Assenze per malattia: istruzioni per l’uso

Cosa devo fare se mi ammalo?

Devo darne tempestivamente comunicazione al datore di lavoro, di norma entro l’orario di inizio della giornata lavorativa. Preferibilmente con comunicazione scritta ( ad es. mail, sms). Comunicherò inoltre il numero di protocollo del certificato medico digitale, trasmesso dal medico curante all’Inps e da quest’ultimo messo a disposizione dell’azienda.
Se mi trovo presso un domicilio diverso da quello conosciuto dal datore di lavoro lo devo comunicare.
Per il CCNL ANIA il certificato va prodotto per malattie che si protraggano oltre il secondo giorno, per il CCNL ABI valgono le prassi aziendali.

Quali altri obblighi ho?

Ho l’obbligo di essere reperibile, per l’eventuale visita fiscale, presso il mio domicilio o presso quello che ho eventualmente comunicato; per i nostri settori
le fasce orarie vanno dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.

Quindi dopo la visita fiscale posso uscire?

No, perché è possibile ricevere anche due visite fiscali nello stesso giorno; quindi il fatto che sia passato il medico dell’Inps non giustifica un’uscita di casa prima della fine della reperibilità.

Ma anche il sabato e la domenica o nei giorni festivi devo
rispettare la reperibilità?

Certamente, perché è possibile ricevere la visita fiscale anche nei giorni festivi o il sabato.

Che succede se non vengo trovato in casa alla visita fiscale?

Che il datore di lavoro mi può chiedere di giustificare i motivi della mia assenza con una specifica contestazione disciplinare.

Posso giustificarmi adducendo una motivazione qualsiasi?

No, per giustificare la mia assenza devo indicare motivi di urgenza e improcrastinabilità: ad esempio dire di essersi recati in farmacia, dal proprio medico curante per una visita ordinaria, che il citofono non funzionava o la
mancanza della targhetta del nome e cognome, non costituiscono, di solito, motivazioni adeguate.

Ma fuori delle fasce di reperibilità posso fare quello che
voglio?

Si e No; posso uscire di casa quando la reperibilità è terminata, ma a patto di non svolgere attività che possano pregiudicare la mia guarigione.
Come detto prima, durante la malattia non posso uscire fuori dagli orari di reperibilità. Successivamente sono relativamente libero di fare quel che voglio, a condizione però che questo non rallenti la guarigione. Ad esempio, se sono in malattia per una bronchite non posso andare a fare il bagno al mare in pieno inverno o partecipare a un torneo di calcetto. Se ho un problema di ernia del disco non posso sollevare pesi in giardino.

Ma il datore di lavoro mi può fare controllare anche al di fuori
delle fasce di reperibilità?

Si, purché si mantenga nell’ambito di controlli volti ad accertare miei comportamenti non corretti sempre inerenti all’attività lavorativa (cd. controlli difensivi), anche mediante l’utilizzo di un investigatore.
Potrebbe pure utilizzare elementi dei quali è venuto accidentalmente a conoscenza, ad esempio, filmati o foto che io ho postato sui social network.

E se mi ammalo durante le ferie?

Lo comunico al datore di lavoro, con le stesse modalità che abbiamo detto sopra, e gli comunico dove mi trovo per consentire l’eventuale visita fiscale. La comunicazione di malattia interrompe le ferie.

 

Maurizio Mancuso – Consulta Giuridica Fisac/Cgil

 

Scarica il documento originale




BPER: comunicato della Commissione sulle politiche commerciali

Nella giornata del 26 febbraio si è riunita la Commissione Paritetica di Gruppo per le Politiche Commerciali e Organizzazione del Lavoro ai sensi dell’accordo sindacale di Gruppo del 2 agosto 2018.

Il confronto ha riguardato diversi argomenti, fra i quali il ruolo della Commissione, l’esame delle segnalazioni.pervenute agli indirizzi di posta elettronica dedicati all’ascolto attivo, relative a presunte condotte difformi dalle indicazioni contenute nell’accordo e la programmazione commerciale 2019.

Principalmente le segnalazioni pervenute riguardano il monitoraggio dei dati, le riunioni commerciali e il rispetto della dignità dei lavoratori.

Si ricorda che esistono già procedure che permettono il monitoraggio standardizzato dei dati commerciali su cui l’azienda ha fatto importanti investimenti (RDB, BTREND, PASSO COMMERCIALE, CRM GALILEO), questo per evitare che in Filiale/Aree/D.T. si producano fogli Excel o si faccia uso di lavagnette su cui scrivere i dati di produzione personale che sono inutili ripetizioni e che fanno perdere tempo ai colleghi.

Per quanto riguarda le riunioni commerciali, non devono essere indette in fasce orarie in cui c’è la pausa pranzo e se dovessero andare oltre l’orario di lavoro, come da CCNL si farà riferimento alle disposizioni che regolano il lavoro straordinario.

Sul rispetto della dignità delle persone sono state segnalati comportamenti (prevalentemente concretizzatisi in telefonate o in riunioni commerciali) di minaccia di trasferimenti per i colleghi reputati non abbastanza efficaci nella vendita di prodotti. Si ribadisce che tali prassi, laddove presenti, contrastano con i principi del Codice Etico, cui tutti i dipendenti devono attenersi, indipendentemente dal loro ruolo e grado.

Sulla programmazione commerciale 2019, si evidenzia che il perseguimento degli obiettivi commerciali non può costituire la base per condotte contrarie alle regole di etica professionale e correttezza.

Come già dichiarato nella riunione della Commissione, le OO.SS ribadiscono che il passaggio dal budget annuale a quello quadrimestrale sta creando forti tensioni nella rete fra i colleghi, per cui si invita l’azienda ad
una riprogrammazione degli obiettivi commerciali che possa ricomprendere tutti i mesi dell’anno e per tutte le tipologie di prodotti offerti alla clientela.

Le OO.SS. ribadiscono l’invito all’Azienda a diffondere e veicolare, attraverso i propri strumenti, i contenuti del lavoro compiuto dalla Commissione affinché siano rimossi i comportamenti difformi dai principi dell’Accordo, nel rispetto della dignità dei lavoratori.

Invitiamo tutti i colleghi a continuare ad inviare, nelle apposite caselle di posta sindacali, le segnalazioni, per le quali verrà garantito l’anonimato, di comportamenti offensivi, contrari alla dignità delle persone, non in linea con una corretta politica commerciale e contrari agli accordi sottoscritti.

Vi aggiorneremo in seguito sulle future decisioni e indirizzi che la commissione assumerà nell’interesse di tutti I colleghi.

Modena, 25 marzo 2019

 

Le segreterie di coordinamento gruppo Bper

Fabi          First/Cisl          Fisac/Cgil          Uilca          Unisin

 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/banche/bper/bper-pressioni-commerciali-partono-le-segnalazioni-con-garanzia-dellanonimato.html




Gli errori gravi dei manager che fanno scappare i dipendenti migliori

Un avanzamento di carriera, un compenso più alto o un ambiente di lavoro migliore e più stimolante. Tutti validissimi motivi che possono spingere un dipendente a cambiare azienda, cui si aggiunge la possibilità di non rivedere mai più il proprio capo. Nemmeno sui mezzi pubblici, nemmeno dipinto in cartolina. Inutile nasconderlo: spesso il fuggifuggi generale degli impiegati migliori dipende proprio dagli atteggiamenti e dai comportamenti sbagliati del manager di turno. Il magazine Entrepreneur ha provato ad elencare questi errori clamorosi, nel tentativo di far riflettere le varie Miranda Priestly (quella del Diavolo veste Prada, per capirci) sparse tra gli uffici del globo.

Esagerare con i carichi di lavoro

La tentazione di affidare gran parte del lavoro ai tuoi sottoposti migliori può venire. Ma attenzione: se questo non corrisponde a un aumento del compenso o a una promozione potrebbe rivelarsi del tutto controproducente. Perché l’impiegato di turno vivrà il carico eccessivo di responsabilità come una sorta di punizione per la propria bravura. E per questo inizierà a produrre sempre meno, nel tentativo di vedere tornare a livelli umani i propri impegni. O in alternativa cercherà un altro lavoro.

Non riconoscere il giusto merito

A volte può bastare anche un “Bravo” a fine giornata, o una pacca sulla spalla. Altre volte è più importante un riconoscimento pubblico, magari fatto davanti all’intero ufficio. Un buon manager deve conoscere la psicologia dei propri collaboratori e comportarsi di conseguenza. Certo, di tanto in tanto anche un incentivo economico e qualche premio sono necessari, per dimostrare che l’apprezzamento è sincero.

Infischiarsene del lato umano

Lavori almeno 8 ore al giorno fianco a fianco con i tuoi dipendenti, ma di loro non sai nulla. Non conosci le loro passioni, non ti importa che cosa fanno nel tempo libero, non te ne può fregare di meno se i loro bambini stanno bene e fanno i bravi a scuola. Risultato: impiegati in fuga. È l’importanza dell’empatia. Perché il lato professionale non può esistere senza (almeno un briciolo di) quello umano.

 

Non rispettare le promesse

 

Assumere e promuovere le persone sbagliate

Non c’è nulla di più sbagliato di assumere o premiare un dipendente perché ti è più simpatico degli altri, o perché lo frequenti anche al di fuori del lavoro. Un buon capo deve comunque rimanere oggettivo e valutare i membri della propria squadra dal punto di vista esclusivamente professionale. La pizza nel week-end è una cosa, l’aumento in busta paga è un’altra. Il rischio è quello di alimentare gelosie e frustrazioni tra le tue fila.

Ignorare le passioni e le capacità del dipendente

Unire l’utile al dilettevole è il meglio che si possa fare, anche in ufficio. Dare ai propri sottoposti la possibilità di esprimersi anche attraverso le proprie inclinazioni personali è fondamentale per farli sentire soddisfatti e per ottenere un buon risultato. Al contrario, togliere loro ogni chance e relegarli al loro compito meccanico li porterà a scappare.

Non investire sulla crescita dell’impiegato 

La persona che hai assunto deve garantirti affidabilità e autonomia, certo. Ma tu, allo stesso tempo, devi assicurarle una possibilità di crescita personale, di espressione del proprio talento. Continuando a valutare il suo operato, e correggendolo se necessario. I lavoratori più appassionati (e dunque migliori) sentono un costante bisogno di vedere considerato il proprio operato.

Avere paura dei cambiamenti e della creatività altrui 

Succede spesso: davanti a una proposta di cambiamento avanzata da un sottoposto, il manager si irrigidisce. Grave errore, perché un capo deve sempre pensare al risultato e al bene del proprio gruppo di lavoro. E non al proprio ego. Castrare sul nascere ogni iniziativa autonoma e creativa porterà l’impiegato a pensare “Ah, se fossi io il manager… e invece…”.

Non riuscire a stuzzicare il proprio team nel modo giusto 

Le grandi sfide portano energia e creatività in un ambiente lavorativo. Soprattutto quelle all’apparenza impossibili. Incentivare la propria squadra di lavoro, magari mettendola un tantino al di fuori della propria comfort zone, può aiutare a rivitalizzare l’ufficio e a stimolare la creatività del singolo. Non farlo, invece, porta alla noia. E alla volontà di guardarsi intorno alla ricerca di un posto di lavoro più stimolante.




Famiglie da incubo

Durante il prossimo fine settimana il nostro Paese ospiterà un evento che, almeno dal nome, parrebbe evocare immagini rassicuranti: a Verona si svolgerà infatti il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie.

Cosa c’è di sbagliato nel promuovere la famiglia come valore da preservare e difendere? Vengono subito in mente le belle tavolate delle feste, i genitori che giocano con i figli o li aiutano a fare i compiti, i legami affettivi più forti che possano esistere perché basati non solo sui legami di sangue ma anche sul rispetto reciproco. Un congresso in cui la parola d’ordine dovrebbe essere “amore”.

Il problema è che il Congresso di Verona ha una concezione della “famiglia” estremamente lugubre, in cui non è l’amore, ma l’odio e il disprezzo il motore dei cambiamenti auspicati.

Il congresso è organizzato dall’ IOF – International Organisation for the Family, un’organizzazione d’ispirazione cattolica nata negli Stati Uniti, che sembra persino riduttivo definire di estrema destra.
Il manifesto programmatico del congresso è un documento in 28 punti dal titolo “Ristabilire l’ordine naturale”, elencati in modo sintetico nel volantino che riportiamo:

Proviamo ad individuare quelli che sono gli elementi fondanti di questa organizzazione.

  • ANTIFEMMINISMO
    Il compito della donna è quello di procreare e stare a casa ad accudire i figli tra una gravidanza e l’altra: è questo “L’ordine naturale”.  Per questo il movimento chiede l’abolizione di ogni norma contro la discriminazione e finalizzata ad ottenere la parità tra i sessi: le donne non hanno bisogno di andare al lavoro, perché questo significa sovvertire l’ordine naturale. Va in questa direzione anche la richiesta di legalizzare l’istruzione in casa, attività che evidentemente dovrebbe essere a cura delle mamme.
  • ANTIABORTISMO
    La riproduzione viene prima di tutto, perciò è d’obbligo accettare tutti i figli che il Signore decide di mandare alla coppia. Quindi guerra all’aborto, possibilmente vietandolo per legge, o in alternativa spingendo tutti i medici all’obiezione di coscienza, rendendo pressoché impossibile l’interruzione di gravidanza. A scanso di tentazioni dev’essere vietata qualsiasi forma di diagnosi prenatale: anche un bambino con gravissime deformità, destinato magari a sopravvivere poche ore, è un dono di Dio e va accettato come tale. Da vietare la vendita di qualsiasi forma di anticoncezionale.
  • OMOFOBIA
    La lotta contro l’omosessualità è uno degli obiettivi da perseguire con maggior energia. Non potendo arrivare a chiedere che vengano considerate illegali (almeno per ora) le relazioni omosessuali vanno demonizzate e contrastate in tutte le sedi: divieto di unioni civili, abolizione delle leggi antidiscriminazione. Tra i punti del programma c’è anche una legge contro la sodomia: sarebbe interessante sapere come pensano di effettuare i controlli per individuare i trasgressori…
  • LIMITAZIONI DELLA LIBERTÀ DI SCELTA.
    No al divorzio: non osi l’uomo separare ciò che Dio ha unito. No alle coppie di fatto: uomo e donna – e soltanto uomo e donna – devono sposarsi in chiesa e subito dopo pensare a riprodursi. No all’eutanasia, alla fecondazione assistita, alla ricerca sulle cellule staminali. Nessuna concessione alla pietà o alla compassione:  alleviare le sofferenze di chi è malato rappresenta un’evidente opposizione al volere divino.

Di solito, quando si legge un manifesto politico o una serie di dichiarazioni programmatiche, anche da parte di movimenti politici che ci sono lontani, si finisce col trovare almeno qualche affermazione sulla quale non si è totalmente in disaccordo: difficile trovare un documento da respingere in modo totale ed assoluto come questo.

C’è il rischio di sottovalutare questo movimento, considerando le loro rivendicazioni alla stregua di farneticazioni innocue di un gruppo d’invasati. In fondo chi potrebbe prenderli sul serio?
Il Governo, tanto per cominciare.

Nonostante il premier Conte abbia negato il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rimane quello del Ministero della Famiglia.
Al congresso parteciperanno tre ministri: quello della Famiglia, quello dell’Istruzione ed il capo del Governo in Pectore, il Ministro dell’Interno Salvini: trattandosi di un movimento che si ripromette di fare pressioni sulla politica per ottenere leggi che ci riportino ai tempi delle caccia alle streghe e dello Jus Primae Noctis, la presenza di rappresentanti del Governo al loro raduno diventa una faccenda terribilmente seria.
Ulteriori sostegni alla manifestazione arrivano dalle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, oltre che dalla Provincia di Verona.

E poi, ovviamente, al Congresso aderisce la più potente delle lobbies: la Chiesa Cattolica che di tutta la gabbia di matti resta il faro, l’ispiratrice. Tutti i capi dell’Organizzazione si dichiarano ovviamente ferventi cattolici.

La CGIL non ha intenzione di restare passiva, ed ha già annunciato la sua partecipazione alla manifestazione di protesta che si svolgerà a Verona il 30 marzo, ma la lotta a questa folle crociata non si esaurisce in una manifestazione di piazza.

Ognuno di noi deve fare la sua parte, parlando con i propri figli ed insegnando loro il rispetto, la tolleranza, la solidarietà. Ognuno di noi deve opporsi con la forza della ragione all’onda nera che vuole travolgerci.

Il mondo che la parte più becera della destra vuole imporci è un mondo triste e spaventoso. E non è il mondo che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni.

 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/lavoro-e-societa/a-cosa-serve-la-festa-della-donna.html

 




Fondo Pensione Nazionale BCC, Elezioni del 26, 27 e 28 marzo – Vota scheda bianca

Gentile Collega,

nei prossimi giorni saremo chiamati a votare per un importante organismo del Fondo Pensione Nazionale; questa volta viene presentata una sola lista che, delle complessive cinque Organizzazioni Sindacali, ne rappresenta purtroppo solo due (FABI e UILCA).

Comprendere da parte di tutti gli aderenti al Fondo Pensione le vere ragioni per cui questo si è verificato è tutt’altro che trascurabile! Va detto innanzitutto che per la Fisac-CGIL non è stato possibile presentare una lista alternativa, e quindi partecipare alla competizione elettorale, per la mancanza di 2 candidati del territorio di Bolzano (l’attuale regolamento elettorale, che la Fisac-CGIL chiede da lungo tempo di rivedere, non ammette liste che non includano candidati provenienti da tutte le federazioni locali).
La sola alternativa dunque, affinché la Fisac-CGIL fosse rappresentata nell’assemblea dei delegati, sarebbe quindi stata quella di aderire ad una lista unitaria; cosa per la quale ci siamo spesi ed impegnati, ricercando fino all’ultimo momento utile una fattiva interlocuzione con le altre OOSS, ponendo una sola condizione:
la volontà comune di introdurre una netta discontinuità nella gestione del Fondo Pensione rispetto alle criticità che noi, da tempo, denunciamo!

Tale condizione non si è verificata, vanificando qualsiasi presupposto per poter collaborare unitariamente alla gestione del Fondo. Quindi davanti alla posizione della FABI e della UILCA: “intanto la lista unitaria poi si vedrà” abbiamo valutato necessario non proporre nostri candidati in una lista “unitaria per finta”.

Del resto anche in passato la Fisac-CGIL è stata estromessa dal Comitato Amministratore del Fondo (e per alcuni periodi anche dall’assemblea dei delegati), proprio dalla FABI e dalla UILCA, per aver “osato” mettere in discussione elementi di merito nella gestione del Fondo Pensione.
Attenzionare alcune questioni, avvalorate tra l’altro anche dalla COVIP chiamata in causa per nostra iniziativa, come:

  • Difficoltà operative dell’assetto organizzativo del Fondo Pensione;
  • Anomalie nella gestione del “Fondo Melograno”;
  • Problemi nel calcolo dell’ISC (Indicatore Sintetico dei Costi) del Fondo Pensione;
  • Conflitti d’interesse;
  • Modifiche statutarie illegittime;

dovrebbe essere non solo legittimo, ma DOVEROSO da parte di un consigliere come pure di un qualunque componente dell’assemblea dei delegati!

Invece la “naturale” conseguenza di questa azione è stata che dal 2012 del Consiglio di Amministrazione del Fondo Pensione Nazionale non fa parte, per scelta delle altre organizzazioni, alcun rappresentante della Fisac-CGIL.

Ma anche quando estromessi, con competenza e sempre nell’interesse degli iscritti al nostro Fondo Pensione, alcuni risultati sono stati raggiunti, e con nostro rammarico, non come conseguenza di un costruttivo confronto ma piuttosto di azioni incisive da noi realizzate pur essendo fuori dalla amministrazione del Fondo, come ad esempio:

  • Si è ottenuta la sicurezza informatica del Fondo Pensione (va ricordato che le precedenti elezioni sono state annullate per mancanza di sicurezza informatica che era riscontrabile anche nella normale gestione dell’area riservata);
  • La corretta redazione della scheda dell’indicatore sintetico dei costi (il nostro Fondo ha un ISC al di sopra della media dei fondi chiusi; per consultare la scheda clicca qui);
  • Risoluzione di investimenti effettuati in palese conflitto di interessi (vedi investimento
    totalitario dell’Obbligazionario BCC Istituzionale);
  • Rivisitazione della gestione del Fondo Melograno, che presenta ad oggi, comunque,
    ancora delle criticità;
  • Un risultato di principio contenuto nella risposta resa dal Fondo Pensione in occasione
    di un nostro reclamo del 2013 riguardo il regolamento elettorale: “Il CdA,……., nell’esaminare il reclamo in oggetto, ha invitato i Consiglieri in rappresentanza dei lavoratori a formulare, anche in relazione a quanto segnalato in passato dal Comitato Elettorale Centrale, una proposta di modifica del regolamento Elettorale ………aggiornata e garante di democraticità e pariteticità tra tutte le parti interessate” , va fatto notare
    che ad oggi ciò non è avvenuto per espressa volontà delle organizzazioni sindacali che
    siedono in Consiglio di Amministrazione del Fondo;
  • Revoca di una modifica statutaria, illegittima, adottata al solo fine di rendere possibile
    la permanenza negli organismi del Fondo di alcuni rappresentanti di parte sindacale che avevano raggiunto il numero massimo previsto di mandati consecutivi.

Queste alcune delle cose fatte. Ma c’è ancora molto da fare!
Restano le nostre perplessità sulla gestione amministrativa del Fondo Pensione, come ad esempio i rendimenti dei comparti (fatta eccezione per il “garantito”) inferiori alla media di altri fondi e del benchmark dichiarato; gli eccessivi costi, le perdite e scarsa trasparenza sulla “gestione diretta”; le anomalie nella gestione del Fondo Melograno e la svalutazione del patrimonio immobiliare del Fondo; i conflitti di interesse. Così come permane la preoccupazione per la dichiarata, strumentale, volontà da parte degli attuali amministratori del Fondo Pensione di voler chiudere il comparto “garantito” sul quale peraltro una buona parte degli aderenti ha liberamente scelto di investire i propri risparmi previdenziali. Su questo tema abbiamo interessato la COVIP anche riguardo le comunicazioni, da parte della FABI, non legittime e forvianti che invitavano gli iscritti al Fondo Pensione ad indirizzare le scelte di investimento previdenziale verso altri comparti.

In un momento così particolare del Credito Cooperativo avevamo immaginato di poter costruire un nuovo percorso unitario nella gestione della previdenza complementare nella categoria. Avevamo torto. Continueremo dunque ad agire con responsabilità e fermezza sulla strada della tutela del risparmio previdenziale come fatto fin qui, non escludiamo in futuro di agire, se necessario, la strada del ricorso amministrativo.

SE PENSI DI CONDIVIDERE LE NOSTRE RAGIONI E VUOI CHE SI APRA UN NUOVO PERSORSO PER UNA DIVERSA GESTIONE DEL NOSTRO FONDO PENSIONE SOSTIENI LA NOSTRA AZIONE!

ANCHE IN PRESENZA DI UNA SOLA LISTA, IL TUO PARERE ED IL TUO VOTO SONO IMPORTANTI!

 

Dai voce alle tue idee, difendi i tuoi interessi!

VOTA SCHEDA BIANCA!

Fisac/Cgil Credito Cooperativo

Scarica il volantino

Come votare

 

 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/bcc/elezioni-fondo-pensione-nazionale-bcc-la-scelta-di-non-esserci-per-determinare-il-cambiamento.html




Gruppo UNIPOL: approvata la piattaforma “scritta dai lavoratori”

Da luglio 2018 a marzo 2019 abbiamo:

  • attivato la Consultazione Nazionale Dipendenti Assicurativi del Gruppo Unipol (a cura della Dott.ssa Spolti). Il 70% dei lavoratori ha partecipato esprimendo la propria opinione;
  • incontrato tanti lavoratori in Assemblea;
  • raccolto, attraverso le Rappresentanze sindacali di sede, molteplici contributi da parte dei colleghi, nonché ricevuto svariati spunti tramite e-mail;
  • discusso con i Delegati sindacali e i nostri componenti delle Commissioni Pari Opportunità, Formazione, Mobbing e Sanitaria;
  • presentato l’Ipotesi di Piattaforma dopo soltanto un mese della scadenza;

A larga maggioranza, le Lavoratrici e i Lavoratori Assicurativi del Gruppo Unipol presenti in Assemblea, si sono espressi a favore della proposta presentata e pertanto la piattaforma è ufficialmente approvata!

FIRST/CISL – FISAC/CGIL – FNA – SNFIA – UILCA

 

Scarica il volantino con la sintesi della piattaforma




Gruppo BPER: accordo sulla chiusura degli sportelli

Come abbiamo più volte comunicato, il 22 marzo chiuderanno 48 filiali (46 in BPER Banca e 2 in CR Bra) in cui lavorano complessivamente circa 150 colleghi.

Nella trattativa di questi mesi abbiamo espresso più volte la nostra contrarietà rispetto a tale progetto, ritenendo che la riduzione della presenza nei territori non sia la soluzione per raggiungere obiettivi economici costanti nel tempo.
Abbiamo inoltre manifestato la nostra preoccupazione rispetto al dimensionamento degli organici delle filiali eredi in quanto, in alcuni casi, pur in presenza di aumento di volumi e rapporti, gli organici restano invariati o addirittura diminuiscono.
Infine abbiamo rappresentato forti perplessità rispetto ai cosiddetti “razionali” utilizzati dall’Azienda per determinare quali filiali chiudere (la redditività, la distanza, le potenzialità del territorio, il miglioramento dell’efficienza commerciale e organizzativa della banca) non avendo la possibilità di effettuare adeguate analisi in quanto carenti di informazioni. In modo particolare e anche sulla scorta delle passate esperienze (ricordiamo che nei 4 anni passati il gruppo BPER ha chiuso 130 filiali, oltre ad altre 50, circa la metà di quelle “ereditate” dall’operazione Carife) abbiamo contestato l’affermazione fatta da BPER durante l’illustrazione del progetto che ha definito la chiusura di filiali come un ‘processo consolidato e vincente, affinato nel tempo, che non ha dato problemi di business.

La specificità era inoltre dovuta al fatto che nella volontà aziendale questa operazione, avviata a dicembre, fosse anticipatoria del piano industriale 2019/2021, senza però che fossero state già definite le “regole” per i colleghi coinvolti nell’operazione.

Il 15 marzo abbiamo pertanto raggiunto l’accordo che conferma le previsioni del piano passato concordate ad agosto 2015. In modo particolare, per la mobilità professionale è prevista, fra l’altro, adeguata formazione per la copertura di nuovi ruoli, mentre per quella territoriale sono confermati gli indennizzi economici per i trasferimenti rivenienti dall’operazione e la necessità del consenso in determinati casi. Abbiamo ribadito la necessità del monitoraggio dei carichi di lavoro e del conseguente eventuale adeguamento degli organici delle filiali comunque coinvolte nell’operazione e, a tal fine, abbiamo previsto appositi incontri di verifica. Infine, relativamente ai contratti di somministrazione in servizio nelle filiali in chiusura, abbiamo definito che eventuali misure che favoriscano la stabile occupazione contenute nel futuro accordo relativo al piano industriale 2019/2021, saranno applicate anche a questi colleghi.

Come detto, si tratta, nei fatti, di un primo “pezzo” del piano in corso, in considerazione, per l’appunto, che la chiusura di queste filiali fa parte delle 230 previste. Riteniamo perciò importante aver confermato le tutele già concordate in passato, che andranno, ovviamente, adeguatamente monitorate.

 

Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN

 

Scarica il volantino




Conto Arancio, stop ai nuovi clienti dopo l’ispezione di Bankitalia

La Banca d’Italia ha sospeso le operazioni sulla nuova clientela della succursale italiana di Ing Bank. In pratica è stato dato lo stop all’apertura di conti per la nuova clientela italiana.

Il provvedimento per l’istituto del Conto Arancio è stato adottato dopo verifiche ispettive, condotte dal 1 ottobre 2018 al 18 gennaio 2019, dalle quali sono emerse carenze nel rispetto della normativa in materia di antiriciclaggio.
La clientela in essere, precisa Bankitalia, non è toccata dal provvedimento.

Ing Bank ha comunicato di essere già attivamente impegnata nel rafforzare il suo complessivo sistema dei controlli antiriciclaggio. L’impegno a realizzare rapidamente un piano di rimedio per affrontare e rimuovere le carenze della succursale italiana consentirà alla Banca d’Italia di verificare che le debolezze sul fronte antiriciclaggio siano pienamente rimosse al fine di poter revocare il provvedimento.

ING, spiega l’istituto in una nota, è stata informata da Banca d’Italia in merito ai risultati del report e «analizzerà i risultati dell’ispezione condotta da ottobre 2018 a gennaio 2019 e li approfondirà ulteriormente con Banca d’Italia. In linea con il programma di miglioramento annunciato lo scorso anno, ING ha intrapreso il percorso necessario per potenziare i processi e la gestione dei rischi di compliance come richiesto da Banca d’Italia». «In stretta collaborazione e accordo con Banca d’Italia, ING Italia sospenderà le attività di acquisizione di nuovi clienti durante il periodo necessario per approfondire i piani di miglioramento con Banca d’Italia». Ing assicura inoltre” che continuerà a offrire pieno servizio ai clienti esistenti in Italia. Nei prossimi giorni ING lavorerà con impegno per indirizzare le mancanze e risolvere le criticità identificate”.

 

Fonte: www.corriere.it




Intesa Sanpaolo: il punto su PVR 2018

Ricordiamo che a maggio dell’anno scorso sono stati raggiunti gli accordi sul PVR 2018, che prevedevano un incremento del premio base di € 1.200 denominato “Welcome Bonus” per il Piano d’Impresa 2018-2021 erogato in via anticipata a luglio per permettere la sottoscrizione del Lecoip 2.0, e del Sistema Eccellenza Tutela (SET).

L’Azienda ha comunicato che, in base ai risultati del Bilancio di Gruppo relativo al 2018, è stato superato del 6,4% il budget relativo al Risultato Corrente Lordo di Gruppo. Per effetto di ciò, l’accordo prevede un incremento degli importi del premio base e aggiuntivo pari al 9,6%.

L’Azienda ha anche comunicato che le Divisioni Banca dei Territori, Private Banking, Asset Management e Insurance non hanno invece raggiunto il 100% del budget: l’accordo ha migliorato la salvaguardia in tali situazioni e pertanto è comunque prevista l’erogazione dell’intero premio aggiuntivo ma queste Divisioni non avranno l’erogazione del Premio di eccellenza. L’Azienda ha dichiarato che si riserverà di intervenire con erogazioni discrezionali per premiare l’impegno di singoli colleghi di queste Divisioni.

Come abbiamo già dichiarato all’Azienda fin dall’incontro del 28 febbraio, siamo contrari a queste iniziative discrezionali che non tengono conto dell’apporto collettivo di tutti i colleghi al raggiungimento dei risultati di Bilancio: l’impegno e la professionalità che, anche nella difficile situazione di mercato, ha contraddistinto l’operato di tutto il personale del Gruppo, deve avere un giusto riconoscimento economico.

Giovedì 14 marzo è stato sottoscritto inoltre il verbale di accordo in merito alla verifica delle condizioni richieste per l’applicazione della normativa sulla detassazione del PVR 2018 e, come negli anni precedenti, i colleghi potranno optare per il Conto Sociale in modo da beneficiare delle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla normativa di legge. Agli inizi di maggio, dopo l’approvazione del Bilancio da parte dell’Assemblea degli azionisti, sarà accreditato sul conto corrente l’importo netto del PVR, con sistemazione nel cedolino di fine mese. A breve sarà disponibile la procedura per destinare l’erogazione del PVR nel Conto sociale.

Per quanto riguarda il Sistema Eccellenza Tutela (SET) destinato al personale delle filiali di Banca dei Territori e agli Specialisti Tutela delle Direzioni Regionali (con esclusione dei colleghi ex Banche Venete), l’Azienda ha comunicato che sono molte le filiali che hanno raggiunto il budget. L’Azienda ha comunicato che sono ancora in corso i conteggi e che sarà in grado di comunicare gli importi dei premi per i colleghi delle filiali che hanno raggiunto il budget solo ai primi giorni di maggio.

Con l’occasione vi informiamo anche che abbiamo aggiornato la Guida PVR e Conto Sociale. Come al solito le parti variate sono evidenziate in giallo in questo modo.  Abbiamo anche creato una mail dedicata [email protected] a cui rivolgersi per chiarimenti e consulenze personalizzate. Vi ricordiamo infine che potete contattare anche i nostri sindacalisti sul territorio.

 

Fonte: sito Fisac Intesa Sanpaolo




L’errore di Bruxelles ha fatto fallire le 4 banche. La Corte UE: “Annullare decisione su Tercas”

Il Fondo Interbancario voleva intervenire su Tercas, ma la Commissione lo vietò. Quel divieto impedì di salvare gli altri istituti. Patuelli (Abi): “Vestager si deve dimettere”.

E ora chi lo dice ai risparmiatori delle quattro banche che hanno perso i loro risparmi? La corte Ue ha dato ragione all’Italia nel ricorso presentato contro la decisione della Commissione Europea del 2015 nel caso delle Casse di Teramo (Tercas): l’intervento del Fondo interbancario di Tutela dei depositi (Fitd) non integra un aiuto di Stato. La decisione del Tribunale europeo su Tercas è strettamente intrecciata con la risoluzione delle quattro banche alla fine del 2015. È quindi utile riavvolgere il nastro per capire come la pronuncia della Corte di giustizia in Lussemburgo getti ombre pesanti su Bruxelles, e in particolare sulle decisioni della Dg Competition di Margrethe Vestager.

Nel 2015 l’Antitrust Ue giudicò come aiuto di Stato l’intervento del Fidt, consorzio di banche private, a sostegno di Tercas perché a detta dei funzionari di Bruxelles il fondo interbancario avrebbe agito “per conto dello Stato italiano”, quindi in netto contrasto con le norme Ue sugli aiuti di Stato. Oggi il giudice Ue ha bocciato quella decisione affermando che “spettava alla Commissione disporre d’indizi sufficienti per affermare che tale intervento è stato adottato sotto l’influenza o il controllo effettivo delle autorità pubbliche e che, di conseguenza, esso era, in realtà, imputabile allo Stato”. Anzi, aggiunge: “La Commissione non disponeva d’indizi sufficienti per una siffatta affermazione. Al contrario, esistono nel fascicolo numerosi elementi che indicano che il FITD ha agito in modo autonomo al momento dell’adozione dell’intervento a favore di Tercas”. Non è finita, perché il Tribunale sottolinea che l’autorizzazione di Banca d’Italia all’intervento del FITD a favore di Tercas non costituisce un indizio che consenta d’imputare la misura di cui trattasi allo Stato italiano.

La Corte Ue ha smontato per intero l’impianto della Commissione Ue nel caso Tercas, salvata dalla Popolare di Bari grazie al sostegno del Fondo. Ma il suo impatto è dirompente soprattutto per le quattro banche (Etruria, Chieti, Ferrara e Marche) mandate gambe all’aria con l’applicazione delle norme sul burden sharing in fretta e furia per evitare gli effetti ancora più nefasti dell’entrata in vigore della direttiva Ue sul bail-in (BRRD) dal gennaio successivo. Dopo la decisione assunta da Bruxelles nel caso Tercas, Banca d’Italia ha spiegato di aver escluso il ricorso al Fitd per impedire o limitare le perdite dei risparmiatori: “Se l’intervento del FITD non fosse stato configurato come aiuto di Stato, l’operazione di salvataggio delle quattro banche da parte del FITD non avrebbe comportato il sacrificio dei diritti dei creditori subordinati e sarebbe avvenuta valutando le sofferenze delle banche a valori di bilancio”, ha spiegato. Escluso il Fitd, le soluzioni alternative al burden sharing erano allora state considerate da Palazzo Koch più penalizzanti per azionisti e creditori – come la liquidazione coatta – o non percorribili – come l’intervento volontario delle banche.

Quest’ultimo merita un capitolo a parte. Dopo la decisione dell’Antitrust Ue su Tercas, il primo fondo interbancario restituì le somme versate alle banche del consorzio di istituti privati. Successivamente le risorse vennero versate nuovamente nel fondo “parallelo” ma volontario, nato per aggirare i paletti posti da Bruxelles. Grazie all’aiuto del Fitd con una cifra tutto sommato non proibitiva (poco meno di 300 milioni) la Popolare di Bari riuscì così a completare l’acquisizione di Tercas. La decisione di Bruxelles arrivò quando i colloqui tra banche, autorità e Fondo interbancario erano ormai a uno stadio già avanzato. Si stava lavorando su uno stanziamento di circa due miliardi per evitare il collasso dei risparmi dei quattro istituti. Il pesante divieto posto da Bruxelles mandò tutti i piani all’aria. Non ci fu più il tempo materiale per intervenire visto che il fondo volontario nacque una settimana dopo l’avvio della risoluzione, resasi oramai necessaria per il drastico peggioramento delle condizioni delle quattro banche. Ora la Corte Ue dice che il divieto posto da Bruxelles, da cui deriva l’ingente distruzione di ricchezza e di fiducia dei risparmiatori italiani, non era legittimo. Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha chiesto le dimissioni della Commissaria Vestager.

La Banca Popolare di Bari valuterà “azioni di rivalsa e richieste di risarcimento nei confronti” della Commissione.

 

Fonte: www.huffingtonpost.it