modena. Un gruppo di salviniani si è avvicinato ad uno striscione esposto da ragazze del Nidil Cgil e le ha aggredite fisicamente. Qui la testimonianza di Claudio Riso della Cgil di Modena.

Al termine del comizio un gruppo di ragazzi che lavorano nel sistema modenese dell’accoglienza ha fatto un flash mob in piazza Matteotti.
Hanno aperto uno striscione, quello che vedete in foto.
Non hanno urlato, non hanno fischiato, non hanno offeso. Ma anche se avessero voluto farlo non ne avrebbero avuto il tempo: giusto pochi istanti e il signore che si intravede sulla destra della foto e un altro gruppo di militanti, leghisti o non so cos’altro, si sono avventati sulle ragazze che reggevano lo striscione, glielo hanno strappato di mano e, non contenti, hanno anche fatto volare qualche sberla.

Tutto in pochissimi istanti, poi un cordone della Digos ha evitato il peggio.

Quando il ministro dell’Interno parla di violenti beh, credo che debba farlo guardando in casa sua.
Ma in quella piazza non c’erano solo militanti leghisti: in pizza Matteotti oggi c’era la peggiore destra modenese. C’erano quelli che un tot di anni fa tentarono di aprire una sede di Forza Nuova in Rua Pioppa; ce n’era un altro che ricordo dai tempi dell’università, di Forza Nuova pure lui.
Insomma, quelli che allora se ne stavano in sordina, oggi sponsorizzano un leader del governo in carica, si sentono i padroni della piazza e danno man forte a quelli che vanno a menare un gruppo di ragazze che apre uno striscione.

Tutto bene? Ma neanche per un cazzo.
Perché se chi siede nelle istituzioni, se chi ricopre le più alte cariche dello Stato si accompagna, senza pudori e anzi con un certo orgoglio, a questa gente, forse la nostra democrazia non è poi così al sicuro.

 

Fonte: www.fortebraccionews

 

 




Intesa Sanpaolo: erogazione premi SET (Sistema Eccellenza Tutela)

Sono in corso di spedizione ai colleghi da parte dell’azienda le mail che comunicano l’erogazione del Premio SET alle filiali che hanno raggiunto i parametri previsti. Qui di seguito vi riepiloghiamo caratteristiche e criteri del SET, nonché gli importi che verranno erogati. Questo in attesa dell’incontro previsto per il 6 maggio in cui fare un punto generale su PVR e SET.

Il 4 maggio 2018 è stato raggiunto un accordo relativo al sistema incentivante per il collocamento di prodotti assicurativi destinato al personale delle Filiali della Divisione Banca dei Territori e agli specialisti Tutela delle Direzioni Regionali, denominato Sistema Eccellenza Tutela (SET).
Il SET è aggiuntivo al PVR (ricordiamo che a maggio dell’anno scorso sono stati raggiunti oltre al SET anche gli accordi su PVR 2018, “Welcome Bonus” e Lecoip 2.0).

In caso di raggiungimento degli obiettivi di filiale sui prodotti assicurativi, il SET verrà riconosciuto a tutti i colleghi della filiale, con importi differenziati per ruolo professionale. L’accordo è stato importante quale inizio di una reale contrattazione dei sistemi incentivanti perché ha consentito di confermare il risultato di filiale e non individuale; a sua volta il riferimento di filiale permette di coinvolgere tutti i ruoli della filiale.

Per il finanziamento del SET 2018 è stato stanziato un bonus pool di 32 milioni di euro; nel caso in cui il bonus pool non sia capiente, i “premi teorici” previsti nel SET sono riproporzionati. L’Azienda ha comunicato che sono stati raggiunti gli obiettivi da un numero elevato di filiali e, di conseguenza, da un numero maggiore di personale e che pertanto ha proceduto a riproporzionare i premi finali.

 

BENEFICIARI

Il PVR spetta al personale a tempo indeterminato e con contratto di apprendistato (assunto prima del 1° luglio 2018 e che sia in servizio alla data di erogazione) delle Filiali della Divisione Banca dei Territori (Retail, Personal e Imprese) e agli specialisti Tutela delle Direzioni Regionali. Il SET, come il PVR 2018, non spetta al personale delle ex Banche Venete.

    

            IMPORTO DEL PREMIO FINALE

RUOLI DI COORDINAMENTO
Direttore di filiale F5 5.046
Direttore di filiale F4 5.046
Direttore di filiale F3 5.046
Direttore di filiale F2 4.037
Direttore di filiale F1 4.037
Coordinatore imprese 4.037
Coordinatore Commerciale 4.037

 

RUOLI DI GESTIONE
Specialista Tutela 6.729
Gestore Privati e Aziende Retail 2.019
Gestore Imprese 2.019

 

RUOLI DI
SUPPORTO
con
IVASS
senza IVASS
Gestore Base 1.261 1.009
Addetto Imprese 1.261 1.009
Specialista Estero 1.261 1.009

I premi del personale delle Filiali che rientrano nel 20% delle migliori sono raddoppiati.

 

EROGAZIONE

Il riconoscimento del SET avverrà in concomitanza con l’erogazione del PVR.
Nella prima decade di maggio 2019 verrà quindi accreditato sul conto corrente l’importo netto del PVR, con sistemazione nel cedolino di fine mese.

 

CRITERI DI EROGAZIONE

Il SET è ridotto in dodicesimi per i mesi interi di assenza dal servizio nel 2018, ottenuti anche per sommatoria di periodi non consecutivi, per le assenze retribuite superiori a 60 giorni lavorativi con esclusione delle assenze:

  • per ferie, permessi ex festività, PCR, Banca ore
  • per permessi L. 104/92, permessi Banca del Tempo, permessi per gravi patologie (PVG)
  • per un periodo di cinque mesi relativamente al congedo di maternità
  • per i primi 60 giorni in caso di malattia/infortunio, salvo che l’assenza duri per l’intero anno.

Il premio è ridotto invece di 1/360 per ogni giorno di assenza non retribuita (es. aspettativa).

Al personale a part time sarà erogato in proporzione all’orario di lavoro.
In caso di variazione della filiale/ruoli professionale, il SET è determinato pro quota, in proporzione ai periodi svolti nelle diverse filiali/ruoli professionali.
Il SET non concorre alla determinazione del Trattamento di Fine Rapporto; è comprensivo dell’eventuale “indennità perequativa” ex Cariplo; non è considerato utile ai fini dell’eventuale “assegno di rivalsa” ex Cariparo.

 

EFFETTI DEI PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI

Per i vincoli dati dalla Banca d’Italia, il SET non viene riconosciuto nel caso in cui il collega abbia subito, nel corso del 2018, il provvedimento disciplinare di “sospensione dal servizio” o “licenziamento”.

 

EFFETTI DELLA VALUTAZIONE PROFESSIONALE

Il SET non viene riconosciuto in caso di valutazione negativa “non in linea con le attese di ruolo” ed è ridotto del 50% nel caso di valutazione “parzialmente in linea con le attese di ruolo”

 

Fonte: sito Fisac Intesa Sanpaolo




MPS. Nuove normative, budget: qualche segnale concreto

Il tema delle politiche commerciali, come noto, è oggetto da tempo di grande attenzione all’interno del settore bancario, sia a livello nazionale che aziendale. Importanti accordi e norme hanno cercato, spesso invano, di inquadrare e circoscrivere il fenomeno. L’organismo paritetico sulle politiche commerciali in BMPS, dopo un percorso lungo e spesso faticoso, ha cominciato a dare qualche segnale e risultato concreto, cercando di proporre soluzioni che andassero nella direzione auspicata dai Colleghi che vivono, ormai giornalmente, situazioni che in alcuni casi sono ampiamente oltre il limite della sostenibilità.

In data 26 aprile sono state finalmente emanate due importanti normative aziendali, il D 1844 e il D 1845(delle quali raccomandiamo integrale lettura), che regolano l’attività commerciale, disciplinano la Trasmissione, Esecuzione e Seguimento del Piano di Marketing Commerciale e chiariscono definitivamente cosa sia in coerenza, o meno, con i principi dell’Accordo MPS sulle politiche commerciali del 26/2/18.

Sono state tenute in buon conto le osservazioni delle OO.SS. in tema di:

  • INIZIATIVE TERRITORIALI/LOCALI:D 1844 5.1
  • OBIETTIVI/ANALISI RISULTATI A LIVELLO LOCALE: D 1845 2
  • STRUMENTI DI MONITORAGGIO GESTITI LOCALMENTE: D 1844 1.1
  • OBIETTIVI SU SINGOLI PRODOTTI: D 1845 2
  • ATTIVITÀ DI CONTROLLO E MONITORAGGIO SU TUTTI I LIVELLI DELLA BANCA DA PARTE DELLA FILIERA CONTROLLI/CONFORMITA’ AL FINE DI EVITARE FORZATURE: D 1844 6.1
  • DIVIETO DI RACCOLTA MANIFESTAZIONE DI INTERESSE: D 1844 6.1 […]

Negli scorsi giorni si è svolto l’incontro tra azienda e OO.SS., previsto dagli accordi aziendali del 31/12/18, in materia di linee guida del BUDGET per l’anno 2019. In seguito alla delibera del CdA e del Comitato direttivo della Banca del marzo scorso, il budget annuo di conto economico è già stato inviato alle AT: tutte le unità produttive hanno caricato i propri obiettivi sugli strumenti ufficiali aziendali fino al 30/6, e dal 1 luglio p.v. avranno a disposizione il budget fino a fine anno. Nel rappresentarci i principi, le logiche e le modalità con cui sono stati declinati gli obiettivi aziendali statici (leggermente sovra pesati nel primo semestre) e dinamici (in questo caso con una mensilizzazione che tiene conto del recupero e della piena potenzialità dei flussi che non può superare il 20%), l’Azienda ci ha rappresentato anche alcuni elementi di contesto.

Come OO.SS. abbiamo fatto presente che, da tutta la Rete e non da oggi, tali obiettivi sono percepiti come, di fatto, irraggiungibili e pertanto risultano frustranti per tutti i colleghi ad ogni livello. Ne derivano, talvolta, pressioni dannose e inopportune da parte della filiera commerciale. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che lo scenario macro in cui sono stati definiti i target del piano di ristrutturazione alla banca da parte della Commissione Ue/Bce è profondamente e radicalmente cambiato rispetto al 2017 in molti aspetti: andamento mercati, PIL , economia, inflazione,spread, tassi etc. Non si può dunque pretendere che la rete di Mps possa raggiungere risultati di redditività e produttività, definiti a tavolino da parte di qualche regolatore e burocrate europeo, che non hanno alcun aderenza con la realtà operativa di tutti i giorni, scaricando poi responsabilità ed eventuali inadempienze sui dipendenti.

Nelle prossime settimane sarà nostra cura monitorare la situazione nella rete e l’applicazione delle nuove normative alla luce anche del nuovo modello organizzativo, per poi rivederci con l’Azienda nel mese di giugno per verificare se una discontinuità positiva, nell’attuazione delle politiche commerciali in Mps sia effettiva e non solo sulla carta.

 

Siena, 3 maggio 2019

 

LE SEGRETERIE
FABI          FIRST/CISL          FISAC/CGIL          UILCA          UNISIN

 

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La storia di Lara

Lara R. ha 45 anni, è una donna minuta dai capelli lunghi fino ai fianchi che la fanno sembrare un ritratto rinascimentale e l’aria determinata.

La frase in questione «Ieri sera ero a casa che facevo l’amore con mia moglie e ho pensato a te» l’ha pronunciata il suo superiore ed è stata l ‘inizio di un crescendo di abusi arrivato fino alla violenza fisica.

Le richieste sessuali

«Le proposte sessuali sono partite nel 2009 – ricorda nell’ ufficio fiorentino della sua avvocata, Marina Capponiquando lavoravo lì già da tre anni come impiegata amministrativa. Fin dall’ inizio aveva con me un atteggiamento impositivo, pretendeva che facessi cose che non c’entravano niente con il mio lavoro, come accompagnare fuori il suo cane o lavargli gli occhiali . Poi è passato alle richieste di sesso».
L’uomo sembrava darle per scontate.  «Quella prima volta gli dissi che non mi interessavano i suoi pensieri e lui si stupì “:
“Come, non ti senti lusingata?”. Qualche minuto dopo aggiunse: “Mi piacerebbe che tu diventassi la mia amante”.

Commenti che col passare del tempo, nonostante le rimostranze di Lara, sono di ventati sempre più volgari : «Almeno una volta dammela», «Non la tenere sotto sale», «Ce l’hai murata con il cemento».

L’escalation delle molestie

«Poi è passato dalle parole ai fatti : se mi giravo fischiava e mi metteva un dito tra le natiche.
“Scherzo” si giustificava. Una volta mi sono chi nata a prendere dei faldoni e me lo sono trovato davanti alla faccia che mimava un atto sessuale».
Lara faceva fatica a parlarne, sia con i colleghi che fuori : «Raccontavo qual cosa ma non tutto, avevo paura che non mi credessero».
Intanto piangeva ogni mattina quando sentiva la sveglia. Il culmine è arrivato con un’aggressione per avere «finalmente» un bacio: «Mi ha spinto così forte contro il muro
da rompere la pinza che avevo in testa e me lo ha dato a forza. “Vedi che alla fine ti ho baciato?” ha detto dopo».
Lara è andata avanti ancora qualche settimana, poi è crollata: «Mi sono svegliata una mattina con un formicolio in tutto il corpo, le orecchie che fischiavano e  la tachicardia». È stato allora che, accompagnata dal padre, è andata al sindacato, la Cgil , che l ‘ha subito messa in contatto con l’avvocata.

Il licenziamento (poi impugnato)

“Entrò nello studio che non riusciva nemmeno a camminare, la tenevano il sindacalista da una parte e suo padre dall’altra” racconta la legale, Marina Capponi. “La prima cosa che ho fatto è stata mandarla a Pisa, dove c’è un centro di medicina del lavoro all’avanguardia“. Lì i medici le hanno diagnosticato un di sturbo da stress collegato al lavoro e hanno fatto – all’insaputa di Lara e della sua avvocata – un esposto alla magistratura per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro perché l’azienda, non proteggendola dagli abusi , non ha sufficientemente tutelato la sua salute.
Lara e la sua avvocata, invece, hanno mandato una lettera al  titolare della ditta per segnalare le molestie.  «La loro reazione è stata licenziarmi , senza parlare con noi » racconta Lara.
Dall’impugnazione del  licenziamento è nato il processo in sede civile. Nel 2012 il giudice del lavoro le ha dato ragione e ha condannato il suo datore di lavoro a pagare circa 70mila euro, sentenza poi confermata anche in appello. L’estate scorsa si è concluso il secondo procedimento, stavolta penale, e il suo molestatore è stato con dannato a 2 anni e 8 mesi per violenza sessuale attenuata.
«La mia soddisfazione più grande è stato vederlo in aula, senza parole e viola in volto» racconta  Lara.

Che fare contro le molestie sessuali sul lavoro di un collega?

La risposta è stata fornita, a più riprese, dalla Cassazione.
Tentare di limitare la libertà altrui (ad esempi o con un abbraccio o con le mani sulla vita o sul collo) e, nello stesso tempo, sfiorarne le zone
erogene (come le labbra, il collo, le natiche, le cosce, il seno e, non in ultimo, le parti intime) integra il reato di violenza sessuale.
Tutto ciò che raggiunge la sfera sessuale e le impone di subir e un atto non voluto è reato: «consumato» o «tentato» a seconda che l’obbiettivo sia stato raggiunto o meno (si pensi , in questo secondo caso, alla donna che riesce a di vincolarsi con uno schiaffo sferrato al molestatore).

In tutti questi casi puoi sempre denunciare il tuo collega responsabile delle molestie sessuali .
Se questi non è riuscito nel suo intento, possono sempre ricorrere gli estremi della tentata violenza sessuale: la sanzione non sarà grave come nella prima ipotesi ,ma potrai pur sempre avviare un processo penale contro il colpevole e chiedergli, per di più, il risarcimento del danno (tramite la costituzione di parte civile).
Per suffragare la tua denuncia, potrai portare davanti al giudice, come testimoni , gli altri colleghi di lavoro o i clienti che hann o assistito alla scena. Ma se anche questi dovessero negarti il supporto o i fatti si sono consumati a porte chiuse, la tua stessa di chiarazione sarà ugualmente sufficiente. Di fatti, nel processo penale, la vittima può essere testimone di sé stessa (lo stesso non è invece previsto per l’imputato). In buona sostanza il giudice può fondare una sentenza di colpevolezza già solo con le dichiarazioni della parte lesa, se non contraddet te da altri elementi.

Il Codice civile impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare la salute psicofisica dei dipendenti, disponendo un luogo di lavoro salubre e lontano da qualsiasi rischio o pericolo; ragion per cui il datore di lavoro è responsabile sia per le proprie mancanze che per quelle commesse dagli altri dipendenti. Su di lui ricadono le colpe di tutta la struttura aziendale quando il pregiudizio si riversa sulla salute di uno dei lavoratori .
La Cassazione ha chiarito che il dipendente, vittima di molestie sessuali da parte dei colleghi sul luogo di lavoro, può chiedere il risarcimento al datore sul presupposto che questi sia rimasto colpevolmente inerte nella prevenzione e rimozione del “fattaccio”.
In buon a sostanza, se il datore viene messo al corrente del tentativo di avances, deve fare di tutto per tutelare il proprio lavoratore.

Ma cosa succede nel mondo bancario?

Consapevolezza e responsabilità nell’uso della comunicazione dovrebbero essere il primo passo per combattere le molestie nel luogo di lavoro.
Le parole possono ferire, offendere, umiliare. Tanto più se provengono da persone con ruoli di potere. Sono sempre più frequenti i casi di allusioni, ammiccamenti e proposte insistenti segnalati d nostre colleghe.
La violenza verbale o psicologica non è meno grave di quella fisica, che spesso ne è la diretta conseguenza.
La cultura patriarcale, insieme ad una inadeguata distribuzione di potere tra i generi alimentano e perpetuano discriminazioni, molestie e violenza. Spesso diventa difficile individuarle e farle emergere: chi le subisce fatica a denunciarle, chi le agisce si autoassolve declassandole a scherzo o galanteria ed i colleghi difficilmente solidarizzano con la vittima.
Spesso chi dimostra di non gradire battute volgari viene definita una bigotta, frigida o noiosa. Le vittime arrivano al punto di assuefarsi a certe situazioni.

La consapevolezza di questo fenomeno deve aumentare.
Ogni forma di molestia, verbale o fisica,è intollerabile.
“Pensavo fosse colpa mia” , è la frase che fa più rumore quando ci sentiamo raccontare episodi di molestie sui luoghi di lavoro. E le vittime ci segnalano un senso di solitudine.

Questo non deve più accadere. Il sindacato è al vostro fianco.

 

Fonte: Banconote aprile 2019 – organo di informazione della Fisac/Cgil Brescia




Quota 100, la NASPI decade?

L’approvazione della misura pone una serie di numerose questioni di coordinamento con gli altri ammortizzatori sociali. Ad esempio, con Quota 100, la Naspi decade?

Una delle tematiche più calde è il destino di quei lavoratori che si trovano in disoccupazione indennizzata, cioè che percepiscono la naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego, partita con riferimento agli eventi di disoccupazione involontaria intervenuti dal 1° maggio 2015 con il Dlgs 22/2015.

Molti di questi soggetti potrebbero maturare (o aver già maturato) i requisiti pensionistici per la quota 100, cioè i 62 anni e 38 di contributi durante le fruizione della Naspi, prima della sua scadenza. In questo caso il titolare dell’ammortizzatore rischia di vedersi interrotta l’erogazione della prestazione di disoccupazione avendo l’interessato maturato il diritto a pensione. Tra le cause di decadenza dallo strumento il Dlgs 22/2015 prevede, infatti, la maturazione di un diritto a pensione di vecchiaia o anticipato.

Quota 100, Naspi decade?

Prima dell’approvazione del DL 4/2019 la corresponsione della Naspi cessava, quindi, al perfezionamento di 67 anni e 20 anni di contributi oppure al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi di contributi le donne) a prescindere dall’età anagrafica. Con l’approvazione del decreto legge 4/2019, pertanto, anche il raggiungimento dei requisiti di 62 anni e 38 di contributi potrebbe dar luogo a decadenza dall’ammortizzatore sociale.
La cessazione dalla Naspi, come noto, si realizza dal momento in cui si verifica l’evento che la determina, con conseguente obbligo di restituire l’indennità che eventualmente si sia continuato a percepire oltre la data del verificarsi dell’evento interruttivo. Dunque i lavoratori potrebbero essere chiamati a restituire i ratei di naspi percepiti dopo la maturazione del diritto a pensione con la quota 100 ancorché non abbiano fatto domanda di pensionamento. Sul punto l’Inps ed il Ministero del Lavoro dovranno fornire opportuni chiarimenti.

Finestra mobile

A questo punto occorrerà anche chiarire sin da subito che, in realtà, la decadenza della naspi dovrebbe verificarsi non dal momento in cui sono maturati i requisiti anagrafici e contributivi, cioè i 62 anni e 38 di contributi ma a partire dall’apertura della finestra mobile (di regola trimestrale) cioè alla prima decorrenza utile della pensione. Discorso simile vale per i titolari di mobilità in deroga la cui attribuzione è subordinata, generalmente, al mancato perfezionamento del diritto a pensione.

Nulla muta per quanto riguarda il conseguimento dell’assegno ordinario di invalidità: qui il lavoratore continua a mantenere il diritto di scegliere di continuare a percepire la Naspi oppure optare per l’AOI nel caso in cui vengano accertati i relativi requisiti contributivi e sanitari. Anche per le lavoratrici che hanno i requisiti per l’opzione donna non cambia nulla: l’Inps correggendo precedenti istruzioni ha chiarito con Circolare 142/2015 che essendo questo regime facoltativo la decadenza dalla naspi si verifica solo al momento della prima decorrenza utile successiva all’esercizio dell’opzione donna e non retroattivamente, al momento della maturazione dei requisiti per l’opzione.

 

Fonte: www.pensionioggi.it