Perché il governo odia gli immigrati e difende i ricchi?

C’è una nota stonata nella canzone del conflitto cantata dal governo gialloverde. Negli stornelli improvvisati da Matteo Salvini – e accompagnati dal coro a bocca chiusa di Luigi Di Maio e dei suoi – essi si battono per i poveri, non meglio identificati. Però il conto della redistribuzione di ricchezza non viene presentato ai ricchi ma a improbabili caste di privilegiati quali i pensionati, gli immigrati con le loro pacchie, i dipendenti pubblici, i centri sociali e il settore non profit.

Esempio: Salvini non ha mai speso una parola sulla scandalosa rendita autostradale dei Benetton, lasciando alla sua criptoalleata Roma-centrica Giorgia Meloni il compito di associare la parola “pacchia” alla famiglia del nord-est.

I grandi imprenditori e i loro fedeli e strapagati manager non si toccano. In perfetta continuità con la retorica dei governi precedenti (nessuno escluso), anche Lega e M5S si prostrano grati davanti a coloro che “creano i posti di lavoro”. A parte che non è neppure vero, visto che oggi in Italia di posti di lavoro ne mancano sei milioni, fa impressione l’assoggettamento di maggioranza e opposizione al vecchio paternalismo che ti fa togliere il cappello davanti al padrone, anche se sei un ministro.
Ma ormai il principio è chiaro. Se uno ha mille dipendenti e ne licenzia la metà il governo italiano (oggi come ieri) corre a ringraziarlo per aver salvato i 500 posti residui.

La dimostrazione di come siamo messi male è la totale assenza di reazioni politiche ai dati sugli stipendi dei grandi manager diffusi nei giorni di Capodanno (mentre i nostri eroi erano a sciare) non da un centro sociale, non dalla Cgil, non da un economista sovranista, ma dal Centro Studi di Mediobanca. Ebbene, nel 2017 i 224 consigli d’amministrazione delle società italiane quotate al listino principale della Borsa di Milano sono costati 667 milioni. Se ai 3.300 beneficiari delle prebende consiliari si potesse chiedere un sacrificio del 15 per cento degli emolumenti, si farebbero gli stessi soldi che la manovra recentemente approvata ha “trovato” con i tagli alle pensioni cosiddette d’oro. Ma ovviamente il sacrificio non si può chiedere, perché i pensionati prendono quello che il governo decide di dare, mentre i manager si servono direttamente alla cassa delle aziende che governano.

E infatti i 224 amministratori delegati hanno guadagnato in media 952 mila euro. Vi chiederete se sono tanti o pochi, meritati o rubati.
C’è un criterio di valutazione infallibile: gli ad maschi in media prendono 1 milione, le femmine 428 mila euro. Quindi i casi sono due: o le donne in quanto esseri difettosi meritano la metà degli uomini, oppure queste retribuzioni vengono decise in modo arbitrario da una casta di maschi. Ovviamente è la seconda che ho detto, infatti non è tanto la media di 952 mila euro a colpire, quanto il fatto che nel 2017, anno non certo sfolgorante per l’economia italiana, lorsignori si sono assegnati un aumento del 14,5 per cento rispetto agli 831 mila euro medi del 2016. Solo di aumento si sono messi in tasca 121 mila euro a testa, di cui 99 mila euro di premio per i risultati conseguiti e 22 mila per la cosiddetta parte fissa. Lorsignori hanno così deciso di meritarsi un aumento dello stipendio base, quello che ti danno solo per andare in ufficio indipendentemente dai risultati, pari a quanto un lavoratore italiano medio guadagna in tutto l’anno.

Se vi chiedete come sia possibile che il “governo del cambiamento”, di fronte a un simile fenomeno, veda la pacchia negli smodati cedimenti al piacere degli immigrati in crociera sui barconi, la risposta è semplice: come i predecessori, hanno paura dei ricchi e credono che la loro benevolenza li aiuterà a durare.

Come Matteo Renzi con i Farinetti, i Serra e i De Benedetti, si illudono.

 

Articolo di Giorgio Meletti su “Il Fatto Quotidiano” del 6/1/2019




Festività soppresse anno 2019

BANCHE – ABI

Il CCNL ABI prevede che i lavoratori abbiano diritto annualmente un numero di permessi giornalieri retribuiti a titolo di ex festività, corrispondente a quello delle giornate già indicate come festive dalla legge n. 260 del 1949 e che non sono più considerate tali per successive disposizioni legislative.

Tali permessi sono riconosciuti nel caso in cui le ex festività ricorrano in giorni per i quali è prevista la prestazione lavorativa ordinaria (dal lunedì al venerdì) con diritto all’intero trattamento economico, escluse quindi le giornate coincidenti, ad esempio, con scioperi, aspettative e congedi parentali non retribuiti (a differenza di quanto avviene per le BCC, il cui contratto prevede un numero fisso di giornate di permesso a titolo di recupero ex festività).

Nel 2019 le ex festività cadono nei seguenti giorni:

  • martedì 19 marzo – San Giuseppe
  • giovedì 30 maggio – Ascensione
  • giovedì 20 giugno – Corpus Domini
  • lunedì 04 novembre – Unità Nazionale

A queste date andrebbe aggiunto anche il 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, che però quest’anno non diritto a permessi in quanto cade di sabato.

Le giornate di permesso per ex festività sono pertanto 4 per i lavoratori operanti sull’intero territorio nazionale.

Un’ ulteriore giornata di permesso potrebbe essere computata in quanto il 2 giugno, Festa della Repubblica, cade di domenica. Il CCNL ABI riconosce infatti alle aziende la facoltà di convertire il compenso aggiuntivo in una giornata di permesso retribuito, salvo intesa fra le parti. In assenza di accordi la giornata sarà monetizzata.

Il CCNL rinnovato il 31 marzo 2015 prevedeva il contributo a favore del Fondo nazionale per il sostegno dell’occupazione nel settore del credito (il cosiddetto FOC) fissato nella misura di una giornata lavorativa annua.
Tale contributo comportava la rinuncia, per gli appartenenti alle Aree Professionali, a 7 ore e 30 minuti delle 23 ore di riduzione d’orario e per i Quadri Direttivi e i Dirigenti ad una giornata di ex festività. L’impegno tuttavia scadeva il 31/12/2018; considerando che il FOC sarà oggetto di trattativa, ad oggi non sono previste decurtazioni

Alla luce di tutto ciò le giornate di permesso per il 2019 saranno le seguenti:

  • 4 per le Aree Professionali, i Quadri Direttivi e i Dirigenti
  • Monetizzazione o eventuale fruizione come quinto giorno di festività a titolo di recupero per il 2 giugno.

IMPORTANTE

Sebbene il CCNL ABI preveda la monetizzazione delle giornate di ex festività non godute, in molte aziende sono stati sottoscritti accordi che prevedono l’obbligo di fruizione nell’anno di competenza, senza alcuna monetizzazione nel caso il cui ciò non avvenga.

Ribadiamo che il diritto ai permessi per ex festività spetta solo qualora in quel giorno il lavoratore abbia diritto alla retribuzione piena. Bisogna pertanto fare attenzione ad evitare, per quanto possibile, di richiedere permessi non retribuiti o aspettative che cadano nelle date sopra elencate per non perdere il corrispondente giorno di ex festività.

Ricordiamo inoltre che, da contratto, i permessi per ex festività possono essere utilizzati tra il 16 gennaio ed il 14 dicembre di ogni anno.

 

ESATTORIALI

Per i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione Il CCNL ex Equitalia prevede gli stessi permessi già riportati per il settore ABI.

Nel 2019 le ex festività cadono nei seguenti giorni:

  • martedì 19 marzo – San Giuseppe
  • giovedì 30 maggio – Ascensione
  • giovedì 20 giugno – Corpus Domini
  • sabato 29 giugno – SS. Pietro e Paolo (da non considerare in quanto cade in un giorno non lavorativo)
  • lunedì 04 novembre – Unità Nazionale

Pertanto, per l’anno 2018 ai dipendenti A.d.E.R. spetteranno 4 giorni di permesso per ex festività, più un’ ulteriore giornata di permesso a titolo di recupero per il 2 giugno che quest’anno cade di domenica.

IMPORTANTE

Anche per gli Esattoriali il periodo di fruizione previsto dal CCNL va dal 16 gennaio al 14 dicembre di ogni anno.

I permessi devono necessariamente essere utilizzati nell’anno di competenza.

Il diritto ai permessi per ex festività spetta solo qualora in quel giorno il lavoratore abbia diritto alla retribuzione piena. Bisogna pertanto evitare di richiedere permessi non retribuiti o aspettative che cadano nelle date sopra elencate per non perdere il corrispondente giorno di ex festività.

 

ASSICURATIVI – ANIA ed ALLEANZA

Per il 2019 le giornate di festività abolite sono quattro e sono riconosciute perché cadenti in un giorno lavorativo compreso tra il lunedì e il venerdì.

Queste le date delle ex festività:

  • martedì 19 marzo – San Giuseppe
  • giovedì 30 maggio – Ascensione
  • giovedì 20 giugno – Corpus Domini
  • lunedì 04 novembre – Unità Nazionale

Solo per i lavoratori che fanno il turno di sabato: poiché il giorno 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, cade di sabato, questa giornata sarà festiva per chi opera a Roma, mentre genererà una quinta giornata di permesso retribuito per i lavoratori operanti nel resto del territorio nazionale.

IMPORTANTE

I permessi per festività abolite devono necessariamente essere fruiti nell’anno di competenza.

Ricordiamo che, per fruire interamente delle festività soppresse, occorre per i giorni sopraindicati avere diritto all’intero trattamento economico. Non bisogna cioè richiedere in quei giorni aspettative o permessi non retribuiti.

 

ASSICURATIVI – APPALTO

Le festività soppresse (art. 31 c. 4 del CCNL di settore) per l’anno 2019, religiose e civili, sono le seguenti:

  • 19 marzo – S. Giuseppe
  • 30 maggio – Ascensione
  • 20 giugno – Corpus Domini
  • 29 giugno – SS. Pietro e Paolo

Il CCNL prevede per le lavoratrici ed i lavoratori delle Agenzie, per le giornate elencate (le festività soppresse religiose), la possibilità di comunicare all’Agente se per l’anno in corso (2019) si vogliono recuperare le giornate stesse sotto forma di “riposo compensativo” (i riposi possono anche essere fruiti ad ore e vengono di solito evidenziati nella busta paga alla voce “permessi” o “permessi ex festività”), oppure mediante riconoscimento di un’ indennità sostitutiva che va ad aggiungersi alla retribuzione ordinaria.

Il sistema di calcolo da adottare (art. 31 c. 7) per determinare la retribuzione aggiuntiva di uno di questi giorni è il seguente:
retribuzione annuale lorda/250

La giornata del 4 novembre (festività soppressa civile), invece, non dà luogo a riposo compensativo ma è solo da retribuire (art. 31 c. 5).
Il sistema di calcolo per determinarne la retribuzione aggiuntiva è il medesimo evidenziato sopra.

IMPORTANTE

Perché maturi il diritto al riposo compensativo o all’indennità sostitutiva è necessario che il lavoratore abbia percepito la retribuzione per i giorni ex festivi. Per questo bisogna evitare di richiedere permessi non retribuiti o giornate d’aspettativa nei giorni sopra elencati.

 




Assegni non trasferibili, sanzioni ridotte.

Con la Legge n.136 17 dicembre 2018 si è risolta la vicenda delle sanzioni per gli assegni privi di clausola di non trasferibilità, la quale ha interessato, nel corso dell’anno, diverse migliaia di correntisti bancari. Ricordiamo che la norma 49 Dlgs.231/07 (avente scopo il contrasto al riciclaggio di denaro sporco) imponeva che gli assegni superiori a 5mila euro (soglia successivamente portata a 12.500 euro e definitivamente a mille euro con l’art.3 Dlgs.90/2017) recassero stampigliata la dicitura “non trasferibile”.

Moltissimi correntisti (almeno alcune migliaia) nel frattempo avevano utilizzato (per lo più per spese occasionali) assegni privi della clausola stampigliata negli assegni stessi. Quando gli assegni sono stati presentati all’incasso è scattata la sanzione ex art.49 Dlgs.231/07, cioè una sanzione pecuniaria da 3mila a 50mila euro irrogata dalle Ragionerie territoriali di Stato. Sanzione che colpiva sia dell’emettitore (colui che aveva utilizzato l’assegno per pagare il debito) sia il beneficiario (il creditore che aveva materialmente portato all’incasso l’assegno). Gli assegni privi di tale clausola e di importi superiori ai mille euro, rischiavano una sanzione (doppia) fino a 50mila euro.

Successivamente le raccomandate del Ministero dell’Economia suggerivano agli interessati di pagare un importo ridotto (6mila euro per ognuno) entro 60 giorni. Ciò ha generato forti perplessità (anche da parte della nostra Organizzazione) sia per l’imprevedibilità della sanzione (utilizzo di carnet emessi dalle Banche prima del 2017) sia  per la duplicità dei “colpevoli” (debitore e creditore ritenuti entrambi presunti colpevoli di riciclaggio.

Oggi, con l’aggiunta dell’art. 9bis Legge 119/2018, si prevede, per assegni di importi inferiori a 30mila euro, una sanzione minima (per entrambi i soggetti) pari al 10% dell’importo trasferito. Sia il debitore che il creditore possono agire in maniera autonoma per sanare il proprio debito con lo Stato, indipendentemente l’uno dall’altro.
Il pagamento in forma ridotta può avvenire se (art.67 Dlgs.231/07) “non vi siano circostanze che facciano ipotizzare un’operazione di riciclaggio, desumibile dalla natura dell’attività svolta e dalle dimensioni economiche dei soggetti coinvolti”. Quindi, se l’assegno “trasferibile” è stato utilizzato (come nella stragrande maggioranza dei casi) per pagamenti occasionali e documentati (acquisti di  veicoli, spese mediche, donazioni a parenti) è possibile contare su di una sanzione ridotta al 10 per cento.

Attenzione: è comunque necessario attendere che il Mef determini l’importo dovuto, sulla base di una specifica domanda che gli interessati dovranno inviare alla Ragioneria territoriale dello Stato, dimostrando i motivi di pagamento e l’assenza di finalità di riciclaggio.

 

Fonte: Fisac

 

Sullo stesso argomento:

https://www.fisaccgilaq.it/banche/assegni-occhio-alla-clausola.html




Che fine faranno i bancari? Magari diventeranno infermieri. O rapinatori…

Sempre più spesso ci chiediamo quale potrà essere il ruolo degli impiegati di banca in un mondo nel quale la tecnologia sembra destinata a sostituirli in quasi tutte le attività.
Dal Belgio arriva una risposta quanto meno inquietante.

In quel Paese, come del resto in tutto l’Occidente, il processo di digitalizzazione sta portando a una costante riduzione degli sportelli, con tagli agli organici quantificabili mediamente intorno al 2% annuo. Quindi da un lato c’è un certo numero di bancari che non si sa dove mettere, dall’altro ci sono settori, come la sanità, che invece presentano carenza di lavoratori.
Tutto ciò ha portato la Febelfin, la federazione belga del settore finanziario, a stipulare un accordo con i sindacati per permettere, al momento su base volontaria, ai lavoratori del credito di riconvertirsi come infermieri. A marzo inizierà la campagna d’informazione, da settembre l’avvio dei corsi di formazione che dureranno almeno un anno.

Il senso dell’accordo è: meglio accettare subito un lavoro più umile, piuttosto che rischiare di ritrovarsi senza lavoro in un futuro non lontano.

La notizia è talmente paradossale da lasciar pensare alla più classica delle fake news, se non fosse per l’affidabilità delle fonti: a pubblicarla è stata infatti Italia Oggi, che ha sua volta ha ripreso un articolo di Le Figaro. Qui il link.

Senza guardare troppo lontano, altri due fatti avvenuti la settimana scorsa nella nostra Regione lasciano trasparire quanto le nostre condizioni di vita siano già adesso diventate assai problematiche.

La prima notizia arriva da Pescara: il 2 gennaio è stata rapinata una filiale della BPER.
Il responsabile, armato di taglierino e col volto coperto da un passamontagna, ha agito da solo ricavando un bottino decisamente magro: appena 2.300 Euro. Fin qui una notizia di cronaca uguale a tante altre.
La sorpresa è giunta due giorni dopo: la polizia individua rapidamente il rapinatore, scoprendo che si tratta di un impiegato di banca (non la stessa rapinata, ovviamente) che ha agito spinto dalla disperazione.
Chi arriva ad effettuare una rapina a mano armata ha spesso alle spalle un contesto sociale fatto di povertà, di degrado: situazioni che eravamo abituati a considerare lontane dalla realtà degli impiegati di banca.
Questo episodio ci dimostra che ormai la nostra categoria non può più considerarsi esente dal rischio povertà: bastano le spese legate ad una separazione o ad un problema di salute per precipitare nell’abisso.

La seconda notizia riguarda la Provincia di Teramo ed è relativa ad un’altra rapina, avvenuta stavolta a San Nicolò.
Lo scorso 4 gennaio la direttrice di filiale di una piccola BCC locale si è fermata con la sua auto ad uno stop. In quel momento è stata affiancata da un’altra macchina, dalla quale sono scese due persone che hanno sfondato il finestrino e prelevato lo zaino che era sul sedile del passeggero: all’interno c’erano 117.000 Euro che la direttrice stava trasportando nella sede centrale dell’istituto di credito.
Stando a quanto si legge sul giornale, quella di trasportare i soldi con auto private sarebbe una prassi abituale in quella banca.
Si fa davvero fatica a capire come si possa imporre a un bancario una simile operatività -peraltro resa ancor più rischiosa dalla sua ripetitività – esponendolo così a gravi rischi per la sua incolumità personale, senza contare la concreta possibilità di provvedimenti disciplinari e azioni di rivalsa nel caso sia vittima di azioni criminali.
In passato ci siamo trovati a gestire situazioni simili presso altri Istituti, e già allora abbiamo ricevuto risposte emblematiche: “Qual è il problema? i soldi sono assicurati…”
Evidentemente già da allora (e si parla di diversi anni fa) l’incolumità e la sicurezza dei lavoratori non costituivano una priorità per gli Istituti di credito. Dobbiamo comunque rilevare come, ogni volta che siamo intervenuti, siamo riusciti a ricondurre alla ragione le controparti.
Anche da questa vicenda dobbiamo necessariamente trarre un insegnamento. Le banche, mentre non nascondono di considerarci sempre più una spesa da sostenere con fastidio e da ridurre in tutti i modi possibili, pretendono che ci prestiamo ad esaudire le richieste più assurde 
E se per risparmiare il costo di un furgone blindato per il trasporto valori dobbiamo rischiare la vita, che problema c’è?

Tanto i soldi sono assicurati…..

 




Popolare di Bari. Il grande cambiamento?

Avevamo richiesto un urgente incontro con il Direttore Generale, da statuto anche capo del personale della Banca, sui seguenti punti:

  • relazione al bilancio semestrale e dati di bilancio,
  • assunzione di personale cessato in violazione di accordi,
  • striscianti ristrutturazioni ed esternalizzazioni,
  • intollerabili pressioni commerciali,
  • prospettive aziendali e ci siamo visti recapitare una convocazione da parte del top-management aziendale e, a seguire, la risposta alla nostra sollecitazione.

E così, nella serata dello scorso 18 dicembre, si è tenuto l’incontro tra le scriventi OOSS ed i vertici aziendali. Il resoconto dettagliato dell’incontro si può leggere nel volantino allegato.

Le OO.SS. hanno parlato con una voce sola, facendo sentire con forza al management aziendale la solida unità di intenti, di difesa degli interessi e dei diritti dei lavoratori e lavoratrici rappresentati da tutte le componenti sindacali.

La prima constatazione sindacale è stata sulla composizione del “nuovo” management aziendale: un deja-vu dagli effetti stranianti e vagamente inquietanti.

I “nuovi” manager sono pensionati richiamati a “salvare l’Azienda”.
E questa è stata la prima osservazione critica circa la violazione degli accordi presi ( art. 14 accordo luglio 2016 ): c’era un espresso divieto alla riassunzione dei cessati dal servizio in BPB e la banca, non solo ha ignorato, ma sardonicamente ha affermato che lo si rifarebbe ancora perché fatto in piena buona fede ed esclusivamente nell’ interesse dell’ Azienda stessa!
Una dichiarazione che riteniamo irriguardosa e sprezzante nei confronti di chi, come tutti i dipendenti BPB, in ragione di quegli accordi sta pagando un prezzo salatissimo: i patti sono da osservare, da ambo le parti contraenti.

Per non parlare del tradimento di alcuni degli obiettivi del piano di riorganizzazione dell’agosto del 2017: la riduzione del rapporto costi/ricavi e la compressione delle spese amministrative.

A dispetto di quanto di buono fatto nella parte iniziale dell’anno – tanto che la riduzione delcost/income ci aveva permesso di riprendere una parte della contribuzione aziendale al fondo pensione – già dal bilancio semestrale il cost/income risulta aumentato.

In altre parole, il costo del personale è diminuito per via della solidarietà, mentre le spese amministrative sono aumentate e si è ridotto il margine di intermediazione. Ciò vuol dire una cosa semplice: i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo BPB hanno fatto la loro parte, il management aziendale no!

Lo abbiamo detto a gran voce: i lavoratori e le lavoratrici rispettano gli accordi firmati.
I lavoratori e le OO.SS. che li rappresentano, sono responsabili e si sacrificano giornalmente per raggiungere gli obiettivi aziendali, ed invece di essere considerati, vengono addirittura dileggiati, minacciati, offesi.
Essi si sacrificano anche economicamente, contribuendo a quello che pensavano potesse essere un risanamento e un rilancio aziendale, ma che così non è stato !
Hanno lasciato nelle casse aziendali circa 19 mln di euro, finiti malamente nel calderone bucato di un piano industriale sbagliato nelle sue previsioni.

Abbiamo detto loro che è la Banca a non rispettare mai gli accordi che liberamente sottoscrive con le OO.SS. e, tramite essi, coi lavoratori e le lavoratrici.
Gli stessi lavoratori e lavoratrici che, in queste occasioni, la Banca dice di avere a cuore, ma nei fatti vengono trattati con toni volgari e minacciosi da varie figure del middle management, sicure di poterlo fare solo perché convinte di esser provviste di copertura e di avallo del top management.

E’ del tutto evidente che gli accordi sono boicottati da parti dell’Azienda, che lavorano in totale anarchia di leggi e contratti: condanniamo il comportamento inaccettabile della rete commerciale che ha osteggiato e osteggia la fruizione della solidarietà e vessa continuamente i lavoratori!

Nulla ci è stato risposto riguardo alle nostre sollecitazioni in merito al bilancio del 1° semestre 2018, sia per la parte dei dati che nel “drammatico” testo a commento.

Per tutti questi motivi, abbiamo quindi chiesto fermamente di riportare indietro le lancette dell’orologio per ripristinare la piena contribuzione aziendale al fondo pensione e sospendere la solidarietà: è su questa base che vogliamo approcciare il piano industriale a venire!

Per queste cose le OO.SS., a margine dell’incontro, hanno convenuto con la Direzione Generale un calendario di appuntamenti, a partire dalla prima decade di gennaio, per verificare così l’effettiva e reale “discontinuità” di comportamento e di relazione che il top management in quest’incontro ha assicurato e per definire un accordo sulle politiche commerciali per frenare le odiose condotte vessatorie delle pressioni per la vendita.

Il progetto di cambiamento è vitale per l’ Azienda, ma lo è ancor di più per i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo BPB, che hanno dimostrato la propria disponibilità ad assumere responsabilità e “pesi”, non di poco conto, per il proprio “lavoro”.

Le parole da noi ascoltate sul futuro della Banca sono state vaghe, contraddittorie su quale modello societario e organizzativo ci sarà prospettato ed hanno generato dubbi e domande più che chiarimenti e risposte.

Sulla base delle verifiche che andremo ad effettuare durante le prossime settimane ed i primi incontri del 2019, procederemo alle assemblee dei lavoratori e delle lavoratrici, momento democratico e partecipativo ineludibile in questa delicatissima fase della storia della BPB.

Bari, il 21 dicembre 2018

 

Le Segreterie di Coordinamento
FABI          FIBA/CISL          FISAC/CGIL          UILCA          UNISIN




Banche e assicurazioni: la morale non conta più?

L’articolo che segue è stato pubblicato sul sito del Fatto Quotidiano. Rappresenta il punto di vista di Vincenzo imperatore, giornalista e saggista che collabora con diversi organi d’informazione.
La lettura è utile per renderci conto di come dall’esterno noi e le nostre aziende possiamo essere percepiti (ed il discorso può essere esteso anche alle assicurazioni); lascia tuttavia molto perplessi il pulpito da cui arriva la predica.

Vincenzo Imperatore è stato per 22 anni un manager del Credito Italiano prima, di Unicredit poi. Come afferma lui stesso in questa intervista, ha incarnato per anni quanto di peggio il management degli istituti di credito possa rappresentare, aizzando quotidianamente i suoi collaboratori a fare soldi in tutti i modi, spingendoli a rifilare spazzatura ai clienti“. Poi, dopo anni di ricchissimi stipendi e premi oltre a benefit di varia natura, l’improvvisa conversione sulla via di Damasco e la pubblicazione di libri denuncia dai titoli estremamente espliciti: “Io so e ho le prove”, “io vi accuso”, “Sacco bancario”.
Volumi in cui molto spesso attacca pesantemente gli stessi collaboratori che fino a poco tempo prima aveva spinto in tutti i modi (non necessariamente corretti…) ad ottenere risultati che  assicurassero a lui i ricchi bonus annuali.
Oggi Vincenzo Imperatore si guadagna da vivere facendo consulenza a beneficio delle imprese, alle quali insegna come difendersi dalle banche: attività presumibilmente ben retribuita, tanto da lasciare qualche dubbio sulla genuinità della sua “conversione”, che in realtà potrebbe rappresentare un modo per fare più soldi di prima con molta meno pressione.

Al suo articolo ha risposto in modo molto forte la Fisac dell’Emilia Romagna.

Fatta questa lunga ma doverosa premessa, consigliamo comunque la lettura dell’articolo, perché rappresenta un valido spunto su cui riflettere, oltre a dimostrare che i timori delle OO.SS. in materia di pressioni commerciali sono tutt’altro che infondati; timori che hanno portato alla firma dell’ accordo sulle pressioni commerciali con l’ABI, un accordo formalmente recepito dalla maggiori aziende creditizie ma di fatto quasi completamente disatteso.

Due le domande che la lettura ci ha suscitato.

La prima: se questa è l’immagine che stanno trasmettendo all’esterno, le nostre aziende sono convinte di voler proseguire su questa strada?

La seconda: l’articolo dipinge un quadro impietoso dei dipendenti del credito, con una generalizzazione che non si può chiaramente accettare. Ma possiamo, in tutta sincerità, affermare che comportamenti come quelli riportati siano totalmente estranei al nostro vissuto quotidiano?

 

BANCHE, LA MORALE NON CONTA PIU’. L’ESSENZIALE E’ FREGARE IL CLIENTE (E SALVARE LA FACCIA)

Siamo in clima natalizio e può sembrare demagogico. Ma forse un appello alla sensibilità in questi giorni può avere un effetto diverso. Ci provo!

Osservo i comportamenti di banchieri e bancari da oltre un quarto di secolo e, al netto di casi straordinari e che comunque rappresentano una minoranza, i banchieri e i bancari agiscono sulla base di una cognizione molto originale delle leggi e della moralità. I banchieri – le vicende degli ultimi anni lo hanno solo confermato – hanno manifestato comportamenti immorali; ma i bancari sono sostanzialmente amorali. Una cosa completamente diversa. Una persona immorale conosce una morale ma non la rispetta, mentre l’amorale non ha proprio una morale o ha una visione molto personalizzata della morale.

I bancari si domandano sempre se ciò che stanno facendo è legale e, se lo è, non c’è ulteriore discussione. Per una decisione amorale concetti come giusto o ingiusto, buono o malvagio semplicemente non entrano nel processo di valutazione. Per fare un esempio, Gianni Zonin è immorale perché ha rotto deliberatamente le regole e ha sfidato la legge continuamente.

Invece la domanda che si pongono sempre i bancari è: come è possibile, all’interno di quelle regole, fregare il sistema e quindi il cliente?
Prima del 2008 i bancari non si sono mai domandati se i prodotti tossici fossero buoni per i clienti o per l’economia o persino per le loro banche che avrebbero potuto licenziarli in un lampo. La domanda del bancario si basa solo sulla verifica del fatto che qualcosa sia proibito o permesso. E, se lo è, il solo problema rimasto riguarda il rischio di reputazione.

“Salvare la faccia” è un’altra espressione che i bancari usano: essere bravi e decenti cittadini a casa è ok, ma al lavoro vendere prodotti molto profittevoli a qualcuno che chiaramente non è in grado di sapere che cosa stia comprando non è un problema. Il più grande complimento che si può avere nel mondo bancario è quello di definire qualcuno “allineato e professional“. Significa che non ti lasci influenzare dalle emozioni, per non parlare dei valori morali che sono lasciati totalmente a casa. La parola “etica” arriva solo in combinazione con “lavoro”, con riferimento all’assoluta obbedienza al proprio capo.

Ma se c’è una cosa che più di ogni altra rivela l’amoralità dei bancari è il loro linguaggio. Utilizzano termini che sembrano costruiti per mettere da parte qualsiasi possibilità di una discussione etica. Quando parlano della vendita di prodotti per aggirare le leggi fiscali ed aiutare le grandi imprese e le persone fisiche ricche a evadere le tasse, i bancari usano espressioni come “anonimato nei confronti del fisco”. I casi dimostrati di frode o abuso diventano “errori di vendita” e approfittarsi delle incoerenze tra i sistemi di regolazione è “un arbitraggio tra regole”.
Se lavori per una banca non ti domandi se una proposta è giusta o sbagliata. Guardi se ti fa fare profitti e se è in regola con la legge. Il linguaggio della banca è inteso a superare gli ostacoli dell’ufficio legale, della compliance, del risk management, dei revisori interni ed esterni e delle autorità di vigilanza. Una volta che si mette un segno a queste caselle e sono considerate assolte non c’è più nulla che ti possa fermare.

Le banche hanno immense strutture con decine di migliaia di persone nei controlli interni, come l’ispettorato e la compliance. A parte le inevitabili mele marce e quelli beccati negli scandali degli ultimi anni, la maggior parte dei bancari sembra preoccupata solo di non varcare le regole. E così il cliché del banchiere cattivo e immorale non tiene più. Occorre intervenire prima che sia troppo tardi, perché la crisi può avere causato una diffusa richiesta da parte dei cittadini di una maggiore consapevolezza. Ma la maggior parte delle mie quotidiane osservazioni confermano che nelle banche siamo al punto di prima. Ma l’ora X si avvicina!

 

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it




MPS: accordi raggiunti

Si è conclusa, in data odierna (31 dicembre 2018), la negoziazione fra Azienda ed Organizzazioni Sindacali legata al capitolo delle eccedenze di Personale del Gruppo MPS – Piano di Ristrutturazione 2017/2021 – ai temi del costo del lavoro ed alla contrattazione di II livello.

Con attinenza a quest’ultimo aspetto, la trattativa in analisi non esaurisce il confronto sulle materie del CIA, confronto che prosegue quindi fin dai prossimi giorni, allo scopo di pervenire alla codificazione – in primis – di un testo unico articolato della normativa aziendale vigente, che recepisca in toto le innovazioni nel frattempo concordate fra le Parti.

Con specifico riferimento al tema del Fondo di Sostegno al Reddito per 650 Risorse – che rimane lo strumento unico per gestire la materia esuberi nel Gruppo MPS – viene confermato il principio basilare della volontarietà di accesso, fermi restando gli obiettivi fissati dal Piano di Ristrutturazione, integralmente recepiti nell’accordo sottoscritto. Viene introdotta, inoltre, una importantissima clausola di salvaguardia a favore dei Lavoratori, in base alla quale si afferma che le domande di adesione saranno effettuate sulla base delle previsioni normative vigenti in materia pensionistica, e che sarà possibile per il Dipendente ritirare la domanda in caso di modifiche nel frattempo sopravvenute sui requisiti previdenziali di accesso agli ammortizzatori sociali di Settore.

In questo caso, le Parti torneranno ad incontrarsi per ricercare – in linea con il quadro normativo di Categoria – possibili ed ulteriori soluzioni condivise.

Ai dipendenti che volontariamente aderiscono al Fondo entro la data prevista dall’intesa raggiunta, verranno garantite le condizioni in essere su assistenza sanitaria, previdenza complementare, agevolazioni creditizie, finanziamenti al Personale, ivi compresa la possibilità di continuare a beneficiare dei servizi previsti dalla Cassa Mutua e l’assunzione di familiari del Dipendente deceduto in costanza di adesione al Fondo.

Con attinenza, invece, al tema del costo del lavoro, l’iniziale proposta aziendale – orientata a confermare le decurtazioni sulle spese per il Personale previste per il triennio 2016/2018 – è stata respinta con forza dalle OO.SS. al fine di recuperare un complessivo potere di acquisto delle retribuzioni orientato a premiare il ruolo e l’impegno svolti dai Lavoratori negli ultimi anni a tutela dell’immagine e dell’operatività della Banca.

Pertanto, con particolare riferimento al welfare aziendale, nel confermare la struttura complessiva di Assistenza (Polizza Sanitaria) e Previdenza complementare aziendale, è stata integralmente ripristinata la base di calcolo per il TFR e per il contributo datoriale a Previdenza complementare, in ordine alla quale a decorrere dal 1/4/2019 si abolisce la decurtazione complessiva del 23% e si include nuovamente la 13^ mensilità nelle voci contabili di riferimento per il calcolo dei relativi contributi.

Relativamente alle giornate di solidarietà, è stata convalidata la possibilità per il Dipendente di incrementare su base volontaria, ed a fronte delle proprie esigenze, il numero di giorni di ASO contrattualmente previsto. A tale scopo le Parti si confronteranno quanto prima per individuare possibili soluzioni migliorative rispetto alle normative in vigore.

Particolare rilievo riveste anche la soluzione individuata sulle condizioni ai Dipendenti, che consente la rinegoziazione di tutte le tipologie di mutui in essere per il Personale in servizio ed in quiescenza, con modalità operative semplificate.

Si tratta di una manovra che ripristina il confronto sindacale sulla materia a livello annuale, orientato a favorire la ricerca di convergenze sulle condizioni praticate ai Dipendenti in coerenza con l’impianto complessivo di welfare. In tal senso, il confronto sulla materia non si esaurisce con il presente accordo, e proseguirà fin dai prossimi giorni per l’analisi delle condizioni relative alle sovvenzioni ordinarie ed alla Cassa Mutua, con l’intento di addivenire a risultati migliorativi rispetto ai tassi attualmente adottati.

Come dicevamo in premessa alla presente circolare, nell’ambito del negoziato complessivo il Sindacato ha preteso che fossero anche sviluppati – anticipatamente alla prevista scadenza del 30/6/2019 – i temi della Contrattazione di II Livello, armonizzando quindi le soluzioni su costi ed ammortizzatori sociali con la effettiva codifica di un impianto normativo riguardante la contrattazione integrativa aziendale.

Sono stati raggiunti risultati significativi sui seguenti argomenti:

  • Sistema premiante: viene confermata la validità del Premio Variabile di Risultato, che costituisce l’istituto principale del Sistema premiante ed incentivante a carattere aziendale, mentre le altre forme (quali Campagne Prodotti e Contest) saranno assoggettate ad una specifica procedura di confronto sindacale;
  • Politiche Commerciali e Budget: al fine di garantire il puntuale svolgimento dei lavori della Commissione Politiche Commerciali, e la diffusione di informazioni univoche fra i Lavoratori da parte delle competenti funzioni aziendali, si stabilisce che il budget deliberato annualmente dal CdA formerà oggetto di tempestiva informativa alle OO.SS.;
  • Formazione: ampliamento significativo dei corsi in aula per la formazione obbligatoria e regolamentazione specifica del “tempo protetto” anche attraverso la combinazione degli strumenti con le modalità di fruizione; valorizzazione del catalogo formativo con riferimento alle cosiddette “competenze trasversali” volte ad introdurre elementi di qualità negli interventi formativi a favore di tutte le professionalità esistenti;
  • Avanzamento professionale: verranno definiti tempi e modalità per la riattivazione del processo promotivo ordinario basato di volta in volta su criteri di sostenibilità economica e gestionale;
  • MPS Solidale: estensione della possibile contribuzione ad ore per tutto il Personale ed a giornate intere anche per i Dirigenti oltre a quella già prevista per il Top Management;
  • Assunzioni: è prevista l’assunzione di n° 50 Risorse con contratto a tempo determinato da destinarsi alla Rete commerciale;
  • Organizzazione del Lavoro: introduzione di fasi negoziali sui temi organizzativi aziendali – ad oggi non previste in base alle norme vigenti in Categoria – e rafforzamento del processo comunicativo a favore dei Lavoratori coinvolti dai progetti di ristrutturazione aziendale.

I risultati raggiunti non esauriscono il confronto fra le Parti che, come prima ricordato, proseguirà senza soluzione di continuità già a partire dai prossimi giorni. L’ipotesi di accordo valorizza comunque elementi di solidarietà generazionale e di responsabilità sociale, introducendo nuovi principi di equità distributiva che consentono di valutare in maniera del tutto positiva i complessivi contenuti concordati fra Azienda ed Organizzazioni Sindacali.

Siena, 31 dicembre 2018

LE SEGRETERIE

FABI          FIRST/CISL          FISAC/CGIL          UILCA          UNISIN

 

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