Il ministro con la divisa

Il ministro dell’Interno del mio Paese indossa la divisa. Non tutta insieme. Una giacca, un caschetto. Se la mette quando fa i comizi o le passeggiate tra la folla. Qualcuno per lui dice: “preparate i telefonini”.

Lui comunica attraverso la sua pagina Facebook. In quello spazio parla direttamente agli italiani e in molti lo seguono. Ha più di tre milioni e mezzo di follower. Un politico che comunica come il mio compagno di calcetto entra nella mia vita come se fosse un amico.

In una foto che ha postato recentemente lo si vede con una t-shirt nera con su stampata una scritta a caratteri enormi: “La difesa è sempre legittima”.
È un’altra delle sue tecniche di comunicazione. Si mette addosso una felpa o una maglietta con una scritta. Basta la foto. La scritta parla per lui. Quasi sempre è infilata sopra la camicia. Usata come una bandiera. Poi aggiunge tre righe di commento. Spesso c’è una faccina. Manda baci, saluti e chiede ai follower: “Che ne dite, amici?”.

Il giorno di Pasqua ha postato due immagini sbarazzine. In una si fa il selfie con un somaro: “Guardate chi ho incontrato!”. Nell’altra si ritrae con una montagna di polenta. Nelle stesse ore il suo responsabile della comunicazione ha postato una foto sorprendente per il giorno della Resurrezione di Cristo. Il ministro dell’Interno del mio paese è ritratto con un’arma da guerra e poche righe: “Siamo armati e dotati di elmetto!“.

Undici anni fa Umberto Bossi minacciò di scatenare i suoi uomini. “Abbiamo 300mila martiri – disse – i fucili sono sempre caldi”. In quel lontano aprile si chiuse il secondo governo Prodi, tornò Berlusconi e non scoppiò una guerra civile. Non credo che scoppi la prossima settimana. Ma in questi anni è cambiato il linguaggio, dei media e il nostro. Un linguaggio che non tutti sanno gestire e che per qualcuno può diventare un delicatissimo detonatore.

Poco più di un anno fa un italiano di 28 anni ha sparato a sei immigrati di origine sub-sahariana. È stato arrestato davanti al monumento dei caduti di Macerata mentre faceva il saluto romano e gridava “viva l’Italia” con il tricolore sulle spalle.

Anche il ministro dell’Interno del mio paese ha condannato quell’azione. Il ministro è un uomo saggio e peserà ogni parola per il bene del mio paese.

 

Articolo di Ascanio Celestini su “Il Manifesto” del 23 aprile 2019




ADER – Nota unitaria su problematiche legate alla scadenza della rottamazione

Di seguito riportiamo il testo della nota scritta unitariamente dalle OO.SS. all’Azienda in data odierna.                                                        

                                               Al Presidente Sig. Maggiore

                                                            

                                               Ai responsabili

                                              Direzione Riscossione Sig. Favè

                                              Risorse Umane Sig. Pinzarrone

 

                                              E p.e. Agenzia delle Entrate – Riscossione

 

Da più parti riceviamo, come Segreterie Nazionali, segnalazione della volontà della quasi totalità dei responsabili nelle diverse realtà territoriali di non procedere a sospendere l’erogazione dei numeri ai contribuenti sebbene l’affluenza e le code agli sportelli siano tali da non consentire il disbrigo delle pratiche in arrivo entro l’orario massimo di lavoro giornaliero.

E’ evidente che, nonostante gli inviti a procedere nel rispetto degli orari di lavoro ripetuti anche ieri dalle Segreterie Nazionali scriventi il vertice aziendale non ha ritenuto di dare disposizioni in tale senso.

Con la presente nota, nell’esprimere il massimo sconcerto a fronte di tale pesante situazione intendiamo ribadire il pieno diritto dei colleghi al rispetto dell’orario di lavoro, alla volontarietà dello straordinario, da effettuarsi comunque nel rispetto dei limiti giornalieri e settimanali, a procedere nell’esecuzione del proprio lavoro nel pieno rispetto non solo delle norme di legge, ma anche delle procedure e delle disposizioni interne. Indicazioni difformi dalle disposizioni aziendali scritte non possono essere dettate se non con analogo ordine scritto.

Pertanto, in ordine a tale ultima problematica, qualora I colleghi siano invitati a procedere diversamente da quanto previsto dalle disposizioni scritte sono nel pieno diritto di rifiutare procedure dettate unicamente con indicazioni verbali, e comunque non risponderanno di eventuali errori, omissioni, imprecisioni di qualunque tipo.

Roma, 30 aprile 2019

Le Segreterie Nazionali
FABI          FIRST/CISL          FISAC/CGIL          UILCA




Perchè il salario minimo orario può essere dannoso

Improvvisamente la politica sembra essersi accorti dei cosidetti “working poors” : persone che pur lavorando guadagnano troppo poco per vivere in modo dignitoso. In Italia sono circa il 12% dei lavoratori.
Se n’è accorto il Movimento 5 Stelle, che in realtà il problema lo ha sempre posto, ma che rischia di affrontarlo con il dilettantismo e l’approssimazione che lo contraddistingue, finendo col fare ulteriori danni.
Se n’è accorto il PD, che pure fra Jobs Act, Decreto Poletti e norme varie a favore della precarizzazione, tanto ha fatto per aumentare il numero dei working poors.
Entrambi i partiti, in modo differente, sembrano aver trovato la formula magica che potrebbe risolvere tutti i problemi: il salario minimo orario.
Ma è davvero questa la soluzione giusta?

In realtà, una forma di salario minimo in Italia esiste già, e trae origine dall’art. 36 della costituzione:

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Come si fa a quantificare la retribuzione in modo che sia proporzionata alla quantità e qualità del lavoro? La giurisprudenza ha un orientamento preciso: quando il lavoratore si rivolge al Giudice del Lavoro, quasi sempre il magistrato prende come base di riferimento il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore e stabilisce che uno stipendio inferiore a quello previsto nel contratto è illegittimo.
In questo caso l’azienda, oltre a dover risarcire il lavoratore, si troverà anche accusata di evasione contributiva, avendo versato contributi previdenziali calcolati su un importo inferiore al dovuto.

Messa così, la questione sembrerebbe risolvibile con facilità. Tutti i settori sono regolati da Contratti Collettivi, anzi ce ne sono pure troppi (il CNEL ne conta circa 370). Basta applicarli a tutti i lavoratori interessati e il problema è risolto. Giusto?

Purtroppo le cose non sono cosi semplici.

Uno dei problemi irrisolti da oltre 70 anni nella politica italiana è che non è mai stata data attuazione all’ Art. 39 della Costituzione, che disciplina l’attività dei sindacati. Senza entrare troppo in tecnicismi, la norma prevede che i contratti stipulati dai sindacati abbiano validità per tutti i lavoratori del settore (erga omnes), ma questo poteva succedere solo dopo aver emanato delle norme specifiche. Dal 1948 ad oggi questo non è stato fatto.

A causa della mancata emanazione di queste norma, c’è una conseguenza che potrà apparire sorprendente per molti: i contratti collettivi non valgono per tutti i lavoratori, ma solo per gli iscritti alle Organizzazioni Sindacali che li hanno firmati.
Ovviamente questo contrasta con il criterio della parità di trattamento dei lavoratori, quindi le aziende ovviano a questa problema inserendo, nelle lettere di assunzione individuale, il rimando al contratto collettivo di categoria.

Il problema è che anche le aziende sono iscritte ad Organizzazioni Sindacali: sono ad esempio Organizzazioni Sindacali Confindustria o, per restare nel nostro settore, ABI o Federcasse.
Ogni azienda è libera di decidere se essere o meno iscritta ad un’Associazione di Categoria: se non lo fa, o magari decide di uscirne dopo essere stata iscritta, il Contratto Collettivo Nazionale non per lei ha alcun valore.
Potrà eventualmente sottoscrivere, con i Sindacati più rappresentativi in azienda, un suo Contratto Collettivo che sarà l’unico a regolamentare i rapporti di lavoro: è quello che fece la FIAT nel 2011 quando uscì da Confindustria e si fece approvare un suo contratto aziendale, emarginando la FIOM/CGIL che rifiutò di prestarsi all’operazione.

L’attuale quadro normativo si presta ad abusi: un’azienda o un gruppo di aziende possono costituire una loro Organizzazione di Categoria, scriversi un loro Contratto Collettivo e farselo approvare da Sindacati di comodo appositamente costituti. Un comportamento del genere è formalmente legittimo, ma di fatto rappresenta un aggiramento fraudolento delle norme, dando vita al fenomeno dei “contratti pirata“. Nel nostro settore è quello che si è verificato nel comparto dell’appalto assicurativo.

Restando nell’ambito dei comportamenti al limite tra legalità e illegalità , in Italia esistono migliaia di micro imprese, senza rappresentanza sindacale tra i lavoratori, che semplicemente scelgono di non aderire a nessuna Associazione di Categoria, quindi non hanno nessun obbligo di applicare Contratti Collettivi e possono decidere in modo unilaterale quanto pagare i dipendenti.
I lavoratori possono rivolgersi al Giudice del Lavoro per chiedere, in base all’Art. 36 della Costituzione, di adeguare la loro retribuzione al salario minimo previsto dal Contratto Nazionale di settore, avendo la ragionevole certezza di vincere la causa, ma con il timore di dover poi subire future ritorsioni in aziende che, per le loro dimensioni, possono licenziarli con estrema facilità.
Non è un caso se, spesso, queste aziende che pagano stipendi inferiori al dovuto si adeguano invece alla contribuzione previdenziale prevista dai contratti: qualora venissero trascinate in tribunale avrebbero così evitato l’accusa, più grave, di evasione contributiva.

Questo è il quadro attuale: una situazione in cui è possibile – in modo più o meno lecito – per le aziende negare i diritti ai lavoratori: bisogna infatti considerare che un contratto collettivo prevede anche tutele che vanno oltre lo stipendio, e che ovviamente vengono a loro volta perse in caso di disapplicazione del contratto stesso.
Porre rimedio a questa situazione è assolutamente necessario oltre che doveroso, visto che esiste un pezzo importante della nostra Costituzione che da oltre 70 anni aspetta di essere applicato. La domanda da porsi è:
il salario minimo orario è la soluzione giusta?

Così come è stato prospettato sicuramente no. Vediamo perché.

  • Un eventuale salario di base non può essere uguale per tutti
    Se esistono tanti contratti collettivi (magari anche troppi) c’è un motivo ben preciso: ogni settore ha le sue esigenze e le sue peculiarità. Nel decidere quale dev’essere la giusta retribuzione non si può trascurare la differente produttività del lavoro nei vari comparti.
    La contrattazione tra le parti, che conoscono dettagliatamente ogni aspetto delle aziende, potrà portare a risultati a volte imperfetti ma rappresenta il miglior compromesso possibile tra le esigenze del datore di lavoro e del lavoratore.
    Un intervento del legislatore, che fissi un livello minimo reddituale uguale per tutti, comporterebbe l’azzeramento di anni di esperienze e contrattazione, sostituendosi in modo del tutto arbitrario alle parti e fissando importi che non hanno nessun riscontro nelle specifiche aziende.
    Un salario minimo uguale per tutti si rivelerebbe troppo alto in alcune realtà, troppo basso in altre.
  • Il salario di base non può essere troppo basso
    Abbiamo visto come i Contratti Collettivi vincolino solo le aziende iscritte ad Associazioni di Categoria firmatarie degli stessi. Un salario minimo orario inferiore alla maggior parte dei minimi tabellari previsti dai vari Contratti Collettivi metterebbe le aziende nella condizione di avere convenienza ad uscire dalle Associazioni Datoriali, non applicare più i contratti e pagare meno i propri dipendenti.
    L’effetto di una soglia troppo bassa sarebbe devastante: a fronte di un aumento di stipendio per chi oggi prende troppo poco, ci sarebbero milioni di lavoratori che vedrebbero ridursi il loro salario, ma soprattutto diritti e tutele conquistati in decenni di lotte sindacali.
  • Il salario di base non può essere troppo alto
    E’ fin troppo facile promettere un salario minimo orario superiore alla maggior parte dei Contratti Collettivi, come stanno facendo sia i 5 Stelle, sia il PD. Come abbiamo visto, le attività economiche non sono tutte uguali e il valore reale di una singola ora di lavoro può essere molto diverso a seconda delle aziende. Fissare un minimo di legge troppo alto potrebbe spingere molte aziende ad applicare, obtorto collo, i Contratti Collettivi, e questo sarebbe un aspetto positivo.
    Ma costituirebbe anche un forte incentivo verso il lavoro nero, fenomeno che questo governo, come quelli che lo hanno preceduto, non sembra particolarmente determinato a contrastare.
    Ancora una volta il rischio concreto è quello di ridurre i diritti dei lavoratori, in modo particolare di quelli più deboli, impiegati presso micro imprese che maggiormente possono ricattarli.
  • Non basta l’aumento di salario
    Il diritto ad una retribuzione dignitosa è sancito in Costituzione, quindi dev’essere assolutamente reso esigibile. Un Contratto Collettivo prevede però tanti altri diritti: tutela chi si ammala, tutela le mamme, tutela chi ha familiari infermi da accudire.
    Che senso ha dare qualche euro in più ai lavoratori, se poi devono vivere con il terrore di non potersi ammalare per non perdere il posto di lavoro?

Evidentemente la proposta del salario minimo di legge, sicuramente utile per prendere voti, non rappresenta invece la situazione di un problema che, ricordiamolo, nasce dall’inerzia della politica che da 71 anni non è riuscita a dare attuazione a quanto previsto dalla Costituzione in materia di rappresentanza sindacale.
Questo chi ci governa lo sa (o almeno dovrebbe saperlo) ma non lo dice mai.

Se si vuole procedere con il salario minimo orario, bisogna farlo come proposto dalla CGIL: facendo coincidere il salario minimo di ogni categoria con i minimi previsti dal Contratti Collettivi di settore.
Sarebbe un primo passo verso quello che dev’essere l’obiettivo da raggiungere, ossia l’estensione a tutti i lavoratori delle tutele previste dalla contrattazione collettiva.

Un dovere al quale da troppo tempo la politica si sottrae.

 

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L’azienda che assume solo ultracinquantenni rimasti senza lavoro

Da anni ormai quando si parla di precariato si parla di loro: i cinquantenni disoccupati, vere vittime di quella che dovrebbe essere la flessibilità del posto di lavoro, ma che in realtà mette in ginocchio persone che restano disoccupate e non riescono a ricollocarsi. Ma in Toscana c’è un’azienda che ha fatto tesoro di questo tipo di problema e ha pensato bene di cercare di risolverlo.

La MrKelp, azienda ben avviata nel settore dei multiservizi, assume infatti solo cinquantenni reduci da precariato, fallimenti o disoccupazione: lavoratori rimasti senza lavoro perché la loro azienda ha chiuso o esternalizzato, o perché è fallita, o per qualsiasi altro motivo. Ne parla oggi il quotidiano La Nazione: un caso più unico che raro, che dimostra come sia possibile fare qualcosa per aiutare queste persone, spesso lavoratori specializzati utilissimi alla causa, ma ignorati e sacrificati sull’altare della precedenza ai giovani.

Finora sono una ventina le persone assunte dalla MrKelp, guidata da tre imprenditori, Alessandro Marzocca, Simone Orselli e Serena Profeti. Marzocca spiega: «Abbiamo optato per assunzioni che privilegiassero l’inserimento di donne e uomini che avessero perso il proprio lavoro per colpa della crisi – le sue parole a La Nazione – Vogliamo dare opportunità a persone sui cinquanta che si trovano in difficoltà, aiutandole a reinserirsi nel mondo del lavoro».

Avevo un’azienda che è stata spazzata via dalla crisi, ho pensato che per me non ci sarebbe stato più spazio», dice Massimo, 56 anni, uno dei neoassunti. «Oggi possiamo dire che la scommessa è vinta». «Sono riuscito a riavere una busta paga, i contributi, uno stipendio: erano cinque anni che non l’avevo più», aggiunge Ercole, 57 anni. Una storia certamente a lieto fine, nella speranza che l’economia italiana si risollevi finalmente per dare un’opportunità a tutte le generazioni che stanno scontando ormai da quasi dieci anni il salatissimo conto della crisi.

COS’È MR KELP «L’idea è nata da un gruppo di amministratori di condomini e immobili, a Firenze, che ha sentito l’esigenza di creare un servizio efficace e di qualità per le pulizie e le piccole riparazioni dei propri stabili»: si presenta così sul sito ufficiale l’azienda toscana di multiservizi, nella sezione dedicata al Chi siamo. “Il compito principale di Mr. Kelp è quello di trovare soluzioni semplici e immediate per i problemi più diversi che, ogni giorno, possono venire alla luce nella gestione degli immobili”

 

Fonte: www.leggo.it

 




Credito Cooperativo: arriva la “Banca del tempo solidale”.

Il giorno 16 aprile u.s., tra le Segreterie Nazionali delle Organizzazioni Sindacali e Federcasse, è stata sottoscritta una bozza tipo di “Verbale di accordo aziendale”, per la costituzione e l’avvio effettivo della “Banca del Tempo Solidale” in ciascuna azienda del Credito Cooperativo.

Tale iniziativa è coerente con quanto previsto all’art. 15 dell’Accordo di rinnovo del CCNL del 9 gennaio 2019 in materia di “Permesso Solidale” e “Banca del Tempo Solidale”. Nel valorizzare il “Permesso Solidale” quale nuovo temporaneo istituto a supporto delle attività di volontariato svolte dai lavoratori e dalle lavoratrici del Credito Cooperativo si è inteso quindi anche promuovere la istituzione della “Banca del Tempo Solidale”, tenendo conto delle positive esperienze già maturate, nel recente passato, in molte aziende nel Credito Cooperativo.

 

Il “Permesso Solidale” nel Credito Cooperativo

Il “Permesso Solidale” di cui all’articolo 15 dell’accordo di rinnovo del 9 gennaio 2019 è un istituto temporaneo e sperimentale valido per il solo anno 2019. Il “Permesso Solidale”, per l’anno 2019, è riveniente dalla trasformazione di una giornata di “permesso ex festività” previste dal CCNL (art. 53) per il personale inquadrato nei Quadri direttivi o nelle Aree professionali con oltre 5 anni di anzianità di servizio, ovvero di 7,5 ore di cui all’art. 118 CCNL per il personale inquadrato nelle Aree professionali con meno di 5 anni di anzianità di servizio.

Il “Permesso Solidale” sarà fruibile, nel corso dell’anno 2019, per lo svolgimento di attività di volontariato riguardanti iniziative aventi finalità civiche, culturali, solidaristiche, di utilità sociale o ambientale, comunque senza finalità di lucro e per la partecipazione a corsi di formazione finalizzati allo svolgimento delle attività di volontariato in senso stretto.

La fruizione del “Permesso Solidale” andrà richiesta con le stesse modalità del permesso da cui è riveniente e dovrà essere giustificata entro massimo 15 giorni da parte dei fruitori con la consegna all’azienda di “attestazione di partecipazione” rilasciata dall’organismo presso cui è stata svolta l’attività di volontariato.

I lavoratori nel corso dell’anno 2019, in luogo della fruizione del “Permesso Solidale”, potranno scegliere di donare alla “Banca del Tempo Solidale” il quantitativo di ore allo stesso corrispondenti. In base all’accordo 9 gennaio 2019, i permessi solidali non fruiti e non donati volontariamente nel corso dell’anno 2019 confluiranno automaticamente, con decorrenza gennaio 2020, nella “Banca del Tempo Solidale” istituita presso l’Azienda di appartenenza.

 

La “Banca del Tempo Solidale” nel Credito Cooperativo

Con la “Banca del Tempo Solidale” ci si prefigge di sostenere, in ambito aziendale, le esigenze personali e familiari di quei lavoratori che hanno necessità di fruire di giornate di permesso per affrontare gravi situazioni personali o familiari, ed inoltre, e questa è una novità rispetto ad esperienze di altri settori, verranno supportate le azioni di volontariato sociale, civile, ambientale.

Riguardo alle modalità di fruizione si rimanda al testo della bozza di accordo e agli accordi che verranno sottoscritti in azienda, di seguito si riportano le principali casistiche di utilizzo per ora previste:

  • lavoratori che siano assenti continuativamente per malattia e risultino destinatari di un periodo di comporto residuo inferiore ai 30 giorni;
  • lavoratori che siano titolari di permessi ex art. 33, comma 6, L. 104/1992 per sé stessi;
  • lavoratori che siano destinatari di permessi ex art. 33, comma 3, L. 104/1992 per i propri figli e/o per il coniuge e/o convivente more uxorio;
  • lavoratori che assistano in caso di grave infermità ex art. 4, comma 1, L. 53/2000 il coniuge, un parente entro il secondo grado o il convivente more uxorio, un affine entro il primo grado;
  • lavoratori che necessitino di assentarsi per motivi legati a disagi comportamentali dei figli che abbiano fino a 25 anni di età (ad esempio: tossicodipendenza, alcoolismo, bulimia/anoressia, problemi collegati ad episodi di bullismo; bisogni educativi speciali (BES) o disturbi specifici dell’apprendimento (DSA);
  • lavoratori che necessitino di assentarsi a causa di infortuni, danni o gravi disagi provocati da calamità naturali di rilevante entità (ad esempio: terremoti, alluvioni) che abbiano colpito il lavoratore, il coniuge, i figli, il parente entro il secondo grado,o il convivente more uxorio;
  • lavoratori che svolgano attività di volontariato sociale, civile, ambientale;
    lavoratori che siano impegnati in attività di assistenza e soccorso nei casi disciplinati dal DPR 194/2001 ed abbiano esaurito la dotazione di permessi ivi prevista all’art. 9, comma primo;

oltre a trovarsi in una delle condizioni di cui sopra, per poter fruire dei permessi della “Banca del Tempo Solidale” i lavoratori devono essere già donatori in favore della stessa ed aver esaurito la propria dotazione di ferie e permessi.

L’alimentazione della “Banca del Tempo Solidale” avverrà mediante la donazione, volontaria ed a titolo gratuito, da parte dei dipendenti dell’azienda, di giornate, ovvero ore, della dotazione individuale annuale di:

  • permessi ex art. 118;
  • banca delle ore;
  • permessi per ex festività;
  • ferie (solo per la parte eccedente il minimo di legge).

Per il solo anno 2019 sarà possibile versare nella “Banca del Tempo Solidale” la propria dotazione di “Permesso Solidale” di cui all’articolo 15 dell’accordo 9 gennaio 2019; si ricorda che il “Permesso Solidale” eventualmente non fruito nel corso dell’anno 2019 verrà automaticamente riversato alla “Banca del Tempo Solidale” a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Anche i dirigenti potranno contribuire alla “Banca del Tempo Solidale” attraverso la donazione di:

  • permessi ex festività maturati e non goduti;
  • ferie (solo per la parte eccedente il minimo di legge).

Anche il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Credito Cooperativo si arricchisce dell’istituto della “Banca del Tempo Solidale”, che insieme al “Permesso Solidale” entrano a far parte, seppure in via sperimentale vista la originalità delle previsioni, del bagaglio valoriale della categoria.

Va ricordato che, al fine di offrire maggiori tutele a quei lavoratori che si trovino ad affrontare problematiche legate alle condizioni di salute dei propri figli, il legislatore ha provveduto, a mezzo dell’articolo 24 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, ad introdurre nell’ordinamento italiano l’istituto delle “ferie solidali”, prevedendo la possibilità di cessione delle ferie maturate a favore di altri lavoratori che ne abbiano bisogno, rimandando ai contratti collettivi di lavoro il compito di individuare le modalità di cessione e fruizione.

La necessità di disciplinare esplicitamente la richiamata possibilità di cessione ha iniziato a divenire attuale nell’ambito dell’ordinamento giuridico francese. Con la legge n. 459 del 9 maggio 2014 (la c.d. “Loi Mathys”), infatti, il legislatore ha ritenuto opportuno prevedere, all’interno del Codice del lavoro francese, la possibilità per “tutti i dipendenti, pubblici e privati” di cedere in forma anonima e con il consenso del datore di lavoro – “i diritti o parte di essi su permessi e ferie retribuite” in favore dei lavoratori i quali abbiano un figlio “con meno di vent’anni affetto da una malattia, un handicap o vittima di un incidente di gravità tale da rendere indispensabile una presenza e cure costanti”.

Questa esigenza ha iniziato a prendere le mosse da una mobilitazione di persone ed associazioni, in seguito, appunto, al caso del piccolo Mathys. In particolare, nell’ambito di un’azienda della regione della Loira, un gruppo di dipendenti si era reso protagonista di una colletta solidale, per un totale di 170 giorni di ferie retribuite da donare ad un collega, chiamato ad affrontare la drammatica situazione di un cancro al fegato in stato terminale occorso al figlio di 11 anni. In detta circostanza la possibilità di usufruire dei giorni spettanti ai colleghi era stata formalizzata all’interno di un accordo aziendale, ma l’episodio ha rappresentato una vera e propria fonte di ispirazione per l’iniziativa legislativa che ne è seguita.

In Italia ad oggi in materia si contano numerosi accordi aziendali in tema di banca delle ore solidale. Previsioni in tal senso si trovano anche in alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro tra i quali si può ricordare il CCNL del comparto metalmeccanico del 26 novembre 2016 che prevedeva la valorizzazione e la promozione dell’istituto della banca delle ore solidale, culminata poi nella stipula del verbale di accordo del 26 marzo 2018 che l’ha resa effettiva. Ulteriori esempi si trovano nel CCNL Sanità o nel CCNL del personale del comparto Funzioni Centrali.

Convinti della assoluta valenza dell’accordo sulla Banca del Tempo Solidale ed al fine di rendere tale istituto il più rispondente possibile alle effettive esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori interessati, come FISAC CGIL saremo impegnati azienda per azienda alla fattiva realizzazione degli accordi attuativi, con la necessaria attenzione anche di ordine amministrativo contabile (ad oggi l’INPS non si è ancora espressa circa la valenza contributiva delle ore donate rispetto a quelle fruite in solidarietà) e di rispetto della privacy. Nel frattempo saremo impegnati in un più ampio confronto con Federcasse anche sul tema riguardante la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e nell’ambito del quale cercheremo di strutturare in maniera definitiva la previsione della “Banca del Tempo Solidale”.

Roma lì 24 aprile ’19

FISAC CGIL Coordinamento Nazionale Credito Cooperativo

 

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Cosa vuol dire “Resistenza”?

Quelle che seguono sono alcune pagine del diario segreto scritto da Peter Moen, eroe della resistenza norvegese morto nel 1944 a soli 43 anni durante il viaggio verso il campo di concentramento al quale era stato destinato.

Le memorie furono scritte di nascosto nel carcere nazista di  Oslo, sfidando i divieti (era vietatissimo leggere o scrivere) e l’oscurità della cella. Moen riuscì ad incidere le sue memorie su rotoli di carta igienica utilizzando un ferretto della tenda; i suoi “diari” furono nascosti in una griglia dell’areazione e ritrovati solo dopo la guerra. In tutto oltre mille pagine, scritte tra il 10 febbraio e il 4 settembre 1944, che in questi giorni vengono pubblicati per la prima volta in Italia con il titolo: “Møellergata 19” (il nome del carcere nazista)

Peter Moen aveva studiato matematica e di professione faceva l’impiegato assicurativo: una persona comune, uguale a tante altre, certo non una specie di supereroe. Peter era stato arrestato in quanto redattore di un giornale clandestino. Agli occhi degli oppressori nazisti, si era reso colpevole del più temuto dei crimini: raccontare i fatti. Allora, come oggi, nulla fa più paura della verità a a chi vuole controllare il popolo.

Quello riportato è un breve estratto, ma basta a capire quali pensieri potessero affollare la testa di chi si batteva per la libertà: nelle sue parole troviamo la paura, gli sforzi della mente per restare attiva e non crollare, i dubbi (ne vale la pena?), il dolore e il dispiacere per non essere abbastanza forte. E nonostante tutto c’è l’orgoglio, la convinzione di aver fatto la scelta giusta e anzi il rammarico per non aver fatto di più. La consapevolezza della morte, conseguenza inevitabile della lotta contro un nemico che in quel momento è troppo più forte.

L’Europa di oggi, il nostro Paese, esistono grazie alla generosità e alla forza d’animo di migliaia di persone come Peter, capaci di affrontare la paura, il dolore, nella certezza che fosse l’unica strada possibile. Capaci di battersi per noi, per darci una libertà che non avrebbero mai più conosciuto perché sapevano che la loro vita sarebbe finita a breve.

Come utilizziamo questa libertà?  Per esempio insultando o dimenticando chi si è sacrificato per regalarcela, come nel nostro Paese si permettono di fare alcuni ministri, indegni della Repubblica alla quale hanno giurato di essere fedeli.

Festeggiare il 25 aprile significa ricordare Peter, ma anche i tanti detenuti nelle prigioni naziste italiane (come quella di Via Tasso a Roma)  che seppero affrontare le loro peggiori paure per regalarci un futuro che a volte dimostriamo di non meritare.
Il minimo che possiamo fare è ricordarli e ringraziarli.

 

Giovedì 4 febbraio – 21° giorno

Stamattina andrò probabilmente alla V.T. (Victoria Terrasse, un edificio nel centro di Oslo, dal 1940 utilizzato dalla Gestapo come luogo di interrogatori, tortura e detenzione, ndr). È qualcosa di assolutamente mostruoso. Ho paura dei maltrattamenti. Prego Dio di aiutarmi. Lui ora è il mio unico sostegno.

Donnerwetter ha fatto una perquisizione! Non ha trovato il mio diario. Sta ordinatamente attaccato sul chiodo della carta igienica. Non ha trovato la mia penna. È un perno della tenda da oscuramento. I miei “scacchi” erano nel calzino sul gancio proprio davanti al suo naso. Perquisizione nella nuda cella di un prigioniero – anche questo è Gestapo… Ho sete e faccio pipì. Angoscia e tensione. Signore mio! Presto sarà un’abitudine avere paura. Facciamo una dura lotta. Forse me la caverò.

Un nuovo esempio della pressione psicologica qui: il postino mi mostra dallo sportello il mucchio di lettere – mi porge una lettera e dice: È per te? Naturalmente c’era un altro nome. Bisogna essere idioti per non capire lo scopo di certe cose. Spero che i miei compagni comprendano questi piccoli trucchi. Se compresi sono innocui. I piccoli uomini che hanno inventato certe cose vogliono dominare il mondo. Nonostante tutte le loro chiacchiere su Gross e Reich i tedeschi sono limitati. Per non parlare della Gestapo. Non c’è accenno a una “morale del dominatore”… Che Dio mi aiuti – e aiuti tutti gli altri. È terribile.

4 marzo – 30° giorno

“La tirannia nazista” è una realtà per noi “delinquenti” politici. Sappiamo cosa significa e proprio per questo siamo disposti a sacrificare molto nella lotta contro di essa. Io sono preparato a morire per questa causa. La morte è una conseguenza amara ma “pulita”. Quelli che io e probabilmente tutti i prigionieri dei nazisti temiamo più della morte sono i maltrattamenti. Non ci sono parole capaci di esprimere i miei sentimenti nei confronti della tortura di massa che qui viene esercitata. Mi priva di ogni fede. Io dico: come può Dio lasciare che questo accada? Il pensiero si ferma di fronte a questo problema. Alcuni forse vengono condotti sulla via della riflessione tramite la sofferenza ma i più? Si può finire rapidamente nella disperazione e nel rinnegamento. Due dei boia sono stati qui oggi.

15 marzo – 41° giorno

Il giorno della morte del tiranno (Giulio Cesare, ndr)! Ma il mondo partorisce sempre nuovi tiranni. Nelle prigioni ci sono sempre uomini che hanno alzato la voce o la mano contro ingiustizia e violenza. Vale la pena allora di fare questa lotta? Sì e ancora sì. Ogni libertà sarebbe presto soffocata senza di essa e senza le vittime che richiede. La lotta norvegese per la resistenza ha portato noi 300 qui al numero 19. Non mi pento di niente di ciò che ho fatto o scritto e mi dispiace solo di ciò che non ho fatto. Nelle prigioni dei nazisti devono esserci degli uomini. Se io non fossi qui ci saresti tu – tu che ancora sei libero. Ansimo sotto il giogo – ma non vorrei non aver fatto ciò che ho fatto… C’è quasi sempre semioscurità… La gente sta in cella di punizione. È un po’ più duro di come sto io – giaciglio più scomodo e mai una passeggiata nel cortile per l’aria. Sì – è dura – ma non ci spezzeranno…

Voglio scrivere ancora qualche parola oggi – solo per consolarmi un po’. La solitudine consuma le forze per pensare – perché il pensiero è abituato a stimoli esterni. Ora per esempio ho faticato per giorni con un integrale trigonometrico… Inoltre ho il cuore pesante. “Non si trova pace”. È difficile in queste condizioni non cedere al bisogno di pigrizia o sogni a occhi aperti. Devo impegnarmi molto per evitarlo. Non capisco bene il mio carattere. Sono debole e sentimentale – ma riesco a superare queste avversità… per ora.

19 marzo – 45° giorno

Anche io avrei voluto essere un uomo coraggioso. Non lo sono. Avrei potuto lasciare che le bestie della V.T. mi facessero a pezzi e tacere – tacere. Non ce l’ho fatta. L’angoscia e il dolore mi hanno spezzato. Nel corso di una serie di interrogatori i segreti mi sono stati tirati fuori. Mi vergogno a tal punto di questo che non ho voglia di incontrare nessuno dopo la guerra. Spesso penso: la cosa migliore sarebbe una condanna a morte. Questo contiene i miei tre desideri: il mio desiderio da Amleto viene esaudito – Ammenda per la viltà e forse avrò la fama postuma… Se questo dovesse finire con la morte vorrei che il mio diario fosse salvato… Ho cercato di essere sincero – di non abbellire per guadagnarmi una lettera dorata nella fama postuma e non diffamarmi per avere la lode della vergogna. Scrivo sotto la minaccia di un pericolo che è più grande di quanto possa permettermi di dire. Alcuni forse avranno difficoltà a capire la mia angoscia per la sofferenza e il dolore se apparentemente sono preparato a morire. Il dolore è cosciente. E la morte – Già che cos’è la morte?

 

Graffito inciso in una cella del carcere nazista di Via Tasso a Roma

 

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BNL: accordo per uscite incentivate e nuove assunzioni

Martedì 16 aprile si sono concluse le trattative relative alla procedura di riorganizzazione della BNL comunicata in data 28 marzo 2019 e la fusione per incorporazione di BNL Finance. L’Azienda ha comunicato che nel triennio 2019/2021 a seguito di riorganizzazioni e automatizzazioni di processi, utilizzo della robotica e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, si produrranno 600 esuberi di personale.

Come Sindacato ci siamo posti l’obbiettivo da un lato di limitare il più possibile l’impatto prodotto dall’utilizzo delle nuove tecnologie e dall’altro di agevolare un indispensabile ricambio generazionale favorendo l’uscita dei colleghi più anziani, contrattando un congruo piano di nuove assunzioni.

Le uscite incentivate Grazie alle opportunità offerte dalla Legge n.26 del 28 marzo 2019 “Quota 100” e “Opzione Donna” la gestione del personale in esubero verrà affrontata con il ricorso alle uscite esclusivamente volontarie accompagnate da un incentivo.

Gli accordi sottoscritti in tema di uscite prevedono:

  1. Quota 100: per gli incentivi di uscita, vedi tabella

    Mesi di anticipo rispetto alla
    Legge Fornero

    N. mensilità incentivo
    fino a 12 mesi 2
    da 12 mesi e 1 giorno a 24 mesi 6
    da 24 mesi e un giorno a 36 mesi 8
    da 36 mesi e un giorno a 48 mesi 9
    da 48 mesi e un giorno a 56 mesi 11
    oltre 56 mesi 14
  2. Opzione Donna: per quanto riguarda questa possibilità sarà riconosciuto a seguito della cessazione dal servizio un importo omnicomprensivo pari a 14 mensilità.
  3. Premio di tempestività corrispondente ad una mensilità per i colleghi che aderiranno nei tempi stabiliti nell’apposito regolamento di adesione.
  4. Assegno di euro 5.000, per ogni figlio portatore di handicap e per ogni anno o frazioni di anno, intercorrenti tra la data di cessazione dal sevizio e quella prevista per la maturazione dei requisiti per il diritto ai trattamenti pensionistici AGO.
  5. Assistenza Sanitaria: sarà mantenuta la copertura alle stesse condizioni previste per il personale in servizio (dall’anno successivo all’uscita fino al raggiungimento della pensione AGO e per un massimo di 3 anni).
  6. Le domande di adesione saranno accolte nel limite di 950, di cui massimo 60 per Opzione Donna. La “Manifestazione irrevocabile di interesse alle dimissioni” e la successiva formalizzazione on-line delle relative dimissioni dovranno essere presentate secondo le modalità operative che verranno indicate con apposita comunicazione sulla intranet aziendale.
  7. VAP, viene salvaguardato il pagamento del premio.

 

Le nuove assunzioni

Oltre al tema dell’incentivazione, le Organizzazioni Sindacali hanno insistito sulla rilevanza del ricambio generazionale, necessario per attenuare le sofferenze della rete create dalla precedente riorganizzazione. Le assunzioni scaturite dalla trattativa andranno infatti, principalmente nelle Agenzie, nei Poli Direct e nei CRSC.

Gli accordi sottoscritti in tema di assunzioni prevedono:

  1. Assunzioni per ricambio generazionale con i criteri riportati nella seguente tabella:
    Piano delle nuove assunzioni
    Uscite Assunzioni TD Totali Ingressi cumulati
    fino a 400 100 100 100
    da 401 a 500 25 10 35 135
    da 501 a 600 25 10 35 170
    da 601 a 700 25 15 40 210
    da 701 a 800 25 14 40 250
    Tot. parziale 200 50 250
    da 801 a 850 50 250
    da 851 a 900 50 350
    Totale 350 350
  2. Le assunzioni previste fino a 800 uscite: il 75% delle stesse verrà effettuato nella rete commerciale della Banca (Agenzie, Poli Direct e CRSC).
  3. Le assunzioni previste da 800 a 950 uscite: il 50% delle stesse verrà effettuato nella rete commerciale della Banca (Agenzie, Poli Direct e CRSC).
  4. 10 assunzioni entro il 31.12.2019 dei figli di dipendenti deceduti in servizio.
    Tabella 2 – Piano delle nuove assunzioni

 

Incorporazione di BNL Finance

E’ stata definita anche la fusione per incorporazione di BNL Finance in BNL, gli accordi prevedono che: 

  • l’operazione avrà effetto dal 01/01/2020; 
  • i colleghi passeranno in BNL senza soluzione di continuità; 
  • per gli anni 2018 (erogazione 2019) e 2019 (erogazione 2020) verrà riconosciuto ai lavoratori il premio aziendale.

Come Organizzazioni Sindacali riteniamo di aver sostanzialmente centrato gli obbiettivi che ci eravamo posti all’inizio di questa difficile trattativa.

Avere individuato strumenti e modalità che assicurano una gestione non traumatica delle ricadute dell’innovazione tecnologica.

Avere assicurato ai colleghi che intenderanno lasciare il lavoro un incentivo migliorativo delle prerogative di legge, essersi posti insieme all’azienda l’obbiettivo di un necessario ricambio generazionale attraverso un cospicuo numero di assunzioni e dunque…

Avere indotto l’Azienda a prendere coscienza ed intervenire sulle criticità generate dalla precedente riorganizzazione aziendale.

 

Roma, 17/04/2019

 

Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UGL – UILCA – UNITÀ SINDACALE

 

Scarica il volantino

 




I bancari? Sempre di meno, più tecnologici. E soprattutto donne

Se dovessimo immaginare come saranno banche e bancari del futuro dovremmo parlare di un mondo che si muove sempre meno su una dimensione fisica e sempre più su una digitale. Gli sportelli vengono chiusi e le visite dei clienti calano, mentre la digitalizzazione, la normativa europea e l’avanzata dei Gafa (Google, Amazon, Facebook e Apple) impongono alle banche un’attenzione sempre più forte alla loro redditività. Il volto che incroceranno i clienti in banca o al contact center, sarà sempre più spesso quello di una donna (sono il 45,9%), quarantenne (l’età media è 42,5 anni), molto probabilmente laureata, con un’anima digitale e capace di offrire consulenza ad ampio spettro, polizze e pacchetti di welfare inclusi.

I numeri

Questa nuova immagine ha però qualche aspetto che, soprattutto per i sindacati, suona come uno stridio. I numeri. Non tanto quelli del potere di acquisto dei lavoratori bancari, visto che la retribuzione contrattuale annua, secondo quanto emerge dal rapporto 2018 sul mercato del lavoro che Abi ha presentato a Milano, ha consentito il pieno recupero del potere di acquisto eroso dall’inflazione – anche se il calcolo si limitasse alla sola analisi delle voci tabellari nazionali – , quanto il loro numero fisico. La platea dei lavoratori interessata dal prossimo rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei bancari si assottiglia di anno in anno. I bancari dipendenti delle 359 aziende associate ad Abi sono scesi anche sotto la soglia dei 300mila. Stando ai dati del rapporto Abi del 2018 sono rimasti 297.700 (dato al 31 dicembre 2017): 267.600 nei 46 gruppi bancari e 30.100 nelle 155 imprese indipendenti. Quello dell’industria finanziaria è un mondo dove i dipendenti sono sempre di meno, per effetto dell’atterraggio di importanti piani di ristrutturazione che hanno interessato molte decine di migliaia di bancari. Appena 5 anni prima, al 31 dicembre 2012, come si può leggere nel rapporto Abi del 2013, le imprese erano 476 e avevano 323.400 addetti. Di questi, 289.800 dipendenti delle banche e 33.600 di società finanziarie.

La contrazione

Siamo dunque di fronte a una progressiva contrazione che nel 2017, rispetto al 2016, effettuando il confronto tra campioni omogenei di aziende, secondo quanto calcolato dall’Abi, è del 4,2%. Un dato che trova conferma anche nella relazione annuale della Banca d’Italia dello scorso maggio da cui emerge una diminuzione dei dipendenti nel credito del 4,5%. Si tratta di un processo in corso ormai da molti anni, di cui oggi si cominciano a vedere chiaramente gli effetti. Sui numeri assoluti, ma anche sul ricambio generazionale.

L’effetto delle ristrutturazioni

Le ristrutturazioni delle banche italiane sono infatti avvenute sempre attraverso accordi sindacali e l’uso del Fondo di solidarietà che hanno limitato al minimo l’impatto sociale delle uscite. Avvenute sempre su base volontaria, attraverso l’accompagnamento a pensione tramite le prestazioni dell’ammortizzatore di settore che nel periodo 2001-2018 ha consentito l’uscita di 70mila addetti. Con un abbattimento tra retribuzione e assegno pensionistico limitato a qualche punto percentuale, anche per effetto degli importanti apparati di previdenza complementare che caratterizzano il welfare del settore, e che sono presenti fin da quando i lavoratori fanno il loro primo ingresso in banca. Solo per fare un esempio, se è vero che l’ultimo rinnovo ha determinato un salario di ingresso per i giovani, è altrettanto vero che l’impegno delle aziende sulla loro previdenza complementare è stato portato al 4%. La cornice previdenziale dei bancari è anche effetto della contrattazione nazionale e aziendale che è caratterizzata da relazioni costruttive con un sindacato molto rappresentativo, con una percentuale di iscritti bulgara, vicina all’80%.

Il ricambio generazionale

Le uscite sono comunque state compensate da un importante ricambio generazionale reso possibile dall’intervento di un altro strumento contrattuale bilaterale, il Fondo per l’occupazione che tra il 2012 e il 2018 ha dato risposta a 20mila domande di prestazione per assunzione o stabilizzazione di giovani. (Qui l’autrice dell’articolo omette un dettaglio fondamentale: i soldi per il Fondo per l’occupazione li mettono i lavoratori, finanziandolo con l’equivalente di una giornata lavorativa ogni anno)

Il posto fisso

Nella discussione sulle tipologie contrattuali il credito si distingue perché il 55,3% dei contratti di assunzione è a tempo indeterminato, il 9,2% in apprendistato e il 35,5% a termine. Sono quindi stabili dall’origine quasi 7 posti di lavoro su 10. Un dato che si riflette su quello più generale secondo cui quasi il 99% dei lavoratori del settore ha un contratto a tempo indeterminato. La sicurezza del posto di lavoro fa sì che i lavoratori abbiano una certa stabilità e tendano ancora ad avere lunghi percorsi di vita professionale nel settore. Il risultato è che nonostante le uscite e nonostante il ricambio generazionale, l’età media dei bancari è 42,5 anni e che nel periodo 2008-2017 vi sia stato un aumento dell’età media del personale di 4,4 anni. Un invecchiamento che è stato di 2,7 anni per i dirigenti, 3,9 per i quadri direttivi e 4,2 anni per le aree professionali.

 

Fonte: www.ilsole24ore.it




BNL: RobotBank

Abbiamo appena cominciato ad entrare nel meccanismo, finora perverso, della recente riorganizzazione, che già si entra nel vivo di una nuova e ancor più devastante ristrutturazione, con impatti non ben quantificabili sulla vita dei nostri colleghi.

Abbiamo ricevuto la lettera di apertura di una nuova procedura e ci sono state appena consegnate le slide relative al nuovo scenario che dovremo affrontare.

Ma tra i numerosi punti chiave letti nelle slide, ci preme soffermare la nostra attenzione su due linee guida di sviluppo e di intervento che l’Azienda persegue:

  • introduzione di soluzioni di Machine Learning eArtificial Intelligence che, incorporando tecnologie di apprendimento, permettono di automatizzare processi non ripetitivi;
  • estensione dell’applicazione della Robotics Process Automation (cd. Robotica), sulla base del successo dell’applicazione negli ambiti di back office.

Avete capito bene: andiamo avanti verso una banca che sarà completamente automatizzata, dove non ci sarà spazio per le relazioni interpersonali, avremo a che fare con macchine che, non solo lavoreranno al posto nostro, ma che saranno anche i nostri referenti RU: Star Wars docet “Lieto di conoscerti! Io sono C- 3PO Relazioni Umane Cyborg!!”

A questo punto, però, ci sorge un dubbio, un dilemma… c’è qualcosa che ci sfugge… Ma no!! Ecco cosa non riuscivamo a capire!! Ce l’avevamo sotto il naso …questi francesi!!!

Abbiamo capito quello che intendono fare i nostri cugini d’oltralpe.
Nei processi non ripetitivi non rientrano certo le nostre mansioni da comuni pacchi da spostare, come veniamo comunemente intesi dai nostri Illuminati: sarebbe troppo costoso per della semplice maestranza!!

No! I francesi hanno capito che possono sostituire l’intero management con l’intelligenza artificiale con molteplici vantaggi tra i quali:

  • ingenti risparmi derivanti dal non pagare più fior di quattrini ad un top management fallimentare (45MLN Euro nel solo bilancio 2017 che si aggiungono ai 39MLN Euro del 2016 ed ai 29,5MLN Euro del 2015 – non sappiamo quanto nel 2018 ma possiamo solo immaginare che il trend potrà essere lo stesso);
  • maggiore produttività derivante dal non disperdere energie inutilmente verso riorganizzazioni che non producono altro che caos e disorganizzazione, verso una razionalizzazione delle forze verso l’area produttiva dell’Azienda;
  • maggiori tutele contrattuali dei colleghi: una volta impostato il robot, non ci potranno essere violazioni del contratto, delle regole del mondo del lavoro, non ci potranno essere pressioni commerciali ed improprie.

Poi soggiunge un altro pensiero: c’è il rischio che l’Intelligenza Artificiale impari sulla base di quanto le viene programmato dai nostri Illuminati… saremmo rovinati, si dovrà ricominciare daccapo!!!

Toscana-Umbria, 04/04/2019

Le Segreterie di Coordinamento Territoriale
FABI          FIRST/CISL          FISAC/CGIL          UILCA          UNISIN




Unicredit pagherà 1,3 miliardi agli USA

UniCredit ha trovato un accordo con le autorità Usa e ha accettato di pagare 1,3 miliardi di dollari, 1,15 miliardi di euro al cambio attuale, per aver violato le sanzioni statunitensi contro l’Iran e altri paesi. Lo ha annunciato il Dipartimento del Tesoro statunitense.

Si tratta di tre patteggiamenti separati. Uno da 611 milioni di dollari da versare al dipartimento di Giustizia e alla Fed. Un altro da 157 milioni da corrispondere esclusivamente alla Federal Reserve e 405 milione al Dipartimento dei servizi finanziari. La parte più rilevante riguarda la controllata tedesca Hvb.

I patteggiamenti che risolvono le inchieste dell’Ofac, il braccio operativo del Tesoro sulle violazioni presunte di vari programmi di sanzioni, inclusi quelli legati alla proliferazione di armi di distruzione di massa e al terrorismo globale, in paesi come Myanmar, Cuba, Iran, Libia, Sudan e Siria. Unicredit peraltro dovrà versare proprio all’Ofac, a titolo di sanzione pecuniaria, una somma pari a circa 105,9 milioni di dollari.

Le somme dovute dal gruppo e dalle controllate in Austria e Germania sono interamente coperte dagli accantonamenti stanziati. L’ammontare oggetto dell’accordo transattivo – spiega la banca – porterà ad una liberazione delle risorse accantonate nel primo trimestre del 2019 a livello di gruppo, con un impatto positivo sul conto economico, al netto delle tasse, pari a circa 300 milioni di euro e avrà un’ulteriore impatto positivo sul ratio Cet1 pari a circa +8,5 punti base.

In base agli accordi transattivi, Unicredit e le sue controllate sono tenute ad attuare e mantenere impegni di conformità volti a ridurre al minimo il rischio di reiterazione dei comportamenti che hanno dato luogo alle presunte violazioni. In particolare il senior management deve impegnarsi a promuovere una “cultura della compliance” in tutta l’organizzazione. Ogni banca deve poi attuare adeguati controlli interni e fornire una formazione adeguata a supporto degli sforzi di compliance.

Prima dell’avvio e nel corso delle indagini, Unicredit fa sapere di aver volontariamente implementato un piano correttivo sia a livello globale che a livello di ogni singola banca al fine di rafforzare le proprie policy, procedure, supporti e controlli necessari a garantire il pieno rispetto del regime sanzionatorio e degli obblighi di controllo interno di volta in volta applicabili.

 

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it