Direttivo Nazionale Fisac Alleanza: NO alla bozza di rinnovo contrattuale

Riceviamo e pubblichiamo.

Nel rispetto dei principi democratici che ci contraddistinguono, il Direttivo Nazionale Fisac/Cgil ha deciso di non firmare la proposta di rinnovo del CCNAL e di procedere con la convocazione delle assemblee degli iscritti, in virtù del fatto che la bozza contrattuale del 23 ottobre si discosta enormemente dalla piattaforma presentata ai lavoratori e da ogni previsione.

Lo scorso 23 ottobre gli iscritti Fisac/Cgil di Alleanza hanno ricevuto la comunicazione della Fisac/Cgil di Alleanza con la quale spiegavamo i motivi per cui avevamo ritenuto di non firmare la PROPOSTA di rinnovo contrattuale siglata dai rappresentanti aziendali di Alleanza/Gruppo Generali ed i segretari nazionali di tutte le OO.SS., oltre ai coordinamenti aziendali di tutte le sigle tranne la Fisac/Cgil.

Ieri si è svolto il Direttivo Nazionale Fisac/Cgil delle RSA di Alleanza (unico organo deputato, da statuto della CGIL, all’approvazione delle ipotesi contrattuali), durante il quale la maggioranza ha deliberato che le decisioni assunte il 23 ottobre dalla Segreteria di Coordinamento Alleanza erano corrette.

L’IPOTESI DI ACCORDO FIRMATA IL 23 OTTOBRE NON RISPECCHIA IL MANDATO RICEVUTO DAGLI ISCRITTI FISAC/CGIL E DAI LAVORATORI DI ALLEANZA.

Questa ipotesi di accordo ed i comportamenti messi in atto dai vertici aziendali in queste ultime settimane denotano l’arroganza del gruppo dirigente di Alleanza e Generali, che negli ultimi anni ha dimostrato di essere interessato solo al taglio dei costi da lavoro dipendente (mentre vengono spese centinaia di migliaia di euro per feste come quella milanese per i 120 anni di Alleanza, con cantanti famosi/”costosi”, o per allestire il grattacielo/”formicaio” di Milano dove relegare i lavoratori/”formiche”, senza alcun rispetto per coloro che contribuiscono col proprio operato alla realizzazione degli utili aziendali).

In alcune regioni i vertici aziendali, I.R. e/o anche A.G., hanno convocato riunioni di lavoro durante le quali hanno intimidito i lavoratori (anche quelli non dipendenti) ad approvare l’ipotesi di accordo, senza convocare le assemblee sindacali, in violazione dello Statuto dei Lavoratori.

Già solo tutto questo interesse aziendale, mai visto nella storia contrattuale di Alleanza, per l’approvazione dell’ipotesi di accordo, al punto da violare a nostro avviso perfino la legge, la dice lunga su quanto questo rinnovo sia stato stipulato nell’interesse dei lavoratori.

A questo punto, nel rispetto dei principi democratici che contraddistinguono ancora la Fisac/Cgil verranno indette le assemblee degli iscritti Fisac/Cgil Alleanza aperte a tutti i lavoratori, durante le quali ognuno avrà LIBERAMENTE la possibilità di esprimere la propria opinione e votare.

Non lasciatevi intimidire, non lasciatevi spaventare:

PARTECIPATE PARTECIPATE PARTECIPATE.

E’ finito il tempo di nascondersi e di lamentarsi in silenzio. USCIAMO ALLO SCOPERTO.

Partecipate alle assemblee della Fisac/Cgil di Alleanza, l’unico soggetto schierato veramente dalla parte dei lavoratori in questo momento.

Vi ricordiamo quanto siamo vessati ed oberati di carichi di lavoro. Non ultimo, adesso siamo responsabili anche direttamente in prima persona, in ottemperanza a quanto previsto dalla nuova disciplina IDD. La Fisac, con l’occasione, chiede URGENTEMENTE ad Alleanza che vengano stipulate immediatamente delle coperture RC professionali per tutelare i lavoratori sia dipendenti che non.

Noi amiamo il nostro lavoro e facciamo il nostro dovere. Quest’azienda non sta solo cambiando, la stanno “smantellando”. Noi vogliamo salvarla, nell’interesse dei lavoratori attuali e futuri. Non possiamo più assistere impassibili alla deriva di Alleanza, grazie al Gruppo Generali.

Vi sintetizziamo i punti salienti dell’ipotesi di rinnovo contrattuale che non ci piace e non abbiamo firmato:

  • Nessuna accelerazione del passaggio stipendiale dei CSA al terzo livello, ma un semplice aumento delle attuali differenze stipendiali tra secondo e terzo livello del 5%, ossia €. 88 annui per i CSA di prima classe.
  • Mero raddoppio dell’indennità per l’IPA, ad es. per un bisettore sono €. 15,98 mensili.
  • Eliminazione dell’automatismo contrattuale grazie al quale i TSIE assunti al primo livello passavano dopo tre mesi al secondo livello, ottenuto con il rinnovo contrattuale del 2008 ed a seguito di scioperi e proteste.
  • L’istituzione dal 2019 di un piano quadriennale che prevede la stabilizzazione di 900 TSIE che abbiano  realizzato nell’ultimo anno almeno 250.000 quote (300 nel 2019, 250 nel 2020, 200 nel 2021, 150 nel 2022), senza alcun criterio che garantisca, ad esempio, la corretta redistribuzione su tutto il territorio nazionale col rischio che dette assunzioni si concentrino soprattutto al nord o vengano gestite arbitrariamente dai responsabili territoriali. Verranno assunti al primo livello e potranno passare al secondo solo dal 1/1/2023 con un’indennità per la perdita economica derivante dal mancato passaggio al secondo livello pari al 40% della differenza tra primo e secondo, pari ad €. 2.677,48 annui. Ricordiamo che il primo livello guadagna annualmente €.8.145.55 annui. Il secondo livello ne guadagna €. 14.660.46 annui. Dal 2023, comunque, non ci sarà più l’automatismo di passaggio al secondo livello dopo tre mesi ma dopo 18 mesi. E’ la prima volta nella nostra storia contrattuale che viene inserito nel CCNAL un parametro in quote a cui vengono legati i lavoratori, creando un pericolosissimo e gravissimo precedente.
  • Ricordiamo che gli account prima di diventare TSIE con “Generazione Alleanza” devono aspettare almeno due anni e che i TSIE permangono nel ruolo mediamente almeno cinque anni prima di essere assunti;
  • E’ stato sancito che i TSIE non potranno superare il 40% del totale dei settori, cioè circa 1.500 TSIE, quindi l’azienda non intende diminuire il numero di TSIE complessivi, dando stabilità, visto che ad oggi sono 1.200.
  • Ricordiamo che l’azienda ha dichiarato di avere stabilizzato negli ultimi quattro anni circa 800 TSIE, mediamente 200 l’anno.
  • Gli aumenti economici previsti da Ania, comunque spettanti ai dipendenti Alleanza sulla base della norma contenuta nel CCNAL del 2008 che garantisce <<la parificazione di trattamento alle condizioni economiche e normative del CCNL Ania>>.
  • E’ stato istituito un importo provvigionale aggiuntivo per i TSIE pari al 30% della media mensile delle provvigioni liquidate nell’ultimo triennio, alla cessazione del rapporto lavorativo ed una polizza sanitaria per i grandi interventi, oltre alla garanzia di non essere mandati via per i 150 giorni successivi ad un eventuale infortunio o malattia o gravidanza (già previste dalle ultime modifiche apportate dal governo alla disciplina delle partite IVA).
  • E’ stato sancito che i nostri produttori non dipendenti fanno riferimento alla legge del 1939 (cosa sempre negata da Alleanza in passato, quando ci diceva che i PL non dovevano pagare i contributi INPS), ciò significa che devono pagarsi i contributi previdenziali INPS. Quindi, se dovessero arrivare nuove multe dall’Inps, come quelle degli anni passati, l’azienda si è tutelata e non può essere ritenuta responsabile.
  • Viene stabilito che i lavoratori TSIE che verranno assunti con questo piano, non avranno più nulla a pretendere per l’attività passata e dovranno rinunciare a qualsiasi azione legale nei confronti dell’azienda per il pregresso (perché, evidentemente, l’azienda sa che si tratta di finte partite IVA, visto che tutti svolgono la stessa attività dei dipendenti, in violazione della legge).
  • E’ stato istituito un premio di risultato pari al 15% del rappel, forse detassabile, su cui bisognerà fare un successivo accordo e che verrà erogato, forse in regime di detassazione, solo se l’azienda realizzerà nel 2019 un incremento del volume premi di nuova produzione rispetto al 2018. A domanda della Fisac su quale fosse questo premio, l’azienda ha risposto per ben tre volte che si tratterà del rappel e che non metterà un centesimo su questo istituto.

Si è messa probabilmente una pietra tombale all’ingresso di Alleanza nel contratto di categoria ANIA.

Vi invitiamo a leggere tutto con grande attenzione. Vi alleghiamo nuovamente il testo dell’ipotesi di accordo e l’articolo apparso ieri su Milano Finanza in merito agli utili di Generali.

Le proposte di rinnovo contrattuale devono essere approvate dai lavoratori per essere valide ed i lavoratori devono essere BENE informati per poter prendere una decisione, non con assemblee o finte assemblee convocate in fretta e furia per evitare che la Fisac aziendale possa partecipare.

Noi stiamo solo cercando di rispettare la DEMOCRAZIA prevista ancora dalla legislazione italiana.

Ricordiamo che l’interesse dei lavoratori non può essere subordinato alle esigenze dell’azienda.

Roma, 05 novembre 2018

 

Il Direttivo Nazionale Fisac/Cgil Alleanza Assicurazioni

 

Scarica il volantino

Ipotesi di rinnovo CCNAL Alleanza

 

Cosa prevedeva la piattaforma presentata ai lavoratori?

https://www.fisaccgilaq.it/assicurazioni/alleanza-assicurazioni-la-piattaforma-per-il-rinnovo-del-ccnal.html

 

 

 

 




Unicredit: l’insostenibile pesantezza del lavoro nelle agenzie

Da qualche mese, ormai, stiamo affrontando con l’azienda i temi delle pressioni commerciali, degli organici, della formazione, dell’organizzazione del lavoro (vedi nostri recenti comunicati). Ad ogni occasione abbiamo segnalato la pesantissima, insostenibile situazione in cui versano le agenzie, all’interno delle quali i colleghi operano in uno stato di vera e propria emergenza, come mai si era visto, ed abbiamo avanzato proposte concrete tese a mitigare le enormi difficoltà. Le risposte, in alcuni casi, non ci sono ancora pervenute (odl), mentre quelle fin qui ottenute (pressioni commerciali, formazione) non lasciano intravedere un’inversione di rotta.

Da ultimo, lo scorso 31 ottobre si è svolto, su nostra richiesta, un altro incontro sulla questione organici nella banca.

L’azienda si è presentata con una posizione che potremmo definire “notarile”, illustrando, cioè, quanto fatto tra il 2017 e il 2018 in fatto di assunzioni, sulla base degli accordi sottoscritti, senza però dimostrare particolare attenzione alla drammaticità delle condizioni della rete che, al contrario, a nostro avviso, non sono più sostenibili e richiedono interventi immediati, anche alla luce delle numerose uscite che si realizzeranno nei prossimi mesi.

Ci è stato dichiarato che delle circa 560 assunzioni previste per il 2018 nel perimetro Commercial Bank Italy, per l’85% destinate al retail, ne sono state effettuate finora 510. Rispetto alle previsioni iniziali, sarebbe stata estesa la copertura territoriale basata sull’analisi dei dimensionamenti. Nelle Region Nord Ovest, Lombardia, Centro Nord sono stati fatti più di 100 inserimenti, qualche assunzione è stata fatta anche nelle restanti Region. Sarebbero state toccate più del 50% delle province (siamo in attesa di ricevere dall’azienda l’esatta distribuzione delle assunzioni su ciascuna regione). Sono stati effettuati 136 inserimenti nei poli UniCredit Direct che hanno consentito altrettante uscite.

Da parte nostra abbiamo avanzato le seguenti richieste:

  • immediato inserimento delle residue 50 assunzioni (su circa 560) previste per il 2018;
  • immediata sostituzione, tramite assunzioni nel rapporto 3 a 1 (così come previsto dagli accordi in vigore) dei lavoratori dimessisi ad altro titolo (escludendo, quindi, le uscite per pensionamento ed esodo) al 30/9/2018;
  • proroga degli 80 stagionali in servizio (sui 162 iniziali) per ulteriori 3-4 mesi, in modo da superare la fine dell’anno, periodo sempre particolarmente critico. Sappiamo che molte filiali riescono ad aprire la cassa solamente grazie alla presenza di questi colleghi;
  • anticipazione ai primissimi mesi del prossimo anno delle assunzioni previste nel 2019 ai sensi dell’accordo 2017 (circa 360, perché circa 70 sono già state effettuate) e del Piano Giovani (550).

L’azienda ha dichiarato di aver bisogno di tempo per verificare le nostre richieste e fornirci le risposte. Da parte nostra abbiamo indicato come termine ultimo la metà di novembre, stante l’urgenza imposta dalla situazione.

Già adesso, comunque, a quasi due anni dall’avvio del Piano Transform 2019, è possibile tracciare un bilancio.

Le mirabolanti promesse di efficientamenti organizzativi contenute nel Piano per il momento sono rimaste tali. La conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, tanto enfatizzata dai nostri vertici, resta più che mai una chimera. La professionalità dei colleghi viene spesso mortificata, la formazione, definita strategica ad ogni piè sospinto, non rientra, se non formalmente, tra le priorità aziendali. Il livello di stress è aumentato a dismisura. La riduzione dei costi determinata da esodi e pensionamenti e l’abnegazione del personale sono le principali leve che hanno fin qui consentito il recupero di produttività e redditività registrato.

La distanza tra le condizioni di lavoro nelle agenzie e il contesto rappresentato dall’azienda è siderale. La situazione non è MAI stata così drammatica!

Che il clima aziendale sia altamente deteriorato lo dimostrano i dati degli scioperi territoriali proclamati in Liguria ed in provincia di Vicenza, mobilitazioni che hanno visto una altissima partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, con percentuali di assenze attorno all’80% e con la chiusura pressoché totale degli sportelli.

E’ GIUNTO IL MOMENTO CHE UNICREDIT RISPONDA!!!

Preannunciamo fin d’ora l’avvio di una tornata di assemblee del personale per valutare eventuali ulteriori iniziative di mobilitazione a livello nazionale.

Fabi First/Cisl Fisac/Cgil UilCa Unisin
Segreterie di Gruppo UniCredit

 

Scarica il volantino

 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/fisac/unicredit-a-vicenza-sciopero-contro-leccesso-di-stress.html

 

 




Francesco Trivelli eletto Coordinatore Regionale Fisac Abruzzo e Molise

Il giorno 6 novembre si è svolto a Pescara il Coordinamento Regionale Abruzzo e Molise, che si è concluso con l’elezione di Francesco Trivelli al ruolo di Coordinatore Regionale.

La foto raggruppa i Segretari Generali eletti nei vari territori al termine della fase congressuale.
Partendo da sinistra:

  • Vincenzo Gallo (Chieti)
  • Francesco Trivelli (Pescara e Coordinatore Regionale)
  • Gabriele D’Andrea (Molise)
  • Luca Copersini (L’Aquila)
  • Gaetano De Lauretis (Teramo).

A tutti i segretari, nuovi o confermati, i più sinceri auguri di buon lavoro, con l’auspicio di una proficua collaborazione tra i territori.




La voce e il corpo delle donne

“Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!”

esclamava Nanni Moretti in una memorabile scena del film “Palombella rossa”.

Le parole contano.
C’è una parola inglese, ad esempio, che non è un neologismo ma il cui uso, negli ultimi tempi, è diventato più significativo: BOSSY.
Com’è facile immaginare, questa parola deriva da “boss”, “capo”, e secondo il sito internet del Cambridge dictionary una persona “bossy” è una che dice sempre alle persone cosa devono fare.
In astratto si tratta dunque di un aggettivo che può essere predicato sia rispetto ad un uomo che ad una donna.
Proviamo però a perdere qualche minuto per leggere gli esempi che lo stesso Cambridge dictionary fa per spiegarci la parola “bossy”:

  • Lei è forte senza essere bossy.
  • Smettila di essere così maestrina e bossy!
  • Blake potrebbe sembrare bossy, ma devo dirti che è Lisa che porta veramente i pantaloni in quella relazione.
  • La mia sorella maggiore era molto bossy.
  • Le ragazze di quell’età possono essere piuttosto bossy.

L’aggettivo negativo bossy, nella pratica, viene dunque riferito prevalentemente, se non esclusivamente, a soggetti di sesso femminile.
È chiaro: l’essere un BOSS è una prerogativa necessariamente maschile, quindi una donna in una posizione apicale non può che essere BOSSY, prepotente, e tentare di scimmiottare le qualità maschili.
Niente di strano: da che mondo è mondo, se si vuole fare un complimento ad una donna ed elevarla al rango degli uomini si dice che “ha le palle”, o che è “cazzuta”.
Difficile imbattersi in complimenti altrettanto efficaci che non implichino il possesso di genitali maschili.
Una donna, per essere idonea al comando, deve comportarsi, vestirsi, esprimersi come un uomo.

Margaret Thatcher prendeva lezioni per rendere la voce più profonda, ed ancora oggi, nei corsi di leadership, si raccomanda alle donne di abbassare il tono della voce per renderla più calda, più “maschile”.
La voce delle donne è sempre stato un problema.
Si pensi ad uno dei capisaldi della letteratura occidentale: l’Odissea.
Ad un certo punto, Penelope, moglie di Ulisse, che è lontano perché impegnato in uno dei suoi lunghissimi viaggi, scende dalle sue stanze private e si reca nella grande sala della reggia, dove un cantore allieta i presenti cantando le avversità che gli eroi greci affrontano per tornare a casa.
Penelope, turbata e rattristata dal tema della canzone, si rivolge al cantore chiedendogli di cantare qualcosa di più lieto.
E lì, il figlio Telemaco – che è di fatto un ragazzino – interviene e, dopo aver giustificato il cantore, così la liquida: “Madre, va’ nella stanza tua, accudisci ai lavori tuoi, il telaio, la conocchia e comanda alle ancelle di badare al lavoro. La PAROLA spetterà qui agli uomini, a tutti e a me soprattutto, che ho il potere qui in casa”.
È probabile che questo rappresenti il primo episodio letterario di un uomo, in questo caso un ragazzino, che mette a tacere una donna, indipendentemente dall’età, dal grado sociale e dal rispetto dei ruoli familiari.
Perché, per anni, il privilegio di poter parlare in pubblico è stato solo ed esclusivamente degli uomini. Oppure la voce delle donne porta sventure, come nell’arcinoto caso di Cassandra.

Secondo il mito, la giovane era stata a lungo corteggiata dal dio Apollo, che le aveva donato il potere di prevedere il futuro; tuttavia, alla fine del corteggiamento, Cassandra rifiutò di concedersi ad Apollo, e per questo il dio del sole e di tutte le arti la “maledì” condannandola a prevedere, sì, il futuro, ma a non essere mai creduta.
Immaginate dunque lo strazio di questa povera Cassandra, che si trova ad annunciare il disastro del cavallo di Troia, ma viene liquidata dal padre Priamo come un menagramo.
Le sciagure di Cassandra non sarebbero però terminate lì; la poveretta, infatti, verrà stuprata nel tempio di Atena, diventerà la schiava di Agamennone e poi verrà uccisa.
Tutto per non essersi sottomessa al volere di Apollo.

Ci sono le storie, la mitologia, la letteratura, che ci raccontano della (non) voce delle donne.
E poi ci sono le norme, che dispongono della vita delle donne.
Il diritto penale, ad esempio, è una specie di termometro della società, perché, più di qualsiasi altro, ci dice moltissimo di un paese e di un ordinamento giuridico, e ci racconta, tra le righe, come questo si evolve nel tempo.
Perché il diritto penale, quando ci dice “questo è vietato”, stabilisce le priorità di una comunità e i suoi valori; in un mare di libertà, ritaglia una serie di isole, ognuna delle quali rappresenta una cosa che non possiamo fare: è vietato rubare, è vietato uccidere, è vietato stampare banconote false… Si tratta di un equilibrio difficile da trovare, quello tra divieto e libertà, perché più si espande quello che è penalmente rilevante, cioè la superficie delle isole, meno mare di libertà ci rimane.
Ma il diritto penale è anche l’indicatore di come le donne vengono trattate in una società perché è il modo con cui si dispone della libertà delle donne e anche del corpo delle donne.
E anche qui le parole contano.

La legge che 40 anni fa depenalizzò l’aborto, abrogò l’art. 547 del codice penale, che era inserito in un titolo denominato “Dei delitti contro la integrità e la sanità della STIRPE”.
STIRPE.
Il bene protetto, dunque, non era la salute della donna: la norma non intendeva scoraggiare la donna dall’intraprendere azioni che avrebbero potuto pregiudicare la sua salute o addirittura la sua vita, tant’è che la donna che si procurava un aborto (se sopravviveva) era punibile con la reclusione da uno a quattro anni.
La finalità era esclusivamente quella di proteggere la DISCENDENZA dell’uomo: cioè il nome dell’uomo, il patrimonio dell’uomo, ecc. ecc.
Le giovani donne che nel 1978 hanno esultato per la battaglia vinta per la legalizzazione dell’aborto non avrebbero mai pensato che già le loro figlie si sarebbero trovate nell’urgenza di combattere contro un governo che mette, quasi quotidianamente, in discussione un diritto che sembrava acquisito.

Le parole sono importanti.
L’art. 525 del codice penale – ora abrogato – diceva che le pene stabilite per reati come il ratto (cioè IL SEQUESTRO DI PERSONA) a fine di matrimonio o a fine di libidine erano diminuite se il colpevole, prima della condanna, senza aver commesso alcun atto di libidine in danno della persona rapita, la restituiva spontaneamente in libertà, riconducendola alla casa donde la tolse o a quella della famiglia di lei, o collocandola in un altro luogo sicuro, a disposizione della famiglia stessa.
La parola chiave qui è “COLLOCANDOLA”. La donna poteva essere “tolta” da un luogo e “collocata” in un altro, né più e né meno come si farebbe con un soprammobile.
Questa norma diceva in pratica che il sequestro di persona era meno grave se un uomo si “prendeva” una donna, se la portava via, e poi, se per una qualsiasi ragione non la violentava, la riportava dove l’aveva presa, restituendola alla famiglia (leggi: il di lei padre o marito), oppure COLLOCANDOLA in un luogo sicuro a disposizione della famiglia.
Tutto questo senza che la volontà e le sensazioni della vittima venissero minimamente indagate.
Com’è noto, il codice penale italiano è stato adottato nel 1930, e questa è dunque una norma che risale al periodo fascista. Ma è altrettanto vero che l’articolo in questione è stato abrogato nell’assai poco lontano 1996.

È vero, le parole sono importanti, ma le immagini forse lo sono altrettanto.

 

C’è una bella e famosissima foto, che circola speso sui social media, che ritrae una giovane corridora di nome Kathrine Switzer mentre corre la maratona di Boston nel 1967.
All’epoca le donne non potevano correre quella ed altre maratone, e quindi la Switzer si iscrisse soltanto con le iniziali del nome per nascondere il suo genere.
Dopo pochi chilometri dalla partenza, però, i giudici di gara notarono che c’era una donna nel gruppo, e uno di loro scese dalla macchina che seguiva i corridori e si scagliò contro la Switzer, cercando di strattonarla per farla ritirare.
Ed è proprio in quel momento che viene scattata la celebre foto, quando due “angeli custodi” che correvano accanto a Kathrine, il suo allenatore e il suo ragazzo, fanno scudo con i loro corpi e addirittura attaccano il giudice di gara per proteggere la ragazza.
La grandezza di quella foto non sta solo nel cogliere benissimo l’azione del momento e le espressioni dei soggetti: è anche un’allegoria di quello che, secondo molte donne, dovrebbe essere il femminismo e di come dovrebbe portarsi avanti la lotta per i diritti delle donne e per la parità di trattamento.
Perché, anche se noi donne non costituiamo una minoranza nel senso strettamente numerico del termine, veniamo trattate come se lo fossimo.

E allora, per combattere le nostre battaglie, difendere il nostro corpo e far sentire la nostra voce, abbiamo bisogno anche dell’aiuto dei nostri uomini.

Roma 6 novembre 2018

Angela Di Martino
Segreteria Nazionale Fisac CGIL Banca d’Italia




Lavoratrici in gravidenza: sicurezza e prevenzione

Le norme in materia ed in particolare il Dlgs 151/2001, prevedono una serie di rischi da valutare ed evitare alle lavoratrici in gravidanza e fino a sette mesi dopo il parto.

Ti segnaliamo sinteticamente le casistiche:

  • mobilità interna/esterna: uso delle scale solo per emergenze o malfunzionamento ascensori; tragitto casa-lavoro ridotto al minimo, anche con avvicinamento alla sede più vicina; eventuale adibizione temporanea ad altra mansione se quella ordinaria prevede frequenti spostamenti fuori sede, etc.
  • strutture/ambienti di lavoro: posture adeguate alle necessità della lavoratrice, in piedi per massimo la metà del turno o di meno se necessario, incremento delle pause per alternanza posizione seduta/eretta, divieto di utilizzo scale portatili, di movimentazione manuale dei carichi, di apertura/chiusura mezzi forti, di esposizione al Radon, etc.
  • lavoro in solitario: divieto di frequentazione di locali isolati (archivi,caveau,etc.) e di svolgimento del lavoro e/o di permanenza sul luogo di lavoro in solitudine, etc.
  • rapina e aggressione: eventuale trasferimento in luogo di lavoro valutato a minor rischio,etc.
  • stress: conseguente alle condizioni di lavoro fisiche o organizzative (rumore, carichi di lavoro, microclima, etc.) che possono generare situazioni di possibile nocività. Rimuovere le cause o individuare misure idonee.
    Le previsioni si attivano dal momento della comunicazione dello stato di gravidanza all’azienda. Nei casi in cui non sia possibile applicare misure idonee di prevenzione può essere disposta l’astensione obbligatoria al VI mese di gestazione.

 

Art. 12 (151/2001) Qualora i risultati della valutazione ….. rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinché l’esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro.

Nell’ambito della prevenzione ricorda che hai i seguenti diritti:

  • “Art. 6 (151/2001) Salva l’ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternita’, in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale…”
  • “ Art. 14 (151/2001) Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l’orario di lavoro.”

Fisac/Cgil
Dipartimento Nazionale Salute e Sicurezza

 

Scarica il documento originale

Consulta la Guida Fisac a Maternità, paternità e adozione




La nostra memoria corta

Video da guardare. Fino all’ultimo fotogramma.
E poi riguardare.

E riguardare ancora il giorno dopo.

https://youtu.be/r81XRXR_LXU




Quota 100 e fondo sostegno al reddito: resterà tutto invariato?

La riforma delle pensioni con la quota 100 e il reddito di cittadinanza saranno contenuti in due specifici provvedimenti normativi, collegati alla manovra finanziaria. Lo anticipano fonti vicine all’esecutivo rilanciate da diverse agenzie di stampa. Il testo della legge di bilancio verrà inviato questa sera, o al massimo domani, in Parlamento ma non avrà al suo interno il delicato capitolo sulla previdenza e sul reddito di cittadinanza, per il quale probabilmente il Governo ha bisogno di più tempo.
La bozza della Legge di bilancio conferma, invece, le coperture economiche con l’istituzione di due fondi da 9 miliardi per il reddito e di 6,7 miliardi (7 miliardi dal 2020) per le pensioni. Nella nuova bozza si precisa che “nell’ambito del Fondo per il reddito di cittadinanza, fino a 1 miliardo nel 2019 e 2020” va ai centri per l’impiego, “fino a 10 milioni” all’Anpal. Come già anticipato ieri sulle pagine di questo giornale l’esecutivo punta ad introdurre la quota 100 con 62 anni e 38 di contributi a partire dal 2019 con quattro finestre annue di accesso per i lavoratori del settore privato e due per i dipendenti pubblici. Naturalmente nel settore scolastico la finestra di accesso resterebbe unica al 1° settembre 2019 (1° novembre 2019 per il comparto Afam).

Con la quota 100 torna pure il divieto di cumulo reddito/pensione: chi sceglierà il pensionamento anticipato non potrà cioè cumulare reddito da lavoro dipendente o autonomo (ad eccezione di piccoli impieghi come, ad esempio, il lavoro occasionale o comunque entro un limite di 5mila euro annui) per un periodo di 24 mesi dalla data di pensionamento; obiettivo rafforzare il ricambio generazionale nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni.

Altra novità a cui starebbe lavorando l’esecutivo è impedire l’accesso alla quota 100 per i lavoratori in isopensione ai sensi dell’articolo 4 della legge 92/2012. La precisazione sarebbe fonte di due conseguenze: da un lato chi si trova nell’esodo continuerà a restarci sino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata come al momento dell’adesione allo scivolo (scivolo che attualmente può durare sino a sette anni) ancorchè maturino i requisiti per la quota 100. In sostanza le aziende che hanno accettato l’esodo dovranno continuare a farsi carico del pagamento dell’assegno e del versamento della contribuzione correlata senza poter profittare delle nuove norme. In secondo luogo, in futuro non si potrà far partire l’esodo considerando la data di maturazione del requisito della quota 100.

 

Fonte: www.pensionioggi.it

 

Leggi anche

https://www.fisaccgilaq.it/lavoro-e-societa/pensioni-con-quota-100-lassegno-si-riduce-dal-5-al-21-per-cento.html




Unicredit: a Vicenza sciopero contro l’eccesso di stress

Gli impiegati vicentini di Banca Unicredit pronti a incrociare le braccia.

In modo unitario, i sindacati associati a CGIL, CISL e UIL assieme a FABI e a UNISIN hanno annunciato per lunedì 5 novembre uno sciopero “contro le condizioni di stress quotidiano a cui sono ormai sottoposti i circa 750 dipendenti vicentini: costretti a lavorare con hardware e software obsoleti e ogni giorno raggiunti da continue richieste dei dirigenti su quanto e come hanno venduto”.
Uno sciopero per dire alla Banca che “l’orientamento deve essere al cliente, più che al prodotto”

E’ il senso della manifestazione di lunedì, espresso ieri da Stefano Huller (FABI), Cinzia Lanaro (Fisac/Cgil), Gianfranco De Zottis (First/Cisl), Massimo Cazzavillan (unisin) e Stefano Veronese (Uilca/Uil).
I dipendenti dell’Istituto nel vicentino sono circa 750, le filiali una settantina.
La manifestazione vedrà dei sit-in dalle 8.15 alle 11 davanti alle sedi di Vicenza, Montecchio Maggiore e Bassano, ma anche davanti alle filiali di Lonigo e Thiene.

La vertenza che parte dal Vicentino – e che si svolgerà contemporaneamente in Liguria – fa da apripista per una riflessione più ampia sull’organizzazione del lavoro negli istituti bancari.
I Sindacati chiedono almeno 12 assunzioni in provincia – accordi passati su esuberi e pensionamenti prevedono un rapido ridimensionamento: a gennaio nel Vicentino i dipendenti saranno circa 700 – e lamentano ingerenze della Banca contro lo sciopero programmato.
“I vertici hanno anticipato un corso di formazione per costringere i dipendenti ad essere presenti. Inoltre i manager d’Area stanno parlando con gli impiegati uno a uno, chiedendo se parteciperanno alla protesta. E’ incostituzionale”.

 

Articolo di Andrea Alba pubblicato sul Corriere del Veneto – Ed. Vicenza in data 1/11/2018